N. 31 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 giugno 1989- 17 gennaio 1990

                                 N. 31
        Ordinanza emessa il 7 giugno 1989 (pervenuta alla Corte
   costituzionale il 17 gennaio 1990) dal tribunale ammistrativo del
     Lazio sul ricorso proposto da Sepe Onorato ed altri contro la
             Presidenza del Consiglio dei Ministri ed altri
 Corte dei conti - Nomina del procuratore generale (da scegliere tra i
 magistrati della Corte stessa con qualifica di presidente di  sezione
 o   consigliere  o  equiparata)  con  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica  su  proposta  del   Presidente   del   Consiglio   previa
 deliberazione  del  Consiglio  dei  Ministri,  senza partecipazione o
 intervento, in deroga ai  principi  di  autogoverno  affermatisi  per
 tutte  le  magistrature  speciali, degli organi interni della Corte -
 Violazione dei principi di uguaglianza e di indipendenza della  Corte
 dei  conti  e  del  suo  procuratore  generale di fronte al Governo -
 Irrilevanza della diversa normativa adottata con la legge  13  aprile
 1988, n. 117, non applicabile, ratione temporis, al caso di specie.
 (R.D.  12 luglio 1934, n. 1214, art. 7; d.lgs. 5 maggio 1948, n. 589,
 art. 4).
 (Cost., artt. 3, 100 e 108).
(GU n.5 del 31-1-1990 )
                      IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
   Ha  pronunciato  la  seguente  decisione  sul  ricorso  n. 781/1988
 proposto dai dott. Onorato Sepe, Luigi Pallottino, Salvatore Buscema,
 Vincenzo   Cirillo,  Ferdinando  Angelini,  Paolo  Bogiankino,  Mario
 Gagliardi, rappresentati e difesi dall'avv. Giulio  Correale,  presso
 il quale sono elettivamente domiciliati in Roma, via G. Paisiello, n.
 55, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri  rappresentata  e
 difesa  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e nei confronti del
 dott.  Emidio  Di  Giambattista  rappresentato  e  difesa   dall'avv.
 Celestino  Biagini,  presso  il quale e' elettivamente domiciliato in
 Roma via Belsiana, n. 90 e con l'intervento ad adiuvandum  del  dott.
 Mario  Casaccia,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Filippo Satta,
 presso il quale e' elettivamente domiciliato in Roma, via  P.  L.  da
 Palestrina,  n.  47,  per  l'annullamento  del decreto del Presidente
 della Repubblica 31 dicembre 1987 con il quale  il  dott.  Emidio  Di
 Giambattista  e'  stato nominato procuratore generale della Corte dei
 conti;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione in giudizio del controinteressato,
 dell'interveniente e dell'Avvocatura generale dello Stato;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  alla  pubblica  udienza  del  7  giugno  1989  il  relatore
 consigliere Marcello Borioni e uditi, altresi', l'avv.  Correale  per
 il  ricorrente, e l'avvocato dello Stato Zagari per l'amministrazione
 resistente, e gli avvocati Satta e Biagini per i controinteressati;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Il  prof. Onorato Sepe e gli altri ricorrenti, tutti presidenti di
 sezione della Corte dei conti,  hanno  impugnato,  innanzi  a  questo
 tribunale, il decreto del Presidente della Repubblica con il quale il
 presidente  di  sezione  della  Corte  dei  conti  dott.  Emidio   Di
 Giambattista  e'  stato nominato procuratore generale della Corte dei
 conti.
    A sostengo del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi;
    1. - Eccesso di potere per difetto di presupposto e per sviamento.
 Il govero ha conferito la nomina senza prendere in considerazione  ai
 fini  di una valutazione comparativa gli altri magistrati in possesso
 dei requisiti di legge (presidenti di  sezione  e  consiglieri  della
 Corte dei conti o qualifiche equiparate).
    2.  - Violazione di legge, violazione dell'art. 7, primo e secondo
 comma, del r.d. n. 1214/1934 e dell'art.  4  del  d.-l.  n.  58/1948;
 dell'art.  13, comma secondo, della legge n. 1645/1961 e dell'art. 13
 del regolamento n. 1364/1933. Alla nomina di procuratore generale  si
 e'  proceduto, in passato, su proposta del presidente della Corte dei
 conti, sentito il consiglio di  presidenza  e  in  conformita'  della
 indicazione nominativa espressa dal predetto consiglio di presidenza.
 Il Governo doveva conformarsi a questa prassi divenuta, ormai, vera e
 propria  consuetudine.  L'adesione a una diversa linea interpretativa
 (quella secondo cui la proposta non si porrebbe come  vincolante  per
 il   Governo)   avrebbe   dovuto  comunque  comportare  la  specifica
 indicazione nel provvedimento delle ragioni che inducevano il Governo
 a  far  cadere  la nomina su un magistrato diverso da quello indicato
 dalla Corte.
    3.  - Violazione dell'art. 13 della legge n. 1345/1961; violazione
 dei principi generali in materia di procedimento  amministrativo.  Si
 rinviene  nella  normativa una specifica norma (l'art. 13 della legge
 n.  1645/1961  citata)  che  espressamente  contempla  la  necessita'
 dell'acquisizione del parere (o proposta) di carattere vincolante del
 consiglio di presidenza. Non era consentito, percio', al  Governo  di
 discostarsi, immotivatamente, dalle indicazioni dell'anzidetto parere
 (o proposta).
    4.  -  Eccesso  di  potere sotto forma di carenza di motivazione e
 contraddittorieta'.
    In  ogni  caso  la  soluzione  adottata - divergente dal parere (o
 proposta) acquisito - avrebbe dovuto essere sorretta - e cio' non  e'
 avvenuto - da una adeguata motivazione.
    5. - Eccesso di potere per illogicita' ed ingiustizia manifesta.
    La nomina del procuratore generale e' stata disposta in una logica
 non rispettosa della autonomia propria dei corpi giurisdizionali.  La
 disciplina  della  quale si e' fatta applicazione - fondata su di una
 illimitata discrezionalita' della autorita' governativa nella  nomina
 -  risulta, infatti, illegittima costituzionalmente per contrasto con
 l'art. 100, terzo comma, 108, secondo comma,  107,  quarto  comma,  e
 103, della Costituzione.
    A  sostegno delle ragioni dei ricorrenti ha spiegato intervento ad
 adiuvandum il dott. Mario Casaccia, vice procuratore  generale  della
 Corte dei conti.
    L'amministrazione,  costituitasi in giudizio, ha manifestato dubbi
 sulla  legittimazione  dei  ricorrenti,  fatta   eccezione   per   il
 magistrato  designato  dalla Corte dei conti (prof. Sepe). Nel merito
 si e' sostenuta l'infondatezza del ricorso.
    Si  e'  costituito  in  causa  anche il controinteressato dott. Di
 Giambattista.
    Con successiva memoria i ricorrenti hanno ulteriormente illustrato
 le loro ragioni.
                             D I R I T T O
    Il  ricorso  ha  per  oggetto  il  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica 31 dicembre 1987, con il quale e' stata disposta la nomina
 del  dott.  Di  Giambattista  a  procuratore generale della Corte dei
 conti.
    L'avvocatura    dello    Stato    solleva    dubbi    in    ordine
 all'ammissibilita' del gravame da parte dei  ricorrenti  diversi  dal
 prof.  Sepe  e  in  ordine  all'intervento  ad  adiuvandum  del dott.
 Casaccia, vice procuratore generale della Corte dei conti.
    L'eccezione va disattesa per quanto concerne i ricorrenti, poiche'
 si tratta di soggetti rivestiti  della  qualifica  di  presidente  di
 sezione e, percio', ricompresi nella categoria (presidenti di sezione
 e consiglieri della Corte dei conti o equiparati) entro la  quale  e'
 stata  effettuata,  ai  sensi  dell'art.  4 del decreto legislativo 5
 maggio 1948, n. 589, la scelta del magistrato da preporre all'ufficio
 di procuratore generale.
    E',  invece, inammissibile l'intervento, spiegato dopo la scadenza
 del  termine  di  decadenza,  dal   dott.   Casaccia:   quest'ultimo,
 rientrando,  a  ragione  della  sua qualifica, nella categoria avanti
 ricordata avrebbe dovuto  proporre  l'impugnazione  -  come  soggetto
 previsto  di  autonoma  legittimazione  -  in  via  principale  e nel
 rispetto del termine.
    Nel  merito si sostiene, anzitutto, che, nella materia, si sarebbe
 affermata una vera e propria regola consuetudinaria che imporrebbe il
 conferimento  della nomina in conformita' della designazione espressa
 dal consiglio di presidenza della Corte dei conti.
    La censura e' infondata.
    L'art. 7 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, dispone che il
 procuratore generale e' nominato con  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica  su  proposta  del  Presidente  del Consiglio dei Ministri
 previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.
    In   presenza  di  tale  norma,  che  disciplina  puntualmente  il
 procedimento ed  il  ruolo  assegnato,  nel  suo  ambito,  a  ciascun
 intervento,   e'   da  escludere  che  possa  riconoscersi  capacita'
 modificativa alla prassi che si asserisce sempre seguita nel  passato
 (acquisizione   della   proposta  del  consiglio  di  presidenza  con
 attribuzione ad essa di forza vincolante).
    Una conclusione in questo senso condurrebbe, infatti, ad ammettere
 che si  sia  affermata,  nell'ordinamento,  una  consuetudine  contra
 legem.
    Il  tenore  della  norma anzidetta consente anche di escludere che
 l'indicazione normativa, formulata nella specie  dagli  organi  della
 Corte  dei  conti,  possa  essere intesa come intervento di carattere
 procedimentale.
    Si  e'  in  presenza, piuttosto, di una iniziativa, assunta in via
 autonoma dagli organi predetti, rispetto alla quale non e' pertinente
 il  richiamo  ai  principi  in  ordine  all'obbligo della motivazione
 dell'atto che disattenda pareri o proposte acquisite nella procedura.
    Sviluppando una argomentazione alternativa i ricorrenti sostengono
 che il carattere obbligatorio del parere espresso  dal  consiglio  di
 presidenza  si  trarrebbe  anche dall'art. 13 della legge 20 dicembre
 1961, n. 1345, donde l'illegittimita' del provvedimento impugnato per
 non  avere  enunciato  le  ragioni  per  le  quali  si e' ritenuto di
 disattendere la designazione del prof. Sepe, preferendogli  il  dott.
 Di Giambattista.
    Anche questa censura non e' fondata.
    Dalla  testuale  formulazione  del  citato  art.  13 emerge che la
 disposizione disciplina specificamente il procedimento di  promozione
 da consigliere o da vice procuratore generale a presidente di sezione
 o a procuratore generale.
    Il  parere  obbligatorio  della  prima  sezione  del  consiglio di
 presidenza - previsto dalla norma  citata  -  riguarda,  percio',  un
 procedimento  rivolto  a  conferire  la  promozione  ad una diversa e
 superiore qualifica, risultando cosi' estraneo  all'ipotesi  in  cui,
 come  nella specie, si conferisce la nomina a procuratore generale ad
 un soggetto gia' rivestito della qualifica di presidente di  sezione,
 che e' di pari livello a quella di procuratore generale.
    Resta  da  definire  la  questione  di legittimita' costituzionale
 avanzata con l'ultimo motivo di ricorso, con il quale,  in  sostanza,
 si  deduce  che  la  lata  discrezionalita' di cui dispone il Governo
 nella nomina del procuratore generale, ai sensi  degli  artt.  7  del
 regio  decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e 4 del decreto legislativo 5
 maggio 1948, n. 589, contrasterebbe con i principi posti dagli  artt.
 100,  terzo  comma,  e  108, secondo comma, della Costituzione e, per
 giunta, determinerebbe una ingiustificata disparita'  di  trattamento
 con   le   altre   magistrature  con  violazione  dell'art.  3  della
 Costituzione.
    La  questione  -  rilevante  ai  fini  del decidere (una eventuale
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale non  resterebbe  senza
 conseguenze   sul   provvedimento   impugnato)   -   si   rivela  non
 manifestamente infondata.
    L'art.  100,  terzo comma, della Costituzione vuole l'indipendenza
 del Consiglio di Stato e della Corte dei conti e dei loro  componenti
 di  fronte  al  Governo.  Dal  suo  canto  l'art. 108, secondo comma,
 garantisce  l'indipendenza   del   pubblico   ministero   presso   le
 giurisdizioni speciali.
    Ora  sembra  contrastare  con  il  valore  tutelato  dalle  citate
 proposizioni costituzionali una disciplina, come quella in esame, che
 riserva  la  nomina  del  procuratore  generale,  da  scegliere fra i
 magistrati della Corte dei conti (presidenti di sezione o consigliere
 ed  equiparato),  proprio al Governo, nei cui confronti e' proclamata
 la garanzia dell'indipendenza. E cio' specie  se  si  considerino  le
 particolari  attribuzioni proprie del procuratore generale chiamato a
 promuovere e sostenere, anche nei confronti dei membri del Governo, i
 giudizi di responsabilita' amministrativa e contabile.
    Va  rilevato, ancora, che, in tutte le magistrature speciali, sono
 state realizzate - negli ultimi  anni  -  forme  di  autogoverno  con
 riconoscimento,   tra   l'altro,   agli  organi  interni,  di  poteri
 determinanti anche ai  fini  delle  assegnazioni  e  tramutamenti  di
 funzioni.  Si  manifesta,  percio',  come  derogatoria, rispetto alla
 disciplina generale avanti riferita  -  con  possibili  riflessi  sul
 piano  della  costituzionalita'  anche  sotto il riflesso dell'art. 3
 della Costituzione -  una  normativa  (quale  quella  concernente  la
 nomina  del  procuratore  generale) che riserva, in via esclusiva, ad
 organi  estranei  alla  istituzione  il  potere  di  prescegliere  il
 magistrato  da preporre al detto ufficio distogliendolo, al contempo,
 dalle funzioni fino a quel momento esercitate.
    E' da osservare, infine, che resta ininfluente la circostanza che,
 dopo la emanazione della legge 13 aprile 1988, n. 117, la nomina  del
 procuratore  generale  sia  stata ricondotta sotto un diverso regime,
 giacche', ai fini della decisione, il  provvedimento  impugnato  deve
 essere  valutato  alla  stregua  della normativa in vigore al momento
 della sua emanazione.
    L'esame  dell'ultima  doglianza  deve essere, pertanto, sospeso in
 attesa che sulla questione di costituzionalita' si pronunzi la  Corte
 costituzionale.
                                P. Q. M.
    Definite in senso negativo le censure di cui in motivazione;
    Dispone  la sospensione del giudizio con riserva di ogni ulteriore
 pronunzia all'esito dell'incidente di costituzionalita';
    Dispone  che,  a  cura  della segreteria, gli atti siano trasmessi
 alla Corte costituzionale e che la presente pronunzia sia  notificata
 alle  parti in giudizio ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso  in  Roma dal tribunale amministrativo Regionale del
 Lazio, sez. I, nella camera di consiglio del 7 giugno 1989.
                       Il presidente: DE ROBERTO
   Il consigliere: DI NAPOLI
   Il consigliere est.: BORIONI
 90C0089