N. 33 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 marzo 1989- 22 gennaio 1990
N. 33 Ordinanza emessa il 31 marzo 1989 (pervenuta alla Corte costituzionale il 22 gennaio 1990) dalla Corte di cassazione nel procedimento civile vertente tra Bocus Ferruccio e Valle Renato ed altri Locazione immobili urbani - Uso commerciale - Trasferimento dell'immobile, a titolo oneroso, da parte del locatore - Diritto di riscatto del conduttore - Termine di decadenza di sei mesi dalla trascrizione (nella specie, rectius: dalla intavolazione) Lamentata difficolta' per il conduttore all'esercizio di tale diritto - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 185/1988. (Legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 39, primo comma). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.6 del 7-2-1990 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Bocus Ferruccio nato a Polcenigo il 9 settembre 1920, residente in Cortina d'Ampezzo, via Ronco n. 115, elettivamente domiciliato in Roma, via Azuni n. 9 presso l'avv. Stefano Bartoli rappresentato e difeso dall'avv. Augusto Maccaferri (in sostituzione dell'avv. Rosario Nicolo' deceduto), per procura speciale notar dott. Carlo Candiani di Venezia in data 11 marzo 1988 rep. 7834; ora rappresentato e difeso anche dall'avv. Elio Fazzalari con studio in Roma, via Monte Zebio, 37, giusta procura speciale per notaio dott. Azio Perucon di Cortina d'Ampezzo in data 17 marzo 1989 rep. n. 90546, ricorrente, contro Valle Renato, Giovanni, Enrico, Paola e Laura, Piccolruaz Giovanna ved. Valle, residenti in Cortina d'Ampezzo, elettivamente domiciliati in Roma, via S. Orsola n. 8 presso l'avv. Paolo Tentori Montalto che li rappresenta e difende unitamente all'avv. Odorico Larese per delega in calce al controricorso, controricorrenti, contro Rimoldi Luciano e Romano, Menardi Maria in Valle intimati; Visto il ricorso avverso la sentenza della corte d'appello di Venezia del 22 aprile-14 agosto 1986 (r.g. n. 603/1984); Udito il cons. rel. dott. P. Vittoria nella pubblica udienza del 31 marzo 1989; Sentito l'avv. Fazzalari; Sentito il p.m., in persona del sost. proc. gen., che ha concluso per il rigetto dei primi quattro motivi accoglimento del quinto motivo e assorbimento del sesto motivo. 1. - Ferruccio Bocus conveniva in giudizio Giovanni e Renato Valle, Maria Menardi in Valle, Romano e Luciano Rimoldi, con la citazione a comparire davanti al tribunale di Belluno, notificata il 29 novembre 1982. L'attore esponeva: d'essere conduttore dell'immobile p.f. 3147 in p.t. 2567 in Cortina d'Ampezzo, comprensivo dell'intera superficie libera, adibito a ristorante: cio' in base a contratto 12 luglio 1976; che, con contratti del 24 gennaio 1979 e 30 gennaio 1979, Luciano e Romano Rimoldi avevano alienato a Giovanni Valle la nuda proprieta' ed ai coniugi Renato Valle e Maria Menardi in Valle l'usufrutto d'una quota (6/12) del fabbricato e del terreno; che i locatori non gli avevano notificato, cosi' violando l'art. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392, la comunicazione della loro intenzione di trasferire la proprieta' di parte dell'immobile; che egli aveva manifestato l'intendimento di riscattare il bene trasferito ne' poteva essergli opposto il decorso del termine preveduto dall'art. 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392, non essendo provato che egli avesse effettivamente conoscenza del trasferimento oltre sei mesi prima. L'attore concludeva chiedendo fosse dichiarato il suo diritto al riscatto con conseguente pronuncia di trasferimento ed in subordine che i locatori fossero condannati al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede. 2. - I convenuti Romano e Luciano Rimoldi e Maria Menardi in Valle si costituivano in giudizio chiedendo che la domanda fosse respinta. Essi sostenevano, tra l'altro: che l'attore era decaduto dal diritto di riscatto avendo lasciato decorrere il termine di sei mesi preveduto dall'art. 39, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, giacche' l'atto di trasferimento della quota ideale del bene locato era stato intavolato per decreto 5 luglio 1979 del giudice tavolare di Cortina d'Ampezzo; che il diritto di prelazione non spetta nel caso di trasferimento di quota indivisa; che non e' dato risarcimento del danno in confronto del locatore per avere questi omesso la comunicazione prevista dall'art. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392, giacche' l'interesse del conduttore all'acquisto del bene e' in tal caso tutelato dal diritto di riscatto. A tali eccezioni e difese si riportavano, nel costituirsi in giudizio, anche i convenuti Giovanni e Renato Valle. 3. - Con altro atto di citazione a comparire davanti al tribunale di Belluno, pur esso notificato il 29 novembre 1982, Ferruccio Bocus conveniva in giudizio Germana Piccolrauz ved. Valle ed Enrico, Paola, Laura e Renato Valle. L'attore proponeva domanda di riscatto e di risarcimento del danno, questa seconda in confronto di tutti i convenuti con l'eccezione di Renato Valle. L'attore esponeva, che, con atto del 5 novembre 1981, era stata ceduta a Renato Valle una quota pari ad un quarto della proprieta' dell'immobile, senza far precedere il trasferimento dalla comunicazione di cui all'art. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392, invece dovuta per essere la norma sul diritto di prelazione applicabile anche al trasferimento in questione. 4. - I convenuti Enrico e Paola Valle si costituivano in giudizio chiedendo che la domanda fosse respinta. Essi sostenevano, tra l'altro: che il diritto di prelazione non sussisteva nel caso, in esame, trattandosi di scioglimento d'una comunione ereditaria; che ad analoga conclusione si sarebbe dovuti pervenire ove l'atto avesse dovuto esser configurato come una permuta; che nessun danno era configurabile ne' comunque era risarcibile, per non essere stata data al conduttore notizia del trasferimento. Identiche difese erano poi svolte dagli altri convenuti successivamente costituitisi. 5. - I due procedimenti venivano riuniti. L'attore produceva: a) il contratto 19 luglio 1937, con cui Ferdinando e Renato Valle avevano acquistato, ciascuno per una meta' indivisa, la proprieta' dell'intera particella fondiaria 3147; b) il contratto 24 gennaio 1979-30 marzo 1979, con cui Romano e Luciano Rimoldi avevano venduto per il corrispettivo di ottantamilioni una quota pari alla meta' del suddetto immobile, per l'usufrutto a Renato Valle e Maria Menardi in Valle, per la nuda proprieta' a Giovanni Valle; c) il contratto 5 novembre 1981, con cui premesso d'essere comproprietari d'una meta' della particella fondiaria 3147 e d'un altro immobile, scioglievano la comunione mediante assegnazione dell'intera meta' dalla particella fondiaria 3147 a Renato Valle e dell'intero altro immobile a Enrico, Paola e Laura Valle con l'usufrutto di Germana Piccolrauz ved. Valle. L'attore concludeva, nella prima causa, chiedendo: a) che fosse considerata inopponibile a lui la pubblicita' tavolare del trasferimento del 1979, per come formatasi; b) che fosse accolta la domanda di riscatto, con condanna dei Rimoldi al risarcimento del danno dovuto al ritardo nell'acquisto della disponibilita del bene; c) che, in caso di rigetto della domanda di riscatto, i convenuti fossero ritenuti aver reso impossibile il tempestivo esercizio del diritto di riscatto attraverso un comportamento doloso o gravemente colposo e condannati al risarcimento del danno in forma specifica ovvero, in subordine, aver violato l'obbligo di cui all'art. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e condannati al risarcimento del danno da liquidarsi in altra sede; d) che, in funzione dell'accoglimento della domanda subordinata, fossero ammessi i mezzi di prova dedotti. Nella seconda causa, l'attore chiedeva che, datosi atto dell'intervenuto trasferimento e della non ancora avvenuta intavolazione, fosse accolta la domanda di riscatto o dichiarato spettare il diritto di prelazione, con la condanna dei locatori alienanti al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede. I convenuti, nella prima causa, chiedevano anche che l'attore fosse condannato al risarcimento del danno per responsabilita' processuale aggravata. 6. - Il tribunale di Belluno, con sentenza 16 marzo 1984, rigettava ogni domanda dell'attore, che, nella prima causa, veniva condannato al risarcimento del danno per responsabilita' processuale aggravata. Impugnata dal Bocus, la decisione di primo grado era confermata, con motivazione in parte diversa, con sentenza 14 aprile 1986 della corte d'appello di Venezia. 7. - La corte d'appello ha ritenuto: nella prima causa: a) che l'attore era decaduto dal diritto di riscatto per non averlo esercitato nel termine di sei mesi, che l'art. 39, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, fa decorrere dalla trascrizione del contratto; b) che, dove vige il sistema della legge tavolare di cui al r.d. 28 marzo 1929, n. 499, modificato con la legge 29 ottobre 1974, n. 594, a norma dell'art. 12, secondo comma, del r.d. n. 499/1929, tutti i richiami di leggi e decreti a trascrizioni, iscrizioni e annotazioni nei registri immobiliari si intendono riferiti alle corrispondenti intavolazioni, prenotazioni ed annotazioni in quanto non vi osti la diversa natura delle iscrizioni; c) che, in rapporto alla funzione dell'art. 39 della legge n. 392/1978, di stabilire con certezza la decorrenza del termine di esercizio del riscatto ricollegandola ad una formalita' pubblicitaria che consente di accertarsi se il bene sia stato trasferito, non emergono differenze tra intavolazione e trascrizione; d) che all'attore non spettava il diritto al risarcimento del danno in concorso dei locatori o degli acquirenti; e) che, omettendo di comunicare la propria intenzione di vendere, il locatore ne' incorre in responsabilita' contrattuale, giacche' l'obbligo non adempiuto deriva dalla legge e non dal contratto, ne' pone in essere un contratto invalido e, analogamente, l'acquirente ne' ha alcun obbligo di attivarsi perche' il conduttore possa esercitare il diritto di riscatto ne' comprando viola un qualsiasi divieto; f) che la soddisfazione dell'interesse del conduttore all'acquisto, con realizzata attraverso il diritto di prelazione, e' affidata al rimedio del riscatto, al fine del cui tempestivo esercizio deve essere cura del conduttore accertare che il bene sia stato trasferito, sicche' non puo' il mancato soddisfacimento del suo interesse, quando il conduttore non eserciti il riscatto, ricondursi sul piano causale al mancato adempimento dell'obbligo di comunicazione, trattandosi invece di conseguenza dannosa evitabile con la diligenza ordinaria; g) che gli elementi addotti dall'attore non consentivano comunque di ritenere provata l'esistenza d'un accordo preordinato a rendere impossibile l'esercizio del riscatto, giacche' la vendita, lungi dall'esser occultata, era stata intavolata appena tre mesi dopo; h) che, non spefificatamente impugnata, la condanna alla responsabilita' processuale aggravata neppur era risultata implicitamente inficiata dai motivi rivolti contro i capi di merito; nella seconda causa: i) che il contratto aveva natura mista dichiarativa e traslativa e per questa parte di permuta, con la conseguenza di non rientrare tra i trasferimenti a titolo oneroso cui s'applica l'art. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392. 8. - Ferruccio Bocus ha proposto ricorso per cassazione deducendo sei motivi, illustrati da memoria. Hanno resistito con controricorso Giovanni Renato, Enrico, Paola e Laura Valle, oltre a Germana Piccolrauz. Non hanno svolto attivita' difensiva Luciano e Romano Rimoldi e Maria Menardi in Valle. 9. - Cinque dei sei motivi dedotti dal ricorrente concernono la prima controversia, uno la seconda. 10. - Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e 12 del r.d. 28 marzo 1929, n. 499, come modificato dall'art. 8 della legge 29 ottobre 1974, n. 594, nonche' delle norme e dei principi che in relazione a tali disposizioni diversificano l'intavolazione dei diritti dalla trascrizione degli atti; deduce, ancora, l'omessa e contraddittoria motivazione su tale punto della controversia (artt. 360, n. 3, e 5, del c.p.c.). In sintesi, il ricorrente sostiene che "in ordine a quegli elementi (natura dell'atto di trasferimento, esplicitazione delle condizioni contrattuali: prezzo, modalita' di esecuzione, ecc.) che sono necessari ed indispensabili al conduttore per valutare, in primo luogo, l'esistenza del diritto di prelazione e del conseguente diritto di riscatto (onerosita' del trasferimento) e, in secondo luogo, per l'apprezzamento circa l'esercizio stesso di questo (ammontare del prezzo, ulteriori condizioni contrattuali), in quanto non direttamente indicati e iscritti nel libro maestro, ne' iscritti per relationem attraverso il richiamo espresso e dettagliato della relativa disposizione dell'atto, il sistema tavolare - cosi' come operante nel nostro caso - non e' in grado di svolgere alcuna funzione di conoscenza legale e non puo', di conseguenza, ritenersi in alcun modo equivalente ai fini dell'esercizio del retratto da parte del conduttore, alla trascrizione di diritto comune: la quale, invece....., nella nota di trascrizione esplicita tutti gli elementi di cui il conduttore ha bisogno per la sua determinazione all'esercizio del diritto attribuitogli, e la cui conoscibilita' attraverso la procedura pubblicitaria costituisce la ratio fondamentale in virtu' della quale il legislatore si e' indotto a porre nella trascrizione il dies a quo per il maturare del termine di decadenza dell'esercizio del diritto di riscatto, attribuendo l'effetto della conoscenza a quella situazione di conoscibilita' che appunto deriva dalla pubblicita'". Il ricorrente osserva, ancora, che, accogliendo una diversa opinione, si verrebbe a configurare, per quanto riguarda il sistema tavolare, un onere aggiuntivo di conoscenza a carico del conduttore, estraneo al regime ordinario legato ai registri di pubblicita', cui conseguirebbe che al conduttore risulterebbe offerta una tutela minore nel caso in cui il locatore abbia violato l'obbligo di comunicazione, rispetto a quello in cui tale obbligo abbia regolarmente adempiuto. La conclusione - ad avviso del ricorrente - e' che "con riferimento al sistema tavolare, l'applicazione dell'art. 39 della legge n. 392/1978 dovra' necessariamente importare, relativamente al dies a quo del termine decadenziale, che tale termine decorre non dal giorno dell'avvenuta intavolazione del diritto acquistato dall'acquirente, bensi' da quello in cui si provi che il terzo (conduttore) abbia avuto conoscenza certa ed effettiva, in forme legali equivalenti a quelle previste dall'art. 38, primo e secondo comma, della legge citata, della causa del trasferimento (e) delle condizioni contrattuali sulla cui base tale trasferimento si e' attuato, ossia di tutti quegli elementi che sono necessari e utili perche' egli possa compiere la sua valutazione in ordine all'esercizio del diritto di riscatto". Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392, 1374 e 1218 del cod. civ. nonche' l'omessa e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia (artt. 360, n. 3, e 5, del c.p.c.). Il ricorrente osserva che, a norma dell'art. 1374 del c.c., il contratto obbliga a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, sicche' l'obbligo del locatore di comunicare al conduttore la propria intenzione di trasferire l'immobile a titolo oneroso e poi di preferirlo, pur scaturendo dall'art. 38 della legge n. 392/1978, da' luogo, se non osservato, ad una situazione di inadempimento che genera a sua volta responsabilita' per i danni, sulla base dell'art. 1218 del c.c. La tutela reale del diritto di prelazione, assicurata in confronto del terzo dal diritto di riscatto, siccome volta a garantire in modo piu' penetrante la realizzazione dell'interesse protetto dalla legge, si aggiunge e non si sostituisce alla tutela obbligatoria: la necessita' di tutela rappresentata dal diritto di risarcimento del danno viene meno - osserva, ancora il ricorrente - solo se il creditore abbia realizzato, per via coattiva, l'interesse al conseguimento del bene (salvo il danno da ritardo). Con il terzo motivo, il ricorrente censura poi il ragionamento seguito dalla sentenza impugnata per escludere la configurabilita' d'una responsabilita' da fatto illecito del terzo acquirente, mentre con il quarto motivo fa oggetto di censura il punto della decisione relativo al carattere immediato e diretto del danno scaturito dal mancato acquisto del bene ed alla incidenza, sulla sua verificazione ed evitabilita', del comportamento del conduttore concretizzatosi nella mancata ispezione dei libri fondiari. Il sesto motivo riguarda la condanna per responsabilita' processuale aggravata, mentre il quinto - come si e' osservato - investe la decisione della seconda causa. RITENUTO IN DIRITTO 1. - La Corte ritiene che, rispetto alla decisione sul ricorso propostole e riguardo alla prima causa, si presenti rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della disposizione dettata dall'art. 39, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392. Pur conseguendone la necessita' di sospendere per questa parte il giudizio a norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte non ritiene di dover separare dalla causa in questione l'altra per far luogo ad una sua decisione separata: cio' in considerazione della stretta connessione che i due giudizi presentano sul piano pratico, giacche' riguardano un unico immobile. 2. - La questione di legittimita' costituzionale e' rilevante per la decisione sul primo motivo di ricorso e condiziona la sorte degli altri. L'impugnazione postula che il giudice di merito non abbia correttamente risolto il punto relativo alla decadenza dal diritto di riscatto, sul quale dunque non s'e' formato il giudicato. Il sindacato della Corte sulla decisione richiede sia fatta applicazione dell'art. 39, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392: di cui la rilavanza della questione ed insieme il potere di sollevare la questione di legittimita' costituzionale di ufficio. 3. - La Corte ritiene che, in rapporto agli artt. 3 e 24 della Costituzione, non sia manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della disposizione dettata dall'art. 39, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui, prescrivendo che il diritto di riscatto deve essere esercitato in un termine di sei mesi decorrenti dalla trascrizione del contratto, dimensiona tale termine in modo irragionevole avuto riguardo alla circostanza di fatto assunta a momento iniziale della sua decorrenza e senza necessita' logica assume a termine iniziale la trascrizione del contratto, con la conseguenza di pregiudicare la possibilita' di far valere il diritto di riscatto, vanificando la protezione dell'interesse del conduttore cui e' ordinato, secondo l'art. 38 della legge n. 392/1978, il diritto di prelazione. 3.1. - Il diritto di riscatto rappresenta l'unica efficace forma di tutela del diritto di prelazione, che la violazione dell'obbligo del locatore, preveduto dall'art. 38, primo comma, abbia impedito trovasse realizzazione. Solo attraverso il diritto di riscatto possono trovare soddisfazione sia l'interesse del conduttore sia la ragione di pubblico interesse che ne giustifica la protezione. La tutela risarcitoria, che si ritenesse esperibile, mancherebbe di realizzare il risultato della riunione della titolarita' dell'impresa con la proprieta' dell'immobile in cui l'azienda e' esercitata. 3.2. - L'art. 38, terzo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, dispone che il conduttore debba esercitare il diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, che il locatore e' tenuto a notificargli a norma del primo comma dello stesso articolo. La ragionevolezza del dimensionamento del termine di esercizio del diritto di riscatto, in connessione con la sua decorrenza dalla trascrizione, va vista in rapporto all'onere di diligenza che esso impone al conduttore, per far si che il tempo che gli residui per l'esercizio del diritto di riscatto non sia inferiore a quello, di cui la legge ritiene egli debba disporre per potersi determinare all'esercizio del diritto di prelazione. La ragionevolezza del dimensionamento di un termine, fatto decorrere da una circostanza che venga svolgendosi fuori della sfera del soggetto che deve osservarlo, va riguardata anche in rapporto alla possibilita' che la circostanza entri nella sfera di conoscenza effettiva del soggetto, non solo in base al suo attivarsi per accertarla, ma in ragione del normale svolgimento del rapporto giuridico in cui si inserisce il diritto che si tratta di far valere. Giacche' il trasferimento della proprieta' del bene locato comporta la successione dell'acquirente nel rapporto di locazione (art. 1602 del cod. civ.), e' presumibile che, nella ricerca del punto di incontro tra le contrapposte esigenze di protezione dell'interesse del conduttore e di certezze del commercio immobiliare, si sia considerato che la conoscibilita' del trasferimento si realizzi nella generalita' dei casi come normale conseguenza della successione dell'acquirente al locatore e dell'esercizio da parte del primo dei diritti inerenti al rapporto. Le controversie venute all'esame della Corte appaiono smentire questa valutazione; rivelandosi non infrequente il caso che alla mancata comunicazione dell'intenzione di vendere da parte del locatore faccia seguito un comportamento volto ad occultare il trasferimento od addirittura a farlo apparire come non avvenuto. Non va poi sottaciuto che, inserendosi la disposizione in un contesto normativo che non consente di dare rilievo, in materia di decadenza, a circostanze che ne impediscano o sospendano il maturarsi (art. 2964 del cod. civ.), un siffatto atteggiamento resta privo di rilevanza in rapporto all'esercizio del diritto di riscatto. Si perviene alla constatazione che l'unico mezzo, idoneo a preservare il conduttore dal rischio di veder frustato il diritto all'acquisto del bene locato in connessione con la sua alienazione, resti un'ispezione dei registri immobiliari da rinnovarsi per tutta la durata del rapporto per non meno di tre volte nell'anno. 3.3. - Il termine per l'esercizio del diritto di riscatto e' stato disposto che decorra dalla trascrizione del contratto. La trascrizione del contratto, che deve essere eseguita secondo il disposto dell'art. 2659 del cod. civ., il cui dettato va integrato con quello dell'art. 2665 del cod. civ., non e' necessario si attui mediante indicazione del prezzo cui l'immobile e' stato trasferito, giacche' per la validita' della trascrizione e' sufficiente risulti dal relativo registro il diritto sul bene di cui l'atto comporta il trasferimento e la natura del negozio per effetto del quale il trasferimento si e' prodotto. Ne emerge che l'ancoraggio del decorso del termine alla trascrizione del contratto comporta per il conduttore, in rapporto alla situazione in cui sarebbe posto dall'adempimento dell'obbligo del locatore ed in funzione dell'esercizio del diritto di riscatto, un ulteriore onere di accertamento. Ad identico rilievo si presta il funzionamento della disposizione nell'ambito del sistema pubblicitario dei libri fondiari: operante l'art. 39, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, in virtu' del disposto dell'art. 12 del r.d. 28 marzo 1989, n. 499, come modificato dall'art. 8 della legge 29 ottobre 1974, n. 594, ed assunta a termine di riferimento, per l'applicazione dell'art. 39, l'intavolazione, degli artt. 1, 2, 5, 8, 9 e 98 del testo della legge generale sui libri fondiari allegato al r.d. 28 marzo 1929, n. 499, emerge come questa non implichi che nel libro fondiario debbono essere riportate le indicazioni, la cui conoscenza e' necessaria per determinarsi all'esercizio del diritto di riscatto, risultando importo al conduttore, anche in questo caso, un ulteriore avere di accertamento. 3.4. - Le esigenze di sicurezza del commercio immobiliare non rendono logicamente necessario assumere a dies a quo del termine di decadenza la trascrizione del contratto. Queste esigenze giustificano logicamente una disciplina che sancisca l'inopponibilita' ai terzi della trascrizione della domanda o della dichiarazione di riscatto, se eseguita dopo un certo termine dalla trascrizione della vendita e se successiva alla trascrizione del proprio acquisto da parte di aventi causa dall'aquirente dal locatore, sulla falsariga di quanto previsto dall'art. 2653, n. 3, del cod. civ. In base alle stesse esigenze non appare potersi giustificare, in rapporto ai parametri costituzionali avanti indicati, che la trascrizione funga da dies a quo nei rapporti tra conduttore e acquirente. L'esigenza di evitare che l'acquisto del locatore resti indeterminatamente soggetto a risolversi per effetto dell'esercizio del diritto di riscatto, si presta infatti ad essere piu' equilibratamente tutelata accollando all'acquirente un onere di comunicazione verso il conduttore, al cui assolvimento ricollegare il decorso del termine di esercizio del diritto di riscatto. L'ipotizzazione di soluzioni diverse da quella prescelta dal legislatore, capaci di salvaguardare oltre rilevanti esegenze e di non esporre a sacrificio l'interesse del conduttore, sempre autorizzare il dubbio che l'attuale regolamentazione si fondi su una soluzione del problema non conforme a Costituzione. 3.5. - Avviandosi a concludere, la Corte osserva che, a sostegno della costituzionalita' della norma e per ritenere che essa non renda estremamente difficile la ralizzazione del diritto di prelazione attraverso il riscatto, non puo' farsi utile appello, insieme, al principio dell'onere di vigilare a tutela del proprio diritto ed alla agevole conoscibilita' del traferimento attraverso l'ispezione dei registri immobiliari. Invero, quando sia mancata la comunicazione del locatore tende a mancare anche la possibilita' di apprendere del trasferimento attraverso il comportamento delle parti nell'ambito dell'esecuzione del rapporto di locazione. La conservazione del diritto di riscatto viene a risultare affidata ad un onere di informazione, altrimenti estraneo allo svolgimento del rapporto di locazione (ed al riguardo v'e' da considerare quanto e' stato osservato nella sentenza 18 febbraio 1988, n. 185, della Corte costituzionale), onere che e' la stessa necessita' di continuo rinnovo, unita alla consapevolezza d'una sua probabile inutilita', a rendere in pratica inosservabile. I tratti della situazione regolata dalla disposizione che s'e' venuti esaminando la rendono - ad avviso di questa Corte - diversa da quella considerata dalla sentenza 17 marzo 1988, n. 311, della Corte costituzionale e, a fondare i dubbi sulla sua legittimita', sembrano somministrare argomento le considerazioni che la stessa Corte costituzionale e' venuta sviluppando nella successione delle sentenze 22 novembre 1962, n. 93, 30 maggio 1977, n. 95, e 27 novembre 1980, n. 151, attraverso le quali e' pervenuta a ritenere costituzionalmente illegittima la disposizione dettata dall'art. 18, primo comma, della legge fall.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 39, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al procuratore generale presso questa Corte, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso nella camera di consiglio della terza civile della suprema Corte di cassazione il 31 marzo 1989. Il presidente: (firma illeggibile) 90C0105