N. 26 SENTENZA 18 - 23 gennaio 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Lavoro - Periti industriali - Iscrizione all'albo professionale -
 Condizione del superamento di un esame finale solo scolastico e non
 anche professionale - Questione gia' decisa (sentenze nn.  43/1972,
 111/1973, 16/1975, 174/1980 e 207/1983) Discrezionalita' legislativa
 - Non irragionevolezza - Non fondatezza.
 
 (Legge 24 giugno 1923, n. 1395, art. 7, terzo comma).
 
 (Cost., art. 33).
 
 Lavoro - Geometri e periti industriali - Iscrizione all'albo
 professionale - Condizione del superamento di apposito esame
 abilitante per i primi - Questione proposta da organo non legittimato
 ad applicarle nel giudizio a quo - Inammissibilita'.
 
 (Legge 8 dicembre 1956, n. 1378, art. 1, integrato dalla legge 7
 marzo 1985, n. 75).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.5 del 31-1-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 7, terzo comma,
 della  legge  24  giugno  1923,  n.  1395  (Tutela   del   titolo   e
 dell'esercizio  professionale  degli  ingegneri  e degli architetti),
 cosi' come attuato dall'art.  4,  lett.  c),  del  regio  decreto  11
 febbraio  1929,  n.  275  (Regolamento  per  la professione di perito
 industriale), e dell'art. 1 della legge  8  dicembre  1956,  n.  1378
 (Esami  di  Stato  di  abilitazione all'esercizio delle professioni),
 integrato dalla legge 7 marzo 1985, n. 75 (Modifiche  all'ordinamento
 professionale  dei  geometri),  promosso  con  ordinanza emessa il 10
 marzo 1989 dal Consiglio nazionale dei periti industriali sul ricorso
 proposto  da  Tolomeo  Gioacchino,  iscritta  al  n. 263 del registro
 ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1989;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 4 ottobre 1989 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
                           Ritenuto di fatto
    1.  - Il perito industriale Gioacchino Tolomeo chiese, il 3 giugno
 1981, l'iscrizione all'albo dei periti industriali di Palermo in base
 al  diploma  di  "maturita'  tecnica"  conseguito a norma del decreto
 legge 15 febbraio 1969 n. 9, convertito nella legge 5 aprile 1969  n.
 119.
    L'istanza  fu  respinta dal Collegio di Palermo e respinto fu pure
 il successivo ricorso al Consiglio  nazionale  dell'Ordine  il  quale
 ritenne, in base alla sentenza di questa Corte n. 43 del 1972, che il
 titolo di studio era stato conseguito  con  un  esame  esclusivamente
 scolastico e non professionale.
    La decisione del Consiglio e' stata poi cassata, con rinvio, dalle
 sezioni unite civili della Corte di Cassazione che
 hanno  enunciato  il  seguente  principio  di diritto: "Il diploma di
 perito industriale che, a norma del combinato disposto degli artt.  1
 e  4,  comma  primo,  lett.  c) del regolamento per la professione di
 perito industriale, approvato con regio decreto 11 febbraio 1929,  n.
 275,  da'  diritto al titolo di perito industriale ed alla iscrizione
 nell'albo professionale, si identifica in quello che  sia  conseguito
 in  base alle norme dell'ordinamento degli esami di Stato, vigente al
 momento della domanda di iscrizione nell'albo, e ad esso corrisponde,
 nel  caso  di  specie,  il diploma di maturita' tecnica (industriale)
 previsto dall'ordinamento degli esami di Stato istituito con  decreto
 legge  15  febbraio  1969,  n.  9, convertito con modificazioni nella
 legge 5 aprile 1969  n.  119.  Il  Consiglio  dell'Ordine  non  puo',
 pertanto,  portare  a fondamento del diniego di iscrizione all'albo i
 diversi  o  piu'  rigorosi  criteri  di  valutazione   dell'idoneita'
 tecnico-pratica all'esercizio professionale, che esso ritenga fossero
 previsti dal diverso ordinamento scolastico vigente al momento  della
 pubblicazione  del  citato  regolamento  per la professione di perito
 industriale".
    In  sede  di  rinvio,  con  l'ordinanza  in epigrafe, il Consiglio
 nazionale dei  periti  industriali  ha  ritenuto  non  manifestamente
 infondate  le  questioni  di legittimita' costituzionale dell'art. 7,
 terzo comma, della legge 24 giugno 1923 n. 1395, cosi'  come  attuato
 dall'art.  4  lett.  c) del regio decreto 11 febbraio 1929 n. 275, in
 riferimento  all'art.  33  della   Costituzione,   poiche'   consente
 l'iscrizione all'albo professionale previo il superamento di un esame
 solo scolastico e non professionale, nonche' dell'art. 1 della  legge
 8  dicembre 1956 n. 1378, integrato dalla legge 7 marzo 1985 n. 75 in
 riferimento all'art. 3 della Costituzione, in quanto da' luogo ad una
 illegittima  disparita'  di  trattamento  prescrivendo soltanto per i
 geometri, e non anche per i periti industriali, l'onere  di  superare
 un  esame di Stato abilitante all'esercizio della libera professione.
    2. - Sostiene il giudice remittente che con la riforma degli esami
 di maturita' attuata dal decreto legge 15 novembre  1969  n.  9,  poi
 convertito  nella legge 5 aprile 1969 n. 119, e con l'interpretazione
 di tale disciplina resa dalla Corte costituzionale con la sentenza n.
 43  del 1972 - nel senso che detta legge ha un ambito ed un contenuto
 ben  definito  che  attiene  all'istruzione  pubblica,  non  concerne
 minimamente  la  diversa materia delle libere professioni, e non puo'
 pertanto riferirsi all'esercizio delle relative attivita' - e' venuto
 meno   il   carattere   di   esame   di  Stato  misto,  scolastico  e
 professionale, del diploma di maturita' tecnica che,  fino  al  1969,
 consentiva l'iscrizione all'albo professionale nel rispetto dell'art.
 33, quinto comma, della Costituzione.
    Inoltre,  poiche'  dopo  la  ricordata  sentenza n. 43 del 1972 la
 medesima situazione si e'  verificata  anche  per  la  categoria  dei
 geometri,  in  favore  dei  quali  pero'  un  apposito  provvedimento
 legislativo (legge 7 marzo 1985 n. 75) ha istituito un esame di Stato
 abilitante  all'esercizio della libera professione, l'aver escluso da
 tale previsione i periti industriali darebbe  luogo,  ad  avviso  del
 Consiglio  Nazionale, ad una disparita' di trattamento illegittima ai
 sensi dell'art. 3 della Costituzione.
    3.  -  E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, rappresentato  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  il
 quale  eccepisce  preliminarmente l'inammissibilita' della questione,
 sia perche' nell'ordinanza di rinvio mancherebbe qualsiasi accenno in
 ordine  alla  rilevanza  della  medesima,  sia  in  quanto  le  norme
 denunziate non avrebbero alcun contenuto normativo che possa  trovare
 applicazione  da  parte  del Consiglio Nazionale; in particolare, per
 quanto concerne l'art. 1 della legge  n.  1378  del  1956,  integrato
 dalla  legge  n.  75  del  1985,  la difesa del Governo rileva che si
 tratta di norme non applicabili nel caso concreto essendo relative  a
 professioni libere diverse da quella di perito industriale.
    Nel merito l'Avvocatura sostiene l'infondatezza della questione in
 quanto  l'art.  33  della  Costituzione  non   vieta   l'unificazione
 dell'esame   conclusivo  degli  studi  e  della  prova  di  idoneita'
 all'esercizio  della  professione,   purche'   ne   resti   garantita
 l'esigenza   del  concreto  accertamento  di  un  adeguata  capacita'
 tecnico-professionale. Quanto infine al contrasto tra  la  legge  del
 1985  e  l'art.  3  della Costituzione, rileva che gli ordinamenti di
 professioni diverse non sono comparabili al fine di  dedurne  pretese
 disparita' di trattamento.
                         Considerato in diritto
    1. - La Corte e' chiamata a decidere due questioni di legittimita'
 costituzionale  sollevate  dal   Consiglio   nazionale   dei   periti
 industriali, in sede di rinvio dalle Sezioni Unite civili della Corte
 di Cassazione, le quali, su ricorso di un perito industriale cui  era
 stata  negata l'iscrizione all'albo professionale, hanno enunciato il
 principio secondo cui il diploma di perito industriale che,  in  base
 alle  vigenti  leggi,  da'  diritto  all'iscrizione nel relativo albo
 professionale si identifica in quello che sia conseguito in base alle
 norme  dell'ordinamento degli esami di Stato vigente al momento della
 domanda di iscrizione all'albo.
    In sede di applicazione di tale principio, il Consiglio remittente
 ha quindi ritenuto l'art. 7, terzo comma, della legge 24 giugno  1923
 n. 1395, in contrasto con l'art. 33, quinto comma, della Costituzione
 in quanto - cosi' come attuato dall'art. 4 lett. c) del regio decreto
 11   febbraio   1929   n.   275   -  consente  l'iscrizione  all'albo
 professionale  dei   periti   industriali   in   base   al   semplice
 conseguimento del titolo di studio relativo.
    Con  la  seconda  questione,  che  riguarda l'art. 1 della legge 8
 dicembre 1956 n. 1378, integrato dalla legge 7 marzo 1985 n.  75,  il
 giudice a quo prospetta un contrasto con l'art. 3 della Costituzione,
 per la disparita' di trattamento esistente fra periti  industriali  e
 geometri,  per  i quali l'iscrizione all'albo professionale e' invece
 subordinata al superamento di apposito esame di Stato abilitante.
    2. - L'Avvocatura dello Stato ha eccepito l'inammissibilita' della
 prima questione  poiche'  nell'ordinanza  di  rimessione  mancherebbe
 qualsiasi  accenno a proposito della rilevanza, (che sarebbe peraltro
 da escludere), e comunque difetterebbe la motivazione nel merito.
    L'eccezione   non  puo'  essere  accolta.  Il  giudice  a  quo  ha
 esattamente  rilevato  che  per  decidere  sul  ricorso  di  cui   e'
 investito,  deve applicare l'art. 4 lett. c) del regio decreto n. 275
 del 1929, attenendosi al principio di diritto formulato dalle Sezioni
 Unite  civili  della Corte di Cassazione con la sopracitata sentenza;
 ma, poiche' tale disposizione trova il proprio fondamento legislativo
 nell'art.  7  della  legge  n.  1395  del  1923,  la  rilevanza della
 questione di legittimita' costituzionale  sollevata  su  quest'ultima
 norma non puo' essere revocata in dubbio.
    Parimenti, le ragioni in base alle quali il remittente denuncia il
 contrasto con l'art. 33 della Costituzione emergono  diffusamente  ed
 in modo non equivoco dal contesto dell'ordinanza.
    3.  - Nel merito la questione non e' fondata. Questa Corte e' gia'
 stata investita piu'  volte  di  questioni  analoghe  concernenti  in
 particolare   le   caratteristiche  dell'esame  di  Stato  prescritto
 dall'art. 33, quinto comma,  della  Costituzione  per  l'abilitazione
 all'esercizio  professionale,  (cfr. sentt. nn. 43/72, 111/73, 16/75,
 174/80, 207/83), anche per quanto riguarda professioni,  come  quelle
 di  ragioniere  e  di geometra, che presuppongono un titolo di studio
 analogo a quello di perito industriale.
    Attraverso  le pronunce suddette, la Corte ha affermato che l'art.
 33, quinto comma, della Costituzione tiene  conto  degli  ordinamenti
 generali  o speciali, per l'esercizio di date professioni, vigenti al
 momento della sua approvazione; che la prescrizione di  un  esame  di
 Stato  per l'abilitazione all'esercizio professionale segna un limite
 all'attivita' del legislatore;  che  tale  esame  puo'  anche  essere
 unificato  con  quello  conclusivo  del  corso  degli  studi, purche'
 quest'ultimo  soddisfi  l'esigenza   di   un   serio   ed   oggettivo
 accertamento  "del  grado  di  maturita'  del discente e del concreto
 possesso da parte  dello  stesso  della  preparazione,  attitudine  e
 capacita'  tecnica  necessarie  perche' dell'esercizio pubblico della
 attivita' professionale i cittadini possano giovarsi con fiducia".
    La  determinazione dei criteri e del contenuto dell'esame di Stato
 resta quindi demandata al legislatore ordinario col solo  vincolo  di
 soddisfare ragionevolmente l'esigenza suindicata.
    Trattasi  di  materia nella quale non puo' non riconoscersi, anche
 in rapporto ai diversi tipi di corsi di studio, e di professioni  cui
 danno  accesso, - e cio' vale specialmente per studi e professioni ad
 accentuata caratterizzazione tecnico pratica -  una  discrezionalita'
 del legislatore notevolmente ampia.
    3.1. - Vale anche la pena di ricordare quali sono state le origini
 storiche dell'esame di Stato, introdotto nell'ordinamento  scolastico
 dalla  riforma Gentile, ma gia' preparato negli anni precedenti quale
 punto di incontro e di accordo fra la corrente politico-culturale  di
 ispirazione  laica  e  liberale  e  quella  di ispirazione cattolica,
 nell'intento di salvaguardare il potere e  la  funzione  dello  Stato
 insieme con la liberta' e la parita' della scuola pubblica e privata.
 Oltre vent'anni dopo, un compromesso  del  tutto  analogo  determino'
 l'inserimento  dell'istituto  nella Costituzione con una formulazione
 generica che prescrive insieme l'esame di Stato,  (significativamente
 il  quinto  comma  dell'art. 33 segue quello relativo alla liberta' e
 alla parita' della scuola non  statale),  per  l'ammissione  ai  vari
 ordini  e  gradi  di  scuole  o  per  la  conclusione  di  essi e per
 l'abilitazione all'esercizio professionale.
    3.2. - Si deve ora osservare che il Consiglio nazionale dei periti
 industriali ha ritenuto di seguire i  principi  affermati  da  questa
 Corte  nelle  pronunce sopra ricordate, - ed in particolare in quelle
 riguardanti la professione di geometra -, sia quando ha  ritenuto  di
 confermare  il  rifiuto  di  iscrizione all'albo perche' il titolo di
 studio  del  ricorrente   era   stato   conseguito   con   un   esame
 esclusivamente scolastico e non professionale, sia quando, in sede di
 rinvio dalla richiamata sentenza n. 4699  del  1988  della  Corte  di
 Cassazione,  ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale
 ora in esame.
    In  effetti  questa  Corte,  investita dal Consiglio nazionale dei
 geometri di analoga questione in relazione all'art. 1,  terzo  comma,
 del  decreto  legge  15  febbraio  1969 n. 9, convertito in legge con
 modificazioni dalla legge 5 aprile 1969  n.  119,  aveva  dichiarato,
 (cfr.  sent. n. 43 del 1972), non fondata la questione, per essere la
 norma denunciata destinata ad operare sul terreno  scolastico  e  non
 anche   immediatamente   e   direttamente  su  quello  professionale,
 aggiungendo che, per la professione  di  geometra,  era  il  relativo
 ordinamento,  -  ed  in  particolare  e tra le altre, la norma di cui
 all'art. 4 lettera c) del regio decreto 11 febbraio 1929 n. 274 -,  a
 dover essere messo a raffronto con le disposizioni e i principi della
 Costituzione.
    Riproposta  la  questione  dal Consiglio nazionale dei geometri in
 relazione al regio decreto n. 274 del 1929 dianzi  citato,  la  Corte
 (cfr.  sentenza  n. 16 del 1975) la dichiarava inammissibile, essendo
 le norme impugnate  contenute  in  un  regio  decreto  avente  natura
 regolamentare;  precisava  altresi' di non poter prendere in esame la
 questione con riguardo all'art. 7 della legge n. 1395 del 1923, fonte
 legislativa  del regolamento predetto, poiche' mancava nell'ordinanza
 di rimessione qualsiasi riferimento a tale norma di legge.
    3.3.   -  Va  ora  sottolineato  come  la  professione  di  perito
 industriale sia disciplinata in modo del tutto analogo  a  quella  di
 geometra: coevo, e di identico contenuto, e' il regolamento approvato
 con regio decreto n. 275 del 1929; unica la norma di  legge  (art.  7
 della  legge  n.  1395 del 1923) che ha demandato la disciplina della
 formazione degli albi professionali al regolamento  anzidetto.  Cosi'
 per  l'una  come per l'altra professione non era previsto un apposito
 esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale poiche'
 il medesimo art. 7 citato assegnava al diploma conseguito con l'esame
 conclusivo del corso di studi il valore di  titolo  per  l'iscrizione
 all'albo professionale.
    La  differenziazione  dell'ordinamento delle due professioni si e'
 verificata in tempi recenti, e precisamente dopo che la legge 7 marzo
 1985  n.  75  ha  aggiunto quella di geometra alle professioni per le
 quali la legge 8 dicembre 1956 n. 1378 aveva riattivato gli esami  di
 Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale.
    4.1.  -  L'ordinanza di rimessione si e' dunque mossa sul solco di
 precedenti pronunce di questa Corte; ma, se tanto comporta,  come  si
 e' detto, che la questione sia ritenuta ammissibile, poiche' la norma
 denunciata e' stata  identificata  correttamente  nell'art.  7  della
 legge  n.  1395,  cio'  non significa, ripetesi, che la questione sia
 fondata.
    La   Corte,   nelle   pronunce   in   precedenza   richiamate,  ha
 costantemente affermato, con maggiore o  minore  incisivita',  ma  in
 modo  sostanzialmente  univoco,  che  l'art.  33, quinto comma, della
 Costituzione lascia alla discrezionalita' del  legislatore  ordinario
 la  disciplina  dell'esame  di  Stato;  di  guisa che il legislatore,
 sempreche' le sue scelte non siano  irragionevoli,  puo'  considerare
 altri  esami  equipollenti  a quello per l'abilitazione all'esercizio
 professionale, come pure puo' unificare quest'ultimo con  l'esame  di
 Stato conclusivo del corso di studi.
    Con  l'art. 7, secondo e terzo comma, della legge n. 1395 del 1923
 e' stata adottata in  effetti  questa  disciplina  dell'unico  esame,
 conclusivo   del   corso   di   studi   e   abilitante  all'esercizio
 professionale, per i geometri e per i periti industriali: tale scelta
 non    puo'    essere    ritenuta   irragionevole,   considerate   le
 caratteristiche almeno  parzialmente  pratiche  e  professionali  dei
 corsi di studio relativi alle professioni indicate.
    Vero  e'  che  la  riforma  degli  esami  di maturita' attuata dal
 decreto-legge n. 9 del 1969, convertito nella legge n. 119 del  1969,
 ha certamente ridotto il carattere anche professionale che tale esame
 aveva per gli istituti tecnici, e tale innovazione e' stata  valutata
 da  questa  Corte  nel  senso  che  essa  e' destinata ad operare sul
 terreno scolastico e  non  anche  immediatamente  e  direttamente  su
 quello  professionale.  Ma  tanto  e'  stato  affermato, (cfr. citata
 sentenza n. 43 del 1972), per motivare la non pertinenza della  norma
 anzidetta   con   la   questione   sollevata  in  ordine  al  diritto
 all'iscrizione  all'albo  professionale;  non  e'  quindi  consentito
 trarne  le  conseguenze  che  il giudice remittente pone a fondamento
 della questione di legittimita' costituzionale ora in esame.
    4.2.  -  In  effetti,  ai  fini  della  sussistenza  di  un minimo
 necessario   di   accertamento    della    capacita'    professionale
 indispensabile per l'abilitazione all'esercizio professionale, quando
 questo sia rimesso all'esame conclusivo del corso di  studi,  non  e'
 soltanto  la  struttura  dell'esame  che  va presa in considerazione,
 bensi' anche i programmi e le  caratteristiche  del  corso  di  studi
 stesso,  cui  l'esame  conclusivo  non  puo'  non essere strettamente
 collegato.
    A  tale  proposito,  se si considera l'ordinamento delle materie e
 degli orari di insegnamento degli Istituti  tecnici  industriali,  si
 rileva  che,  in  tutti  gli  indirizzi  specializzati previsti, sono
 presenti materie applicate o tecniche di laboratorio ed esercitazioni
 nei  reparti  di  lavorazione  con  un cospicuo impiego di ore che e'
 spesso, specie negli ultimi anni di corso, prevalente  sul  complesso
 delle  altre  materie  teoriche.  Tanto basta a far si' che non possa
 essere ritenuta irragionevole la disposizione di cui all'art. 7 della
 legge n. 1395 del 1923 che considera il diploma, conseguito all'esito
 dell'esame di Stato conclusivo del corso di studi, titolo sufficiente
 all'iscrizione  nell'albo professionale. Va da se' che il legislatore
 potra' sempre - cosi' come  ha  provveduto  per  i  geometri  con  la
 surricordata legge n. 75 del 1985 - dettare per il futuro una diversa
 disciplina ove ritenga piu' soddisfacente, sul piano della congruita'
 tecnica,  istituire  anche per i periti industriali un apposito esame
 di  Stato  per  l'abilitazione  all'esercizio  professionale.  5.  La
 seconda  questione  sollevata sull'art. 1 della legge 8 dicembre 1956
 n. 1378, integrato dalla legge  7  marzo  1985  n.  75,  deve  essere
 dichiarata   inammissibile.  Trattasi  di  norme  relative  ad  altre
 professioni ed e' di tutta evidenza che il  Consiglio  nazionale  dei
 periti industriali non si trova nella condizione di doverle o poterle
 applicare nel giudizio a quo.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 7, terzo comma, della legge 24 giugno 1923 n. 1395  (Tutela
 del  titolo  e  dell'esercizio  professionale degli ingegneri e degli
 architetti),  in  riferimento  all'art.  33,  quinto   comma,   della
 Costituzione;
    Dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 1 della legge 8 dicembre 1956 n. 1378 (Esami  di  Stato  di
 abilitazione  all'esercizio delle professioni), integrato dalla legge
 7 marzo 1985  n.  75  (Modifiche  all'ordinamento  professionale  dei
 geometri), in riferimento all'art. 3 della Costituzione;
    Sollevate  entrambe dal Consiglio nazionale dei periti industriali
 con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 gennaio 1990.
                          Il Presidente: CONSO
                          Il redattore: FERRI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 23 gennaio 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 90C0080