N. 100 SENTENZA 21 febbraio - 2 marzo 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Regioni - Regione Toscana - Personale dipendente - Assunzione -
 Subordinazione alla attivazione delle procedure di mobilita' -
 Individuazione dei limiti per gli anni 1989 e 1990 in modo difforme
 dalla legge statale - Richiamo alle sentenze nn.  219/1984 e 407/1989
 - Adeguamento sostanziale della regione alla  legge dello Stato - Non
 fondatezza.
 
 (Legge regione Toscana riapprovata il 26 settembre 1989, art.  2).
 
 (Cost. artt. 5, 81, 117 e 119).
(GU n.10 del 7-3-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Toscana riapprovata il 26 settembre  1989  dal  Consiglio  regionale,
 avente per oggetto: "Disposizioni per il controllo ed il contenimento
 della spesa", promosso con ricorso del Presidente del  Consiglio  dei
 ministri, notificato il 16 ottobre 1989, depositato in cancelleria il
 26 ottobre 1989 ed iscritto al n. 83 del registro ricorsi 1989;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  17  gennaio  1990  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Uditi  l'Avvocato  dello Stato Franco Favara, per il ricorrente, e
 l'avv. Alberto Predieri per la Regione;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Con ricorso notificato il 16 ottobre 1989, il Presidente del
 Consiglio  dei  ministri  ha  sollevato  questione  di   legittimita'
 costituzionale   dell'art.   2  della  legge  della  Regione  Toscana
 riapprovata il 26 settembre  1989  e  recante  "Disposizioni  per  il
 controllo ed il contenimento della spesa", per violazione degli artt.
 5, 81, 117 e 119 della Costituzione, "integrati dalle sentenze n. 219
 del  1984 e n. 407 del 1989 della Corte costituzionale e dai principi
 stabiliti dalla legge statale 29 dicembre 1988, n. 554 e dall'art. 19
 della  legge statale 29 marzo 1983, n. 93, nonche' dagli indirizzi di
 cui all'art. 12 del d.P.R. 23 agosto 1988, n. 395".
    Rileva  l'Avvocatura  Generale dello Stato che la legge n. 554 del
 1988, al fine del contenimento della spesa pubblica, ha posto  severi
 limiti  alle assunzioni di personale, tra cui, in particolare, quelli
 stabiliti dagli artt. 1, commi quarto  e  nono,  e  5,  comma  terzo,
 secondo  i  quali  rispettivamente:  "tutte  le  predette  assunzioni
 possono effettuarsi a condizione che sia stata data  attuazione  alla
 disciplina  della  mobilita'  prevista dal d.P.C.M. 5 agosto 1988, n.
 325"; "le amministrazioni possono  assumere  personale  per  esigenze
 stagionali,  temporanee  e straordinarie nei limiti della spesa media
 annuale sostenuta  nell'ultimo  triennio  allo  stesso  titolo";  "le
 regioni  provvedono  ad  attivare  i  processi  di  mobilita'  tra il
 personale delle regioni, degli enti pubblici non economici dipendenti
 dalle Regioni e delle unita' sanitarie locali in ambito regionale".
    Cio'  premesso,  l'Avvocatura  deduce  che l'art. 2 della delibera
 legislativa in esame, nel testo approvato  il  12  aprile  1989,  non
 considerava  affatto  la  disciplina  della  mobilita'. In seguito al
 rinvio governativo all'art. 2 e' stato aggiunto un quinto  comma,  il
 quale  pero'  considera  detta  disciplina  solo  parzialmente: si fa
 infatti   riferimento   soltanto   all'obbligo    (strumentale)    di
 "attivazione"  della  mobilita',  e  non  anche  alla "condizione" di
 "attuazione" della mobilita' stessa.
    Inoltre,  i  commi  secondo  e  quarto dello stesso art. 2 pongono
 limiti  individuati,  rispettivamente,  nell'80   per   cento   delle
 "assunzioni  allo  stesso  titolo  effettuate  nell'anno 1988", ed in
 misura pari al "limite gia' stabilito per l'anno  1988';  laddove  il
 limite  della  spesa  media  nell'ultimo  triennio (di cui alle sopra
 richiamate norme statali) e' di tutt'altra conformazione,  in  quanto
 diluisce  le  eventuali  peculiari  vicende  del solo 1988 e di fatto
 comporta,  tenuto  conto  dell'aumento  del  costo  del  lavoro,  una
 riduzione del personale.
    Aggiunge  il  ricorrente  che  la  caducazione  del  secondo comma
 dell'art. 2 trascina con se' anche quella del primo periodo del terzo
 comma  dello stesso articolo (periodo che sarebbe del resto esso pure
 non coerente con la legge n. 554/88); ed analogo discorso vale per il
 primo  comma,  per  quanto esso e' subordinato alla "attuazione" (non
 solo "attivazione") della mobilita'.
    L'Avvocatura  conclude  rilevando  che l'"interesse nazionale" non
 soltanto ha connotato la citata legge  n.  554/88,  ma  -  una  volta
 ravvisato  dal  Parlamento  -  si  e'  anche  tradotto  in un vincolo
 costituzionalmente rilevante per il legislatore regionale.
    2.  -  Si  e'  costituita in giudizio la Regione Toscana, la quale
 chiede che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque non
 fondate.
    Sussisterebbero  innanzitutto,  ad  avviso  della  resistente, due
 motivi di inammissibilita': da un  lato,  mancherebbe  la  necessaria
 corrispondenza  tra motivi del rinvio e motivi del ricorso, in quanto
 l'atto di rinvio si limita a denunciare un  contrasto  tra  la  norma
 regionale  e quella statale senza attribuire a quest'ultima carattere
 di principio fondamentale e senza richiamare norme costituzionali che
 sarebbero  state  violate, alle quali si fa riferimento (unitamente a
 quelle di cui alla legge n. 93/83 e al d.P.R. n. 395/88) soltanto nel
 successivo  ricorso;  dall'altro,  se, come sostiene l'Avvocatura, e'
 l'interesse nazionale - in quanto posto a base della legge n.  554/88
 -  a  fondare  le  censure  del  Governo, la questione non sarebbe di
 legittimita'  costituzionale,  ma  di  contrasto  di  interessi,  con
 conseguente obbligo di promuovere la questione di merito dinanzi alle
 Camere ai sensi dell'art. 127, ultimo comma, della Costituzione.
    Nel merito, prosegue la Regione, le questioni non sono fondate.
    Innanzitutto,  non  e'  chiaro  come  e  perche'  l'eventuale  - e
 peraltro inesistente - discostarsi della Regione da quanto  stabilito
 nella  legge n. 554 possa comportare una violazione degli artt. 5, 81
 e 119 della Costituzione,  ne'  alcuna  indicazione  al  riguardo  e'
 fornita  nell'atto  di  rinvio o nel ricorso. Quanto alle altre norme
 richiamate nel ricorso, l'art. 12 del d.P.R. n. 395/88  contiene  una
 disposizione il cui contenuto non e' invocabile nella fattispecie, in
 quanto implica l'autonomo esercizio di poteri da parte delle regioni;
 la  legge n. 554 del 1988 e l'art. 19 della legge n. 93/83 contengono
 invece  disposizioni  che  si  impongono  all'attivita'   legislativa
 regionale  in  quanto  attengono  al  principio  della  mobilita' del
 personale del pubblico impiego, cui la Corte ha  riconosciuto  natura
 di  principio fondamentale ai sensi dell'art. 117 della Costituzione.
 Conseguentemente, una censura di illegittimita'  costituzionale  puo'
 essere  conferente  solo se lamenta la violazione di detto principio:
 ma la modificazione apportata dal Consiglio regionale a  seguito  del
 rinvio  governativo  esclude  che  possa  continuare  a  parlarsi  di
 violazione degli artt. 5, 81 e 119 della Costituzione e dell'art.  12
 del d.P.R. 395/88.
    Ma   neppure   sussiste   la   violazione   dell'art.   117  della
 Costituzione. Essa non sussiste per l'anno 1990 (in quanto i principi
 di cui alla legge n. 554 valgono per il solo 1989), ma neppure per il
 1989, dal momento  che  con  il  quinto  comma  aggiunto  all'art.  2
 (secondo cui "la Regione effettua le assunzioni di cui al primo comma
 previa attivazione delle procedure  di  mobilita'  di  cui  ai  commi
 secondo e terzo dell'art. 5 della legge 29 dicembre 1988, n. 554") la
 Regione si  e'  sostanzialmente  adeguata  ai  rilievi  del  Governo,
 stabilendo  appunto che non si sarebbe proceduto ad alcuna assunzione
 se non dopo le suddette operazioni di mobilita'. Quanto al  distinguo
 introdotto  dall'Avvocatura  tra  "attivazione" ed "attuazione" della
 mobilita', la  Regione  ne  sostiene  l'infondatezza,  in  quanto  il
 temporaneo  blocco  delle  assunzioni  e' per l'appunto l'effetto che
 conseguirebbe all'entrata in vigore della legge regionale e, inoltre,
 il  termine  "attivazione"  dei processi di mobilita' e' quello usato
 proprio dall'art. 5 della legge n. 554.
    Identiche  considerazioni  valgono, prosegue la Regione, in ordine
 alla censura relativa al primo comma dell'art. 2.
    Quanto,  poi,  ai  commi  secondo  e quarto dello stesso articolo,
 anch'essi oggetto di censura, la resistente afferma che, a  parte  il
 fatto  che  tali  disposizioni impongono una contrazione di un quinto
 delle assunzioni straordinarie  rispetto  all'anno  precedente  e  la
 impongono anche per il 1990 (e quindi anche oltre le previsione della
 legge n. 554), il nono comma dell'art. 1 della citata legge nazionale
 non  e'  applicabile  alle  regioni nella sua interezza, in quanto si
 riferisce alle amministrazioni, che sono diverse dalle regioni,  come
 risulta  dal  primo comma dello stesso art. 1 ed e' stato ritenuto da
 questa Corte nella sentenza n. 410 del 1989;  al  massimo,  l'art.  1
 nono  comma puo' valere come disposizione di principio in ordine alle
 esigenze  stagionali,  senza  che  tutte  le  previsioni  puntuali  e
 concrete costituiscano vincolo assoluto per le regioni.
    Infine,  in  ordine alla censura relativa al terzo comma dell'art.
 2, la Regione ne deduce l'inammissibilita', in quanto  non  contenuta
 nell'atto di rinvio, e comunque l'infondatezza, poiche' la diversita'
 di  contenuto  e  di  oggetto  (nonche'  di   ambito   temporale   di
 riferimento)  della  norma  impugnata  rispetto  al  comma secondo ne
 esclude l'automatica  caducazione  a  seguito  della  caducazione  di
 quest'ultimo, come dedotto dall'Avvocatura.
    3.  - Nell'imminenza dell'udienza ha depositato memoria la Regione
 Toscana, sviluppando le argomentazioni gia' svolte e insistendo nelle
 conclusioni formulate nell'atto di costituzione.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Con  il  ricorso  in  esame il Presidente del Consiglio dei
 ministri solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2
 della  legge  della  Regione Toscana riapprovata il 26 settembre 1989
 (intitolata "Disposizioni per il controllo ed il  contenimento  della
 spesa"),   in   riferimento  agli  artt.  5,  81,  117  e  119  della
 Costituzione.
    Le  censure avverso la norma impugnata - la quale, in particolare,
 detta disposizioni in materia  di  assunzioni  di  personale  -  sono
 sostanzialmente  due:  la  prima concerne il quinto comma (aggiunto a
 seguito  del  rinvio  governativo  del  12  maggio  1989)  in  quanto
 subordina  le  assunzioni  di  personale  indicate  nel  primo  comma
 all'obbligo della sola "attivazione" delle procedure di mobilita'  di
 cui all'art. 5 della legge statale 29 dicembre 1988, n. 554, anziche'
 alla  "attuazione"  della  mobilita'  stessa,  secondo  il  principio
 contenuto  nell'art.  1  della  medesima  legge  n.  554;  la seconda
 concerne i commi secondo e quarto nella parte in cui  individuano  il
 limite per le assunzioni di personale straordinario per gli anni 1989
 e 1990 in modo difforme  da  quanto  disposto  dalla  predetta  legge
 statale  (art.  1,  comma nono): in particolare, laddove quest'ultima
 indica il limite della "spesa  media  annuale  sostenuta  nell'ultimo
 triennio allo stesso titolo", le impugnate disposizioni stabiliscono,
 per la Regione, gli organismi di ricerca e gli enti dipendenti  dalla
 Regione,  l'obbligo  di  ridurre le assunzioni di detto personale "in
 misura non inferiore al 20 per cento rispetto  alle  assunzioni  allo
 stesso  titolo  effettuate nell'anno 1988", e, per gli enti turistici
 regionali,  la  possibilita'  di  assumere  personale  per   esigenze
 stagionali, temporanee o straordinarie "nel limite gia' stabilito per
 l'anno 1988".
    I  restanti  commi  primo e terzo dell'art. 2, infine, dovrebbero,
 secondo il  ricorrente,  seguire  la  sorte  di  quelli  direttamente
 oggetto di censura, in quanto ad essi strettamente collegati.
    2. - La Regione Toscana solleva due eccezioni di inammissibilita'.
 In primo luogo mancherebbe la necessaria corrispondenza tra i  motivi
 del  ricorso  e  quelli precedentemente indicati nell'atto di rinvio,
 nel quale il Governo si limitava a denunciare un contrasto tra  legge
 regionale  e  normativa  statale,  senza  attribuire  a  quest'ultima
 carattere di principio  fondamentale  e  senza  menzionare  le  norme
 costituzionali che sarebbero state violate. In secondo luogo, poiche'
 la stessa Avvocatura dello Stato  invoca  a  fondamento  del  ricorso
 l'interesse  nazionale  che  connota  la  legge  n.  554 del 1988, la
 questione  sollevata  sarebbe  in  realta'  di  merito   e   non   di
 legittimita'  costituzionale,  con  conseguente  promovibilita' della
 stessa dinanzi alle Camere ai  sensi  dell'art.  127,  ultimo  comma,
 della Costituzione.
    Le eccezioni vanno entrambe rigettate.
    Quanto alla prima, va ricordato il costante orientamento di questa
 Corte secondo cui per il rispetto del principio della  corrispondenza
 tra  motivi di rinvio e motivi di impugnazione e' sufficiente che con
 l'atto di rinvio la regione sia posta in condizione di comprendere la
 sostanza  delle censure prospettate, al fine di poter consapevolmente
 assumere le proprie decisioni di fronte ai rilievi  del  Governo  (da
 ultimo,  sentt.  nn. 38, 102 e 561 del 1989); nella specie, non vi e'
 dubbio - e di cio' del resto la Regione stessa si e' resa  ben  conto
 modificando   l'originaria   stesura  della  norma  censurata  -  che
 dall'atto  di  rinvio  si  evincesse  chiaramente  (pur   nella   sua
 imperfetta  formulazione)  che alle invocate disposizioni della legge
 n. 554 del 1988 andasse attribuita, ad avviso del Governo, la  natura
 di norme di principio, con conseguente implicita violazione dell'art.
 117 della Costituzione  (ed  a  questo  profilo,  come  si  dira'  in
 seguito,  va  circoscritto  lo  stesso  ricorso,  a  prescindere  dal
 richiamo, non motivato, degli altri parametri suindicati).
    In ordine alla seconda eccezione di inammissibilita', va osservato
 che, a parte l'accenno contenuto nel ricorso all'interesse  nazionale
 posto  a base della legge n. 554 del 1988, il ricorso stesso si fonda
 sulla pretesa violazione di regole sancite  in  norme  costituzionali
 espressamente  richiamate:  cio'  e'  sufficiente ad escludere che la
 questione in esame possa annoverarsi tra quelle di merito anziche' di
 legittimita',  in  quanto  le  prime  sono  le  questioni  per la cui
 risoluzione  e'  invocato  un  parametro  non  codificato  in  alcuna
 disposizione costituzionale (cfr. sent. n. 991 del 1988).
    3.1. - Le questioni non sono fondate.
    Va  premesso  che  entrambe  le censure vanno esaminate, come gia'
 accennato,  sotto  l'esclusivo  profilo  della  presunta   violazione
 dell'art.  117  della  Costituzione  per asserita lesione di norme di
 principio contenute nella legge n. 554 del 1988, poiche' in  cio'  va
 individuata,  al di la' di altre disposizioni di rango costituzionale
 o ordinario invocate, la sostanza del ricorso statale.
    Passando  all'esame  della  prima  questione (secondo l'ordine del
 ricorso), la Corte ha gia' ritenuto, nelle sentenze nn. 219 del  1984
 e  407  del  1989,  che il criterio della mobilita' del personale del
 pubblico  impiego  (art.  19  della  legge  29  marzo  1983,  n.  93)
 costituisce un principio fondamentale della materia e che la legge 29
 dicembre 1988,  n.  554  ha  il  fine  essenziale  di  dare  concreta
 attuazione  al  principio  stesso ed e' pienamente legittima la' dove
 (art. 5) impone anche alle regioni l'obbligo di effettuare i processi
 di mobilita' nel loro ambito.
    Va  anche  riconosciuto,  a  questo  punto,  che il criterio della
 antecedenza delle operazioni di mobilita' rispetto alle assunzioni di
 personale - gia' ritenuto da questa Corte perfettamente ragionevole e
 coerente nella citata sentenza n. 407 del 1989 -,  pur  espressamente
 enunciato  nella  legge n. 554 (art. 1, quarto comma) con riferimento
 ad enti diversi dalle regioni e  dagli  enti  da  queste  dipendenti,
 costituisce  un  evidente  e  logico  corollario  del principio della
 mobilita', che deve quindi essere rispettato anche dalle regioni.
    Cio'  posto,  e' tuttavia da ritenersi che la Regione Toscana, con
 l'aggiungere il quinto comma dell'art. 2 in sede di riesame a seguito
 del   rinvio   governativo,   si   sia   sostanzialmente  adeguata  a
 quest'ultimo, disponendo che le assunzioni dovessero avvenire "previa
 attivazione  delle  procedure di mobilita'". Il termine "attivazione"
 esprime effettivamente un concetto  diverso  da  quello  del  termine
 "attuazione",  richiamando il primo propriamente l'atto dell'avviare,
 dell'iniziare e il secondo quello del realizzare; ma l'uso,  sia  pur
 improprio,  dell'anzidetto  termine  nella  norma  in discussione non
 esclude che si sia con cio' voluto ugualmente esprimere il  principio
 invocato  dal  Governo. In tal senso depone - a parte il fatto che la
 stessa Regione  cosi'  interpreta  "autenticamente"  la  disposizione
 censurata nella memoria aggiuntiva - sia il rilievo che la resistente
 potrebbe essersi limitata a riprodurre la dizione contenuta nel terzo
 comma  dell'art.  5  della  citata legge n. 554 del 1988 (che appunto
 impone alle regioni l'obbligo di "attivare" i processi di mobilita'),
 sia,  soprattutto,  la considerazione secondo cui, dal punto di vista
 della logica e della economicita' dell'azione amministrativa,  appare
 difficilmente   immaginabile   che  la  Regione  intenda  avviare  la
 mobilita' e contemporaneamente procedere ad assunzioni di  personale.
    Resta salvo, com'e' ovvio, il potere dello Stato di assicurare, in
 sede di controllo sugli atti amministrativi regionali, il rispetto da
 parte  della  Regione dell'anzidetto principio nella fase di concreta
 attuazione della legge qui in discussione.
    3.2.  -  Quanto alla seconda questione, e' assorbente rilevare che
 l'invocato comma nono  dell'art.  1  della  legge  n.  554  del  1988
 concerne  le regioni esclusivamente nella parte in cui fa riferimento
 - nel testo vigente a seguito della  sostituzione  operata  dall'art.
 10-  bis  della  legge  24  aprile  1989  n. 144, di conversione, con
 modificazioni, del decreto legge 2 marzo 1989, n. 66  -  alle  unita'
 sanitarie  locali,  non  potendo le regioni rientrare nella categoria
 degli "enti  locali",  come  gia'  ritenuto  da  questa  Corte  nella
 sentenza  n.  407 del 1989 proprio in relazione al quarto comma dello
 stesso art. 1.
    Si  deve,  pertanto,  concludere  che,  poiche'  i commi secondo e
 quarto dell'impugnato art. 2 non concernono assunzioni  di  personale
 presso  le  unita'  sanitarie locali, il limite di spesa indicato nel
 comma nono dell'art. 1 della legge n. 554 esula del tutto dal caso in
 esame.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondate  le questioni di legittimita' costituzionale
 dell'art. 2 della legge  della  Regione  Toscana  riapprovata  il  26
 settembre  1989  (Disposizioni  per  il  controllo ed il contenimento
 della spesa), sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri  in
 riferimento  agli  artt.  5,  81, 117 e 119 della Costituzione con il
 ricorso di cui in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: FERRI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 2 marzo 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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