Art. 16 della legge 26 aprile 1990, n. 86, concernente i reati di rifiuto di atti di ufficio e di omissione.(GU n.290 del 13-12-1990)
Vigente al: 13-12-1990
La legge 26 aprile 1990, n. 86, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 27 aprile 1990, n. 97, ha introdotto rilevanti modifiche al codice penale, nella parte concernente i delitti contro la pubblica amministrazione. L'art. 16 della legge citata ha modificato l'art. 328 del codice penale, disciplinando i reati di rifiuto di atti d'ufficio e di omissione. E' opportuno sottolineare l'importanza del secondo comma dell'art. 328 nel testo modificato. Tale norma commina la pena della reclusisone, fino ad un anno, e della multa, fino a lire due milioni, per l'omissione nel compimento di atti d'ufficio e nel fornire la risposta relativa alle ragioni del ritardo. Il reato puo' essere commesso da un pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio ed e' previsto da una norma di carattere generale, rispetto alle quale la norma posta dal primo comma dell'art. 328, nel testo modificato, ha carattere speciale. Infatti quest'ultima commina la pena della reclusione da sei mesi a due anni per il rifiuto, da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, di un atto del suo ufficio, da emettere senza indugio per soddisfare esigenze di giustizia, di sicurezza pubblica, di ordine pubblico, di igiene e sanita'. Il secondo comma dello stesso art. 328 si applica in tutte le ipotesi di omissione di provvedimento, ad eccezione di quelle specificatamente previste dal primo comma al quale si e' fatto riferimento, e di risposta sulle ragioni del ritardo. Si deve precisare che non e' sufficiente, per la consumazione del reato previsto dal citato secondo comma, la omissione di provvedimento entro trenta giorni dalla richiesta "di chi vi abbia interesse". Infatti la norma incriminatrice in esame dispone che la condotta del reato consiste nell'omissione dell'atto e della risposta sulle ragioni del ritardo. Pertanto la consumazione del reato non coincide con la sola omissione di provvedimento. Una diversa conclusione, oltretutto, importerebbe una grave causa di inefficienza amministrativa, posto che non e' fondatamente prospettabile la sufficienza del termine di trenta giorni per concludere qualsiasi procedimento amministrativo. La norma dispone che deve concorrere con l'omissione di atto anche quella di risposta sulle ragioni del ritardo. Dalla necessita' del concorso delle due condotte omissive discende che l'obbligo precipuo del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio e' non solo di operare per la sollecita conclusione del procedimento amministrativo, ma anche di offrire giustificazioni sul difetto di emanazione dell'atto. La consumazione del reato postula la richiesta di emettere l'atto e l'inutile compimento di trenta giorni dalla ricezione della richiesta, che deve essere formulata per iscritto. La richiesta deve provenire da "chi vi abbia interesse". Se difetta questo presupposto non e' identificabile l'omissione, che e' la condotta del reato in esame. L'interesse deve essere riconosciuto a favore della parte che abbia richiesto l'emanazione di un atto. Tuttavia non puo' essere disconosciuta la posizione del controinteressato, il quale potra' chiedere l'adozione del provvedimento di diniego e di ricezione dell'istanza presentata dalla controparte. E' evidente che un provvedimento del tipo ora indicato possa importare il consolidamento della posizione, rilevante giuridicamente, della quale sia titolare il controinteressato. Al riguardo e' utile tener presente l'ipotesi del titolare di una licenza di commercio controinteressato alla emanazione di altra licenza di commercio, del frontista o del latistantista controinteressati alla adozione del provvedimento di concessione edilizia, del titolare di un immobile rispetto all'adottabilita' di provvedimenti di polizia edilizia richiesti all'autorita' locale, ect. Tra gli interessati, legittimati a presentare una rituale richiesta all'amministrazione, sono da annoverare anche gli organismi rappresentativi di interessi diffusi, di interessi collettivi o di categoria. Significativo puo' essere il riferimento alle associazioni ambientalistiche, cosi' come definite dalla legge n. 349 del 1986, alle associazioni sindacali, a quelle costituite per la salvaguardia di interessi professionali, etc. E' opportuno precisare che la vigenza di norme attributive di valore positivo al silenzio imputabile all'amministrazione (c.d. silenzio-assenso) non costituisce un limite alla portata precettiva dell'art. 328, secondo comma, c.p. Infatti e' profilabile l'interesse opposto alla formazione del silenzio-assenso, al fine di evitare che inizino lecitamente le attivita' da valutare nel procedimento, che potrebbe concludersi con il silenzio del tipo suindicato. Ne' si puo' trascurare la ipotesi della richiesta di misure di ripristino o comunque sanzionatorie in rapporto alla realizzazione totale o parziale di iniziative difformi rispetto alle norme vigenti, ancorche' precedute dalla formazione del silenzio-rifiuto. Il fatto che il secondo comma dell'art. 328 c.p. dispone nel senso che il reato si consuma dopo l'inutile decorso del termine di trenta giorni dalla richiesta non equivale a superamento delle norme relative ai singoli procedimenti amministrativi, la durata dei quali dipende anche dalle esigenze istruttorie, che non possono essere disattese o compresse entro termini insufficienti. La stessa norma penale non importa la sostituzione dei principi in tema di formazione del silenzio-rifiuto o del silenzio-rigetto. Invero, nessuna disposizione dello stesso art. 328, secondo comma, riguarda il valore da attribuire all'inerzia imputabile all'amministrazione tenuta a provvedere. D'altra parte, la norma incriminatrice in esame ha ad oggetto comportamenti di persone fisiche, preposte all'esplicazione di funzioni o servizi pubblici, e non disciplina i singoli aspetti dell'azione amministrativa. Oltre tutto, la modifica della normativa sul silenzio imputabile all'amministrazione pubblica importerebbe anche la delineazione degli oneri, delle facolta', dei doveri a carico degli amministrati nei cui confronti il silenzio si e' formato. L'art. 328, secondo comma, e' del tutto privo della indicazione delle conseguenze, derivanti dall'inutile scadenza dei trenta giorni, sul piano dei rapporti tra amministrazione e amministrati. Per altro verso, la citata norma penale dispone, come si e' gia' accennato, nel senso del necessario concorso dell'omissione di atto e dell'omissione di risposta sulle ragioni del ritardo. Pertanto la risposta indicata da ultimo preclude la configurabilita' del reato. La possibilita' di fornire la risposta giustificatrice del ritardo postula che il termine di trenta giorni non costituisce un limite di tempo invalicabile per l'amministrazione e per gli stessi amministratori, relativamente alla conclusione dei singoli procedimenti amministrativi. La prospettabilita' di ragioni giustificatrici consistenti in fattori di ordine strutturale, in carenza di organico, esigenze di addestramento del personale, nel rispetto dei tempi tecnici irriducibili e connessi allo svolgimento delle singole procedure, equivale ad ammettere la legittima proseguibilita' dell'azione amministrativa in vista dell'efficiente completamento. I motivi, che possono giustificare il difetto di adozione dell'atto nel termine di trenta giorni, e che devono essere comunicati all'interessato, possono ad esempio riguardare: a) la particolare complessita' dell'istruttoria; b) la necessita' di acquisire pareri amministrativi o tecnici; c) la effettuazione di accertamenti di fatti semplici o di natura tecnica; d) l'elevato numero di pratiche da evadere; e) l'elevato numero di documenti da acquisire, talora accompagnato dal fatto che parte di essi deve provenire dall'istante o da terzi; f) altre ragioni specifiche che non consentono il rispetto del termine. La consumazione del reato postula, oltre alla condotta omissiva specificata sopra, il grado di colpevolezza massimo, cioe' il dolo. Questa conclusione si desume dai principi posti dal codice penale, relativi all'elemento soggettivo dei delitti, nella cui categoria rientra il reato previsto dall'art. 328, secondo comma, piu' volte citato, che e' privo di qualunque disposizione dalla quale si possa desumere il carattere colposo del delitto suindicato. Peraltro non e' sufficiente, ai fini della consumazione del reato, che il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio abbiano la sola conoscenza e volonta' dell'omissione. E' indispensabile invece che alla consapevolezza del ritardo o dell'omissione si accompagni l'intenzione di omettere o ritardare l'atto, ancorche' non sia necessario il dolo specifico, cioe' la presenza di un particolare scopo costituente la ragione del comportamento omissivo. Il Ministro: GASPARI