N. 591 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 marzo 1987- 21 novembre 1989
N. 591 Ordinanza emessa il 23 marzo 1987 (pervenuta alla Corte costituzionale il 21 novembre 1989) dalla Corte dei conti sul ricorso proposto da Orsi Edda Pensioni - Calcolo della riserva matematica ai fini della determinazione del contributo per la ricongiunzione dei periodi assicurativi - Mancata previsione dell'effettuazione di detto calcolo anche per i dipendenti pubblici di sesso femminile secondo la tabella predisposta dall'art. 13, ultimo comma, della legge 12 agosto 1962, n. 1338, per i dipendenti di sesso maschile Irrazionalita' dei criteri applicati per i calcoli attuariali fondati sulla diversa eta' pensionabile dell'uomo rispetto alla donna e sulla maggior durata della vita media della donna Ingiustificata violazione del principio della parita' di trattamento economico (anche differito) della donna lavoratrice rispetto al lavoratore e dell'assicurazione di mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di vecchiaia. (Legge 7 febbraio 1979, n. 29, art. 2, terzo comma; legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 4). (Cost., artt. 3, 37 e 38).(GU n.49 del 6-12-1989 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio sul ricorso prodotto dalla sig.ra Orsi Edda, nata il 24 febbraio 1927, elettivamente domiciliata in Roma, via Pierluigi da Palestrina, 63, presso lo studio dell'avv. Franco Agostini, avverso il decreto n. 104177 in data 20 luglio 1982 del Ministero del tesoro - Direzione generale degli istituti di previdenza (C.P.D.E.L.). RITENUTO IN FATTO Con atto depositato il 15 ottobre 1982, notificato all'amministrazione il 21 ottobre 1982, la sig.ra Orsi Edda ha presentato ricorso avverso il decreto del 20 luglio 1982, comunicatole il 20 agosto 1982 (e concernente ricongiunzione presso la Cassa pensioni dipendenti enti locali, ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29, del periodo di 17 anni e 3 mesi, gia' assistito da contribuzione I.N.P.S.) nella parte in cui determina in L. 11.955.290 il relativo contributo a suo carico. Sostiene la ricorrente che la differenziazione del contributo in base al sesso, risultante dalle applicate tabelle di cui all'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, deve intendersi invece inapplicabile in relazione alla legge 9 dicembre 1977, n. 903, tanto piu' che gia' il regio decreto 9 ottobre 1922, n. 1403 (recante tariffe per le rendite vitalizie immediate e differite), per le pensioni facoltative dell'I.N.P.S. non distingueva tra maschi e femmine. Chiede, pertanto, che il contributo venga calcolato nella misura prevista per l'uomo e che le venga rimborsata la maggior somma che risultasse gia' corrisposta in eccedenza; in subordine, solleva questione di illegittimita' costituzionale delle norme richiamate (artt. 1, terzo comma, e 2, terzo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 29) per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione. Con memoria depositata il 12 febbraio 1987 l'avvocatura generale dello Stato, per l'amministrazione resistente, ha sostenuto la manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' (fondandosi la differenziazione del contributo su diverse previsioni statistiche inerenti alla durata della vita media e sul piu' basso limite di eta' per il collocamento a riposo del personale femminile) ed ha chiesto il rigetto del ricorso. All'odierna pubblica udienza l'avv. Agostini, in sede di primo intervento e di replica, ha illustrato e integrato le argomentazioni contenute nell'atto introduttivo, sottolineando in particolare che tanto l'art. 4 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, quanto la sentenza 11-18 giugno 1986, n. 137, della Corte costituzionale conducono ad escludere la rilevanza di una diversa eta' pensionabile per le donne e che il criterio ricollegantesi ad una pretesa ed ipotetica maggior durata della vita media della donna (gia' disatteso con il regio decreto 9 ottobre 1922, n. 1403, e recentemente messo ancora in dubbio da interrogazioni parlamentari) non costituisce obbiettiva giustificazione di una rilevante disparita' di trattamento; in conclusione l'avv. Agostini, per la ricorrente, ha formulato le seguenti richieste: 1) in via principale: venga accolto il ricorso, nella considerazione che l'applicabilita' della tabella piu' favorevole discende direttamente dalla legge 9 dicembre 1977, n. 903; 2) in via subordinata: sia dichiarata ammissibile, rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale della normativa applicata, per contrasto con gli artt. 3, 37 e 38 della Costituzione, e vengano rimessi gli atti alla Corte costituzionale. L'avvocato dello Stato ha confermato le richieste di cui alla memoria depositata il 12 febbraio 1987, accennando altresi' all'inammissibilita' della proposta questione di costituzionalita', in quanto riferibile ad atti amministrativi, quali sono le tabelle della cui legittimita' si discute. Il pubblico ministero ha sostenuto l'ammissibilita' della dedotta questione di illegittimita' costituzionale, che non involge direttamente ed esclusivamente il decreto ministeriale approvativo delle tabelle, bensi' la norma di legge che le ha richiamate e recepite; ha sostenuto quindi la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione stessa, chiedendo, in conclusione, che gli atti siano rimessi alla Corte costituzionale per la relativa pronuncia. CONSIDERATO IN DIRITTO L'esistenza di una norma, l'art. 4 della legge 7 luglio 1980, n. 299, che - con rinvio non dinamico (cfr. Corte dei conti - Sezione controllo Stato 17 febbraio 1984, n. 1422) - ha espressamente disposto, pur dopo l'entrata in vigore della legge n. 903/1977 e senza precisazioni e limitazioni, che debbano essere applicate, ai fini che qui interessano, le tabelle (di cui all'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338) approvate con d.m. 27 gennaio 1964, non consente di risolvere la controversia (indipendentemente dalla dedotta questione di costituzionalita') nei sensi di cui alla richiesta principale della difesa della ricorrente. Detta questione e' sostanzialmente quella gia' sottoposta alla Corte costituzionale con ordinanza 19 gennaio 1984 di questa Corte, sezione giurisdizionale per la regione Sicilia (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 328 del 28 novembre 1984). Comunque, per il caso in esame la sezione - tenendo conto di quanto dedotto negli atti scritti ed in sede di dibattimento ritiene di dover formulare la questione nei seguenti termini: se sia manifestamente insussistente il contrasto con gli artt. 3, 37, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, degli artt. 2, terzo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 29, e 4, della legge 7 luglio 1980, n. 299, nella parte in cui - richiamandosi, rispettivamente "ai criteri e alle tabelle di cui all'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338" ed ai "coefficienti contenuti nelle tabelle di cui all'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, approvati con decreto ministeriale 27 gennaio 1964" - prevedono, nell'ambito del pubblico impiego, una piu' onerosa contribuzione per le donne, rispetto a quanto previsto per i dipendenti di sesso maschile, perche' possa procedersi alla ricongiunzione dei periodi assicurativi ai fini previdenziali. Pertanto - salva, ovviamente, l'eventuale applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - restano estranei al presente giudizio tanto l'art. 1, terzo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 29 (al quale e' pur fatto riferimento nel ricorso) quanto l'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (normmativa anche alla quale l'avvocatura generale dello Stato, nella citata memoria, riferisce la questione di costituzionalita' in discussione): trattasi, infatti, di norme che non attengono direttamente al caso in esame riguardando la prima la diversa ipotesi di ricongiunzione mediante iscrizione nell'assicurazione generale obbligatoria e venendo in rilievo la seconda (al di la' del proprio specifico ed autonomo ambito di operativita') soltanto come oggetto di puntuali riferimenti operati da altre norme, compiutamente disciplinanti la fattispecie all'esame e come tali sospettate di incostituzionalita' (in altri termini, non viene in questione direttamente l'eventuale incostituzionalita' dell'art. 13 della legge n. 1338/1962, bensi' soltanto quella delle norme che ne hanno recepito, con riguardo ad altre ipotesi, determinate statuizioni unitamente ai contenuti della normativa amministrativa che ne e' conseguita). La formulata questione e' ammissibile, condividendo il collegio, al riguardo, le argomentazioni del pubblico miinistero, di cui in narrativa. Essa appare altresi' non manifestamente infondata, giacche' la discriminazione sancita dalla normativa in questione non si armonizza con i principi di uguaglianza e di parita' enunciati negli artt. 3 e 37, primo comma, della Costituzione, rilevanti anche nell'ambito della tutela previdenziale di cui al successivo art. 38. Richiamando le argomentazioni contenute nella precedente citata ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, nonche' quelle di cui in narrativa, va infatti ribadito, in sintesi, che i due parametri notoriamente applicati per i calcoli attuariali inerenti alle richiamate tabelle si pongono (in contrasto con i principi di ragionevolezza, equita' ed uguaglianza) come generalizzazioni di due criteri, l'uno (quello che tiene conto di una diversa eta' pensionabile) da tempo quasi del tutto estraneo agli ordinamenti del pubblico impiego e l'altro (quello che tiene conto della maggior durata della vita media della donna) inidoneo di per se' a condizionare e limitare diritti pensionistici, non ponendo l'ordinamento distinzione fra i sessi quanto al limite di eta' pensionabile ne' tanto meno un criterio nel calcolo del trattamento di quiescenza fondato sulla diversa durata media della pensione. La rilevanza della questione ne presente giudizio e' evidente perche', qualora sia dichiarata, nei sensi suddetti, l'incostituzionalita' delle predette norme, il calcolo del contributo dovuto dalla ricorrente per la ricongiunzione di periodi assicurativi verrebbe effettuato sulla base delle piu' favorevoli tabelle previste per i dipendenti di sesso maschile.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ordina che, sospeso il giudizio in corso, gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale affinche' sia risolta la - rilevante e non manifestamente infondata - questione di illegittimita' costituzionale degli artt. 2, terzo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 29, e 4 della legge 7 luglio 1980, n. 299, per contrasto, nei sensi di cui in motivazione, con gli artt. 3, 37, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione; Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti, al procuratore generale della Corte dei conti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Cosi' pronunciato in Roma, nella camera di consiglio del 23 marzo 1987. Il presidente f.f.: (firma illeggibile) 89C1205