N. 559 SENTENZA 12 - 20 dicembre 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Edilizia- Decadenza dell'assegnatario di alloggio residenziale
 pubblico per abbandono del medesimo- Cessazione di una stabile
 convivenza- Successione nell'assegnazione del convivente more uxorio
 affidatario della prole naturale- Mancata previsione- Diritto sociale
 all'abitazione- Richiamo alle sentenze nn. 404/1988, 49/1987 e
 454/1989- Necessita' di conservazione della compagine domestica nella
 stabilita' della dimora- Illegittimita'  costituzionale.
 
 (Legge regione Piemonte 10 dicembre 1984, n. 64, art. 18, primo e
 secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 2).
(GU n.52 del 27-12-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli artt. 21, primo comma, lett. b), e 18, primo e  secondo  comma,
 della   legge   della  Regione  Piemonte  10  dicembre  1984,  n.  64
 (Disciplina delle assegnazioni degli alloggi di edilizia residenziale
 pubblica  ai  sensi  dell'art. 2, comma secondo, della legge 5 agosto
 1978, n. 457, in attuazione della deliberazione CIPE pubblicata nella
 Gazzetta  Ufficiale  n.  348  in data 19 dicembre 1981), promosso con
 ordinanza  emessa  il  18  marzo  1989  dal  Pretore  di  Torino  nel
 procedimento  civile  vertente  tra  Anglisani Argante e il Comune di
 Torino, iscritta al n. 354 del registro ordinanze 1989  e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  35,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1989;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 16 novembre 1989 il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
                           Ritenuto in fatto
    Nel  corso  di  un  giudizio  di opposizione al decreto con cui il
 Sindaco aveva ordinato all'attore il rilascio di un immobile occupato
 abusivamente,  l'adito Pretore di Torino, rilevato che l'assegnataria
 originaria aveva abbandonato l'alloggio, nel quale erano  rimasti  il
 suo  ex-convivente  more uxorio, odierno opponente, nonche' il figlio
 naturale di tale unione, ha sollevato, con  ordinanza  emessa  il  18
 marzo  1989,  questione  di legittimita' costituzionale del combinato
 disposto degli artt. 21, primo comma, lett. b), e 18, primo e secondo
 comma,  della  legge  della Regione Piemonte del 10 dicembre 1984, n.
 64, in riferimento agli artt. 3 e 2 della Costituzione.
    Il  giudice  a  quo  sospetta  d'illegittimita'  costituzionale la
 citata normativa nella parte in cui: a)  limita  la  possibilita'  di
 succedere  nella  assegnazione  dell'immobile  alle  sole  ipotesi di
 decesso dell'assegnatario,  ovvero  di  separazione,  scioglimento  o
 cessazione  degli  effetti  civili  del matrimonio, prevedendo, al di
 fuori di tali ipotesi, la decadenza dalla assegnazione; b) non tutela
 la   posizione  del  convivente  more  uxorio  rimasto  nell'immobile
 abbandonato dall'assegnatario, particolarmente allorche' vi sia prole
 naturale,   della  quale  sia  affidatario,  come  nella  specie,  il
 convivente rimasto nell'alloggio.
    Nella  sostanza il Pretore, richiamandosi alla sentenza n. 404 del
 1988 di  questa  Corte,  individua  un'ingiustificata  disparita'  di
 trattamento  tra  le ipotesi in esame e le fattispecie di successione
 nella locazione risultanti dall'art. 6 della legge n.  392  del  1978
 cosi' come modificato dalla sentenza citata.
                         Considerato in diritto
   1. - Il Pretore di Torino, con ordinanza del 18 marzo 1989 (R.O. n.
 354 del 1989), solleva questione di legittimita'  costituzionale  del
 combinato disposto degli artt. 21, primo comma, lett. b), e 18, primo
 e secondo comma, della legge della Regione Piemonte 10 dicembre 1984,
 n.  64  (Disciplina  delle  assegnazioni  degli  alloggi  di edilizia
 residenziale pubblica ai sensi  dell'art.  2,  comma  secondo,  della
 legge  5  agosto 1978, n. 457, in attuazione della deliberazione CIPE
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 348 in data 19 dicembre 1981),
 in  riferimento  agli  artt. 3 e 2 della Costituzione, nella parte in
 cui: " a) limitano la possibilita' di  succedere  nella  assegnazione
 dell'immobile  alle  sole ipotesi di decesso dell'assegnatario ovvero
 di separazione, scioglimento o cessazione degli  effetti  civili  del
 matrimonio;  b)  prevedono,  in difetto di tali ipotesi, la decadenza
 dalla assegnazione; c) non tutelano la posizione del convivente  more
 uxorio,  rimasto nell'immobile a seguito di abbandono del medesimo da
 parte dell'assegnatario, in  particolar  modo  quando  vi  sia  prole
 naturale affidata al convivente, rimasto nell'immobile, con decisione
 dell'organo competente".
    2.  - La questione e' fondata, nei limiti di cui appresso. Occorre
 preliminarmente negare l'utilizzabilita' del  tertium  comparationis,
 prospettato  dal giudice a quo, e che consisterebbe nell'art. 6 della
 legge n. 392 del 27 luglio 1978, nel testo risultante dalla  sentenza
 interpretativa  di accoglimento della Corte costituzionale n. 404 del
 7 aprile 1988, vale a  dire  "nella  parte  in  cui  non  prevede  la
 successione  nel  contratto  di  locazione  al  conduttore  che abbia
 cessato la convivenza, a favore del gia'  convivente  quando  vi  sia
 prole  naturale". La ipotesi di cui alla sentenza citata si inserisce
 nel contesto privatistico del  rapporto  contrattuale  di  locazione,
 laddove   la   questione   sollevata  e'  caratterizzata  in  termini
 pubblicistici e per la  natura  amministrativa  del  procedimento  di
 assegnazione d'alloggio in regime di edilizia residenziale pubblica e
 per la qualita' degli Enti  -  Comune,  I.A.C.P.  -  e  loro  fini  e
 funzioni.
    Inoltre  la  successione  al  conduttore  e'  la'  prevista  quale
 esigenza di conservare il tetto nei limiti della  consumazione  della
 durata  residua  del  contratto,  mentre  nel  caso  in  questione si
 tratterebbe  di  successione  nell'assegnazione  dell'alloggio  senza
 limiti temporali.
    3. - Ha invece particolare considerazione ai fini del rinvenimento
 della ratio  decidendi  il  duplice  dato  che  il  convivente  della
 assegnataria,   dichiarata   decaduta  per  abbandono  dell'alloggio,
 risulti rivestire la qualifica anagrafica di capofamiglia  ed  essere
 padre  naturale  nonche'  affidatario del minore, figlio riconosciuto
 della donna.
    Trattasi  di un nucleo familiare che la citata legge della Regione
 Piemonte 10 dicembre 1984, n. 64 prevede all'art. 2, comma terzo, per
 la  esplicita  menzione  della  prole  naturale  riconosciuta  e  del
 convivente more uxorio.
   E' contrario al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della
 Costituzione, che il legislatore regionale nel contesto della  stessa
 legge non abbia esteso integralmente la previsione di cui all'art. 2,
 comma terzo, anche all'art. 18, commi primo e  secondo,  riconoscendo
 accanto  alle ivi elencate cause di successione nella domanda e nella
 convenzione di assegnazione  -  decesso,  separazione,  scioglimento,
 cessazione  degli effetti civili del matrimonio - anche la cessazione
 della convivenza. In tal caso l'abbandono dell'alloggio da parte  del
 convivente    non   potrebbe   valere   come   causa   di   decadenza
 dell'assegnazione perche' non l'animus  derelinquendi  rispetto  alla
 res  ne  qualificherebbe l'elemento soggettivo ma la cessazione della
 mutua affectio, che  tocca  l'abitazione  solo  strumentalmente  come
 segno esteriore della conclusione della convivenza.
    Pertanto  resta  esclusa  dalla  questione di costituzionalita' la
 disciplina della decadenza di cui all'impugnato art. 21, primo comma,
 lett.   b).  La  ratio  decidendi,  alla  luce  dell'altro  parametro
 invocato, l'art.  2  della  Costituzione,  si  manifesta  anche  come
 esigenza  di  "garantire (...) un fondamentale diritto sociale, quale
 quello all'abitazione (sentenza  n.  217  del  1988)",  riscontrabile
 nell'art.  25  della  Dichiarazione  universale dei diritti dell'uomo
 (New York, 10 dicembre 1948) e nell'art. 11 del Patto  internazionale
 dei diritti economici sociali e culturali (approvato a New York il 16
 dicembre  1966  dall'Assemblea  generale  delle   Nazioni   Unite   e
 ratificato   dall'Italia   il   15  settembre  1978,  in  seguito  ad
 autorizzazione disposta con legge 25 ottobre 1977, n. 881).
    Questa  Corte  ha  gia'  altra  volta  riconosciuto "indubbiamente
 doveroso da parte  della  collettivita'  intera  impedire  che  delle
 persone  possano  rimanere  prive di abitazione", e ha individuato in
 tale dovere,  cui  corrisponde  il  diritto  sociale  all'abitazione,
 collocabile  tra  i  diritti  inviolabili dell'uomo di cui all'art. 2
 della Costituzione, un connotato della forma costituzionale di  Stato
 sociale (cfr. sentenze n. 404 del 1988 e n. 49 del 1987).
    Il  dovere collettivo di impedire che singole persone, e a maggior
 ragione se inserite in un nucleo familiare, come quello rappresentato
 dal   genitore  affidatario  del  figlio  minore,  restino  prive  di
 abitazione e' tanto piu'  cogente  quando  si  rapporta  ad  un  Ente
 esponenziale  della  collettivita',  quale il Comune, nella specifica
 competenza  dell'assegnazione  di  alloggi  in  regime  di   edilizia
 residenziale pubblica.
    Il  provvedimento  di  affidamento al genitore naturale del figlio
 minore, pronunciato dal Tribunale per i minorenni di Torino, consente
 peraltro  di  richiamare per analogia iuris quanto statuito da questa
 Corte in tema di titolo ad abitare per il coniuge  affidatario  della
 prole (cfr. sentenza n. 454 del 1989). Il diritto umano a non perdere
 il tetto sotto cui si e' protratta la convivenza e' dunque rafforzato
 dal  munus  a provvedere all'interesse morale e materiale della prole
 generata mediante la conservazione della  compagine  domestica  nella
 stabilita' della dimora.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 18, primo e
 secondo comma, della legge della Regione Piemonte 10  dicembre  1984,
 n.  64  (Disciplina  delle  assegnazioni  degli  alloggi  di edilizia
 residenziale pubblica ai sensi  dell'art.  2,  comma  secondo,  della
 legge  5  agosto 1978, n. 457, in attuazione della deliberazione CIPE
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 348 in data 19 dicembre 1981),
 nella parte in cui non prevede la cessazione della stabile convivenza
 come causa di successione nella assegnazione ovvero come  presupposto
 della  voltura  della convenzione a favore del convivente affidatario
 della prole.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: CASAVOLA
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 20 dicembre 1989.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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