N. 11 SENTENZA 18 - 23 gennaio 1990
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Imposte in genere - Spese di ricovero di parenti del ricoverato legittimati alla successione mortis causa - Deduzioni dal reddito complessivo ai fini Irpef - Mancata previsione Inconferente richiamo alla legge n. 1580/1931, art. 1 Discrezionalita' legislativa - Richiesta di pronunzia additiva Non fondatezza. (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, come sostituito dall'art. 5 della legge 13 aprile 1977, n. 114). (Cost., artt. 2 e 38).(GU n.5 del 31-1-1990 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Giovanni CONSO; Giudici: prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche), come sostituito dall'art. 5 della legge 13 aprile 1977, n. 114 (Modificazioni alla disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche), promosso con ordinanza emessa il 3 ottobre 1986 dalla Commissione tributaria di 2 grado di Milano sul ricorso proposto da Ribolzi Cesare contro il 1 Ufficio Distrettuale II.DD. di Milano, iscritta al n. 248 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1989. Visto l'atto di costituzione di Ribolzi Cesare nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri. Udito nell'udienza pubblica del 3 ottobre 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Uditi l'avvocato Enrico Romanelli per Ribolzi Cesare e l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri. RITENUTO IN FATTO 1. - Nel corso di un giudizio avente ad oggetto la deducibilita' dal reddito percepito nel 1978 delle spese di assistenza erogate a favore di un congiunto in stato di bisogno, la Commissione tributaria di secondo grado di Milano, con ordinanza in data 3 ottobre 1986, pervenuta a questa Corte il 2 maggio 1989 (r.o. n. 248 del 1989), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, in relazione agli artt. 2 e 38 della Costituzione. Rileva il giudice a quo che, nella fattispecie sottoposta al suo esame, il contribuente, avendo titolo alla successione legittima nei confronti della propria zia, era tenuto, ai sensi dell'art. 1 della legge 3 dicembre 1931, n. 1580, a rimborsare le spese di ricovero di quest'ultima e, quindi, obbligato a provvedervi direttamente a prescindere dalla procedura di rivalsa esperibile dall'ente ospedaliero. Essendo pero' deducibili soltanto gli oneri tassativamente indicati dalla norma impugnata (che, peraltro, come sostituita dall'art. 5 della legge 13 aprile 1977, n. 114, non contempla le spese di ricovero di congiunti che non abbiano diritto agli alimenti), la Commissione remittente osserva che la corresponsione di assegni a favore di parenti in terzo grado che versino in stato di bisogno e necessitino di ricovero definitivo in istituto specializzato per difetto di autosufficienza fisica costituirebbe, pur sempre, adempimento di un dovere inderogabile di solidarieta' (art. 2 della Costituzione), nonche' di un preciso obbligo giuridico che l'art. 1 della legge 3 dicembre 1931, n. 1580, pone a carico dei soggetti aventi titolo alla successione mortis causa dell'assistito. L'esclusione di tali assegni dal novero degli oneri deducibili si porrebbe pertanto in contrasto con gli artt. 2 e 38 della Costituzione, in quanto ostacolerebbe l'adempimento dei doveri di solidarieta' e degli obblighi di assistenza sociale, incombenti, nella specie, ad un soggetto privato. 2. - Si e' costituita la parte privata rilevando come, in base ad un'interpretazione estensiva gia' adottata in precedenti occasioni dal giudice tributario, sia possibile comprendere l'onere in questione fra quelli contemplati dalla disposizione censurata, inquadrandolo nelle ipotesi di spese per prestazioni di assistenza specifica (lett. d) o assimilandolo, per identita' di ratio, agli assegni alimentari (lett. h). Per quanto attiene, piu' strettamente, al merito della questione, il contribuente ha invece ribadito le argomentazioni svolte dal giudice a quo, precisando che "con l'assunzione convenzionale dell'impegno della retta, l'interessato non avrebbe fatto altro che adempiere in anticipo a cio' che, alla morte del parente, sarebbe diventato un obbligo a tutti gli effetti". 3. - La Presidenza del Consiglio dei ministri, intervenuta per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, ha contestato che in base all'art. 1 della legge 3 dicembre 1931, n. 1580, sussista un obbligo, a carico dei successibili ex lege del ricoverato, al pagamento delle spese di spedalita': secondo il tenore della norma, infatti, l'obbligo di rivalsa e' direttamente sancito nei confronti dei ricoverati che non si trovano in condizioni di poverta' e, soltanto in caso di morte di quest'ultimi, si trasmette iure successionis in capo agli eredi legittimi o testamentari. Non tanto l'astratta possibilita' di una delazione di eredita', ma il concreto acquisto di quest'ultima costituirebbe dunque il presupposto dell'assoggettamento all'obbligo di corrispondere quanto gia' dovuto dal de cuius. L'interveniente osserva poi che, in ogni caso, la determinazione degli oneri deducibili rientra nell'esclusiva competenza del legislatore e che il richiamo all'art. 2 della Costituzione e' del tutto inconferente in quanto, come gia' affermato da questa Corte, la norma in esso contenuta non ha alcuna attinenza con la materia tributaria, mentre, anche in considerazione del carattere libero dell'assistenza privata, l'art. 38 della Costituzione non potrebbe comportare la deducibilita' delle spese sostenute per finalita' assistenziali. La questione risulterebbe dunque inammissibile o comunque infondata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. - La Commissione tributaria di Milano dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 10 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (come sostituito dall'art. 5 della legge 13 aprile 1977, n. 114), nella parte in cui "non prevede la deducibilita' dal reddito complessivo del contribuente dell'onere delle spese di spedalita' dovute a norma dell'art. 1 della legge 3 dicembre 1931, n. 1580 da parente del ricoverato avente diritto a succedere per legge a quest'ultimo, mortis causa". In tale mancata previsione sarebbe da ravvisarsi, secondo l'ordinanza di rimessione, un contrasto con gli artt. 2 e 38 della Costituzione anche quando, come nel caso oggetto del giudizio a quo, il contribuente abbia corrisposto spontaneamente per una parente di terzo grado le rette di ricovero in una casa di cura. 2. - La questione non e' fondata. Il richiamo all'art. 1 della legge 3 dicembre 1931, n. 1580, e' inconferente ai fini della risoluzione della questione di legittimita' costituzionale riferita alla mancata previsione della deducibilita' di spese di ricovero spontaneamente sostenute per un parente entro il terzo grado. Tale disposizione, difatti, contempla la possibilita', per le amministrazioni ospedaliere, di rivalersi delle spese di spedalita', relative ai "ricoverati che non si trovino in condizioni di poverta'", direttamente o, alla loro morte, nei confronti degli "eredi legittimi e testamentari". Diversa e' invece la situazione di coloro che, come nel caso del giudizio a quo, si siano spontaneamente accollati le spese del ricovero di un soggetto ancora in vita cui siano legati da vincolo di parentela di terzo grado. Essi non sono ancora "eredi legittimi e testamentari" in quanto tale status si acquista con la morte del de cuius e non si trovano, pertanto, nella possibilita' di essere escussi, come previsto dalla norma per ultimo citata, essendo del tutto priva di significato la loro posizione di successibili ex lege, cui fa riferimento l'ordinanza di rinvio. Questa loro posizione costituisce percio' una mera aspettativa collegata alla possibilita' futura ed eventuale, e quindi neppure necessaria, di divenire eredi. Ne' si puo' ritenere che la situazione in esame possa essere inquadrata nel terzo comma dell'art. 1 della legge n. 1580 del 1931, ed infatti i parenti in terzo grado non sono inclusi fra le categorie di soggetti tenuti all'obbligo degli alimenti. Se, quindi, l'onere sopportato da un soggetto che, senza esservi obbligato, ma, per spirito di mera liberalita', sopperisca alle spese di ricovero di un proprio parente entro il terzo grado non e' assimilabile a quello dei soggetti tenuti agli alimenti, non troverebbe fondamento una pronuncia additiva che ai fini della deducibilita' equiparasse all'obbligo legale la corresponsione spontanea. Nella mancata previsione della deducibilita' di quest'ultima, peraltro, non puo' ravvisarsi alcun contrasto con gli artt. 2 e 38 della Costituzione, perche', nella ipotesi di comportamenti ispirati ad un generico dovere di solidarieta' osservato per scopi di assistenza, non puo' vantarsi alcuna pretesa di deducibilita' ai fini tributari degli oneri sostenuti, in quanto essi si qualificano quali mere liberalita' ispirate a motivi morali o sociali: come tali spetta solo al legislatore, nella sua discrezionalita', di ammetterli o meno a deduzione ai fini della determinazione dell'imponibile.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche), come sostituito dall'art. 5 della legge 13 aprile 1977, n. 114 (Modificazioni alla disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche), sollevata dalla Commissione tributaria di Milano, in riferimento agli artt. 2 e 38 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 gennaio 1990. Il Presidente: CONSO Il redattore: CAIANIELLO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 23 gennaio 1990. Il direttore della cancelleria: MINELLI 90C0065