N. 537 SENTENZA 30 novembre - 11 dicembre 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Successione in genere - Tassazione - Riunione fittizia delle
 donazioni - Ritassazione di beni non piu' nella disponibilita' del
 donatario - Erede - Esclusione dal coacervo ereditario dei beni
 alienati dal donatario - Mancata previsione - Necessita' pratica
 unicamente finalizzata alla determinazione delle aliquote poi
 applicate al solo valore dei beni relitti - Non fondatezza.
 
 (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 37, art. 7, ultimo comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 53).
(GU n.51 del 20-12-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  7, ultimo
 comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637  ("Disciplina  dell'imposta
 sulle  successioni  e donazioni"), promosso con ordinanza emessa il 4
 febbraio 1989 dalla Commissione tributaria di primo grado di  Catania
 sul  ricorso  proposto  da  Arena  Maria  Concetta  ed  altro  contro
 l'Ufficio Registro Successioni di Catania, iscritta  al  n.  322  del
 registro  ordinanze  1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1989;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 16 novembre 1989 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio instaurato da Maria Concetta e
 Matteo Arena contro l'avviso di accertamento notificato  dall'Ufficio
 del   Registro   di  Catania  in  relazione  ai  beni  oggetto  della
 successione  di  Giuseppe  Arena,  deceduto  il  13  marzo  1981,  la
 Commissione tributaria di primo grado di Catania, con ordinanza del 4
 febbraio 1989, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e  53  della
 Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 7,
 ultimo comma, del d.P.R. 26 ottobre  1972,  n.  637,  che  disciplina
 l'imposta sulle successioni e donazioni.
    Secondo il giudice a quo la norma impugnata viola l'art. 53, primo
 comma, Cost., nella parte in cui non esclude dalla riunione  fittizia
 all'asse   ereditario   i   beni  donati  che  al  tempo  dell'aperta
 successione non si trovino piu'  nel  patrimonio  dell'erede  (o  del
 legatario)-donatario  per  essere stati subalienati a terzi, o almeno
 nella parte in cui, in questo caso, non limita il  coacervo  ai  beni
 alienati  dai  donatari  entro  un  ragionevole  periodo di tempo. La
 mancata previsione di  tale  limite  "puo'  condurre  di  fatto  alla
 ritassazione  di  un  bene  che  non e' piu' nella disponibilita' del
 donatario-erede,  cosi'  determinando   una   imposizione   che   non
 corrisponde alla sua capacita' contributiva".
    La norma denunciata sarebbe altresi' in contrasto col principio di
 eguaglianza di cui all'art. 3 Cost.,  in  quanto  determinerebbe  una
 ingiustificata  disparita'  di  trattamento tributario tra i donatari
 che vengono all'eredita' o su questa conseguono legati e  i  donatari
 non chiamati all'eredita' o che in questa non trovano beni tassabili.
 Solo i primi sono assoggettati all'imposta globale calcolata mediante
 riunione   fittizia   delle   donazioni,   con   l'ulteriore  aumento
 forfettario della base imponibile previsto dall'art. 8, secondo comma
 (modificato dall'art. 5 della legge n. 880 del 1986).
    2.  - Nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  dello
 Stato,  domandando che la questione sia dichiarata "inammissibile per
 quanto di ragione e comunque infondata".
    L'Avvocatura  osserva che la norma in esame, imponendo il coacervo
 dell'asse ereditario con tutte le donazioni fatte  dal  defunto  agli
 eredi  e ai legatari, ai soli fini della determinazione dell'aliquota
 dell'imposta globale, "obbedisce a una sua intima logica strettamente
 connessa  all'esigenza  di  evitare  facili  elusioni al principio di
 progressivita' dell'imposizione". Con questa finalita' e'  pienamente
 coerente  il  riferimento  della valutazione dei beni donati al tempo
 dell'apertura della successione.
    Quanto alla domanda che vengano esclusi dal coacervo almeno i beni
 alienati dal  donatario  prima  di  un  ragionevole  lasso  di  tempo
 computabile  (a  ritroso) dal giorno dell'apertura della successione,
 l'Avvocatura  ne  eccepisce  l'inammissibilita',  essendo  rivolta  a
 ottenere  una  "pronuncia  additiva" eccedente i poteri istituzionali
 della Corte.
                         Considerato in diritto
    1. - La Commissione tributaria di primo grado di Catania contesta,
 in relazione agli artt. 3, primo comma,  e  53,  primo  comma,  della
 Costituzione,  la  legittimita'  costituzionale  dell'art.  7, ultimo
 comma, del d.P.R. n. 637 del 1972  sull'imposta  di  successione,  in
 quanto  assoggetta a riunione fittizia alla massa ereditaria tutte le
 donazioni  fatte  dal  de  cuius  agli  eredi  e  ai  legatari  senza
 eccettuare il caso che il bene donato sia stato subalienato, o almeno
 subordinare  in  questo  caso  il  coacervo   alla   condizione   che
 l'alienazione  sia  intervenuta entro un ragionevole periodo di tempo
 immediatamente precedente l'apertura della successione.
    2. - La questione non e' fondata.
    La  riunione fittizia al relictum del valore delle donazioni fatte
 dal de cuius agli  eredi  e  ai  legatari  e'  prevista  dalla  norma
 impugnata   "ai   soli  fini  della  determinazione  delle  aliquote"
 dell'imposta globale. L'aliquota cosi'  determinata  si  applica  sul
 solo  valore  dei  beni  relitti,  restando  percio'  matematicamente
 esclusa la possibilita', rappresentata dal  giudice  a  quo,  che  ne
 risulti   una   "ritassazione"   di   beni   non   piu'  appartenenti
 all'erede-donatario per essere stati da lui gia' alienati a terzi,  e
 piu' in generale la possibilita' che l'erede sia gravato da un carico
 tributario eccedente il valore della  quota  ereditaria,  "espressiva
 della  sua capacita' contributiva" (cfr. Corte Cost. n. 68 del 1985).
    Una  violazione  del  principio  di  proporzione  dell'imposizione
 tributaria alla capacita'  contributiva  non  puo'  essere  ravvisata
 nemmeno  nel  riferimento della valutazione dei beni donati al valore
 venale al momento  dell'apertura  della  successione.  Questa  regola
 discende  dalla  ratio del "coacervo", che - come spiega la relazione
 ministeriale alla legge 25 gennaio 1902, n. 25, all. C., con la quale
 fu  introdotto  tale  istituto - e' quella di impedire elusioni della
 progressivita'  delle  aliquote  (art.  4)   con   "l'espediente   di
 suddividere  valori  ingenti  con  donazioni  tra  vivi  agli  stessi
 successibili riducendo cosi'  le  quote  a  cifre  tassabili  con  le
 aliquote minori della scala".
    Il  parametro  di  valutazione indicato dalla norma denunciata non
 implica pero', contrariamente all'interpretazione del giudice a  quo,
 che non si possa tenere conto, a scomputo, degli incrementi di valore
 dovuti a migliorie apportate  al  bene  dal  donatario  o  dal  terzo
 acquirente.  Tali  incrementi,  in quanto rappresentano un valore mai
 appartenuto, nemmeno potenzialmente,  al  patrimonio  del  de  cuius,
 vanno   dedotti   nella   misura  della  loro  estimazione  al  tempo
 dell'aperta successione, analogamente a quanto dispongono  gli  artt.
 748  e  749  cod.  civ. Anche ai fini tributari vale la regola che la
 riunione fittizia dei beni donati deve essere fatta secondo  il  loro
 stato all'epoca delle donazioni e il loro valore al tempo della morte
 del donante.
    3.  - Inconsistente e' pure la pretesa violazione del principio di
 eguaglianza,  argomentata  mettendo  a   confronto   situazioni   non
 paragonabili,   quali   la   posizione  del  donatario  che  consegue
 dall'eredita' un ulteriore vantaggio  patrimoniale,  in  ragione  del
 quale  e'  soggetto  all'imposta  di  successione, e la posizione del
 donatario escluso dalla successione oppure chiamato  a  una  eredita'
 priva  di  attivo  (avendo il de cuius esaurito tutti i suoi beni con
 donazioni in vita), cosi'  che  manca  il  presupposto  soggettivo  o
 oggettivo per l'assoggettamento all'imposta.
    Oltre  a  tutto  non va dimenticato che, secondo la giurisprudenza
 consolidata in ordine all'art. 55 d.P.R. n. 637 del 1972, il coacervo
 si  applica  anche  alle donazioni se fatte con un stesso atto ovvero
 pur con atti diversi ai medesimi donatari.
    4.  - Per le ragioni sopra esposte la questione e' infondata anche
 nei limiti della domanda di una  pronuncia  di  illegittimita'  della
 norma  impugnata almeno nella parte in cui non esclude dal coacervo i
 beni donati che siano stati alienati prima di un ragionevole  periodo
 di  tempo  immediatamente antecedente all'apertura della successione.
 La suggerita analogia con la previsione dell'art. 9, primo comma,  e'
 manifestamente   improponibile,  stante  la  radicale  diversita'  di
 presupposti, di contenuto e di finalita' di questa disposizione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 7, ultimo comma, del  d.P.R.
 26  ottobre 1972, n. 37 ("Disciplina dell'imposta sulle successioni e
 donazioni"), sollevata, in  riferimento  agli  artt.  3  e  53  della
 Costituzione,  dalla Commissione tributaria di primo grado di Catania
 con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 30 novembre 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: MENGONI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria l'11 dicembre 1989.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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