N. 30 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 novembre 1989
N. 30 Ordinanza emessa il 18 novembre 1989 dal pretore di Vercelli nel procedimeto penale a carico di Voraldi Nicola ed altro Processo penale - Applicazione della pena su richiesta delle parti - Esercizio di potere discrezionale del p.m. e dell'imputato non sindacabile dal giudice - Conseguente privazione del potere di determinare la pena - Lesione del principio di soggezione soltanto alla legge - Illegittima attribuzione alle parti di potere giurisdizionale decisorio riservato all'organo giudicante Pretesa disponibilita' di diritti inviolabili (liberta' personale e difesa) - Violazione dell'obbligo di "reale" motivazione. (Cod. proc. pen., art. 444). (Cost., artt. 13, 24, 101, 102 e 111).(GU n.5 del 31-1-1990 )
IL PRETORE Visti gli atti del procedimento penale a carico Voraldi Nicola e Verdone Renzo; Rilevato che gli imputati, ai sensi dell'art. 566, ottavo comma, del codice di procedura penale hanno formulato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, richiesta di applicazione della pena a norma dell'art. 444 del c.p.p e vi e' stato il consenso del p. m., e che quindi il giudicante, sempre a norma dell'art. 444 del c.p.p., ove ritenga corretta la qualificazione giuridica del fatto e l'applicazione e comparizione delle circostanze, e non debba pronunziare sentenza a norma dell'art. 129 del c.p.p. deve disporre l'applicazione della pena richiesta; O S S E R V A La disciplina prevista dall'art. 444 si connota per alcune peculiarita': di fronte alla richiesta congiunta di p.m. e imputato al giudice, per usare le parole della relazione ministeriale, "non viene riconosciuto alcun sindacato sulla congruita' della pena richiesta, trattandosi di materia riservata alla determinazione esclusiva delle parti", potendo egli valutare esclusivamente la "cornice" entro cui e' avvenuta la commisurazione della pena, e cioe' la mera "correttezza" della qualificazione giuridica del fatto, delle circostanze e della comparizione tra le stesse, sembrando anche esclusa la possibilita' di un diverso esito del giudizio di comparizione, e fermo restando il disposto di cui all'art. 129 del c.p.p.; la decisione del giudice, nei limiti sopra tracciati, avviene sulla base degli atti, senza possibilita' di acquisizione di ulteriori elementi probatori, o meglio senza che siano stati acquisiti elementi probatori, e senza che ne siano acquisibili, posto che, ove la decisione non avvenga all'esito del dibattimento a seguito di una valutazione negativa del dissenso del p.m. la condanna puo' essere emanata senza assunzione di prove ove nel corso delle indiagini preliminari (non aventi natura di prova) non vi siano stati incidenti probatori. Tali profili sembrano, a questo pretore poter porsi in contrasto con gli artt. 101, secondo comma, 102, primo comma, 13, primo comma, 24, secondo comma e 111, primo comma, della Costituzione. L'indipendenza del giudice sancita dall'art. 101, secondo comma, della Costituzione appare infatti vulnerata in quanto l'accordo del p.m. e dell'imputato va ad imporrre all'organo giudicante l'emanazione di una sentenza di merito il cui contenuto prescinde del tutto (eccezion fatta per l'accertamento delle condizioni di legittimita' volute dalla legge per far ricorso al rito differenziato) dal suo libero convincimento e da un accertamento di penale responsabilita', e comporta l'irrogazione acritica della pena concordata dalle parti anche ove questa possa apparire in contrasto con i criteri imposti dall'art. 133 del c.p.; e puo' ancora sottolinearsi come, in tal modo, si priva il giudice di un potere-dovere attribuitogli dalla legge, quello di determinare la pena secondo i parametri di cui all'art. 133 del c.p., non in virtu' di criteri rigorosamente predeterminati, bensi' a causa dell'esercizio di un potere discrezionale attribuito ad altri soggetti - p.m. ed imputato - attivato al di fuori di ogni possibile valutazione e controllo in sede giurisdizionale: sembra, cosi', che il giudicante non sia piu' soggetto soltanto alla legge, bensi' alla volonta' giurisdizionalmente insindacabile delle parti. Inoltre la interpretazione dell'art. 101, secondo comma, della Costituzione che sembra potersi trarre dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 123/1971 e 120/1984 pare confermare come la garanzia costituzionale dell'indipendenza del giudice non possa essere erosa da disposizioni di legge che attribuiscono al p.m. un potere che vada a vincolare la liberta' di valutazione e convincimento dell'organo giudicante (afferma, tra l'altro, la Corte costituzionale nella sentenza n. 133/1971 che "non puo'...... fondatamente ritenersi che in violazione del principio di indipendenza sancito dall'art. 101, secondo comma, della Costituzione, l'art. 370 del c.p.p. vincoli il giudice istruttore, limitandone il libero convincimento, a dare esecuzione immediata e acritica alle richieste di ulteriori atti istruttori che gli pervengono dal p.m.", mentre la sentenza n. 120/1984, anch'essa "interpretativa di rigetto" "salvava" la costituzionalita' degli artt. 77 e 78 della legge n. 689/1981 sul presupposto che il parere espresso dal p.m. lasciava comunque intatte "... le attribuzioni di organo giudicante proprie del giudice, nella pienezza della sua liberta' di valutazione e di convincimento..."). La disciplina di cui all'art. 444 del c.p.p. inoltre constrastare con il disposto dell'art. 102, primo comma, della Costituzione: tale disposizione, infatti, pare riservare l'esercizio di funzioni giurisdizionali a contenuto decisorio al solo organo giudicante, mentre una tale competenza non puo' dirsi costituzionalmente riconosciuta al p.m.; - in tali termini le sentenze della Corte costituzionale nn. 148/1963, 97/1975 e 120/1984; - la fondamentale distinzione tra potere d'azione e potere di decisione rileva anche dagli artt. 107, unico comma, 108 cpv. e 112 della Costituzione. L'art. 444 prevede, invece, sostanzialmente, un esercizio di potere giurisdizionale affidato alle parti - p.m. ed imputato -, libere, secondo un modulo di discrezionalita' insindacabile, di scegliere la misura della pena che verra' poi "imposto" al giudice di applicare. Il fatto che la sentenza ex art. 444 del codice di procedura penale possa essere emanata sulla sola base di atti compiuti durante le indagini preliminari, qualunque spessore semantico tali atti abbiano, sembra comportare che puo' essere emanata una condanna senza accertamento di responsabilita', riducendo, inoltre, entro limiti che paiono angusti, la possibilita' concreta di emettere una pronuncia ex art. 129 del c.p.p. Tale profilo pare posri in cntrasto con gli artt. 13, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione ove si consideri che alla inviolabilita' della liberta' personale e del diritto di difesa conseguono la indisponibilita' di tali diritti talche' non sarebbe consentito all'imputato rinunciare ad essi accedendo ad un rito differenziato nell'ambito del quale puo' essere emanata una sentenza di condanna per la quale come si legge nella relazione ministeriale " non occorre un positivo accertamento della responsabilita' penale". Lo stesso obbligo di motivazione sancito dall'art. 111, primo comma, della Costituzione sembra non poter essere rispettato proprio in considerazione della esiguita', se non completa carenza, del materiale probatorio su cui va a fondarsi la sentenza emesa ex art. 444 del c.p.p. e tenuto conto che una tale sentenza prescinde completamente dal libero convincimento del giudicante e da ogni sua valutazione nel merito, mentre, d'altra parte, all'enunciazione, nel dispositivo, che vi e' stata richiesta delle parti, e' arduo assegnare il valore di motivazione. (E non puo' sottacersi come l'obbligo di motivazione, permettendo un controllo sulle singole decisioni del giudice, sia collegato ad altri valori costituzionalmente garantiti, come quelli di cui agli artt. 24, secondo comma, e 101 della Costituzione). La rilevanza, ai fini della decisione, delle questioni di costituzionalita' prospettate e' evidente in quanto nel caso di specie, la richiesta di applicazione della pena ex art. 444 del c.p.p. e' stata effettuata congiuntamente prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, cosicche' la decisione di questo pretore dovrebbe basarsi sui soli atti di indagine preliminare, che consistono nella segnalazione di reato/denuncia in stato di arresto e verbale di arresto redatti dai carabinieri - stazione di S. Germano V.se. Mentre, d'altro canto, la qualificazione giuridica del fatto, la configurazione delle circostanze e la comparizione tra esse appaiono corrette, cosicche' questo pretore dovrebbe limitarsi ad applicare con sentenza la pena richiesta, senza, peraltro, poter dare una reale "motivazione" al provvedimento emanato.
P. Q. M. Visto l'art. 23 dela legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondato il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 444 del codice di procedura penale in relazione agli artt. 101, secondo comma, 102, primo comma, 13, primo comma, 24, secondo comma e 111, primo comma della Costituzione; Dispone la sospensione del giudizio in corso e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza sia notificata a cura della cancelleria, al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Vercelli, addi' 18 novembre 1989 Il pretore: MONTI 90C0088