N. 38 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 novembre 1989

                                 N. 38
     Ordinanza emessa il 2 novembre 1989 dal pretore di Modena nel
  procedimento civile vertente tra Bortolotti Franca (recte: Fernanda)
                               e I.N.P.S.
 Previdenza e assistenza sociale - Pensione di inabilita' - Elevazione
 dei limiti di reddito ostativi  al  conseguimento  delle  prestazioni
 economiche  di  invalidita'  -  Mancata previsione dell'estensione di
 detti  piu'  favorevoli  limiti  reddituali  al  conseguimento  della
 pensione  sociale  per  gli  ultrasessantacinquenni  - Ingiustificata
 disparita' di trattamento tra  gli  invalidi  civili  a  seconda  del
 riconoscimento  dell'invalidita'  prima  o  dopo  il  compimento  del
 sessantacinquesimo  anno   di   eta',   attesa   anche   la   mancata
 considerazione  del  reddito  del  coniuge  ai fini del computo della
 pensione di invalidita' ma non per la pensione sociale Violazione del
 diritto a mezzi adeguati alle esigenze di vita del lavoratore in caso
 di invalidita' - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n.
 769/1988.
 (D.L.  23 dicembre 1976, n. 850, art. 1, come sostituito dalla legge
 di conversione 23 febbraio 1977, n. 29; d.-l. 30  dicembre  1979,  n.
 663, art. 14-septies, aggiunto dalla legge di conversione 29 febbraio
 1980, n. 33).
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.6 del 7-2-1990 )
                               IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza;
    Con ricorso depositato in cancelleria il 25 maggio 1989 la signora
 Bortolotti Franca agiva  nei  confronti  dell'I.N.P.S.,  al  fine  di
 ottenere  l'attribuzione  della  pensione  sociale di cui all'art. 26
 della legge 30 aprile 1969, n. 153, ad esito  della  decisione  della
 Corte  costituzionale  in  ordine  alla  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 1 del decreto-legge 23 dicembre 1976,  n.  850,  convertito
 con  modificazioni  nella  legge 21 febbraio 1977, n. 29, e dell'art.
 14-septies del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, introdotto con
 la  legge  di conversione 29 febbraio 1980, n. 33, per constrasto con
 gli artt. 3 e 38 della Costituzione.
    La  ricorrente  infatti esponeva che in data 2 dicembre 1987 aveva
 presentato domanda per ottenere la pensione di inabilita'  in  quanto
 invalido  civile;  che in data 8 novembre 1988 era stata riconosciuta
 invalida con  riduzione  permanente  della  capacita'  lavorativa  in
 misura  superiore  ai  2/3  (90%); che in data 19 novembre 1988 aveva
 presentato all'I.N.P.S. sede  di  Modena  domanda  per  l'ottenimento
 della  pensione  sociale  negata  in via amministrativa in quanto "il
 coniuge dell'istante ha redditi da pensione di importo  superiore  al
 limite per la concessione della pensione sociale".
    Esperito  senza  alcun  esito il ricorso in via amministrativa, la
 signora   Bortolotti   proponeva   l'odierno   giudizio,    eccependo
 pregiudizialmente la illegittimita' costituzionale delle disposizioni
 di legge che prevedono per la pensione sociale un limite  di  reddito
 inferiore  a  quello stabilito per la pensione di inabilita' a favore
 degli invalidi civili.
    L'I.N.P.S.  si  costituiva  in  giudizio  opponendosi alla domanda
 attrice  e  chiedendo  la   declaratoria   di   irrilevanza,   o   di
 inammissibilita' della sollevata questione di costituzionalita', gia'
 peraltro dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale  con  la
 sentenza 22 giugno 1988, n. 769.
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale e' rilevante e non
 appare manifestamente infondata.
    E'  rilevante in quanto solo se fosse dichiarata la illegittimita'
 costituzionale delle norme de  quo  sussisterebbe  il  diritto  della
 ricorrente   alla  pensione  sociale,  diritto  oggi  non  venuto  ad
 esistenza per difetto di uno dei  presupposti  richiesti  (limite  di
 reddito) dalla legislazione vigente.
    Infatti  la dichiarazione reddituale redatta per la corresponsione
 della pensione sociale e prodotta agli atti dalla  ricorrente,  prova
 che  la  stessa  e'  titolare  individuale di un reddito che e' al di
 sotto del limite richiesto per le prestazioni a titolo  di  invalida,
 alle quali non ha peraltro diritto perche' riconosciuta tale oltre il
 sessantacinquesimo anno di eta', ma superiore a quello previsto dalla
 legge  per la pensione sociale, per effetto del meccanismo del cumulo
 con il reddito del coniuge.
    Con  riguardo  alla  non  manifesta infondatezza, si richiamano le
 osservazioni gia' esposte dal pretore  di  Modena  nell'ordinanza  in
 data   30   aprile   1983   di   rimessione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale che si e' pronunciata sulla  stessa  con  la  sentenza
 sopra citata.
    Le norme di legge di cui e' stata denunciata la non conformita' al
 dettato costituzionale, hanno elevato il limite di reddito  stabilito
 per  la  corresponsione della pensione di inabilita' (o di un assegno
 mensile per gli invalidi civili parziali).
    E'   stata   cosi'  alterata  la  parificazione  delle  condizioni
 economiche richieste per  l'assegnazione  della  pensione  sociale  e
 della pensione di inabilita', parificazione che, prevista dalla legge
 118/1971 (artt. 12 e 13) era stata ribadita con la legge n.  114/1974
 e con la legge n. 160/1975.
    L'equivalenza  delle  prestazioni  considerate  era  stata d'altro
 canto riconosciuta dallo stesso legislatore all'art. 19  della  legge
 n.  118/1971, ai sensi del quale al compimento del sessantacinquesimo
 anno di eta' la pensione sociale si sostituiva  automaticamente  alla
 pensione (o assegno) di inabilita'.
    Attualmente  con  la  emanazione  della  legge  n.  93/1988 che ha
 convertito  in  legge  il   decreto-legge   8   febbraio   1988,   la
 diversificazione   de   quo   importa  una  ulteriore  disparita'  di
 trattamento tra coloro che essendo titolari di redditi  superiori  ai
 limiti  previsti per l'attribuzione della pensione sociale sono stati
 riconosciuti invalidi civili prima  del  sessantacinquesimo  anno  di
 eta' oppure successivamente come la ricorrente.
    Nel  primo  caso infatti essi per effetto dell'art. 19 della legge
 n. 118/1971 vengono a  percepire  la  pensione  sociale,  mentre  nel
 secondo  caso  gli  stessi  non  hanno  diritto  a  nessuna delle due
 prestazioni assistenziali, stante la disposizione da ultimo citata.
    In  particolare  poi  l'art.  14-septies della legge n. 33/1980 ha
 introdotto non solo  nuovi  limiti  reddituali,  ma  anche  un  nuovo
 meccanismo di calcolo, prevedendo che debbano essere considerati solo
 i redditi personali dell'inabile escludendo quindi il cumulo  con  il
 reddito del coniuge.
    Questa  diversificazione appare ingiustificata alla luce dell'art.
 38 e dell'art. 3 della Costituzione.
    L'art.  38, primo comma, della Costituzione sancisce il diritto al
 mantenimento ed alla assistenza sociale di ogni cittadino inabile  al
 lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, senza fare alcuna
 differenziazione   sulle   cause   determinanti   tale    inabilita',
 alterazione  delle  condizioni  di salute ovvero il raggiungimento di
 una determinata eta'. Ancora ugualmente invalidita' e vecchiaia  sono
 considerati  allo  stesso  modo agli effetti della previdenza sociale
 dal secondo comma dell'art. 38.
    La  norma  costituzionale  persegue  come finalita' la liberazione
 dallo stato di  bisogno  che,  garantita  a  tutti  i  cittadini,  e'
 condizione   indispensabile  per  la  realizzazione  dell'eguaglianza
 sostanziale  consacrata  al   secondo   comma   dell'art.   3   della
 Costituzione.
    La  diversificazione  attuata  dal legislatore tra due prestazioni
 aventi l'identica finalita' assistenziale  di  liberare  dal  bisogno
 colui  che  e' inabile al lavoro, non ha alcuna giustificazione nella
 diversa causa generativa  dell'inabilita',  non  rilevante  in  forza
 della   genericita'   del   dettato  costituzionale,  ai  fini  della
 sussistenza del diritto comunque al mantenimento di cui all'art.  38.
    Oltre  la  violazione  dell'art.  38, appare pertanto ipotizzabile
 anche una  violazione  dell'art.  3  sia  sotto  il  profilo  di  una
 ingiustificata  violazione  del principio di uguaglianza sia sotto il
 profilo dell'inosservanza del compito dello Stato  di  rimuovere  gli
 ostacoli  di  ordine  economico  e' sociale che limitando di fatto la
 liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
 della persona umana.
    La  discriminazione  realizzata a danno di coloro che sono inabili
 al lavoro a  causa  dell'eta',  sopratutto  nell'ipotesi  in  cui  il
 destinatario della prestazione e' coniugato, emerge in tutta evidenza
 dai prospetti dei limiti reddituali  ostativi  al  conseguimento  del
 diritto  alle  prestazioni  economiche di cui trattasi, gia' peraltro
 esposti per gli anni 1980-1981-1982-1983 nell'ordinanza  del  pretore
 di  Modena.  Si  riportano  solo  i  limiti  reddituali  previsti per
 l'assegno di invalidita' a favore  degli  invalidi  civili  parziali,
 quale  e' stata riconosciuta la ricorrente. Si rileva comunque che la
 citata sentenza n. 769/1988 ha esaminato la questione di legittimita'
 costituzionale  con  riferimento  alla  diversificazione degli stessi
 rispetto ai  limiti  reddituali  previsti  per  l'attribuzione  della
 pensione  sociale,  dovendo  considerarsi  a  se stante la situazione
 degli assolutamente inabili.
    Spetta la pensione sociale agli ultrasessantacinquenni che abbiano
 un reddito non superiore: dal 1› gennaio 1987 a L. 3.035.500; dal  1›
 maggio  1987 a L. 3.079.600; dal 1› novembre 1987 a L. 3.091.000; dal
 1› gennaio 1988 a L. 3.195.400; dal 1› maggio 1988  a  L.  3.253.000;
 dal  1›  novembre  1988  a  L.  3.266.650;  dal  1› gennaio 1989 a L.
 3.363.750; dal 1› maggio 1989 a L. 3.415.050; dal 1› novembre 1989  a
 L. 3.428.550.
    Spetta  l'assegno  di invalidita' agli invalidi civili che abbiano
 un reddito non superiore a: dal 1› gennaio 1987 a L.  3.411.150;  dal
 1› gennaio 1988 a L. 3.602.175; dal 1› gennaio 1989 a L. 3.789.490.
    Qualora  l'ultrasessantacinquenne  sia  coniugato  il diritto alla
 pensione sociale rimane escluso qualora venga superato uno  qualsiasi
 dei due seguenti limitativi redditi:
      dal 1› gennaio 1987: reddito personale L. 3.035.500; reddito del
 coniuge L. 9.363.450; reddito ostativo L. 12.398.950;
      dal  1› maggio 1987: reddito personale L. 3.079.600; reddito del
 coniuge L. 9.560.100; reddito ostativo L. 12.639.700;
      dal  1›  novembre  1987: reddito personale L. 3.091.000; reddito
 del coniuge L. 9.713.050; reddito ostativo L. 12.804.050;
      dal 1› gennaio 1988: reddito personale L. 3.195.400; reddito del
 coniuge L. 9.856.700; reddito ostativo L. 13.052.100;
      dal  1› maggio 1988: reddito personale L. 3.253.000; reddito del
 coniuge L. 10.112.950; reddito ostativo L. 13.365.950;
      dal  1›  novembre  1988: reddito personale L. 3.266.650; reddito
 del coniuge L. 10.295.000; reddito ostativo L. 13.561.650;
      dal 1› gennaio 1989: reddito personale L. 3.363.750; reddito del
 coniuge L. 10.656.050; reddito ostativo L. 14.019.800;
      dal  1› maggio 1989: reddito personale L. 3.415.050; reddito del
 coniuge L. 10.890.500; reddito ostativo L. 14.305.550;
      dal  1›  novembre  1989: reddito personale L. 3.428.550; reddito
 del coniuge L. 11.075.650; reddito ostativo L. 14.504.200.
    Nessun  rilievo assume il reddito del coniuge dell'invalido civile
 proprio in forza dell'art. 14-septies della legge n. 33/1980.
    E' pur vero che, come e' stato eccepito dall'I.N.P.S. la questione
 di legittimita' costituzionale prospettata e' stata  gia'  dichiarata
 inammissibile  dalla  Corte  costituzionale con la sentenza 22 giugno
 1988, n. 769.
    Tuttavia  la Corte, pur dichiarando inammissibile la questione, ha
 riaffermato  "il  collegamento   sistematico   tra   trattamenti   di
 invalidita'   e  pensione  sociale",  parlando  di  "sistema  fondato
 sull'unicita' della condizione di bisogno idonea  a  dare  titolo  ai
 trattamenti di invalidita' parziale ed alla pensione sociale".
    Dopo  aver riconosciuto in relazione all'id quod plerumque accidit
 la razionalita'  della  presupposizione  che  "l'inabilita'  connessa
 all'eta'   avanzata   sia   praticamente  indistinguibile  da  quella
 derivante ai parzialmente inabili da pregresse condizioni di  salute;
 e che pertanto quest'ultima al compimento di sessantacinque anni, sia
 da considerare assorbita nella prima, si che entrambi  diano  titolo,
 nelle  medesime  condizioni  di  bisogno, ad una identica prestazione
 assistenziale", ha ancora ribadito che "se vi e' infatti  sostanziale
 equivalenza   tra   le  condizioni  invalidanti  che  impediscono  di
 procacciarsi i mezzi di  sostentamento,  non  hanno  ragion  d'essere
 differenziazioni  nell'individuazione delle condizioni di bisogno che
 danno titolo al sostegno solidaristico  della  collettivita'  ne'  ha
 senso  che,  dopo l'eta' suddetta, si riconoscano stati di inabilita'
 superiore ai 2/3, che essa gia' di per se' presuntivamente comporta".
    Sulla  base  di  tali premesse, la Corte costituzionale, dopo aver
 affermato che "in via di principio non  e'  certamente  lecito,  alla
 stregua del combinato disposto degli artt. 3 e 38, primo comma, della
 Costituzione dar luogo  a  disparita'  di  trattamento  tra  soggetti
 aventi   diritto   a   prestazioni   assistenziali   a  carico  della
 collettivita' perche' versanti in analoghe condizioni di bisogno e di
 incapacita'  -  per ragioni di salute e/o di eta' - di procacciarsi i
 necessari  mezzi  di  sostentamento"  ha  tuttavia  ritenuto  che  la
 frattura  prodotta  nel  sistema dall'impugnato art. 14-septies della
 legge n. 33/1980, anche alla luce del decreto-legge 8 febbraio  1988,
 n.   25,   non   avesse   carattere  definitivo,  dovendosi  ritenere
 derogatorio e temporaneo  il  trattamento  vigente  per  gli  inabili
 parziali rispetto a quello stabilito per le pensioni sociali.
    La Corte auspicava quindi interventi legislativi idonei a dare una
 soluzione organica ai  complessi  problemi  in  materia  al  fine  di
 eliminare  una  situazione  di  incoerenza, la permanenza della quale
 avrebbe  condotto  la  stessa  Corte  a  riconsiderare  la  questione
 sollevata.
    Nessun provvedimento legislativo, neppure di carattere urgente, e'
 invece intervenuto nella materia de quo a ben diciassette mesi  dalla
 pronuncia  della  Corte,  almeno  per  attenuare se non per eliminare
 completamente la situazione di  incoerenza  nel  sistema  evidenziata
 dalla citata sentenza.
    Se  si considera inoltre che quando interverra' la nuova pronuncia
 della Corte costituzionale sara' trascorso un  ulteriore  periodo  di
 tempo,  che la questione di legittimita' costituzionale decisa con la
 sentenza n. 769/1988 e' stata promossa con  ordinanza  emessa  il  30
 aprile  1983,  che  una  situazione definita derogatoria e temporanea
 dalla Corte permane ormai da quasi dieci anni,  e'  evidente  la  non
 manifesta infondatezza della questione prospettata.
    Deve  essere  disposta  la  sospensione  del  processo  fino  alla
 definizione della questione incidentale di costituzionalita'.
                                P. Q. M.
    Visto   l'art.  134  della  Costituzione,  l'art.  1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e  l'art.  23  della  legge  11
 marzo 1953, n. 870;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata con riferimento
 all'art. 3, primo e secondo comma, ed all'art. 38, primo comma, della
 Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1
 del d.-l. 23 dicembre 1976, n. 850, come sostituito con la  legge  di
 conversione  23 febbraio 1977, n. 29, e dell'art. 14-septies aggiunto
 al d.-l. 30 dicembre 1979, n. 663,  dalla  legge  di  conversione  29
 febbraio  1980,  n. 33, nella parte in cui e perche' non hanno esteso
 alla pensione sociale istituita con l'art. 26 della legge  30  aprile
 1969,  n.  153, modificato dall'art. 3 del d.-l. 2 marzo 1974, n. 30,
 come convertito nella legge 16 aprile 1974, n. 114, quindi al reddito
 previsto  dall'art. 3 del predetto d.-l. n. 30/1974, la previsione di
 piu' elevati  limiti  di  reddito  disposta  invece  a  modificazione
 soltanto  di  quelli  originariamente stabiliti dagli artt. 6, 8 e 10
 dello stesso d.-l. n. 30/1974;
    Ordina la rimessione degli atti alla Corte costituzionale;
    Sospende   il   processo   fino   alla  definizione  del  giudizio
 incidentale di costituzionalita'  cosi'  promosso  ad  istanza  della
 parte attrice;
    Manda   alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
 ordinanza ai procuratori delle parti ed al Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri  e  per la sua comunicazione al Presidente della Camera
 dei deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica.
                            Il pretore: ARU

 90C0110