MINISTERO DELLA SANITA'

CIRCOLARE 12 dicembre 1989, n. 33 

  Trasferimento   per   cure  in  ambito  comunitario.  Art.  22  del
regolamento CEE n. 1408/71.
(GU n.7 del 10-1-1990)
 
 Vigente al: 10-1-1990  
 

  Con note n. 1000/618.4/443 del 7 marzo 1981, n. 1000/618.4/1378 del
31 luglio 1981 e n. 1000/VI/3490 del 6 maggio 1982 sono state emanate
direttive  sull'applicazione  dell'art. 22 - paragrafo 1, lettera c),
punto  i)   -   del   regolamento   CEE   n.   1408/71,   concernente
l'autorizzazione  a  recarsi in uno dei Paesi della Comunita' europea
per ricevere prestazioni sanitarie.
  L'esperienza  acquisita  nella  gestione,  unitamente  alle  unita'
sanitarie locali, dei trasferimenti per cure  in  ambito  comunitario
suggerisce    una    sostanziale   revisione   dell'attuale   sistema
autorizzatorio  per   renderlo   piu'   rispondente   alle   esigenze
assistenziali e al progressivo aumento del flusso migratorio.
  Le problematiche connesse ai trasferimenti per cure all'estero sono
state affrontate dal Consiglio superiore di sanita' e  dal  Consiglio
sanitario   nazionale   in   occasione  dell'esame  dello  schema  di
provvedimento  sui  criteri  per  fruire,  in  forma  indiretta,   di
prestazioni assistenziali presso centri di altissima specializzazione
all'estero, previsto dall'art. 3 della legge 23 ottobre 1985, n. 595;
il  predetto  provvedimento (decreto ministeriale 3 novembre 1989) e'
stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  n.  273  del  22  novembre
1989.
  Anche  se  i  trasferimenti  per  cure  in  ambito  comunitario non
rientrano fra quelli di cui alla richiamata legge n. 595 del 1985, lo
scrivente Ministero ritiene che i principi della disciplina contenuta
nel decreto ministeriale 3 novembre 1989, sui quali  hanno  convenuto
sia  il  Consiglio  superiore  di  sanita' sia il Consiglio sanitario
nazionale,  debbano  essere  estesi  anche  ai  trasferimenti  presso
strutture della CEE.
  L'estensione  dei  predetti  principi  ai  trasferimenti  in ambito
comunitario  non  e'  finalizzata  a  perseguire  una  ingiustificata
limitazione  dei flussi migratori, ma a razionalizzare e governare il
fenomeno.
  Si  e'  consapevoli,  infatti,  che,  fino  a  quando  non  saranno
riorganizzati i  servizi  ospedalieri  nazionali  e  gli  stessi  non
garantiranno   per   alcune   specialita'  prestazioni  tempestive  e
standards assistenziali comparabili  con  quelli  degli  altri  Paesi
della  Comunita', lo strumento eccezionale del trasferimento per cure
all'estero non puo' essere soggetto, nei casi in cui  e'  imposto  da
carenze obiettive del sistema ospedaliero nazionale, a limitazioni.
  Peraltro,  la  recente giurisprudenza della Corte costituzionale in
materia di prestazioni che il Servizio sanitario nazionale non e'  in
grado  di erogare conferma, sia pure indirettamente, il diritto dello
assistito alla prestazione  all'estero  qualora  non  sia  altrimenti
ottenibile in Italia.
  In base al potere che i regolamenti CEE riconoscono in materia alle
autorita' competenti di ciascun Paese, lo scrivente Ministero, con le
richiamate  ministeriali del 1981 e 1982, ha limitato la possibilita'
di autorizzare i trasferimenti per cure  ai  soli  casi  o  forme  di
assistenza,  particolarmente  rilevanti  sotto  il profilo sanitario,
presso centri di alta specializzazione  e  per  prestazioni  che  non
siano    altrimenti   ottenibili   in   Italia   tempestivamente   od
adeguatamente.
  Il  predetto  orientamento  e'  conforme  sia  allo  spirito  della
disciplina comunitaria  sia  ai  principi  desumibili  dalla  vigente
legislazione nazionale.
  Il  rilevato  progressivo aumento del flusso migratorio non impone,
pertanto, una modifica di detto orientamento, ma una piu' organica  e
puntuale  disciplina  al fine di razionalizzare il fenomeno limitando
le attuali disfunzioni.
  Con  le  suddette direttive ministeriali le unita' sanitarie locali
erano  state  invitate  a   compiere,   prima   di   autorizzare   il
trasferimento,  tutti  i  necessari  accertamenti  per  verificare la
sussistenza dei presupposti richiesti  per  l'autorizzazione  ed  era
stato,  in  particolare,  prescritto  che il sanitario, incaricato di
esprimere  il  definitivo  parere  sull'accoglimento  o  meno   della
domanda, dovesse redigere al riguardo una breve relazione motivata.
  Dall'analisi  delle  autorizzazioni concesse si e' rilevato, da una
parte, che la necessita' della prestazione all'estero e' certificata,
nella  quasi  totalita'  dei  casi,  dal  medico di famiglia o da uno
specialista libero professionista e,  dall'altra,  che  la  relazione
motivata  si  sostanzia,  di  norma,  nella mera riaffermazione della
necessita' del trasferimento.
  Dalle segnalazioni dei consolati italiani all'estero e delle stesse
strutture sanitarie straniere si e', poi, rilevato che, nella maggior
parte  dei  casi, il trasferimento non e' preceduto dai necessari, ed
in alcuni casi essenziali, preventivi  contatti  ed  accordi  con  la
struttura  estera  prescelta  con conseguenti rilevanti disfunzioni e
inconvenienti per l'ammissione alle prestazioni e  gravissimi  disagi
per gli assistiti.
  Oltre  alle  predette  disfunzioni,  il mancato coordinamento tra i
centri di cura  italiani  e  quelli  esteri  comporta,  anche,  oneri
finanziari  aggiuntivi per lo Stato (es. alcuni esami ed accertamenti
possono essere effettuati in Italia, previe intese con  la  struttura
estera,  ed  alcune  cure  possono  essere proseguite in Italia senza
protrarre inutilmente il ricovero).
  Si  sono,  infine,  constatate difficolta' di interpretazione delle
istruzioni ministeriali, gia' impartite, con conseguenti  discordanze
nelle  procedure  adottate,  che  hanno  dato  luogo ad impugnative a
livello  giurisdizionale  oltre   che   amministrativo,   nonche'   a
comportamenti  non  omogenei nel rilascio delle autorizzazioni fra le
varie regioni e fra le unita' sanitarie locali della stessa  regione.
  Per  superare,  o  quanto  meno  ridurre,  le disfunzioni rilevate,
questo Ministero ritiene che sia essenziale:
    A)  Attribuire alla responsabilita' di una struttura sanitaria di
alta specialita' (Centro  regionale  di  riferimento)  l'accertamento
della  sussistenza  dei presupposti, che legittimano l'autorizzazione
da parte dell'unita' sanitaria  locale  competente  al  trasferimento
all'estero  e  ogni  altra  valutazione  di  natura tecnico-sanitaria
connessa al trasferimento per cure all'estero.
  Cosi'  come gia' previsto dal decreto ministeriale 3 novembre 1989,
attuativo dell'art. 3  della  legge  23  ottobre  1985,  n.  595,  la
regione,  in  relazione  alle varie patologie, deve individuare una o
piu' strutture sanitarie alle quali demandare la funzione  di  centro
regionale di riferimento ai fini dei trasferimenti per cure in ambito
CEE.
  La  costituzione  dei centri regionali di riferimento e' diretta ad
assicurare, da una  parte,  unita'  di  indirizzi  e  omogeneita'  di
comportamento  in  tutto  il  territorio  nazionale  ed a soddisfare,
dall'altra,  l'esigenza  piu'  volte  rappresentata   dai   consolati
italiani  competenti e dalle stesse strutture estere, di un referente
sanitario  in  Italia  della  struttura  estera   per   limitare   le
disfunzioni  nell'erogazione  delle  prestazioni  e  i disagi per gli
assistiti.
    B)  Onerare  la  struttura,  individuata come centro regionale di
riferimento, dei contatti, diretti o indiretti tramite  il  consolato
italiano  competente,  con  la  struttura estera prescelta al fine di
concordare tempi e modi delle prestazioni e dei ricoveri  nonche'  le
eventuali  indagini  di  diagnostica strumentale e di laboratorio che
possono  essere  eseguite  prima  della  partenza  dell'Italia  e  il
successivo prosieguo delle cure al rientro in Italia.
    C)  Fornire  a  coloro  che  sono  stati  autorizzati  a  recarsi
all'estero, prima della partenza, tutte le informazioni di  carattere
anche   non   sanitario   (adempimenti  amministrativi;  sistemazione
alberghiera  dei  familiari  accompagnatori  ecc.)  attraverso  anche
appositi opuscoli informativi per gli Stati a piu' elevata migrazione
sanitaria (Francia-Belgio).
    D)  Istituire,  nelle  localita'  estere ove e' piu' rilevante il
fenomeno della migrazione sanitaria, appositi centri di  riferimento,
dipendenti   dai   consolati   italiani   e  gestiti  direttamente  o
indirettamente dagli stessi.
  Detti   centri   di   riferimento   all'estero   assicureranno   il
collegamento fra il centro regionale di riferimento o gli assistiti e
la  struttura  estera di ricovero, la collaborazione agli adempimenti
amministrativi nonche' l'assistenza all'ammalato, prima e durante  il
ricovero, ed ai familiari accompagnatori.
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  Oltre   alle   suesposte   iniziative   per   superare  le  attuali
disfunzioni, una  ulteriore  esigenza,  che  lo  scrivente  Ministero
ritiene  non  essere piu' disattesa, e' l'estensione della disciplina
comunitaria per i trasferimenti per cure alle  categorie  attualmente
non  tutelate  dai  regolamenti  e, cioe', agli invalidi civili, agli
invalidi di guerra, ai pensionati sociali, agli assistiti ex art.  63
della legge n.  833/1978, ecc.
  Come  e'  noto,  i  regolamenti  CEE  di  sicurezza  sociale  per i
lavoratori migranti si applicano solo  ai  lavoratori  (dipendenti  o
autonomi e liberi professionisti); tutti gli altri cittadini, esclusi
dall'ambito personale di applicazione dei regolamenti,  sono  esclusi
dai  benefici  previsti  dai  regolamenti;  non  possono,  cioe', fra
l'altro, ottenere l'autorizzazione a trasferirsi per cure in uno  dei
Paesi CEE (assistenza diretta).
  Al  fine di assicurare in ambito comunitario un organico e unitario
sistema di erogazione delle prestazioni e la parita'  di  trattamento
fra  tutti  gli assistiti, con decreto-legge 25 novembre 1989, n. 382
(art. 1, nono comma) i benefici previsti dall'art. 22 del regolamento
CEE  n.  1408/71  (cure  urgenti  in  caso  di  temporaneo soggiorno;
trasferimento per cure) sono stati estesi alle categorie  attualmente
escluse con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del decreto-legge.
  Conseguentemente,   se   il   Parlamento   approvera'  la  predetta
disposizione, a partire dalla data di entrata in vigore  della  legge
di  conversione del decreto-legge, i trasferimenti per cure in ambito
comunitario a favore dei cittadini, italiani  e  degli  Stati  membri
della  CEE, iscritti al Servizio sanitario nazionale, dovranno essere
tutti disposti, salvo quelli in strutture non  convenzionate  con  la
istituzione  estera  competente,  in base alla normativa dell'art. 22
del regolamento CEE n. 1408/71.
  Si   fa   presente   che   i  regolamenti  CEE  possono  applicarsi
esclusivamente ai cittadini dei Paesi membri della CEE, agli  apolidi
e ai profughi residenti in uno dei predetti Paesi.
  Pertanto,  nei  confronti dei cittadini di Paesi extra CEE, che, in
base  a  disposizioni  di  legge  o  accordi   internazionali,   sono
equiparati,  ai fini dell'assistenza sanitaria, ai cittadini italiani
(per es. stranieri con  attivita'  lavorativa  in  Italia  ecc.),  le
prestazioni  all'estero,  limitate comunque ai trasferimenti per cure
in centri di  altissima  specializzazione,  continueranno  ad  essere
assicurate, in forma indiretta, ai sensi delle disposizioni regionali
attuative del richiamato decreto ministeriale 3 novembre 1989.
  Si  fa  presente  che  i  cittadini di Paesi extra CEE assistiti ex
art.63 della legge n. 833/78 (assicurazione  volontaria  al  Servizio
sanitario  nazionale), non hanno diritto alle prestazioni all'estero,
atteso che non possono usufruire ne' della normativa dei  regolamenti
CEE  (riservata ai cittadini dei Paesi membri della CEE e ai profughi
e agli  apolidi)  ne'  di  quella  regionale  attuativa  del  decreto
ministeriale  3  novembre  1989 (riservata ai cittadini italiani ed a
quelli che godono della parita' di trattamento in base alla  legge  o
ad accordi internazionali).
  Tutto  cio'  premesso e considerato, allo scopo di razionalizzare i
trasferimenti  per  cure  in   ambito   comunitario   ed   assicurare
omogeneita'  di  comportamento  in  tutto il territorio nazionale, lo
scrivente Ministero ritiene di  fornire  le  seguenti  direttive  che
sostituiscono a tutti gli effetti quelle a suo tempo emanate.
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  Si  premette che, ai sensi dell'art. 22 del regolamento n. 1408/71,
cosi' come modificato con i regolamenti CEE n. 2793  del  1981  e  n.
2000  del  1983  le  unita'  sanitarie  locali possono autorizzare un
proprio assistito a recarsi in un altro Stato membro per ricevere  le
cure sanitarie di cui necessita (trasferimento per cure).
  A  tali fini l'interessato deve munirsi dell'apposito modulario CEE
(mod. E112) rilasciato dall'unita' sanitaria locale di  appartenenza;
gli  oneri  sostenuti sono addebitati direttamente al Ministero della
sanita' dall'istituzione estera competente.
  Le  cure  sono  erogate  a  cura dell'istituzione estera competente
"secondo le disposizioni della legislazione che essa applica, come se
l'interessato fosse ad essa iscritto".
  L'assistito  italiano,  autorizzato  al trasferimento per cure, ha,
quindi, diritto alle prestazioni autorizzate con le stesse  modalita'
e limiti previsti dalle istituzioni estere per i propri assistiti; in
concreto le prestazioni sono erogate gratuitamente o con il pagamento
di una eventuale quota di partecipazione (ticket).
Prestazioni che possono essere autorizzate.
  La  richiamata  normativa  comunitaria riconosce al Ministero della
sanita' un ampio potere di apprezzamento nell'accordare  o  rifiutare
le autorizzazioni al trasferimento per cure.
  In  base  al  predetto  potere  di  apprezzamento  questo Ministero
ritiene  di  individuare  le  prestazioni  per  le  quali  le  unita'
sanitarie  locali  possono  autorizzare  il  trasferimento all'estero
nelle prestazioni di cui all'art. 3, quinto  comma,  della  legge  n.
595/1985   e,   cioe',   nelle   prestazioni   di  diagnosi,  cura  e
riabilitazione  (ivi  comprese  eventuali  protesi  ed   endoprotesi)
richiedenti  specifiche  professionalita'  del  personale, non comuni
procedure tecniche o curative o attrezzature ad avanzata  tecnologia,
che  non  siano  ottenibili  tempestivamente o adeguatamente presso i
presidi  e  i  servizi  pubblici  o  convenzionati  con  il  Servizio
sanitario nazionale.
  E'  considerata  "prestazione  non  ottenibile  tempestivamente  in
Italia"  la  prestazione  per  la  quale  le  strutture  pubbliche  o
convenzionate  con  il  Servizio  sanitario  nazionale  richiedono un
periodo  di  attesa  incompatibile  con   l'esigenza   sanitaria   di
assicurare con immediatezza la prestazione stessa senza compromettere
gravemente lo stato di salute  dell'assistito  ovvero  precludere  la
possibilita' dell'intervento.
  E'  considerata  "prestazione non ottenibile in forma adeguata alla
particolarita' del caso clinico"  la  prestazione  che  richiede,  in
relazione  al  peculiare  caso  clinico,  specifiche professionalita'
ovvero  procedure  tecniche   o   curative   non   praticate   ovvero
attrezzature  non  presenti nelle strutture pubbliche o convenzionate
con il Servizio sanitario nazionale.
  In  sostanza  le  prestazioni  che possono essere autorizzate sono,
quindi,  quelle  di  competenza  dei  presidi  e  servizi   di   alta
specialita'  italiani,  nonche'  quelle  individuate  con decreto del
Ministro della sanita su proposta del Consiglio sanitario  nazionale,
ai  sensi  dell'art.  2,  secondo  comma,  del decreto ministeriale 3
novembre 1989, attuativo dell'art. 3 della legge n. 595 del 1985.
  Nelle more dell'individuazione delle prestazioni erogabili ai sensi
del richiamato art. 2, secondo  comma,  del  decreto  ministeriale  3
novembre 1989, possono essere autorizzate le prestazioni che, in base
alla valutazione del centro regionale di riferimento, ove costituito,
ovvero  alla  valutazione  di una stuttura specialistica ospedaliera,
pubblica o convenzionata, si ritiene rientrino fra quelle di  cui  ai
suesposti criteri.
Prestazioni   che   non   rientrano   nell'ambito   della  disciplina
comunitaria.
  Le  prestazioni  che possono essere autorizzate sono esclusivamente
quelle assicurate  dalle  istituzioni  estere  competenti  tramite  i
propri  servizi  ed i presidi pubblici e privati convenzionati con le
istituzioni stesse.
  Le prestazioni usufruite in strutture private non convenzionate con
l'istituzione estera  competente  e  quelle  usufruite  nelle  stesse
strutture  pubbliche  in  regime  libero-professionale  non rientrano
nell'ambito di applicazione  della  normativa  comunitaria;  pertanto
dette prestazioni sono a carico diretto degli assistiti, salvo quanto
previsto dal decreto ministeriale 3 novembre 1989.
  I  trasferimenti  per  cure,  autorizzati  in  base  alla normativa
comunitaria (mod. E112), riguardano, cioe', solo le  prestazioni  che
l'istituzione estera eroga in forma diretta ai propri assistiti nelle
strutture pubbliche o private convenzionate.
  Restano,  pertanto, a carico dell'assistito le spese sostenute per:
   1)  onorari  corrisposti  a sanitari che abbiano svolto la propria
opera in regime libero-professionale anche se in costanza di ricovero
nella struttura per la quale e' stato autorizzato il trasferimento;
   2) tickets previsti dalla legislazione locale;
   3)  spese  per  il  viaggio,  anche  se  in  autoambulanza,  e per
l'accompagnatore;
   4) spese di soggiorno in attesa di ricovero (soggiorno che per gli
aspiranti al trapianto spesso si protrae per piu' settimane in attesa
che venga reperito l'organo da trapiantare);
   5)  spese di conforts alberghiero eventualmente sopportate durante
la degenza  (telefono,  TV,  stanza  singola,  ecc.)  se  oggetto  di
tariffazione separata.
  Le  spese di natura strettamente sanitaria (precedenti punti 1, 2 e
3), che l'istituzione estera non rimborsa in base alla normativa CEE,
possono  essere  prese in considerazione per il parziale rimborso, in
forma indiretta, ai sensi della normativa regionale per  l'assistenza
in  forma  indiretta  all'estero attuativa del decreto ministeriale 3
novembre 1989.
  Limitatamente ai trasferimenti per cure nei Paesi CEE, l'assistenza
in  forma  indiretta  di  competenza  regionale  puo'   configurarsi,
infatti, rispetto a quella di competenza dello Stato:
   come  sostitutiva  per i cittadini ai quali non puo' essere estesa
la normativa comunitaria;
   come   aggiuntiva   per  le  prestazioni  non  erogate  in  regime
convenzionale  (prestazioni   in   strutture   private,   prestazioni
libero-professionali,  ecc.)  nonche'  per  le  spese  non rimborsate
(spese di viaggio, tickets, ecc.).
  Fermo   restando  i  criteri  per  l'erogazione  delle  prestazioni
assistenziali all'estero, in forma indiretta e  con  oneri  a  carico
delle  unita'  sanitarie  locali,  di  cui  al decreto ministeriale 3
novembre 1989,  lo  scrivente  Ministero  esprime  l'avviso  che  gli
interventi  sostitutivi  in favore dei cittadini esclusi dai benefici
della normativa comunitaria dovrebbero essere tali da assicurare agli
assistiti - autorizzati, in base al richiamato decreto, a trasferirsi
in uno dei Paesi CEE per cure - un trattamento complessivo analogo  a
quello garantito dai regolamenti alle categorie protette. A tali fini
le regioni possono utilizzare la  facolta'  di  deroga  prevista  dal
terzo comma dell'art. 7 del decreto ministeriale 3 novembre 1989.
  Per  quanto  concerne  gli  interventi  aggiuntivi  alla assistenza
erogata in base alla  normativa  comunitaria,  ossia  concorsi  negli
oneri  posti  a  carico dell'assistito dalla legislazione locale (es.
spese  per  prestazioni  libero-professionali,  tickets,   ecc.)   lo
scrivente Ministero esprime l'avviso che la facolta' di cui al quarto
comma dell'art. 7 del decreto  ministeriale  3  novembre  1989  possa
essere  esercitata  solo  in  casi particolarmente rilevanti sotto il
profilo sanitario e finanziario.
  Infatti,   la   deroga  al  principio  desumibile  dalla  normativa
comunitaria (l'assistito ha diritto esclusivamente  alle  prestazioni
che l'istituzione del luogo assicura ai propri assistiti) ha evidente
carattere eccezionale. La deroga e', quindi,  possibile  solo  se  le
spese  che complessivamente restano a carico dell'assistito sono tali
da  compromettere  le  condizioni  economiche  del  nucleo  familiare
dell'assistito stesso.
  In  tale  ipotesi rientra, per esempio, un eventuale concorso nelle
spese sanitarie disposto in  favore  degli  assistiti,  sottoposti  a
trapianto  di  fegato  in  alcuni  Paesi CEE (es. il Belgio), i quali
debbono, come e' noto, far fronte direttamente ad oneri di decine  di
milioni  per tickets relativi all'intervento e per il trasporto aereo
urgente presso il centro trapianti (spese sanitarie) nonche'  per  il
soggiorno,  in  alcuni  casi  di  mesi,  nella  localita'  estera dei
familiari (spese non sanitarie).
  I  predetti  concorsi  straordinari  potranno  essere  concessi con
decorrenza dalla data di cui all'art. 11 del decreto  ministeriale  3
novembre  1989.  Fino  alla predetta data eventuali concorsi potranno
essere disposti in base alla vigente normativa regionale.
 Centro di riferimento regionale.
  Cosi' come previsto dall'art. 3 del decreto ministeriale 3 novembre
1989 sulle prestazioni presso centri  di  altissima  specializzazione
all'estero,  lo  scrivente Ministero ritiene che la valutazione della
sussistenza    dei    presupposti    sanitari,    che     legittimano
l'autorizzazione  al  trasferimento  per  cure  in  ambito CEE, debba
essere rimessa ad una apposita struttura sanitaria individuata  dalla
regione, con funzioni di centro di riferimento regionale.
  Conformemente  a  quanto previsto dal richiamato decreto 3 novembre
1989, si ritiene, altresi', che le predette  funzioni  di  centro  di
riferimento  debbano  essere svolte dai presidi e dai servizi di alta
specialita', allorche' saranno individuati in attuazione dell'art.  5
della legge 23 ottobre 1985, n. 595, o da strutture analoghe site nel
proprio territorio o, se necessario, in regione  limitrofa,  nonche',
limitatamente  alle  prestazioni  che  non  rientrano  fra  quelle di
competenza dei predetti presidi e servizi,  da  apposite  commissioni
sanitarie  costituite, per ogni branca specialistica, dalla regione a
livello regionale e composte da personale medico di qualifica apicale
dei presidi ospedalieri e dei policlinici universitari.
  Fino a quando il Piano sanitario nazionale e i piani sanitari delle
regioni e delle province autonome non avranno stabilito i  presidi  e
servizi  di  alta  specialita',  in  attuazione del richiamato art. 5
della legge n. 595, le funzioni di  centro  di  riferimento  dovranno
essere   svolte,   per   ogni   branca  specialistica,  dal  presidio
ospedaliero o  dal  policlinico  universitario  all'uopo  individuato
dalla regione ovvero da una apposita commissione sanitaria costituita
dalla regione a livello regionale e composta da personale  medico  di
qualifica apicale delle strutture ospedaliere e universitarie.
  Per  quanto  concerne  in  particolare  il settore dei trapianti di
organo le funzioni di centro di riferimento devono, comunque,  essere
svolte  dai  presidi  attualmente  autorizzati ai relativi trapianti.
Qualora in ambito regionale  non  vi  siano  presidi  autorizzati  al
trapianto, le regioni provvederanno ad individuare il presidio di una
regione limitrofa al quale attribuire dette funzioni.
  Si  richiama  la particolare attenzione dei presidenti delle giunte
regionali e degli assessori regionali alla sanita' sulla esigenza  di
una tempestiva attivazione dei centri di riferimento in questione con
precedenza per le patologie per le quali,  a  livello  regionale,  e'
piu' rilevante il flusso di richieste di trasferimenti all'estero.
  Ove  ritenuto  necessario  od opportuno, la regione puo' istituire,
per la stessa branca specialistica, piu' centri a livello  regionale,
garantendo,  in  tal caso, il necessario coordinamento tra gli stessi
al fine di assicurare omogeneita' di comportamenti.
  Il  centro  di  riferimento,  individuato dalla regione, e' l'unico
organo  legittimato  a  valutare  la  sussistenza   dei   presupposti
necessari  per  ottenere  l'autorizzazione al trasferimento per cure,
anche se la competenza al rilascio  della  relativa  modulistica  CEE
(mod. E112) resta di competenza dell'unita' sanitaria locale.
  Nei  casi  in  cui  l'unita'  sanitaria  locale  non  ritenesse  di
adeguarsi al parere favorevole o  negativo  espresso  dal  centro  di
riferimento,  il  relativo  provvedimento dovra' essere adeguatamente
motivato.
  Il  centro  di riferimento regionale, oltre che esprimere il parere
sulla sussistenza dei presupposti che  legittimano  il  trasferimento
all'estero,   dove   curare,  direttamente  o  tramite  i  centri  di
riferimento all'estero che saranno istituiti dai consolati  italiani,
i  collegamenti con la struttura estera prescelta per concordare, fra
l'altro, prima del trasferimento, tempi e modalita' del  ricovero  e,
successivamente    alla   dimissione   e   al   rientro   in   Italia
dell'assistito, gli eventuali controlli o proseguimenti di cure.
  Il  centro di riferimento regionale - prima di esprimere il proprio
avviso riguardo alla impossibilita'  di  eseguire  tempestivamente  o
adeguatamente   la   prestazione  sul  territorio  nazionale  -  deve
interpellare, se necessario, le  strutture  ospedaliere  pubbliche  o
convenzionate  con  il Servizio sanitario nazionale, ubicate anche al
di fuori della regione di competenza, che possono essere in grado  di
eseguire la prestazione richiesta.
  Il  centro  di riferimento regionale deve fornire a coloro che sono
stati autorizzati al trasferimento tutte le informazioni  necessarie,
anche di carattere non sanitario, connesse al trasferimento stesso.
  Per evidenti motivi di opportunita' e uniformita' di comportamento,
la  funzione  di  centro  regionale  di  riferimento  in  materia  di
trasferimenti  per cure ai sensi dei regolamenti CEE sara', di norma,
attribuita al centro gia' competente in materia di trasferimenti  per
cure  di competenza regionale ai sensi dell'art. 3 della legge n. 595
del 1985.
  Nelle  more della costituzione dei centri regionali di riferimento,
le  unita'  sanitarie  locali  demanderanno  la   valutazione   della
sussistenza  dei presupposti necessari per concedere l'autorizzazione
ad una struttura specialistica ospedaliera, pubblica o convenzionata.
 Centri di riferimento all'estero.
  Il  non regolato afflusso di assistiti italiani in alcune strutture
dei Paesi CEE (per es. nel 1987 negli  ospedali  pubblici  di  Parigi
sono  stati ricoverati 9.374 assistiti italiani; all'Institut Gustave
Roussy di Villejuif - Parigi: 3.662;  al  Centro  Eduard  Herriot  di
Lione:   1.042)  comporta  spesso  per  le  stesse  strutture  estere
gravissime disfunzioni che finiscono per  ricadere  sugli  assistiti,
determinano  maggiori  oneri  finanziari  per  lo  Stato e pongono ai
consolati italiani problemi assistenziali non risolvibili.
  Limitatamente   alle   localita'   estere  ove  piu'  rilevante  e'
l'afflusso  degli  assistiti  italiani  (Parigi  e  dintorni,  Lione,
Marsiglia,  Bruxelles) e' intendimento del Ministero della sanita' di
costituire, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, centri  di
riferimento  per  l'assistenza  agli  ammalati  che  si  recano nelle
predette localita' per cure ed ai familiari accompagnatori.  I  primi
centri saranno costituiti, in via sperimentale, nella zona di Parigi.
  I centri saranno diretti da personale medico.
  Detti centri, la cui ubicazione e recapito anche telefonico saranno
tempestivamente  comunicati  non  appena  attivati,  possono   essere
contattati  dai  centri regionali di riferimento per utte le esigenze
sanitarie o amministrative connesse al  trasferimento  all'estero.  I
centri  saranno  dotati,  ove  possibile, di telefax per la eventuale
trasmissione della documentazione sanitaria e amministrative connessa
al trasferimento.
  Ai  centri  di riferimento all'estero potranno rivolgersi anche gli
assistiti direttamente o tramite i propri medici.
  I centri avranno, tra l'altro, il compito di:
   assicurare,  se richiesto, il collegamento fra il centro regionale
di riferimento e la struttura estera di propria  competenza  al  fine
anche   di  orientare,  se  necessario,  verso  il  presidio  la  cui
specializzazione e' piu' attinente al tipo di malattia;
   assicurare  l'assistenza  amministrativa  prima, durante e dopo il
ricovero per gli adempimenti con la struttura prescelta  e  la  cassa
mutua competente;
   seguire  l'ammalato durante tutta la degenza (es. interpretariato;
contatti con il personale sanitario);
   assicurare  il  mantenimento  dei  contatti  con  le strutture e i
medici esteri dopo il rientro in Italia per la eventuale prosecuzione
delle cure;
   assicurare  assistenza  ai familiari, che accompagnano l'ammalato,
nei contatti con il congiunto ricoverato, con la struttura  e  con  i
medici  curanti nonche', se possibile, nella sistemazione alberghiera
e in quant'altro fosse necessario.
Procedure per l'autorizzazione al trasferimento per cure.
  L'interessato,  o  chi per esso, deve presentare domanda all'unita'
sanitaria locale di  appartenenza  corredata  dalla  proposta  di  un
medico     specialista    nonche'    dall'ulteriore    documentazione
eventualmente prescritta da disposizioni regionali.
  La  proposta  del  medico  specialista  deve  essere  adeguatamente
motivata in ordine all'impossibilita' di fruire delle prestazioni  in
Italia tempestivamente o in forma adeguata al caso clinico.
  L'istanza  o  la  proposta  del medico deve contenere l'indicazione
della struttura estera prescelta per la prestazione.
  L'unita'  sanitaria  locale  provvede,  secondo modalita' stabilite
dalla regione, alla trasmissione della domanda e della documentazione
al centro di riferimento regionale territorialmente competente.
  Il  centro  di riferimento, valutata la sussistenza dei presupposti
sanitari per usufruire delle prestazioni richieste (impossibilita' di
fruirle  tempestivamente ovvero in forma adeguata alla particolarita'
del caso clinico) presso la  struttura  estera,  comunica  all'unita'
sanitaria  locale  competente  il  proprio  parere motivato in ordine
all'autorizzazione richiesta.
  L'unita' sanitaria locale, acquisito il parere del centro, provvede
o  meno  al  rilascio   dell'autorizzazione   (mod.   E112)   dandone
comunicazione al centro predetto.
  Qualora  l'unita'  sanitaria  locale  ritenga  di  determinarsi  in
maniera difforme da quella del centro, il provvedimento di diniego  o
di rilascio del mod. E112 deve essere adeguatamente motivato.
  Nei  casi  in  cui il centro di riferimento regionale si identifica
con una struttura a gestione diretta  dell'unita'  sanitaria  locale,
l'autorizzazione  o  meno  al  trasferimento e' data direttamente dal
centro stesso.
Deroghe alle procedure.
  Le  regioni  possono,  nel  rispetto  della  normativa comunitaria,
modificare le suesposte procedure al fine soprattutto di semplificare
gli  adempimenti, fermo restando, in ogni caso, che la valutazione in
ordine alla sussistenza dei presupposti per ottenere l'autorizzazione
deve essere rimessa al centro di riferimento regionale e che l'unita'
sanitaria locale, ove non ritenga di adeguarsi alle  valutazioni  del
centro, deve adeguatamente motivare il proprio dissenso.
  In  caso  di  gravita'  ed  urgenza  nonche' in caso di ricovero in
ospedale ubicato in una regione diversa da  quella  di  appartenenza,
l'unita' sanitaria locale o il centro di riferimento (se il centro si
identifica con una struttura a gestione diretta dell'unita' sanitaria
locale), nel cui territorio e' presente l'assistito, puo' autorizzare
direttamente   le   prestazioni   all'estero,   dandone    tempestiva
comunicazione all'unita' sanitaria locale competente.
  Si  prescinde dalla preventiva autorizzazione per le prestazioni di
comprovata eccezionale gravita' ed urgenza.  In  tali  casi  l'unita'
sanitaria  locale  puo',  previa  valutazione  della  sussistenza dei
presupposti  da  parte  del  centro  di  riferimento,  rilasciare   a
posteriori  il  mod.  E112,  su  richiesta  dell'interessato  o della
istituzione estera, ovvero procedere, al  rientro  dell'assistito  in
Italia,  al  rimborso  delle  spese  sostenute, secondo le tariffe di
rimborso  applicate  dall'istituzione  estera  competente,  ai  sensi
dell'art. 34 del regolamento CEE n. 574/72.
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  Con  successiva  circolare saranno dati gli indirizzi necessari per
l'acquisizione, da parte dei centri di riferimento regionali e  delle
unita'   sanitarie   locali,   dei   dati  statistici  relativi  alle
autorizzazioni al trasferimento per cure in  ambito  CEE  sulla  base
anche di schede informative predisposte dal Ministero.
  Fino  a  quando  non  saranno  dati  i predetti indirizzi le unita'
sanitarie locali o i centri di riferimento regionali (nei casi in cui
il  centro  rilascia  direttamente l'autorizzazione) continueranno ad
inviare al Ministero copia della autorizzazione al trasferimento  per
cure  unitamente  alla  relazione  tecnica  in  base  alla  quale  il
trasferimento e' stato autorizzato.
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  Le  suesposte  direttive  si  applicano, per la parte compatibile e
limitatamente ai soggetti tutelati, anche ai trasferimenti  per  cure
in  Paesi  extra  CEE  autorizzati  in  base alle vigenti convenzioni
internazionali di reciprocita'.
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  Le  province  autonome  di  Trento  e  di Bolzano attueranno, negli
ambiti territoriali di competenza, le presenti  direttive  secondo  i
propri ordinamenti statutari.
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  La  sempre  maggiore  complementarita'  e  integrazione  a  livello
europeo delle strutture sanitarie dei singoli Paesi  accentuera'  nei
prossimi anni il fenomeno della migrazione sanitaria.
  La   revisione  dell'attuale  sistema  autorizzatorio  e',  quindi,
necessaria ed urgente  nell'interesse  degli  assistiti  e  a  tutela
dell'immagine del nostro Paese all'estero.
  Si  pregano,  pertanto,  gli  organi  regionali in indirizzo ed, in
particolare, gli assessori regionali e provinciali  alla  sanita'  di
assicurare  la massima collaborazione per gli aspetti di competenza e
di portare a conoscenza delle unita'  sanitarie  locali  le  presenti
direttive, verificandone la puntuale osservanza.
                                              Il Ministro: DE LORENZO