N. 693 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 agosto 1989
N. 693 Ordinanza emessa il 24 agosto 1989 dal giudice istruttore presso il tribunale di Ancona nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Lanciotti Fabio Pio ed altri e l'Amministrazione finanziaria dello Stato - Ministero delle finanze Procedimento civile - Giudizio innanzi al tribunale - Mezzi di prova - Ordinanze del giudice istruttore che ne dispongono l'ammissibilita' o la rilevanza - Reclamabilita' al collegio Lamentata natura dilatoria o defatigatoria di tale gravame Trattamento discriminatorio rispetto al piu' celere procedimento civile pretorile - Violazione del principio del buon andamento degli uffici giudiziari. (C.P.C., art. 178, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo e ottavo comma). (Cost., artt. 2, 3 e 97).(GU n.3 del 17-1-1990 )
IL GIUDICE ISTRUTTORE Letto il reclamo da parte degli opponenti in data 27 aprile 1989 avverso ordinanza 3 dicembre 1988-10 aprile 1989; Atteso che nella concreta fattispecie e' stato garantito il contraddittorio processuale ex art. 178 del c.p.c. consentendosi alle controparti il deposito dell'eventuale memoria di risposta; Ritenuto che, ad una rilettura degli atti, il giudice istruttore (al tempo stesso giudice relatore dell'interposto gravame di fronte al collegio) ritiene di investire la consulta della questione di illegittimita' costituzionale (d'ufficio, cioe' iussu iudicis senza impulso sollecito o di parte) anziche' riferire del reclamo al collegio per le ragioni suesposte; Ritenuto che, quindi, in primo luogo deve la stessa Corte porsi il problema preliminare della ammissibilita' o meno dell'eccezione ed al riguardo argomenta questo g.i. che mentre la presente procedura sarebbe palesemente inammissibile ove le parti avessero gia' precisato le conclusioni (in tal caso, quindi, iudex functus est mumere suo) residuando a questo proposito, a favore della competenza funzionale del g.i., le sole tassative ipotesi di cui alle seguenti testuali massime giurisprudenziali: 1) "La competenza del giudice istruttore del tribunale a pronunciare i provvedimenti d'urgenza, quando vi e' controversia pendente per il merito (art. 701 del c.p.c.), permane anche dopo la rimessione al collegio, fino a che la causa non venga definita con sentenza. Successivamente, la competenza medesima spetta all'istruttore d'appello, ovvero, qualora non sia stato proposto gravame ma sia ancora pendente il relativo termine, al presidente della corte d'appello" (Cass. 12 febbraio 1977, n. 633); 2) "Anche dopo la rimessione della causa al collegio per la decisione, competente ad autorizzare il sequestro, che in quella fase del processo venga richiesto, e' il giudice gia' designato per l'istruzione e non il presidente del collegio" (Cass. 6 aprile 1957, n. 1197), mentre, in tema di reclamo al collegio (avverso quindi i provvedimenti meramente ordinatori e non decisori), la controversia e' ancora (a tutti gli effetti pendente in istruttoria (davanti al singolo g.i.) il che consente di individuare una competenza alternativa a sollevare la questione di legittimita' costituzionale (o da parte del g.i. - giudice relatore che, come gia' detto e come si ribadisce, anziche' riferire del reclamo al collegio a fini decisori ex art. 178 del c.p.c., ne riferisce alla consulta onde farne dichiarare l'incostituzionalita', o da parte del collegio); Ritenutasi, alla stregua delle pregresse argomentazioni, esaurita la problematica sulla preliminare ammissibilita' della rimessione alla Corte ex art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; Poiche', comunque, prima di procedere all'esame della non manifesta infondatezza o meno della questione rilevata d'ufficio, deve il g.i. verificare, altrettanto preliminarmente, il fondamento della propria potesta', stavolta a prescindere dal suo ruolo di giudice relatore, in astratto ed in concreto, sulla base della giurisprudenza della stessa Corte costituzionale: Attesa la natura strumentale-ordinaria dei provvedimenti emessi dal g.i. ex art. 177 del c.p.c. (ordinanze) in tema di ammissibilita' e rilevanza di mezzi di prova proposti dalle parti o ammissibili d'ufficio, contrariamente ad es. alla statuizione ex art. 648 del c.p.c. (ordinanza definita dalla legge espressamente non impugnabile e quindi non revocabile ex art. 177, terzo comma, n. 2, stesso cod.), od alle misure strumentali-cautelari di cui rispettivamente agli artt. 700 e 701 del c.p.c. o 670, 671 e 673 stesso cod. (le quali pur nella loro natura strumentale e non decisoria anticipano tuttavia gli effetti della decisione sul merito in presenza o del semplice fumus boni iuris di cui alla norma 670 o anche del periculum in mora di cui al 671 ed agli artt. 700 e 701); Non trattandosi, quindi, nella specie in esame, di apposita questione di legittimita' costituzionale la cui soluzione sia ritenuta dal g.i. necessaria per la definizione del giudizio promosso avanti il tribunale al quale egli e' addetto, non vertendosi in attivita' volta alla ricerca ed intrepretazione della normativa da applicare per la definizione della controversia e tale cioe' da interferire sull'attivita' di giudizio di esclusiva competenza del collegio (v. sent. Corte cost. 11 dicembre 1962-20 dicembre 1962, n. 109; ne' tantomeno trattandosi di competanza del g.i. ad emettere un certo tipo di pronuncia tale da definire il provvedimento (ad es. decreto di liquidazione peritale - v. sent. Corte cosituzionale n. 88/1970); Non ponendosi in discussione l'essere il previo accertamento della completezza dell'istruttoria riservato al collegio (v. sentenza 4 aprile 1963-9 aprile 963, n. 44) trattandosi per l'ennesima volta di soluzione ritenuta dal g.i. necessaria per la definizione del giudizio instaurato dinanzi all'ufficio giudiziario del quale fa parte; Poiche' al contrario, proprio per quanto concerne il provvedimento reclamato, quest'ultimo, pur essendo il gravame istruito e disciplinato dall'art. 178 del c.p.c., ha riferimento alle ordinanze istruttorie emesse ai sensi del precedente 177, del quale quindi presuppone la logica esistenza e quindi "Se una norma processuale puo' essere applicata soltanto dal giudice istruttore civile per decidere in merito ad un provvedimento che e' di una esclusiva competenza, spetta al medesimo, e non al collegio cui e' addetto, valutare se sia non manifestamente infondata e rilevante l'eccezione di incostituzionalita' riguardante detta norma, proponendo al riguardo la questione davanti alla Corte costituzionale" (sent. Corte costituzionale 1 giugno 1966-10 giugno 1966, n. 62); Atteso che la citata massima giurisprudenziale e' invocabile nel caso in esame benche' differente la concreta fattispecie dell'epoca (trattandosi al riguardo della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 648, secondo comma, del c.p.c., all'epoca reietta, riproposta nel corso degli anni ottanta e favorevolmente accolta (s'intende in tema di cauzione obbligatoria nel testo originale della norma) con sentenza n. 5/1984 (rendendosi la cauzione non piu' vincolante, ove il g.i. era, ed e' tuttora, investito di poteri decisori stricti sensu (provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo) ma trattandosi di legittimita' costituzionale dell'art. 178 nella parte in cui, sempre ad avviso dello scrivente, si rende tronco e spurio il funzionamento ottimale dell'art. 177 che individua nel g.i. (e non nel collegio) autentica potesta' strumentale-decisoria (norma-genesi) mentre nel 178 (norma derivata) ci si limita ad instaurare il controllo del collegio sulle ordinanze (tanto e' vero che ai sensi del settimo comma "Il provvedimento del collegio e' limitato all'ammissibilita' ed alla rilevanza del mezzo di prova, e pertanto le parti non possono sottoporgli conclusioni di merito, ne' totali ne' parziali") mentre e' lex specialis l'art. 350 del c.p.c. che limita specificamente i poteri del g.i. monocratico nel giudizio di appello cio' in quanto logicamente "Nei giudizi di appello l'istruttore ha solamente poteri ordinatori e non anche istruttori (a differenza di quanto disposto per il primo grado dell'art. 182 del c.p.c.) e cio' perche' l'ammissione di nuove prove in secondo grado implica una parziale riforma della sentenza impugnata ossia una indagine di competenza del collegio" (Cass. 25 novembre 1955, n. 3800; Cass. 26 ottobre 1968, n. 3597); Premesso che la possibilita', assegnata dalla legge al g.i. ex art. 187, quarto comma, del c.p.c., di rimettere le parti al collegio per la sola decisione della questione relativa alla ammissibilita' o alla rilevanza dei mezzi di prova, non riduce la detta competenza esclusiva in quanto non consente alle parti di investire direttamente il collegio ma lo consente al g.i. onde garantire l'istruttoria dal rischio-eventualita' di reclami che ne ritardino il corso, gia' ex lege non celere (Novella 1950); Ritenutasi a tal punto esaurita ogni problematica giuridica sulla competenza funzionale del g.i. a sollevare questioni di incostituzionalita' e stante l'annessa esigenza di inquadrare ormai detta problematica in sede di fondamento; Atteso che la normativa di cui all'art. 178 del c.p.c., limitatamente alla parte che istituisce e disciplina il reclamo al collegio, appare in contrasto con i princi'pi di eguaglianza di cui agli artt. 2 e 3 nonche' 97 della Corte costituzionale, cio' in quanto la natura dilatoria e' defatigatoria in re ipsa del detto gravame contrasta in primo luogo con l'esigenza di celerita' e speditezza processuale (al contrario salvaguardata dal cod. proc. civ. nella sua versione originaria 1940 che non prevedeva il reclamo, introdotto dalla Novella 1950) ed in secondo luogo con il "buon andamento della pubblica amministrazione", mentre d'altronde dette esigenze di efficienza non possono non essere estese anche all'autorita' giudiziaria, che in difetto, pur essendo il terzo potere dello Stato di diritto, si troverebbe costituzionalmente discriminato rispetto alla p.a. appendice del potere esecutivo, dovendosi quindi intendere che il "buon funzionamento" garantito dall'art. 9 della legge fondamentale dello Stato abbia riferimento ad un concetto di p.a. latu sensu; Atteso che il trattamento discriminatorio di cui al 178 contempla per implicito che il procedimento civile dinanzi alla pretura trovasi a beneficiare di una migliore organizzazione strumentale (consistente in maggiore celerita' e funzionalita' del procedimento avanti il tribunale civile) non essendo i provvedimenti istruttori del pretore reclamabili ma sic et simpliciter modificabili o revocabili da parte della stessa a.g.o. emittente, con il che viene costituzionalmente garantito l'art. 97 della Costituzione; Ritenuto altresi' che la caducazione dell'art. 178 nella parte relativa al reclamo non violerebbe l'art. 24 della Costituzione, in primo luogo perche' il diritto alla difesa, costituzionalmente garantito, non puo' svilupparsi a detrimento della sfera riservata all'altrui diretto alla difesa e quindi in contrasto con la funzionale organizzazione degli uffici giudiziari di cui al 97; Poiche' d'altronde, in secondo luogo, il detto art. 24 e' comunque gia' garantito dal primo comma della norma 178 secondo cui "Le parti, senza bisogno di mezzi di impugnazione, possono proporre al collegio anche quando la causa e' rimessa a questo a norma dell'art. 189, tutte le questioni risolute dal giudice istruttore on ordinanza revocabile" ed al riguardo non occorre che sia stata fatta alcuna riserva ne' si richiede alcuna impugnazione formale dell'ordinanza (Cass. 25 maggio 1949, n. 1341); Rilevato, inoltre, ex art. 177, primo e secondo comma, del c.p.c., che "Le ordinanze comunque motivate non possono mai pregiudicare la decisione della causa. Salvo quanto disposto dal seguente comma, le ordinanze possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate" (seguono le eccezioni che confermano la regola, divieti tassativi di revoca fra i quali rientra certamente l'ordinanza che statuisce sull'ammissibilita' e rilevanza di mezzi probatori (v. al riguardo Cass. 12 febbraio 1968, n. 467; Cass. 5 febbraio 1977, n. 497; Cass. 28 febbraio 1955, n. 616; Cass. 22 giugno 1951, n. 1673; Cass. 22 gennaio 1958, n. 132) ed oltretutto cio' a garanzia del diritto di difesa, il provvedimento di revoca, che deve essere motivato, si fonda o su circostanze di fatto trascurate o sopravvenute o su considerazioni di diritto che rendono evidente il contrasto con quanto disposto dalla pregressa ordinanza (Cass. 30 luglio 1953, n. 2599; Cass. 29 settembre 1955, n. 2690; Cass. 10 febbraio 1958, n. 415), quindi la potesta' di revoca puo' ben essere esercitata per la nuova valutazione di circostanze preesistenti (Cass. 21 marzo 1977, n. 1096); Poiche' inoltre "Nel sistema del codice di rito civile non esistono ordinanze suscettibili di dar vita ad un giudicato in senso sostanziale, aventi cioe' efficacia al di fuori del processo, e preclusive, aventi cioe' efficacia nel processo; Esistono soltanto ordinanze del giudice istruttore o del collegio che possono essere revocate o modificate con la pronuncia di merito" (Cass. 8 luglio 1946, n. 803), non competendo quindi al g.i., come erroneamente sostenuto nella specie da parte reclamante, alcun potere ne' di revocare l'ordinanza del collegio che ha rimesso la causa in istruttoria per la prova per testi in questione ne' tantomeno di riportare gli atti al collegio per provocarne, anticipatamente ad ogni statuizione nel merito, la revoca della pregressa ordinanza e successivamente la decisione stricto sensu, comportando cio' inammissibile valutazione, da parte del g.i., contra legem su materia la cui rilevanza istruttoria e' gia' stata positivamente valutata dall'organo collegiale; Poiche' in sintesi "Nel sistema del codice di rito le ordinanze del collegio hanno lo stesso carattere delibativo e provvisorio che hanno le ordinanze del giudice istruttore, e come queste mirano all'unico fine di provvedere alla continuazione dell'istruzione, anche quando implicitamente pronuncino su qualche questione di merito; dette ordinanze spiegano, in altri termini, la loro efficacia nel processo, vale a dire sulla causa. Salve le limitazioni stabilite nel cpv. dell'art. 177 tali ordinanze non pregiudicano, pertanto, il merito della causa, sempre riservato alla fase decisoria, e non inducono alcuna preclusione per la riproposizione in questa sede di tutte le questioni con essa risolute" (Cass. 15 giugno 1955, n. 1825; Cass. 9 maggio 1977, n. 1799) (in tal senso v. comunque anche Cass. 15 aprile 1974, n. 1060; Cass. 8 luglio 1946, n. 803); Poiche' e' da ritenersi, dal tenore letterale dell'art. 279, quarto comma, del c.p.c., che le ordinanze collegiali siano modificabili e revocabili dallo stesso collegio in sede di decisione della causa, proprio perche' non soggette ai mezzi di impugnazione e previsti per le sentenze, quindi la modifica o revoca avviene mediante la successiva sentenza, tipico e definitivo provvedimento decisorio (Cass. 15 novembre 1967, n. 2739; Cass. 9 maggio 1977, n. 1799; Cass. 2 febbraio 1973, n. 320; Cass. 30 maggio 1962, n. 1301; Cass. 22 aprile 1977, n. 1491; Cass. 31 gennaio 1962, n. 176; Cass. 6 ottobre 1955, n. 2848; Cass. 16 maggio 1959, n. 1460; Cass. 15 gennaio 1962, n. 44; Cass. 15 dicembre 1976, n. 4641; Cass. 15 novembre 1967, n. 2739; Cass. 9 maggio 1977, n. 1799) e comunque ex art. 280, terzo comma, del c.p.c. "Per effetto dell'ordinanza il giudice istruttore e' investito di tutti i poteri per l'ulteriore trattazione della causa"; Atteso, infine, che nella corrente prassi giudiziaria l'istituto del reclamo, anziche' essere comunque circoscritto ai soli mezzi autonomi di prova disposti dal g.i. (interpello formale, prova per testi, giuramento) tende sempre piu' ad essere utilizzato in modo dilatorio e defatigatorio (ad es., contro provvedimenti istruttori ex artt. 210 e 213 del c.p.c. nonche' ammissivi di c.t.u. contrariamente alla giurisprudenza della Cassazione 10 luglio 1962, n. 1821, ed altra che la ritiene mera fonte probatoria, ausilio probatorio sottratto alla comune esclusiva disponibilita' delle parti, od ancora come nella specie contro provvedimenti ex art. 280 del c.p.c.);
P. Q. M. Letta la legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; Dispone d'ufficio la rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 178, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo e ottavo comma, del c.p.c., essendo la stessa non manifestamente infondata per le specifiche causali di cui in narrativa della presente motivazione, con annessa sospensione del presente giudizio; Letta altresi' la legge 11 marzo 1953, n. 87; Ordina alla cancelleria civile dell'intestato tribunale la trasmissione degli atti processuali del presente proc. civ. n. 776/1986 alla Corte costituzionale e la notifica della presente ordinanza ai procuratori delle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri nonche' la comunicazione del provvedimento anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Ancona, addi' 24 agosto 1989 Il giudice istruttore: (firma illeggibile) 90C0035