N. 1 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 settembre 1989

                                  N. 1
  Ordinanza emessa il 25 settembre 1989 dalla Corte di cassazione nel
            procedimento penale a carico di Trovero Adriano
 Processo  penale  -  Imputato  contumace  -  Impugnazione  - Prevista
 esclusione per il difensore, ove anche di fiducia, privo  di  mandato
 speciale - Ingiustificato deteriore trattamento rispetto all'imputato
 presente o assente ma non contumace - Lesione del diritto di difesa -
 Contrasto  con  i  principi  della  convenzione  europea  sui diritti
 dell'uomo.
 (C.P.P.,  art.  192,  ultimo comma, modificato dalla legge 23 gennaio
 1989, n. 22, art. 2).
 (Cost., artt. 3 e 24; art. 6, Conv. eur. dir. uomo).
(GU n.3 del 17-1-1990 )
                         LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso proposto da
 Trovero Adriano avverso l'ordinznza del tribunale di  Napoli  del  14
 marzo 1989;
    Sentita la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Postiglione;
    Lette  le  conclusioni  del  p.m.  con le quali chiede dichiararsi
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art. 2 della legge n. 22/1989 e rigettarsi il ricorso nel resto.
                             O S S E R V A
    Contro  la sentenza di condanna del 21 febbraio 1989 del tribunale
 di Napoli, emessa nei confronti del  contumace  Adriano  Trovero,  ha
 proposto  appello  il difensore d'ufficio avv. Nazareno Di Mario, non
 munito dello "specifico mandato" richiesto dall'art. 192, terzo comma
 del  c.p.p.,  nella  nuova  formulazione introdotta dall'art. 2 della
 legge 23 gennaio 1989,  n.  22.  Contestaulmente  alla  dichiarazione
 d'appello,  il  difensore  ha  sollevato la questione di legittimita'
 costituzionale del citato art. 2 nella parte in cui nega al difensore
 la  possibilita' di impugnare la sentenza contumaciale se non "munito
 di  specifico  mandato":  norma  che,  ad   avviso   dell'impugnante,
 contrasta  sia  con  il principio di uguaglianza di fronte alla legge
 (art. 3 della Costituzione); sia con il principio  di  inviolabilita'
 del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento (art. 24
 della Costituzione); sia con l'art. 6 della convenzione  europea  per
 la  salvaguardia  dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
 (resa esecutiva in Italia con legge  4  agosto  1955,  n.  848),  che
 garantisce  a  tutti  gli  accusati il diritto ad un equo processo e,
 piu' specificatamente (n. 3, lett. c), il diritto a difendesi da  se'
 ovvero   con  l'assistenza  di  un  difensore  di  propria  scelta  o
 d'ufficio.
    Con  ordinanza  14 marzo 1989 il tribunale di Napoli ha dichiarato
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art. 2 della legge n. 22/1989, e, ai sensi della medesima norma,
 ha dichiarato inammissibile l'appello.
    Contro  tale ordinanza il difensore ricorre per cassazione con due
 motivi  principali  e  un  motivo  aggiunto.  Con  il  primo   motivo
 principale denuncia l'"assoluto difetto di motivazione in ordine alla
 eccezione di illegittimita' costituzionale proposta  coevamente  alla
 impugnativa  della  sentenza,  essendo  quella espressa dal tribunale
 illogica ed antigiuridica e quindi solo apparente".  Con  il  secondo
 motivo  principale  e  il  motivo  aggiunto  (quest'ultimo  inteso  a
 illustrare e svolgere  l'altro)  viene  riproposta  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 2 della legge 23 gennaio 1989,
 n. 22, in ralazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione  e  6  della
 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo.
    La prima censura non ha concreta rilevanza. Il mancato esame della
 questione di legittimita' costituzionale da parte del giudice  a  quo
 non  costituisce  motivo  di annullamento del procedimento impugnato,
 poiche' la questione puo' essere riproposta  davanti  al  giudice  ad
 quem, e sollevata d'ufficio da quest'ultimo (sempre che incida su uno
 dei  punti  investiti  dall'impugnazione).  A  maggior  ragione,  non
 comporta  la  nullita' del provvedimento impugnato la declaratoria di
 manifesta infondatezza che non sia sostenuta da adeguata motivazione.
    Quanto  alla  riproposta questione di legittimita' costituzionale,
 si deve subito dire che le diffuse e  analitiche  considerazioni  del
 ricorrente   sono,   dal  punto  di  vista  intrinseco,  veramente  e
 singolarmente pregevoli: esse evidenziano le ragioni di non manifesta
 infondatezza,  perche'  sussiste  un ragionevole dubbio che la scelta
 fatta  dal  legislatore  vada  oltre   i   confini   delle   garanzie
 costituzionali.  E  questo  e' sufficiente per rimettere la questione
 alla Corte costituzionale.
    Occorre  premettere  che,  con la legge 23 gennaio 1989, n. 22, si
 sono anticipate uguali disposizioni del  nuovo  codice  di  procedura
 penale  (artt.  175  e  571),  e che le ragioni che hanno determinato
 l'attuale formulazione dell'art. 192, terzo  comma  del  c.p.p.  sono
 enunciate  dalla  relazione  ministeriale al progetto preliminare del
 nuovo codice, nella  quale  si  legge  (pag.  284):  "Innovativa  e',
 invece,  la  disciplina  che regola la legittimazione del difensore a
 proporre  impugnazione  avverso  una  sentenza  contumaciale:  si  e'
 previsto, infatti, che in tal caso il difensore deve essere munito di
 specifico  mandato,  rilasciato  con  l'atto  di   nomina   o   anche
 successivamente.
    La  ragione  d'essere  di  tale  previsione  risiede nel fatto che
 l'impugnazione proposta dal difensore  esaurisce  per  l'imputato  la
 possibilita'  di  ottenere, se contumace, la restituzione in termini,
 istituto,   quest'ultimo,   che   ha    ricevuto    una    disciplina
 particolarmente  ampia nell'art. 175 (corrispondente all'attuale art.
 183-bis del c.p.p., nel testo sostituito dall'art. 1 della  legge  n.
 22/1989).   Conseguentemente   e'  sembrato  necessario  limitare  la
 legittimazione del difensore nel caso di sentenza contumaciale,  allo
 scopo  di  impedire  gli effetti preclusivi che scaturirebbero da una
 impugnazione proposta frettolosamente da un difensore il  quale,  sia
 esso  legato  o  meno da un rapporto fiduciario, e' ben possibile che
 abbia potuto prendere  contatto  con  l'imputato  nel  breve  termine
 previsto  per  la  proposizione  del  gravame.  La  previsione di uno
 specifico mandato consente, invece, di presumere che l'imputato abbia
 effettuato   una   preventiva   valutazione   circa   le  conseguenze
 dell'attivita' che il difensore potra' compiere  nel  suo  interesse,
 ivi  compreso, quindi, l'eventuale effetto preclusivo di cui prima si
 e' detto".
    In   tal   contesto,   la  necessita'  dello  "specifico  mandato"
 costituirebbe  una  logica  e  inevitabile  conseguenza  della  nuova
 disciplina   della   contumacia  e  della  restituzione  in  termini,
 introdotta dalla legge n. 22/1989.
    Questi   argomenti,   a   giudizio   di  questa  Corte,  non  sono
 convincenti.
    La   norma   denunciata,  esaminata  con  riferimento  ai  giudizi
 contumaciali a carico di irreperibili (come nel caso di specie)  pone
 seri probblemi di limitazione del dirtto di difesa.
    L'imputato Trovero, al momento irreperibile, non ha operato alcuna
 scelta, e percio' non si e' autorizzati a ritenere il  silenzio  come
 sintomatico di una volonta' di non impugnare.
    Il difensore d'ufficio, nel caso della irreperibilita' ma potrebbe
 avere la specifico mandato richesto dalla legge per la impugnativa  e
 l'imputato  si  vedrebbe  riconosciuto  il  diverso  minor  diritto a
 chiedere la restituzione in termini, sicche'  una  menomazione  della
 sostanza o contenuto del diritto di difesa potrebbe configurarsi (con
 riguardo al difensore  e  con  riguardo  allo  stesso  imputato).  La
 questione  e',  peraltro,  anche rilevante, sotto il profilo pratico,
 nel caso di specie, perche' l'imputato e' contumace ed irreperibile e
 risulta difeso da avvocato d'ufficio.
    Ritiene  la Corte che ai sensi dell'art. 24 della Costituzione, il
 diritto  di  difesa  e'   irrinunciabile,   sicche'   attraverso   la
 obbligatorieta'  della  difesa  tecnica  e  la nomima eventuale di un
 difensore  d'ufficio,  si  assicura   un   equo   processo   ed   una
 contrapposizione equilibrata tra le parti.
    Ogni qual volta manchi di fatto la possibilita' di esprimersi alla
 difesa personale, la legge processuale riconosce alla difesa  tecnica
 poteri  di  sostituzione  in  virtu'  dei  quali  si  realizza quella
 integrazione con  l'altra  parte  tanto  da  soddisfare  i  princi'pi
 costituzionali.
    Soprattutto  nei  momenti  piu'  delicati  del  processo la difesa
 tecnica e' importante per garantire equilibrio fra le  parti.  Questo
 spiega  perche'  la  legge garantisce al contumace gli stessi diritti
 che competono al presente, attraverso la difesa  tecnica  imposta  ex
 lege.  Il  difensore  esplica  una attivita' non in funzione dei soli
 interessi contingenti ed  individuali  dell'imputato,  ma  di  quelli
 immanenti e collettivi della societa'.
    Nei  casi  estremi  di irreperibilita', la eliminazione del potere
 autonomo  di  impugantiva  del  difensore  estromette  di  fatto  dal
 processo  la  difesa  tecnica  atto  a  contrastare  subito eventuali
 illegittimita' della decisione e  non  si  puo'  dire  che  cio'  sia
 conforme  al  principio  costituzionale  dell'art. 24 che dichiara la
 difesa "inviolabile" in ogni stato e grado del giudizio.
    Dubbi  di  legittimita'  della norma sorgono anche con riferimento
 all'art. 6 della  convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo,  che
 garantisce ad ogni accusato il diritto a difendersi da se' o ad avere
 l'assistenza di un difensore per assicurare l'equita'  del  processo,
 ossia  un equilibrio di autodeterminazione dell'imputato in un quadro
 di garanzie tecniche che hanno rilevanza anche oggettiva per l'intera
 societa'.   Che  una  sentenza  sia  giusta  e'  interesse  non  solo
 dell'incolpato, ma della societa'.
    Il  cittadino  sottoposto  a  procedimento  penale  ha  bisogno di
 difensore tecnico tanto piu' se e' contumace, se e' latitante, se  e'
 all'estero,  se  e'  irreperibile.  La  restituzione  in termini puo'
 arrivare, quando ne ricorrano i presupposti, allorche' gravi danni si
 siano  gia'  verificati  per effetto del passaggio in giudicato della
 sentenza e dell'inizio della esecuzione della pena detentiva, sicche'
 il  rimedio  successivo  si risolve in una minore garanzia rispetto a
 quella assicurata dall'autonomo potere di impugnativa del  difensore.
    Un   imputato   assente,   un   imputato  cioe'  ha  disertato  il
 dibattimento per espressa volonta' (l'esempio classico e' quello  del
 detenuto  rinunciante),  poice'  non  e'  contuuumace,  per  espresso
 dettato della norma denunciata, anche senza che abbia dato  specifico
 mandato  ad impugnare, e' validamente rappresentato del difensore che
 nella qualita' e'  legittimato  a  proporre  impugnativa  secondo  le
 regole generali.
    Induce  a  perplessita',  quanto  a  disparita' di trattamento, la
 stessa posizione di presente che e' ancora una volta a differenza del
 contumace,  maggiormente  garantita  da  un difensore che puo', senza
 bisogno di specifico mandato,  autonomamente  impugnare.  Perche'  il
 legislatore   abilita  la  difesa  dell'assente  e  del  presente  ad
 impugnare senza bisogno  di  specifico  mandato?  Quale  ratio  legis
 giustificherebbe   la   disparita'   di   trattamento   con  il  caso
 dell'imputato contumace?
    Con   riferimento   alla   particolare  posizione  degli  imputati
 irreperibili (ipotesi non  considerata  dalla  norma  denunciata  per
 sospetta   incostituzionalita')   giova   ricordare   che   e'  stato
 ripetutamente ritenuta inapplicabile la procedura del decreto  penale
 contro  gli  irreperibili  essendo  i  decreti  opponibili solo dagli
 interessati e non anche  da  difensori  (Corte  costituzionale  sent.
 6-18/6  1963; Cassazione sez. IV 21 dicembre 1965 in mass. cass. pen.
 1966, p. 577, n. 919).
    In   questo   caso   si   e'   riconosciuto   implicitamente   che
 all'irreperibile deve garantirsi comunque una reppresentanza  che  si
 esplichi atttraverso un difensore tecnico.
    In  conclusione,  ad  avviso di questa Corte, le nuove norme sulla
 restituzione in termini (che salvaguardano il  diritto  ad  impugnare
 attraverso   un   diverso  e  minor  diritto)  non  giustificano  ne'
 legittimano una sospetta violazione di princi'pi costituzionali  come
 sopra richiamati.
    Non  solo,  ma creano una frattura pericolosa tra difesa tecnica e
 difesa diretta, essa stessa inammissibile per dettato costituzionale.
 La  difesa  deve  sempre  e  comunque potersi esprimere in fatto e in
 dirittto, quanto meno con riferimento alla realta' processuale.
                                P. Q. M.
    Vista  la  questione  di legittimita' costituzionale sollevata dal
 difensore di ufficio di Trovero Adriano, contumace irreperibile;
    Rilevato  che  la  sollevata  questione  investe  la  disposizione
 dell'ultimo comma dell'art. 192 del  c.p.p.,  cosi'  come  sostituito
 dall'art.  2  della legge 23 gennaio 1989, n. 22, per la parte in cui
 esclude la legittimita' all'impugnazione di una sentenza contumaciale
 da  parte  di  difensore, ove anche di fiducia, che non sia merito di
 specifico mandato;
    Ritenuto     che    tale    disposizione    si    presenta    come
 ingiustificatamente   penalizzante   dalla   posizione    processuale
 dell'imputato  contumace,  rispetto  a  quella dell'imputato presente
 producendo la lesione:
       a)  del  principio  di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi
 alla legge, di cui all'art. 3 della Costituzione;
      b)  del  principio  di inviolabilita' del diritto di difesa, che
 l'art. 24 della Costituzione ha previsto come "inviolabile,  in  ogni
 stato e grado del procedimento";
    Considerato  che  le  condizioni  di  contumace  irreperibile  per
 l'odierno imputato dal cui difensore di ufficio e' stata sollevata la
 questione   di   legittimita'  costituzionale  appare  rilevante  per
 garantire nell'integrita'  il  diritto  di  difesa  all'imputato  del
 presente procedimento.
    Ritenuto  per  quanto su esposto, che la questione di legittimita'
 costituzionale debba valutarsi non manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 134 e segg. della Costituzione e 23 della legge 11
 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 192, ultimo comma, del codice
 di procedura penale, cosi' come modificato dall'art. 2 della legge 23
 gennaio 1989, n. 22, per  contrasto  con  gli  artt.  3  e  24  della
 Costituzione   ed  art.  6  della  convenzione  europea  sui  diritti
 dell'uomo   siccome   immediatamente   applicabile   nell'ordinamento
 italiano  a seguito della legge 4 agosto 1985, n. 848, di ratifica ed
 esecuzione della convenzione  europea  di  salvaguardia  dei  diritti
 dell'uomo  e delle liberta' fondamentali firmato a Roma il 4 novembre
 1985, per la parte in cui  non  consente  al  difensore  di  imputato
 contumaciale irreperibile impugnazione della sentenza contumaciale se
 non sia munito di specifico mandato;
    Sospende il presente giudizio;
    Ordina    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Dispone  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia  comunicata
 al   Presidente   della  Camera  dei  deputati  e  del  Senato  della
 Repubblica.
    Cosi' deciso in camera di consiglio il 25 settembre 1989.
                   Il presidente: (firma illeggibile)
                                              L'estensore: POSTIGLIONE
 90C0036