N. 27 ORDINANZA 18 - 23 gennaio 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati militari - Obiezione di coscienza - Rifiuto del servizio
 militare di leva - Pena edittale - Sua rideterminazione a seguito
 della sentenza n. 409/1989 - Censure volte a sindacare le statuizioni
 adottate dalla Corte - Non impugnabilita' delle decisioni della Corte
 costituzionale - Arbitraria attivazione del giudizio incidentale di
 legittimita' per esercitare in modo surrettizio un sindacato di
 merito di una decisione costituzionale di accoglimento - Finalita' di
 elusione sostanziale della forza cogente della declaratoria di
 illegittimita' costituzionale - Manifesta inammissibilita'.
 
 (Legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 8, secondo comma; c.p.m.p.,
 art. 151).
 
 (Cost., artt. 3, primo comma, 25, secondo comma, 27, terzo comma;
 legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 28).
(GU n.5 del 31-1-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio  prof.  Luigi  MENGONI,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 8, secondo
 comma,  della  legge  15  dicembre  1972,  n.  772  (Norme   per   il
 riconoscimento  dell'obiezione  di  coscienza)  come modificato dalla
 sentenza della Corte costituzionale n. 409  del  1989,  in  relazione
 all'art.   28   della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla
 costituzione e sul funzionamento della Corte  costituzionale)  e  151
 del  codice penale militare di pace, promossi con 42 ordinanze emesse
 il 20, il 21 e il 27 settembre 1989 dal Tribunale militare di Torino,
 iscritte  ai  numeri  da  541  a  582  del  registro ordinanze 1989 e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  48,  prima
 serie speciale, dell'anno 1989;
    Visto   l'atto  d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 18 gennaio 1990 il Giudice
 relatore Renato Dell'Andro;
    Ritenuto  che  questa  Corte  con  sentenza  n.  409  del  1989 ha
 dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  8,   secondo
 comma,  della  legge  15  dicembre  1972,  n.  772,  come  sostituito
 dall'art. 2 della legge 24 dicembre 1974, n. 695, "nella parte in cui
 determina  la  pena edittale ivi comminata nella misura minima di due
 anni anziche' in quella di sei mesi e nella misura massima di quattro
 anni anziche' in quella di due anni";
      che  la  Corte e' pervenuta a tale declaratoria avendo accertato
 la manifesta irrazionalita' della sanzione comminata, per il  delitto
 di  rifiuto del servizio militare per motivi di coscienza, dal citato
 art. 8, secondo comma, della legge n. 772 del 1972, in relazione alla
 sanzione prevista per il delitto di mancanza alla chiamata sanzionato
 dall'art. 151 del codice penale militare di pace;
      che,  invero,  la  citata sentenza n. 409/1989 ha rilevato che i
 comportamenti  previsti  dalle  due  ipotesi  criminose  ledono,  con
 modalita'  oggettive  analoghe, lo stesso bene giuridico (l'interesse
 alla regolare incorporazione degli  obbligati  al  servizio  di  leva
 nell'organizzazione  militare)  e  che  e'  identico il rimprovero di
 colpevolezza che si muove ai soggetti attivi dei due  delitti  e  che
 pertanto   appariva  sproporzionata,  arbitraria  ed  irrazionale  la
 maggior pena comminata dal citato art. 8, secondo comma, della  legge
 n.  772  del  1972  unicamente in ragione dell'esistenza di motivi di
 coscienza dedotti a giustificazione del comportamento tenuto;
      che,  in  particolare,  la  sentenza stessa ha dichiarato che il
 citato art. 8, secondo comma, della  legge  n.  772  del  1972  aveva
 irrazionalmente   contraddetto   la   valutazione  gia'  operata  dal
 legislatore "in via generale e  senza  tener  tipicamente  conto  dei
 motivi  dell'azione  criminosa"  con  l'art.  151  del  codice penale
 militare di pace;
    Ritenuto  che  con  quaranta ordinanze, d'identico contenuto (Reg.
 ord. nn. da 541 a 580/1989) emesse il 20, il 21 ed  il  27  settembre
 1989,  il  Tribunale  militare di Torino ha sollevato, in riferimento
 agli artt. 3, primo comma, 25, secondo comma, 27, terzo comma,  Cost.
 e  28  della  legge  11  marzo 1953, n. 87, questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 8, secondo comma, della  legge  15  dicembre
 1972  n. 772, "come modificato dalla sentenza n. 409/1989 della Corte
 costituzionale",  assumendo  che   -   avendo   la   detta   sentenza
 erroneamente  ritenuto che i delitti di cui al citato art. 8, secondo
 comma, della legge n. 772 del 1972 ed all'art. 151 del codice  penale
 militare  di  pace  ledono lo stesso bene giuridico mentre in realta'
 sarebbero  lesi  beni  giuridici  diversi  (semplice  interesse  alla
 regolare incorporazione degli obbligati al servizio di leva, nel caso
 dell'art. 151  del  codice  penale  militare  di  pace  ed  interesse
 all'effettuazione  del  servizio di leva globalmente inteso, nel caso
 dell'art. 8, secondo comma, della legge n. 772 del 1972) -  la  norma
 impugnata  contrasterebbe,  da  un lato, con l'art. 28 della legge 11
 marzo 1953, n. 87 e con il  principio  di  legalita'  e  tassativita'
 delle  pene,  di  cui all'art. 25, secondo comma, Cost. (in quanto la
 citata sentenza n. 409/1989  avrebbe  modificato  una  norma  penale,
 sostituendosi   al   legislatore  nella  scelta  tra  piu'  soluzioni
 possibili) e, da un altro lato, contrasterebbe  sia  con  l'art.  27,
 terzo  comma,  Cost. (poiche' la sanzione ora applicabile all'ipotesi
 di cui all'art. 8, secondo comma, citato non sarebbe proporzionata al
 disvalore  del  fatto  illecito)  sia  con l'art. 3 Cost. (poiche' si
 sarebbe  determinata,  da  una  parte,  un'irrazionale  equiparazione
 sanzionatoria  tra  il  delitto  di rifiuto del servizio militare per
 motivi di coscienza e quello di mancanza alla chiamata e, dall'altra,
 un'ingiustificata  disparita'  di trattamento del predetto delitto di
 rifiuto del servizio militare per  motivi  di  coscienza  rispetto  a
 quelli  di  rifiuto del servizio militare non armato e di rifiuto del
 servizio civile sostitutivo di cui al primo comma dell'art. 8  citato
 ed  a  quello  di disobbedienza di cui all'art. 173 del codice penale
 militare di pace);
    Ritenuto  che,  con  altre  due  ordinanze  (Reg.  ord.  nn. 581 e
 582/1989) emesse il 21  settembre  1989,  il  Tribunale  militare  di
 Torino  -  basandosi  sullo  stesso  presupposto  secondo il quale la
 citata sentenza n. 409/1989 avrebbe errato nel  ritenere  l'identita'
 dei  beni  giuridici  lesi  dai  delitti di cui agli artt. 8, secondo
 comma, della legge n. 772 del 1972 e 151 del codice  penale  militare
 di pace, trattandosi invece di beni giuridici diversi - ha sollevato,
 in  riferimento  all'art.  3   Cost.,   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dello  stesso  art. 151 del codice penale militare di
 pace  sotto   il   profilo   dell'irragionevole   equiparazione   del
 trattamento  sanzionatorio  determinatosi  fra  le  dette  ipotesi di
 reato;
      che  nel giudizio a carico di R. Piccolo (Reg. ord. n. 558/1989)
 si e' costituito l'imputato difeso dall'Avv. Mauro Mellini  eccependo
 l'inammissibilita'  della  questione prospettata e chiedendo che essa
 sia dichiarata manifestamente infondata;
    Considerato  che,  per  l'identita'  o connessione delle sollevate
 questioni, i relativi  giudizi  possono  essere  riuniti  per  essere
 contestualmente definiti;
      che  le  censure  formulate  nelle ordinanze di rimessione sono,
 all'evidenza, solo formalmente indirizzate alle norme suindicate  ma,
 nella  sostanza,  sono  rivolte  a  sindacare le statuizioni adottate
 dalla Corte con la menzionata sentenza n. 409/1989;
      che,   pertanto,  il  meccanismo  del  giudizio  incidentale  di
 legittimita' costituzionale risulta,  nella  specie,  arbitrariamente
 attivato  per  esercitare,  in  forma  surrettizia,  un sindacato del
 merito di una decisione costituzionale di accoglimento;
      che  siffatto  sindacato  e'  assolutamente precluso dal sistema
 risultante dagli artt. 136, primo comma e 137, terzo comma,  Cost.  e
 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, i quali pongono il
 principio  della  non  impugnabilita'  delle  decisioni  della  Corte
 costituzionale;
     che, invero, il fine cui mira la proposta impugnativa e' soltanto
 quello d'una sostanziale elusione della forza cogente ( ex  art.  136
 Cost.)     della     pronunciata     declaratoria    d'illegittimita'
 costituzionale;
      che,  comunque,  e'  appena  il caso di ricordare che, come gia'
 esposto in narrativa e contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a
 quo,  la  sentenza n. 409/1989 ha non gia' sostituito la pena ex art.
 8, secondo comma, della legge n. 772  del  1972  bensi'  si  e'  piu'
 semplicemente  limitata  a  ricavare  dal sistema creato dallo stesso
 legislatore la necessitata applicabilita' della pena ex art. 151  del
 codice penale militare di pace;
      che,   di   conseguenza,  tutte  le  sollevate  questioni  vanno
 dichiarate manifestamente inammissibili;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti   i  giudizi,  dichiara  manifestamente  inammissibile  la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo  comma,
 della  legge  15  dicembre  1972, n. 772 (Norme per il riconoscimento
 dell'obiezione di coscienza)  come  sollevata,  in  riferimento  agli
 artt.  3, primo comma, 25, secondo comma, 27, terzo comma, Cost. e 28
 della legge 11 marzo 1953, n. 87, con le ordinanze in epigrafe;
    Dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 151  del  codice  penale  militare  di  pace
 sollevata,  in  riferimento  all'art.  3  Cost.,  con le ordinanze in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  in camera di consiglio, nella sede della
 Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
 il 18 gennaio 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                        Il redattore: DELL'ANDRO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 23 gennaio 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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