N. 520 ORDINANZA 15 - 30 novembre 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Magistrati - Cessazione dal servizio anteriormente al 1› gennaio
 1983 - Irrazionale differenziazione di trattamento tra le varie
 categorie di magistrati - Richiamo alla sentenza n. 413/1988 -
 Questione gia' dichiarata infondata e manifestamente infondata
 (ordinanze nn. 1047/1988, 48/1989 e 1083/1988) Discrezionalita'
 legislativa - Manifesta infondatezza.
 
 (Legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 1, secondo comma; legge 2 aprile
 1979, n. 97, art. 9, secondo comma, in relazione all'art.   5, ultimo
 comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, all'art.   2, lett.  d),
 della legge 16 dicembre 1961, n. 1038, ed all'art. 10, ultimo comma,
 della legge 20 dicembre 1961, n.  1345; legge 6 agosto 1984, n. 425,
 art. 1, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3, 24, 36, 102 e 103).
(GU n.49 del 6-12-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1, secondo
 comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425  (Disposizioni  relative  al
 trattamento  economico  dei magistrati) e dell'art. 9, secondo comma,
 della legge 2 aprile 1979, n. 97 (Norme  sullo  stato  giuridico  dei
 magistrati  e  sul  trattamento  economico  dei magistrati ordinari e
 amministrativi, dei  magistrati  della  giustizia  militare  e  degli
 avvocati  dello  Stato),  in  relazione all'art. 5, ultimo comma, del
 d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, all'art. 2, lett. d),  della  legge
 16  dicembre 1961, n. 1308, ed all'art. 10, ultimo comma, della legge
 20 dicembre 1961, n.  1345,  cosi'  come  interpretati  dall'art.  1,
 secondo  comma,  della  legge 6 agosto 1984, n. 425, promossi con tre
 ordinanze emesse il 14  dicembre  1988  dal  Consiglio  di  giustizia
 amministrativa  per la Regione siciliana, iscritte rispettivamente ai
 nn. 300, 301 e 302 del registro ordinanze  1989  e  pubblicate  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  25, prima serie speciale,
 dell'anno 1989;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 25 ottobre 1989 il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Ritenuto  che  nel  corso di alcuni giudizi in cui gli appellanti,
 gia'  magistrati  ordinari,  avevano  ricorso  avverso   il   mancato
 riconoscimento,  da  parte  delle  sentenze  di primo grado, del loro
 diritto  a  percepire  una  serie  di  emolumenti,  il  Consiglio  di
 giustizia  amministrativa per la Regione siciliana, con tre ordinanze
 d'identico contenuto emesse in data 14 dicembre  1988,  ha  sollevato
 questioni  di  legittimita'  costituzionale:  a) dell'art. 1, secondo
 comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, in riferimento  agli  artt.
 24,  102  e  103  della  Costituzione; b) dell'art. 9, secondo comma,
 della legge 2 aprile 1979, n. 97, in  relazione  all'art.  5,  ultimo
 comma,  del  d.P.R.  28 dicembre 1970, n. 1080, all'art. 2, lett. d),
 della legge 16 dicembre 1961, n. 1308 ed all'art. 10,  ultimo  comma,
 della  legge  20  dicembre  1961,  n.  1345  (cosi' come interpretati
 dall'art. 1, secondo comma, della  legge  6  agosto  1984,  n.  425),
 nonche',  per  quanto  di ragione del medesimo art. 1, secondo comma,
 della legge 6 agosto 1984, n. 425, in riferimento agli artt. 3  e  36
 della Costituzione;
      che  il  giudice  a quo rileva come il legislatore abbia imposto
 una soluzione contraria alle pronunce  giurisdizionali  sino  a  quel
 momento  intervenute,  rilevando  inoltre che i ricorrenti, in quanto
 cessati dal servizio anteriormente al 1› gennaio 1983,  hanno  subito
 soltanto  gli  effetti  sfavorevoli e non anche quelli positivi della
 legge
 6 agosto 1984, n. 425;
      che il giudice rimettente, nel segnalare l'irrazionalita' insita
 nella differenziazione di  trattamento  tra  le  varie  categorie  di
 magistrati  e,  nel  richiamare  analoghe ordinanze di rimessione del
 Consiglio di Stato sollecita il riesame, da parte  di  questa  Corte,
 delle  questioni gia' dichiarate infondate con la sentenza n. 413 del
 1988;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato e difeso  dall'Avvocatura  dello  Stato,  il  quale  ha
 chiesto la declaratoria d'infondatezza;
    Considerato  che  i  giudizi  possono  essere riuniti e decisi con
 un'unica ordinanza;
      che  questa  Corte,  con  la  sentenza  n. 413 del 1988, ha gia'
 dichiarato   l'infondatezza   della   questione    di    legittimita'
 costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984,
 n. 425, escludendo, in particolare, la lesione degli artt. 24, 102  e
 103  della Costituzione sulla base della ratio della norma impugnata,
 la quale, oltre ad eliminare incertezze interpretative,  e'  volta  a
 costituire  "l'indispensabile  presupposto  logico  e  organizzatorio
 della  ristrutturazione  del  trattamento  economico  per  tutte   le
 categorie dei magistrati";
      che tale principio e' stato altresi' ribadito nelle ordinanze n.
 1047 del 1988, n. 48 del 1989 e, soprattutto, n. 1083 del 1988;
      che   in   quest'ultima   decisione   la   Corte  ha  dichiarato
 manifestamente  infondata  anche   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale concernente l'art. 9, secondo comma, della legge n. 97
 del  1979,  sollevata  dal  Consiglio  di  Stato  con  le   ordinanze
 richiamate dal giudice a quo;
      che  tale conclusione e' stata raggiunta in quanto nel complesso
 della normativa  si  e'  ravvisato  l'esercizio  di  discrezionalita'
 legislativa   finalizzata   alla   realizzazione   del  principio  di
 eguaglianza o di ragionevolezza;
      che  il rimettente Consiglio non prospetta argomenti ulteriori o
 diversi rispetto a quelli  a  suo  tempo  esaminati,  limitandosi  in
 sostanza a richiedere un riesame delle suddette affermazioni;
      che le questioni sono pertanto manifestamente infondate;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi,
      1)   dichiara  la  manifesta  infondatezza  della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge 6
 agosto  1984,  n. 425 (Disposizioni relative al trattamento economico
 dei magistrati), sollevata, in riferimento agli artt. 24, 102  e  103
 della  Costituzione, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la
 Regione siciliana con le ordinanze di cui in epigrafe;
      2)   dichiara  la  manifesta  infondatezza  della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 9, secondo comma, della legge 2
 aprile  1979, n. 97 (Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul
 trattamento economico dei magistrati ordinari e  amministrativi,  dei
 magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato), in
 relazione all'art. 5, ultimo comma, del d.P.R. 28 dicembre  1970,  n.
 1080,  all'art. 2, lett. d), della legge 16 dicembre 1961, n. 1308 ed
 all'art. 10, ultimo comma, della legge  20  dicembre  1961,  n.  1345
 (cosi'  come  interpretati  dall'art. 1, secondo comma, della legge 6
 agosto 1984, n. 425), nonche', "per quanto di ragione", del  medesimo
 art.  1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, sollevata,
 in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dal Consiglio di
 giustizia amministrativa per la Regione siciliana con le ordinanze di
 cui in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 15 novembre 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: CASAVOLA
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 30 novembre 1989.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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