N. 7 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 22 dicembre 1989
N. 7 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 7 marzo 1990 (della provincia autonoma di Trento) Sanita' pubblica - Provincia di Trento - Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 1989 contenente "Atto di indirizzo e coordinamento dell'attivita' amministrativa delle regioni e province autonome concernente la realizzazione di strutture sanitarie residenziali per anziani non autosufficienti, non assistibili a domicilio o nei servizi previdenziali" Asserita violazione delle competenze provinciali in materia di igiene e sanita', ivi comprese l'assistenza sanitaria e ospedaliera, di assistenza e beneficienza pubblica e di lavori pubblici - Violazione del principio di legalita', per la mancanza nella legge n. 67/1988 di criteri in base ai quali il potere di indirizzo deve essere esercitato - Eccessiva analiticita' dell'atto di indirizzo e coordinamento impugnato. (D.P.R. 31 agosto 1976 (recte 1972), n. 670, artt. 4, 8, nn. 17 e 25, 9, n. 10, e 16). (Statuto regione Trentino-Alto Adige).(GU n.13 del 28-3-1990 )
Ricorso della provincia autonoma di Trento, in persona del presidente della giunta pro-tempore signor Mario Malossini, giusta deliberazione della giunta provinciale n. 1128 del 9 febbraio 1990, rappresentata e difesa - in virtu' di procura speciale del 13 febbraio 1990, per atto del notaio dott. Pierluigi Mott in Trento (rep. n. 54824) - dall'avv. prof. Sergio Panunzio e presso di esso elettivamente domiciliata in Roma, piazza Borghese n. 3, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, per il regolamento di competenza in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 1989 recante "Atto di indirizzo e coordinamento dell'attivita' amministrativa delle regioni e province autonome concernente la realizzazione di strutture sanitarie residenziali per anziani non autosufficienti non assistibili a domicilio o nei servizi semiresidenziali". F A T T O 1. - Com'e' noto, gli artt. 8, n. 17) e n. 25), e 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) attribuiscono alla provincia autonoma ricorrente una competenza legislativa ed amministrativa primaria in materia di lavori pubblici di interesse provinciale e di assistenza pubblica; inoltre gli artt. 9, n. 10), e 16 dello statuto attribuiscono ad essa una competenza concorrente in materia di igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria ed ospedaliera. A tale disciplina si collegano poi le relative norme d'attuazione, adottate con il d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (in materia di lavori pubblici), il d.P.R. 28 marzo 1975, n. 469, e successive modificazioni (in materia di assistenza e beneficienza pubblica), ed il d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, e successive modificazioni (in materia di igiene e sanita'). In base, dunque, a tali attribuzioni la provincia ricorrente, gia' da tempo, ha adottato una ampia disciplina delle suddette materie, in particolare anche per cio' che concerne l'assistenza agli anziani ed ai soggetti non autosufficienti. A questo proposito si deve soprattutto ricordare, oltre alla legge provinciale 12 agosto 1972, n. 9 ("Provvidenze a favore delle case di riposo"), la legge provinciale 19 agosto 1973, n. 28, recante "Provvedimenti in favore dell'assistenza agli anziani e delle amministrazioni ospedaliere, nonche' per l'esecuzione di programmi annuali di opere pubbliche", che in particolare disciplina gli interventi per la realizzazione di case di riposto per l'assistenza agli anziani. A tale legge hanno poi fatto seguito le leggi provinciali 25 settembre 1978, n. 40 ("Provvedimenti per la ristrutturazione dei sevizi socio-sanitari a livello comprensoriale", spec. artt. 14 e 16); 30 novembre 1974, n. 40 ("Ulteriori provvedimenti in favore dell'assistenza agli anziani"); 28 luglio 1975, n. 26 ("Ulteriori provvedimenti in favore dell'assistenza aperta"); e 29 agosto 1977, n. 18 ("Ulteriore finanziamento della legge provinciale 19 agosto 1973, n. 28, e successive modificazioni, concernente interventi a favore dell'assistenza agli anziani"). 2. - Tutto cio' premesso, e' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3 gennaio 1990 il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 1989, contenente "Atto di indirizzo e coordinamento dell'attivita' amministrativa delle regioni e province autonome concernente la realizzazione di strutture sanitarie residenziali per anziani non autosufficienti non assistibili a domicilio o nei servizi semiresidenziali". Tale decreto, che risulta essere stato adottato - in conformita' alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 1989 - ai sensi dell'art. 20, secondo comma, della legge 11 marzo 1988, n. 67, contiene una minuziosa disciplina concernente sia il dimensionamento, che le tipologie costruttive e vari aspetti organizzativi delle strutture residenziali per anziani non assistibili a domicilio e per soggetti non autosufficienti, da realizzare nell'ambito del finanziamento disposto con il primo comma dell'art. 20 della legge n. 67/1988. In particolare l'art. 1 del decreto stabilisce che "1. Le residenze sanitarie assistenziali per anziani non assistibili a domicilio e che richiedono trattamenti continui, da realizzare o adeguare nel piano pluriennale di investimenti previsto dall'art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67 devono corrispondere alle tipologie e ai requisiti dimensionali indicati nell'allegato A, che fa parte integrante del presente decreto". A sua volta l'allegato A, regola in modo esaustivo ogni aspetto relativo alla tipologia, progettazione, organizzazione funzionale, e, infine, dimensionamento, delle residenze in questione. Il successivo art. 2 prescrive inoltre che tutti i requisiti di cui alla tabella A, debbono essere posseduti non solo dalle strutture da realizzarsi in attuazione del piano pluriennale di cui all'art. 20, primo comma, della legge n. 671/1988, ma anche dalle istituzioni che si convenzioneranno o, addirittura, che siano gia' convenzionate con il servizio sanitario regionale o provinciale (per queste ultime e' previsto un termine di tre anni per effettuare l'adeguamento). Infine, l'art. 3 del decreto in questione stabilisce che i requisiti della tabella A, in quanto applicabili, si estendono anche alle strutture per soggetti non autosufficienti. Il suddetto decreto, nella misura in cui sia applicabile anche alla provincia ricorrente, risulta lesivo delle sue attribuzioni costituzionali. Onde essa si vede costretta ad impugnarlo per i seguenti motivi; D I R I T T O 1. - Violazione delle competenze provinciali di cui agli artt. 4, 8, n. 17) e n. 25), 9, n. 10), e 16) del d.P.R. 31 agosto 1976, n. 670, e relative norme d'attuazione, anche in relazione al principio di legalita' ed agli altri principi che presiedono all'esercizio del potere governativo di indirizzo e coordinamento. 1.1. - L'atto di indirizzo in questione e' stato adottato in base all'art. 20, secondo comma, lett. f), della legge n. 67/1988. Tale disposizione prevede infatti la emanazione di un apposito atto di indirizzo e coordinamento per la fissazione di standards dimensionali relativi alle strutture residenziali per anziani che non possono essere assistiti a domicilio - e nelle strutture di cui alla precedente lett. e) - e che richiedono trattamenti continui; i quali standards debbono essere emanati a norma dell'art. 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. A sua volta l'art. 5 della legge n. 833/1978 prevede la adozione, da parte del Consiglio dei Ministri (su proposta del Presidente del Consiglio, d'intesa con il Ministro della sanita', sentito il Consiglio sanitario nazionale) di atti di indirizzo e coordinamento delle attivita' amministrative delle regioni in materia sanitaria. La provincia ricorrente non nega la necessita' di una determinazione di standards tipologici e dimensionali per le strutture residenziali per gli anziani, siano essi autosufficienti o non autosufficienti; ma e' evidente come la determinazione di tali standards debba necessariamente essere riferiti alle situazioni locali, ambientali e sociali del territorio provinciale, tenendo presenti anche le abitudini di vita peculiari della popolazione ivi residente. Il che significa che la determinazione di tali standards non puo' che essere, in genere, di competenza della stessa provincia; che i poteri, anche di indirizzo, riconosciuti al Governo in questa materia non possono andare al di la' di quanto strettamente necessario per la salvaguardia di esigenze unitarie veramente essenziali, onde non comprimere indebitamente l'autonomia provinciale; e che le stesse disposizioni legislative che attribuiscono al Governo poteri di indirizzo in materia sono comunque di stretta interpretazione. Cio' premesso, prima di passare ad articolare i motivi di ricorso, conviene ancora ricordare (a noi stesi e dalla stessa Presidenza del Consiglio) come codesta ecc.ma Corte, pur ammettendo che il potere di indirizzo e coordinamento del Governo possa essere esercitato anche nei confronti della provincia ricorrente, abbia tuttavia sottolineato, in primo luogo, i "piu' ristretti confini" entro cui tale potere deve essere esercitto allorquando - nel caso in questione - esso abbia di fronte a se' non gia' delle competenze di tipo concorrente, ma delle competenze di tipo esclusivo (sentenze nn. 340/1983, 350/1985, 177/1986 e 242/1989). E soprattutto come essa abbia affermato (sentenza n. 242/1989) che il carattere del tutto peculiare che e' proprio della autonomia riconosciuta alle province autonome di Trento e Bolzano ha l'effetto di produrre una differenziazione (anche rispetto alle altre autonomie speciali) relativa all'ampiezza ed al contenuto dei limiti statali cui sono sottoposte le competenze attribuite dallo statuto alla provincia ricorrente. Tale peculiarita' si fonda - come e' ben noto - sul principio costituzionale della tutela delle minoranze linguistiche, che costituisce il punto di riferimento primario intorno a cui ruota il complesso delle disposizioni dello statuto T.-A.A., e che concorre a qualificare l'interesse nazionale in tutte le sue esplicazioni verso la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome (v. infatti art. 4 dello st.), anche in relazione all'esercizio del potere di indirizzo e coordinamento. Cosicche' tale potere, quando venga in concreto esercitato nei confronti della provincia ricorrente non puo' - come rilevato ancora da codesta ecc.ma Corte - "non subire attenuazioni e non assumere contenuti tali che ne risulti soddisfatto il principio statutario per il quale la tutela delle minoranze linguistiche locali costituisce, ad un tempo, un aspetto fondamentale dell'interesse nazionale e il valore primario di riferimento dell'autonomia differenziata riconosciuta alla regione Trentino-Alto Adige e alle province di Trento e di Bolzano". Orbene, quali che possano essere le ulteriori conseguenze applicative, in termini di maggiore garanzia della autonomia della provincia ricorrente, dei suddetti principi giurisprudenziali, una cosa comunque risulta con certezza: che tanto piu' penetrante e rigoroso deve essere lo scrutinio di codesta ecc.ma Corte nei confronti della attivita' di indirizzo e coordinamento governativa allorquando essa - come accade nel caso in questione - venga esercitata nei confronti delle province di Trento e Bolzano. Ed in particolare ne risulta che, in presenza dell'interesse nazionale della tutela delle minoranze linguistiche, che e' la ragion d'essere peculiare della stessa autonomia provinciale, la compressione di quest'ultima ad opera di atti di indirizzo del Governo potra' essere giustificata solo dalla effettiva esistenza di ulteriori interessi nazionali realmente insuscettibili di frazionamento e localizzazione territoriale, e la cui valutazione e tutela, quindi, non possa davvero in alcun modo essere affidata alle stesse province autonome di Trento e Bolzano. 1.2. - In base al principio di legalita', l'oggetto del potere di indirizzo e coordinamento deve essere previamente determinato dalla legge, e gli atti che costituiscono esercizio di quel potere debbono rispettare i limiti che in tal modo ne derivano. Quale e', dunque, l'oggetto del potere di indirizzo di cui e' espressione il decreto impugnato? L'art. 20, secondo comma, lett. f), della legge n. 67/1988 costituisce il fondamento legale di tale potere, come e' detto espressamente nel decreto. Tale norma legislativa definisce l'oggetto del potere di indirizzo in questione in modo preciso. Si tratta di un potere che dovra' essere esercitato a norma dell'art. 5 della legge n. 833/1978 (che peraltro pone una disciplina procedurale dell'esercizio del potere di indirizzo) e che ha come suo unico oggetto la determinazione di standards relativi alle strutture residenziali per anziani i quali: a) hanno carattere esclusivamente dimensionale; b) riguardano esclusivamente le nuove strutture che dovranno essere realizzate in attuazione del programma pluriennale di cui al primo comma dell'art. 20 della legge n. 67/1988; c) riguardano la realizzazione di strutture residenziali destinate ad "anziani che non possono essere assistiti a domicilio". In particolare per quanto riguarda il primo punto (sub a) il carattere esclusivamente dimensionale degli standards in questione, gia' stabilito chiaramente nel secondo periodo della lett. f) dell'art. 20, secondo comma ("... strutture, di dimensioni adeguate all'ambiente secondo standards..."), viene ulteriormente ribadito nel terzo ed ultimo periodo della stessa lett. f) ("Dette strutture, sulla base di standards dimensionali...") Premesso quanto sopra, vediamo allora qual'e' l'oggetto dell'atto di indirizzo in questione. In primo luogo esso fuoriesce dai confini stabiliti dalla legge per il fatto che non contiene solo standards dimensionali, ma - come dice espressamente per es. l'art. 1 del decreto - esso e' diretto a fissare in modo vincolante per le regioni e le province autonome, mediante la minuziosa disciplina contenuta nell'allegato A, oltre che i "requisiti dimensionali", anche le "tipologie" delle residenze per anziani. Vero e' anche che nel preambolo il decreto assume di essere stato adottato in base all'art. 20, secondo comma, lett. f), della legge n. 67/1988, che prevederebbe l'emanazione di atti di indirizzo e coordinamento aventi ad oggetto - dice sempre il preambolo - le "dimensioni e relative tipologie delle strutture destinate ad accogliere anziani"; ma gia' si e' visto come in realta' la legge si riferisca solo agli standards dimensionali, e non conferisce affatto al Governo un potere di indirizzo avente ad oggetto anche le "tipologie" delle residenze. Ne' si potrebbe ritenere che queste ultime (le tipologie) siano implicitamente ricomprese negli standards dimensionali: poiche' sono semmai questi ultimi ad essere "relativi" alle tipologie delle strutture, e non viceversa come sembrerebbe volere supporre il preambolo del decreto, per cercare di fare rientrare nella previsione legislativa anche cio' che, invece, non vi e' affatto ricompreso. Se poi si passa ad esaminare nel dettaglio la disciplina stabilita dall'allegato A del decreto impuganto, e' agevole osservare che degli 11 "criteri" in cui essa e' suddivisa soltanto uno, e precisamente, il criterio n. 10, riguarda gli standards dimensionali. Per quanto riguarda invece gli altri dieci criteri essi sono tutti estranei all'oggetto del potere di indirizzo quale risulta stabilito dalla legge, riguardano invece criteri progettuali e, soprattutto, relativi alla organizzazione ed al funzionamento delle residenze. Lo stesso criterio n. 8, intitolato "Tipologie e dimensioni delle residenze" riguarda in realta' non gia' le dimensioni e neppure le tipologie costruttive delle residenze, ma essenzialmente le tipologie organizzative delle strutture residenziali. Ancora per quanto riguarda l'oggetto della disciplina stabilita dall'atto di indirizzo impugnato, si deve in secondo luogo ricordare come esso, al primo comma dell'art. 2, stabilisca che i requisiti di cui all'art. 1 (cioe' quelli indicati nell'allegato A) debbano essere posseduti anche dalle istituzioni "che si convenzionano con il servizio sanitario regionale" (ovvero provinciale); ed al secondo comma stabilisce ancora - come gia' si era visto in precedenza - che ai medesimi requisiti debbano necessariamente adeguarsi (entro tre anni) anche "le istituzioni gia' convenzionate". Nell'uno e nell'altro caso, dunque, l'atto di indirizzo e' rivolto anche alle strutture residenziali realizzate al di fuori del programma finanziato dall'art. 20 della legge n. 67/1987 (anzi, nel caso del secondo comma dell'art. 2 del decreto impugnato, l'atto di indirizzo e' rivolto a strutture sicuramente gia' realizzate in precedenza). Ma si era visto come l'art. 20, secondo comma, lett. f), della legge n. 67/1988 delimiti l'oggetto del potere di indirizzo agli standards dimensionali relativi alle sole strutture da realizzare in futuro con i finanziamenti del piano, non a quelle gia' esistenti che la provincia voglia convenzionare o, addirittura, a quelle gia' esistenti e gia' convenzionate. In realta' con l'art. 2 del decreto impugnato il Governo pretenderebbe di vincolare l'attivita' della provincia al di la' di quanto gli sia consentito dalla legge che gli ha attribuito il potere di indirizzo. Infine si deve anche richiamare il fatto che l'art. 3 del decreto impugnato estende, come si e' visto, l'applicabilita' dei requisiti stabiliti dall'allegato A alle strutture riguardanti, in genere, non soltanto gli anziani, ma tutti i "soggetti non autosufficienti". Anche per questo aspetto, pero', il decreto impugnato fuoriesce dai confini che sono propri dell'oggetto del potere di indirizzo in questione. Oggetto che - come si e' visto in precedenza - e' costituito dagli standards dimensionali relativi esclusivamente alle "strutture residenziali, per anziani che non possono essere assistiti a domicilio" (o nelle strutture di cui alla lettera e) del secondo comma dell'art. 20 della legge n. 67/1988). In conclusione, per tutti gli aspetti sin qui illustrati, il decreto presidenziale impugnato va al di la' dell'oggetto del potere di indirizzo e coordinamento conferito al Governo dalla legge. La violazione del principio di legalita' che presiede al potere di indirizzo in questione comporta altresi' la lesione delle competenze provinciali che l'atto impuganto pretenderebbe illegittimamente di comprimere. 1.3. - Secondo un costante imsegnamento di codesta ecc.ma Corte (per tutte sentenze nn. 150/1982 e 338/1989), il principio di legalita' esige che, allorquando sia attribuito al Governo un potere di indirizzo e coordinamento da esercitarsi in via amministrativa, la legge debba definire (oltre all'oggetto) anche i criteri in base ai quali il potere di indirizzo deve essere esercitato: criteri volti a predeterminare, sia pure nelle linee essenziali, il sostanziale contenuto normativo dei futuri atti di indirizzo. Orbene, nell'art. 20, Secondo comma, lett. b), della legge n. 67/1988 non vi e' traccia alcuna dei suddetti criteri. La legge si limita a definire l'oggetto del potere di indirizzo governativo, ma non vi e' nessuna norma che individui le esigenze unitarie in vista delle quali il potere deve essere esercitato e che, in qualche modo, possa costituire una guida od un criterio di riferimento per il Governo nell'esercizio del potere di indirizzo. In realta' la disciplina contenuta nel decreto impugnato e' stata deliberata dal Governo in modo del tutto libero: senza che nessuna linea direttrice fosse stata ancora stabilita dal legislatore. Anche sotto questo profilo, dunque, il decreto impugnativo viola il principio di legalita' che presiede all'esercizio del potere governativo di indirizzo, e risulta quindi lesivo delle competenze costituzionalmente attribuite alla provincia ricorrente. 1.4. - Infine, il decreto impugnato risulta lesivo delle competenze della provincia ricorrente ancora sotto un ulteriore profilo, riguardante il suo specifico contenuto dispositivo. Secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato (spec. sentenze nn. 177/1988, 1145/1988, 389/1989), gli atti di indirizzo e coordinamento sono caratterizzati da un contenuto dispositivo "funzionalmente tipizzato", consistente nella posizione di programmi, di indirizzi o di misure di coordinamento. In particolare codesta ecc.ma Corte ha ripetutamente affermato che - per loro natura - gli atti di indirizzo sono rivolti a predeterminare i requisiti o contenuti minimi di disciplina di una materia, diretti a costituire "il nucleo normativo unitario intorno al quale le regioni (o le province autonome) possono aggregare una disciplina integrativa o di ulteriore sviluppo" (sentenza n. 177/1988); cosicche' tali atti "non possono essere caratterizzati, in linea generale, da forme espressive cosi' analitiche e dettagliate da precludere alle regioni e alle province di Trento e di Bolzano lo spazio di autonomia per potere svolgere le funzioni legislative e amministrative che sono state loro costituzionalmente affidate" (sentenza n. 1145/1988). Orbene, con riserva di eventualmente ritornare anche su questo profilo per svilupparlo ulteriormente in atti successivi, e' sufficiente per ora la semplice lettura della disciplina contenuta nell'allegato A dal decreto impugnato per rendersi conto di come essa sia cosi' analitica, dettagliata e puntuale da andare ben al di la' di quanto sia di regola consentito ad un atto di indirizzo. Solo per fare qualche esempio, si veda il terzo comma del "criterio n. 5" che stabilisce d'autorita' addirittura il numero dei servizi igienici delle strutture residenziali in funzione del numero delle camere o degli ospiti; oppure si veda il "criterio n. 9" che stabilisce non solo tutti i diversi servizi che debbono essere previsti nelle strutture residenziali, ma addirittura determina in modo rigido la distribuzione di tali servizi fra le varie aree e strutture in cui si articolano le residenze stesse. Di fronte ad una disciplina cosi' analitica contenuta nell'atto di indirizzo non si vede proprio in che modo la provincia ricorrente potrebbe esplicare la sua autonomia non solo legislativa, ma anche amministrativa - mediante una propria disciplina integrativa o di ulteriore sviluppo. Come e' evidente, sotto quest'ultimo profilo la lesione delle competenze provinciali sussisterebbe anche a prescindere dai profili di violazione del principio di legalita' gia' illustrati in precedenza: cioe' anche se il decreto impugnato avesse stabilito una disciplina di indirizzo entro i limiti di oggetto e secondo i criteri stabiliti dalla legge (il che non e'). Ma tanto piu' grave ed evidente risultera' la lesione ove si considerino anche i profili suddetti. E, soprattutto, ove si tenga pure conto di un altro elemento, gia' richiamato in precedenza. Ci si riferisce al fatto che proprio la materia la quale e' oggetto dell'atto di indirizzo in questione richiede che (soprattutto per quanto riguarda le tipologie e l'organizzazione delle residenze per anziani) si tenga conto delle specifiche situazioni locali, ambientali e sociali, del territorio provinciale ed alle abitudini di vita della popolazione ivi residente: per cui si tratta di scelte che non possono essere avocate integralmente dallo Stato e riferite in modo unitario a tutto il territorio nazionale, ma debbono essere di regola effettuate in sede provinciale. Tanto piu' inammissibile e lesiva delle competenze provinciali e' dunque la disciplina del decreto impugnato, perche' essa - in una materia siffatta - anziche' limitarsi a porre quelle sole (e poche) norme di indirizzo e coordinamento realmente indispensabili per salvaguardare le eventuali preminenti esigenze unitarie, pretende invece di regolare pure nei dettagli minuti ogni aspetto, anche secondario, della materia stessa.
P. Q. M. Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare la competenza della provincia autonoma di Trento e, per l'effetto, annullare in parte qua il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 1989, meglio indicato in epigrafe. Roma, addi' 28 febbraio 1990 Prof. avv. Sergio PANUNZIO 90C0292