N. 580 SENTENZA 13 - 22 dicembre 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Professionisti - Medici convenzionati con il S.S.N. - Limiti alla
 pignorabilita' degli emolumenti corrisposti - Mancata previsione -
 Liberta' del professionista sanitario di svolgere ulteriore attivita'
 privata - Non fondatezza.
 
 (C.P.C., art. 545).
 
 (Cost., artt. 3 e 53).
(GU n.1 del 3-1-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof. Giovanni CONSO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,   prof.
 Francesco  Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE,  avv. Mauro
 FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 545 del codice
 di procedura civile promossi con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza  emessa  l'11  luglio 1988 dal Pretore di Roma nel
 procedimento civile vertente tra Tomat Milvi  e  La  Cecilia  Antonio
 iscritta  al  n.  320  del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  26  prima  serie  speciale
 dell'anno 1989;
      2)  ordinanza  emessa  il 4 aprile 1989 dal Pretore di Monza nei
 procedimenti civili riuniti vertenti tra la Banca  Credito  Romagnolo
 S.p.A.,  Bonaccorsi  Michelangelo  ed  altra,  iscritta al n. 359 del
 registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 35 prima serie speciale dell'anno 1989;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 29 novembre 1989 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con ordinanza in data 11 luglio 1988 il Pretore di Roma, in
 sede di esecuzione per il soddisfacimento di un credito derivante  da
 assegno  di  mantenimento,  ha  sollevato,  in riferimento all'art. 3
 della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  545  del codice di procedura civile nella parte in cui non
 prevede alcun limite alla pignorabilita' degli emolumenti corrisposti
 ai   medici   convenzionati  con  il  Servizio  sanitario  nazionale,
 nonostante l'assimilabilita' della loro posizione, per  il  carattere
 continuativo   delle   prestazioni,  assorbenti  la  quasi  totalita'
 dell'attivita' lavorativa, a quella dei lavoratori subordinati.
    2.  -  L'intervenuta  Avvocatura  Generale  dello  Stato prospetta
 l'infondatezza della questione rilevando che il lavoro subordinato  e
 quello   autonomo   integrano   situazioni   diverse,  fra  loro  non
 comparabili, e - soprattutto - che la sussistenza dei presupposti sui
 quali  il  giudice  a  quo fonda le proprie osservazioni (vale a dire
 l'assorbimento pressoche'  totale  dell'attivita'  lavorativa  ed  il
 compenso  acquisito  costituente  fonte  principale  se non esclusiva
 dell'entrata dei medici convenzionati) e' apoditticamente  affermata,
 posto  che,  come  risulta  dal  regime di incompatibilita' contenuto
 negli accordi collettivi nazionali, i  medici  convenzionati  possono
 svolgere altre attivita' e percepire quindi ulteriori emolumenti.
    3.  -  In  data  4  aprile  1989  il  Pretore di Monza, in sede di
 esecuzione sui crediti che il dr. Michelangelo Bonaccorsi  vanta  nei
 confronti  della  U.S.L.  n.  66, alla quale e' legato da un rapporto
 convenzionato,  ha  sollevato  analoga  questione   di   legittimita'
 dell'art. 545 del codice di procedura civile, in riferimento all'art.
 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che i limiti  di
 pignorabilita'  dei  crediti  ivi  menzionati  si  estendano anche ai
 crediti derivanti dai rapporti  di  lavoro  non  subordinato  di  cui
 all'art. 409, n. 3, c.p.c.
    4. - In ordine alla non manifesta infondatezza della questione, il
 Pretore di Monza svolge, in sintesi, le seguenti argomentazioni:
      dal punto di vista processuale l'attuale legislazione in tema di
 controversie di lavoro (art. 409 del codice di procedura  civile)  ha
 ritenuto  di  assimilare i rapporti di lavoro "subordinato privato" a
 quello  dei  "dipendenti  degli  enti  pubblici  economici"   e   dei
 "dipendenti  degli  enti  pubblici";  nella  medesima disciplina sono
 stati inseriti (art. 409 n. 3 del codice di procedura  civile)  anche
 "i  rapporti  di  agenzia,  di  rappresentanza  commerciale  ed altri
 rapporti di collaborazione che si concretino in  una  prestazione  di
 opera  continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se
 non a carattere subordinato". Le ragioni  di  tale  scelta  normativa
 sono  state  autorevolmente  indicate  nella  decisione della Suprema
 Corte di Cassazione del 25 marzo 1976 n. 1972 che ha  individuato  la
 volonta'  del  legislatore  con  riferimento  a  tali  rapporti  "sul
 presupposto di una sostanziale assimilazione  dei  nuovi  rapporti  a
 quelli di lavoro subordinato";
      dal  punto di vista sostanziale vi sono numerosissimi indicatori
 della  disciplina,  sia  della  legge,   che   della   contrattazione
 collettiva prevista dalla legge (con efficacia normativa erga omnes),
 che  possono  far  ritenere  che  tale  rapporto,   "continuativo   e
 coordinato",  possa  essere  considerato,  ai fini delle esigenze che
 sottendono l'art. 545 del codice di procedura  civile  (tutela  delle
 esigenze di vita del debitore che si procuri da vivere con la propria
 attivita' lavorativa personale),  analogo  a  quello  del  lavoratore
 "dipendente".
    5.  -  L'intervenuta  Avvocatura  si  limita  ad  osservare che la
 circostanza che quel medico  possa  trovarsi  a  vivere  con  i  soli
 proventi  della  convenzione  e'  evenienza di mero fatto, inidonea a
 distinguere la sua posizione da  quella  di  qualsiasi  altro  medico
 professionista  che,  non  avendo  altre  entrate,  viva soltanto dei
 proventi del proprio lavoro.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il  Pretore  di Roma ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento  all'art.  3   della   Costituzione,
 dell'art.  545 del codice di procedura civile, nella parte in cui non
 prevede alcun limite alla pignorabilita' degli emolumenti corrisposti
 ai   medici   convenzionati  con  il  Servizio  Sanitario  Nazionale,
 nonostante debba - a suo avviso - ritenersi che  la  loro  posizione,
 per  il  carattere continuativo delle prestazioni assorbenti la quasi
 totalita' dell'attivita' lavorativa, sia assimilabile  a  quella  dei
 lavoratori subordinati.
    Questione  sostanzialmente identica e' stata sollevata dal Pretore
 di Monza il quale, in sede di esecuzione sui crediti spettanti ad  un
 sanitario  legato  da  un  rapporto  a  convenzione  con  una  Unita'
 Sanitaria Locale, dubita della legittimita' del medesimo art. 545, in
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione, nella parte in cui non
 prevede che i limiti di  pignorabilita'  ivi  indicati  si  estendano
 anche  ai  crediti  derivanti  dai rapporti di lavoro non subordinato
 indicati all'art. 409 n. 3 del codice di procedura civile.
    I relativi giudizi concernono la medesima norma di legge e pongono
 la medesima questione; possono quindi essere  riuniti  e  decisi  con
 unica sentenza.
    2. - La questione non e' fondata.
    Giova  premettere che la responsabilita' patrimoniale del debitore
 inadempiente, sancita dall'art. 2740 del codice  civile,  costituisce
 una  norma di ordine generale, rivolta cioe' a tutti, ed e', in linea
 di principio, illimitata, nel senso che tutti  i  beni  compresi  nel
 patrimonio  del  debitore costituiscono la garanzia per l'adempimento
 delle  sue  obbligazioni  e  possono   quindi   essere   oggetto   di
 soddisfacimento da parte del creditore.
    Solo   alcuni  limiti  sono  posti  dalla  legge  con  riguardo  a
 determinati beni ed a talune situazioni, come nelle ipotesi  previste
 dall'art.  545  del  codice di procedura civile, il quale, al fine di
 non privare il  debitore  di  cio'  che  e'  necessario  per  la  sua
 esistenza,  sottrae  in  parte  all'azione  esecutiva  i  crediti dei
 prestatori  di  lavoro  in  rapporto  di  lavoro  privato,  con  cio'
 intendendo  pero'  stabilire  soltanto  dei  limiti ad un particolare
 mezzo di esecuzione ma non certo introdurre una deroga  al  principio
 della  responsabilita' patrimoniale, la quale resta pertanto piena ed
 illimitata.
    Ora,  mentre  tale  eccezione non appare irragionevole in rapporto
 alla  situazione  dei   lavoratori   dipendenti,   i   quali,   nella
 generalita', traggono da una unica fonte, facilmente individuabile ed
 aggredibile in sede esecutiva, i mezzi ordinari di sostentamento  per
 le  necessita'  della  vita,  del  tutto  differente,  e  quindi  non
 comparabile agli effetti di cui all'art. 3 della Costituzione, appare
 la  posizione  dei  medici  convenzionati  con  il Servizio Sanitario
 Nazionale. Costoro, al pari di ogni altro lavoratore  autonomo,  sono
 sostanzialmente liberi nelle loro prestazioni professionali e possono
 quindi svolgere, al di fuori del rapporto di  convenzione,  ulteriore
 attivita'  privata,  come  puo'  evincersi dall'esame dell'art. 4 del
 d.P.R. 8 giugno 1987 n. 289 che reca le  norme  sull'incompatibilita'
 inserite   nell'Accordo   Collettivo  Nazionale  stipulato  ai  sensi
 dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978 n. 833.
    Che   poi,   in   talune   ipotesi,   le  prestazioni  dei  medici
 convenzionati possano essere tali da  assorbire  la  quasi  totalita'
 della loro attivita' lavorativa, costituisce una circostanza inidonea
 a distinguere, se non in punto di mero fatto, la posizione  di  detti
 lavoratori da quella di ogni altro lavoratore autonomo che viva con i
 proventi della propria attivita'.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i   giudizi,   dichiara   non  fondate  le  questioni  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 545  del  codice  di  procedura
 civile,  sollevate, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal
 Pretore di Roma e dal Pretore di Monza con le ordinanze  in  epigrafe
 indicate.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: FERRI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 22 dicembre 1989.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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