N. 683 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 giugno 1989
N. 683 Ordinanza emessa il 30 giugno 1989 della Corte di cassazione nei procedimenti civili riuniti vertenti tra il comune di Ribera e Natoli Francesco ed altri Espropriazione per pubblico interesse - Determinazione della indennita' e successiva comunicazione, deposito e pubblicita' relativi alla stessa - Mancata previsione per il proprietario gia' espropriato della possibilita' di agire in giudizio per la determinazione dell'indennita' anche in mancanza di detti adempimenti qualora essi non vengano compiuti in tempo congruo dopo la pronuncia del decreto di espropriazione, attesi i tempi tecnici ragionevolmente necessari per le relative attivita' ed il rispetto del termine ordinatorio previsto dall'art. 15 della legge n. 865/1971 - Prospettata violazione del diritto di difesa. (Legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 19, primo comma, modificato dalla legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14). (Cost., art. 24).(GU n.3 del 17-1-1990 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dal comune di Ribera, in persona del suo sindaco e legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in Roma, via S. Caterina da Siena, 46 c/o lo studio dell'avv. prof. Carmine Punzi, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Girolamo Bongiorno, giusta delega in calce al ricorso, ricorrente, contro Natoli Francesco, Natoli Elena in proprio e quale proc. di Natoli Fabrizio, la S.r.l. cooper. edilizia Michelangelo, intimati, e sul secondo ricorso n. 3322/86 proposto dalla S.r.l. cooperativa edilizia "Michelangelo" in persona del suo presidente in carica, elettivamente domiciliata in Roma, via Belsiana, 31, presso l'avv. prof. Giuseppe Bavetta, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti, controricorso e ricorr. incidentale, contro il comune di Ribera, Natoli Francesco, Natoli Elena, in proprio e quale proc. di Natoli Fabrizio, intimati e sul terzo ricorso n. 3435/86 proposto da Natoli Francesco, Natoli Elena e Natoli Fabrizio, tutti elettivamente domiciliati in Roma, via Tibullio, 10, presso lo studio dell'avv. Marcello Furitano, rappresentati e difesi dall'avv. Amedeo Vaccaro, giusta delega in calce al controricorso, controricorrenti contro il comune di Ribera, la S.r.l. cooperativa edilizia "Michelangelo", intimati, avverso la sentenza n. 672 della corte d'appello di Palermo del 10 ottobre 1985; Udita la relazione svolta dal cons. P. Pannella; Udito per il ricorrente l'avv. Jannone (delega); Udito per il resistente l'avv. Furitano (delega); Udito il p.m. dott. Antonio Martinelli, che ha concluso chiedendo la rimessione degli atti alla Corte costituzionale ed in subordine il rigetto; 1. - Premesso che il comune di Ribera, occupato in via provvisoria e d'urgenza terreno di proprieta' di Francesco, Elena e Fabrizio Natoli, per la realizzazione di alloggi popolari in favore della S.r.l. cooperativa edilizia "Michelangelo", definitiva concessionaria del suolo, aveva determinato e ritualmente offerto ai proprietari suindicati, in data 30 novembre 1982, l'indennita' provvisoria, ex art. 11 della legge 22 ottobre 1971, n. 855; dai destinatari rifiutata; che il sindaco del medesimo comune aveva pronunciato e comunicato agli interessati, in data 13 agosto 1983, l'espropriazione e l'occupazione definitiva del suolo; che i Natoli con citazione del 14 settembre 1983 avevano convenuto davanti alla corte d'appello di Palermo sia il comune di Ribera e sia la suindicata cooperativa per la determinazione dell'indennita' definitiva di esproprio e la condanna dei convenuti al relativo deposito della corrispondente somma; che, costituitasi la ssola cooperativa (contumace, quindi, il comune), questa, pregiudizialmente, aveva eccepito l'inammissibilita' della domanda in quanto proposta come opposizione alla stima provvisoria e non quella definitiva; che la corte palermitana con sentenza del 10 ottobre 1985, n. 672, respingendo l'eccezione, aveva ritenuto ammissibile l'opposizione contro l'indennita' provvisoria, dato che il comune di Ribera, depositata tale indennita', aveva pronunciato la espropriazione definitiva del suolo senza determinare la relativa indennita' (omesso cioe' il relativo procedimento amministrativo perche' la commissione provinciale presso l'u.t.e. la determinasse), nemmeno dopo molto tempo dalla pronuncia dell'espropriazione stessa. Sicche' - aveva arguito la Corte del merito - non restava che considerare quell'indennita' provvisoria come definitiva allo scopo di tutelare il diritto - costituzionalmente garantito all'equivalente ecconomico di fronte all'ablazione del bene espropriato; 2. - Rilevato che contro la suindicata sentenza, che, decidendo anche sul merito della controversia, aveva condannato il solo comune e non pure la cooperativa al deposito dell'indennita', calcolata secondo il criterio del valore venale ai sensi dell'art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, il comune di Ribera proponeva ricorso per cassazione riprospettando la questione dell'inammissibilita' della opposizione cosi' come proposta, sul rilievo che l'esperimento dell'azione accorrdata dall'art. 19 della legge n. 865/1971 postula, quale indefettibile presuppostto, la stima dell'indennita' definitiva ad opera della competente commissione provinciale di cui al precedente art. 16 della legge n. 865/1971 come modificato dall'art. 14 nella legge 28 gennaio 1977, n. 10; 3. - Questa Corte, attesa l'indefettibile rilevanza della questione per la decisione della controversia; O S S E R V A a) che nel procedimento espropriativo discciplinato dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865, l'opposizione alla stima amministrativa, operata a norma degli artt. 15 e 16 della legge davanti alla corte d'appello in unico grado, ha come presupposto essenziale, pena l'improponibilita' di essa (cfr. Cass. ss.uu. 2571/1988, 7288/1986, 6467/1988), la determinazione dell'indennita' definitiva pubblicata sul foglio degli annunci legali della provincia; b) che l'opposizione non si configura come un'impugnazione dell'atto amministrativo, ma come atto introduttivo di un regolare giudizio di merito teso a stabilire in modo autonomo, rispetto al provvedimento amministrativo, la misura della indennita' dovuta secondo le norme vigenti al momento della decisione (cfr. sentenze nn. 4091/1985, 7214/1986, 1699/1987, 5018/1987, 4172/1988, 4221/1988); c) che, a differenza della disciplina legislativa anteriore al 1971 secondo la quale il deposito dell'indennita' di espropriazione costitutiva il presupposto o condizione legittimante la pronuncia del decreto di esproprio, nello schema procedimentale amministrativo, disciplinato dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865, i due momenti non sono previsti intimamente collegati e conddizionati l'uno dall'altro, sicche' il decreto di espropriazione puo' essere emanato in modo autonomo rrispetto alla determinazione della stima definitiva, alla comunicazione e pubblicazione di essa; d) che per tali ultimi adempimenti procedimentali non sono previsti termini perentori di decadenza influenti sulla legittimita' dell'espropriazione, sicche' non e' raro il caso (come nella specie) in cui la "stima" o piu' non intervenga oppure intervenga in un tempo cosi' distante dal momento dell'ablazione del suolo, da determinare un'ingiusta ed irragionevole paralisi di ogni attivita' dell'espropriato diretta a conseguire il ristoro del danno subi'to in misura giusta ed in tempo congruo. 4. - Per le ragioni suesposte questa Corte considera: 1) che non sia manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, nella parte in cui non prevede che l'espropriato possa ugualmente adire la corte d'appello per la determinazione dell'indennita' di esproprio secondo legge, quando la determinazione, la comunicazione e la pubblicazione dell'indennita' definitiva di espropriazione non seguono in tempo congruo, dopo la pronuncia del decreto (di esproprio) previsto dall'art. 13 della legge suindicata, attesi i tempi tecnici ragionevolmente necessari per le relative attivita' ed il rispetto del termine ordinatorio previsto dall'art. 15 della stessa legge; 2) che tale suesposta riflessione derivi dal contrasto della attuale normativa de qua con l'esegesi del disposto dell'art. 24, primo comma, della Costituzione, secondo cui la tutela dei diritti e degli interessi legittimi costituisce un diritto inviolabile della persona da potersi esercitare nel modo e nel tempo giusti e ragionevoli.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale, in relazione all'art. 24, primo comma, della Costituzione, dell'art. 19, primo comma, della legge n. 865/1971 come modificato dall'art. 14 della legge n. 10/1977 per le ragioni innanzi esposte; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio; Dispone la notificazione della presente ordinanza alle parti in causa ed al pubblico ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri; Dispone la comunicazione della medesima ordinanza ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati. Roma, addi' 30 giugno 1989 Il presidente: (firma illeggibile) Il dirigente prima sez. civ.: (firma illeggibile) 90C0025