N. 126 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 ottobre 1989
N. 126 Ordinanza emessa il 16 ottobre 1989 dal tribunale di sorveglianza di Torino nel procedimento di sorveglianza relativo ad Aiello Giuseppe Ordinamento penitenziario - Affidamento in prova al servizio sociale senza osservazione - Possibilita' di ammettervi i condannati in stato di liberta' gia' assoggettati a custodia cautelare Esclusione, invece, per i condannati gia' assoggettati a custodia cautelare, scarcerati e riarrestati o rimasti in stato di detenzione prima come imputati poi come definitivi - Necessita' di un periodo di osservazione in istituto - Disparita' di trattamento - Elusione delle finalita' rieducative della pena. (Legge 10 ottobre 1986, n. 663, art. 47, terzo e quarto comma, che ha modificato la legge 26 luglio 1975, n. 354). (Cost., artt. 3 e 27).(GU n.13 del 28-3-1990 )
IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento di sorveglianza relativo alla concessione di affidamento in prova quarto comma all'udienza del 6 novembre 1989; Premesso che il detenuto Aiello Giuseppe nato il 21 aprile 1954 a Montecorvino Rovella (Salerno) residente a Torino, via Quarello n. 40, difeso dall'avv. d'uff. Loredana Gemelli del Foro di Torino; Visto il parere favorevole del p.g.; Visti gli atti del procedimento di sorveglianza sopra specificato; Verificata, preliminarmente, la regolarita' delle comunicazioni relative ai prescritti avvisi al rappresentante del p.m., all'interessato ed al difensore; Considerate le risultanze delle documentazioni acquisite, delle investigazioni e degli accertamenti svolti, della trattazione e della discussione di cui a separato processo verbale; F A T T O Con sentenza 18 febbraio 1987 il tribunale di Cuneo ha condannato Aiello Giuseppe alla pena di anni 2 e mesi 1 di reclusione e L. 500.000 di multa per violazione dell'art. 72 della legge n. 685/1975. Detta sentenza e' passata in giudicato il 12 luglio 1989. L'Aiello era stato arrestato il 9 febbraio 1987 e scarcerato il 13 gennaio 1988 per scadenza termine custodia cautelare. Poiche' l'Aiello aveva espiato in custodia cautelare mesi 11 e giorni 5 di reclusione, ha formulato istanza di affidamento in prova al servizio sociale senza osservazione. Il p.m. di Cuneo ha sospeso l'emissione dell'ordine di carcerazione ed ha trasmesso la richiesta al tribunale di sorveglianza di Torino. All'odierna udienza in presenza dell'interessato il p.m. ed il difensore dell'Aiello hanno concluso come in atti. D I R I T T O Il tribunale di sorveglianza di Torino propone l'eccezione di incostituzionalita' dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, cosi' come modificata dalla legge n. 663/1988 per violazione degli artt. 3 e 27 della Costituzione motivandola alla luce delle seguenti considerazioni: l'art. 47 sopra citato nella nuova formulazione statuisce: "Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato puo' essere affidato al servizio sociale fuori dell'istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare. Il provvedimento e' adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalita', condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, nei casi in cui si puo' ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al quinto comma, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. L'affidamento in prova al servizio sociale puo' essere disposto senza procedere alla osservazione in istituto quando il condannato, dopo un periodo di custodia cautelare, ha goduto di un periodo di liberta' serbando comportamento tale da consentire il giudizio di cui al precedente secondo comma. L'istanza e' presentata al tribunale di sorveglianza del luogo in cui ha sede l'organo del pubblico ministero o il pretore investito dell'esecuzione. Se l'istanza di cui al precedente terzo comma e' proposta prima dell'emissione o dell'esecuzione dell'ordine di carcerazione, e' presentata al pubblico ministero o al pretore, il quale, se non osta il limite di pena di cui al primo comma, sospende l'emissione o l'esecuzione fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, al quale trasmette immediatamente gli atti. Il tribunale di sorveglianza decide entro quarantacinque giorni dalla presentazione dell'istanza. All'atto dell'affidamento e' redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovra' seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla liberta' di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al lavoro". Dalla lettura della citata norma si possono enucleare quattro categorie di persone condannate con pena sino a tre anni legittimate a proporre le domande di affidamento in prova. Per una completa chiarezza del problema si e' ritenuto utile riportare gli estremi di quattro pratiche per ogni tipo di dette categorie. Primo gruppo: 1) Gatti Giovanni, nato a Torino il 5 settembre 1960; arrestato il 18 novembre 1988 reo confesso, condannato a mesi 9 di reclusione - non ha proposto appello ed ha presentato domanda di affidamento in prova il 15 gennaio 1989, pratica definita con ordinanza 29 magio 1989; 2) Di Masi Giuseppe, nato a Caldania il 24 ottobre 1959; arrestato il 27 aprile 1988 e' stato condannato con sentenza 4 maggio 1988 dal tribunale di Locri alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione. Ha presentato domanda di affidamento in prova il 4 gennaio 1989 definita con ordinanza 8 maggio 1989; 3) Licata Giuseppe, nato il 27 giugno 1968; arrestato il 18 dicembre 1987 e' stato condannato ad anni 2 di reclusione il 14 gennaio 1988 in primo grado ed in secondo grado il 26 maggio 1988. Non ha fatto ricorso per Cassazione. La domanda di affidamento e' stata presentata il 2 agosto 1988 ed e' stata definita il 3 gennaio 1989; 4) Lutzu Pietrino, nato a Tramatea l'8 novembre 1949; arrestato il 13 aprile 1987 e' stato condannato ad anni 2 e mesi 3 dal tribunale di Pinerolo, sentenza confermata dalla corte d'appello di Torino il 1 ottobre 1987, contro la sentenza non e' stato proposto ricorso per Cassazione. La domanda di affidamento e' stata presentata il 15 ottobre 1987 e' stata definita nel mese di gennaio 1988. Nei primi sette mesi di quest'anno il tribunale ha esaminato 99 richieste come quelle sopra elencate. I connotati comuni a tutte le precitate pratiche sono i seguenti: 1) l'arresto in flagranza di reato o su ordine o mandato di cattura; 2) processo di primo e secondo grado definito con sentenza esecutiva prima della scadenza dei termini di custodia cautelare: e' cio' per esplicita e volontaria decisione del condannato di accettare il verdetto. Infatti in tutti i casi sopra riferiti se fosse stato coltivato il ricorso per Cassazione, dette persone sarebbero state scarcerate per decorrenza termini di custodia cautelare; 3) presentazione della domanda da parte del detenuto ai sensi dell'art. 47, secondo comma, dell'ordinamento penitenziario; 4) trattamento penitenziario da parte del gruppo di osservazione che opera in carcere (direttore, educatore, psicologo e assistente sociale) che al termine dell'osservazione del detenuto ha redatto una relazione trasmessa al tribunale di sorveglianza; 5) decisione finale del tribunale di sorveglianza sulla scorta dei dati trasmessi dall'istituto di pena. Secondo gruppo: 1) Pesce Franco, nato l'11 dicembre 1968 a Teana, arrestato il 9 aprile 1988 per tentato furto, processato l'11 aprile 1988 e' stato condannato a mesi 9 di reclusione con sentenza dell'11 aprile 1988 del pretore di Asti, scarcerato il 19 maggio 1988 e' stato riarrestato il 30 settembre 1988 per espiare la pena residua di mesi 7 e giorni 20. Domanda presentata il 21 ottobre 1988 e definita il 6 gennaio 1989; 2) Campanile Armando, nato il 25 agosto 1962 a Napoli, arrestato il 17 gennaio 1985 e' stato condannato dal tribunale di Aosta alla pena di anni 2 e mesi 2 di reclusione. Sentenza confermata dalla corte di appello di Torino. Riarrestato il 2 novembre 1988 per espiare la pena residua di anni 1, mesi 5 e giorni 28. Il 14 novembre 1988 ha presentato domanda di affidamento in prova ex art. 47, secondo comma, definita il 2 aprile 1989; 3) Zahirovic Suleman, nato a Zagabria il 25 aprile 1965, arrestato il 29 luglio 1987 e' stato condannato in primo grado ad anni 1 di reclusione, sentenza confermata dalla corte di appello di Torino. E' stato scarcerato il 24 dicembre 1987. Riarrestato l'11 maggio 1989 per espiare la pena residua di mesi 7 e giorni 4 di reclusione. Il 24 maggio 1989 ha presentato domanda di affidamento in prova al servizio sociale. Processo definito il 17 luglio 1989; 4) Pennisi Ignazio, nato a Catania il 6 giugno 1957, arrestato il 18 dicembre 1976 per rapina, il 24 dicembre 1976 e' stato riarrestato. Il fatto delittuoso e' stato definito con sentenza di condanna ad anni 1 e mesi 6 di reclusione del tribunale di Catania delli 22 giugno 1987. Il 14 aprile 1989 Pennisi e' stato riarrestato per espiare la pena residua di anni 1, mesi 5 e giorni 24 di reclusione. La domanda di affidamento in prova e' stata proposta il 12 maggio 1989 e definita il 17 luglio 1989. Nei primi nove mesi dell'anno 1989 sono state presentate 96 richieste di affidamento in prova al servizio sociale per casi del tutto analoghi a quelli sopra elencati. Le peculiarita' comuni a tutte le citate domande sono le seguenti: 1) l'arresto del detenuto o in flagrante o su ordine di cattura; 2) la scarcerazione del detenuto o per liberta' provvisoria o per scadenza dei termini della custodia cautelare; 3) il riarresto dello stesso dopo il passaggio in giudicato della sentenza; 4) la presentazione della domanda ex art. 47, secondo comma, dell'o.p.; 5) la predisposizione di un programma trattamentale finalizzato alla misura alternativa da parte del gruppo di osservazione dell'istituto penitenziario; 6) la stesura di una relazione finale che viene trasmessa al tribunale di sorveglianza; 7) la decisione di detto organo giudiziario fondata sugli elementi contenuti in detta relazione. Terzo gruppo: in esso sono comprese le domande di affidamento in prova da parte di coloro che non hanno subito custodia cautelare rispetto al titolo di condanna in esecuzione. Ovverosia per costoro la sentenza di condanna definitiva interviene in assenza totale di custodia cautelare. Non appare necessario procedere ad una esemplificazione di queste pratiche data la loro uniformita'. Possiamo solo ricordare che nei primi nove mesi dell'anno 1989 tali richieste sono state formulate da trentasei detenuti. I connotati fondamentali comuni a tutti i detenuti compresi nei precitati tre gruppi sono rappresentati dalle seguenti circostanze; a) il titolo esecutivo della condanna a pena detentiva e' stato eseguito ed il condannato nel momento in cui ha presentato la domanda e' in stato di detenzione in un istituto penitenziario; b) il gruppo di osservazione di detto istituto predispone un programma trattamentale; c) al termine dell'osservazione finalizzata, detto gruppo redige una relazione; d) il tribunale di sorveglianza composto anche da due esperti di psicologia e criminologia, decide alla luce di tutti gli elementi ivi compresi la citata relazione. La disciplina normativa introdotta con l'art. 47 dell'o.p. della legge n. 354/1975 per tutti i casi sopra elencati e' del tutto conforme alle disposizioni contenute negli artt. 3 e 27 della Costituzione. Rispetto al principio sancito nell'art. 3 della Costituzione il legislatore del 1975 ha disciplinato in modo uniforme la procedura dell'affidamento per tutte le persone condannate a pena detentiva sino a tre anni. Invero lo scopo perseguito dal legislatore era quello di garantire a tutte le persone condannate a pena detentiva sino a tre anni, ovverosia a coloro che, attraverso l'entita' della pena, apparivano persone di non rilevante pericolosita' sociale, l'accesso all'affidamento in prova al servizio sociale: infatti, durante il periodo della carcerazione si procede a verificare, a mezzo del gruppo di osservazione, la sussistenza delle condizioni soggettive ed oggettive per un approccio positivo alla misura alternativa. In tal modo non si verificano rotture rispetto all'applicazione generalizzata dal principio fissato nell'art. 576 del c.p.p. (art. 656 del nuovo codice di procedura penale). Detta disciplina e' altresi' conforme al dettato contenuto nell'art. 27 della Costituzione. (La pena tende anche alla rieducazione del condannato). Infatti nella legge n. 354/1975 sono stati previsti degli interventi del tutto appropriati per il conseguimento della finalita' dianzi espressa nella citata norma. (Leggere a tale proposito gli artt. 1, 13, 15, 19, 20, 26, 27, 47, 48, 50 e 54 della legge n. 354/1975; artt. 26, 27, 28 e 94 del regolamento). La liberta' concessa agli affidati in prova al servizio sociale privilegia il contenuto rieducativo della pena al termine di un meccanismo procedurale serio e valido. La fiducia nel condannato e' ben riposta perche' e' il frutto di un'attenta e approfondita analisi della sua personalita' e delle condizioni socio ambientali in cui costui tornera' a vivere. La rinuncia da parte dello Stato a vedere eseguita in tutto o in parte una sentenza di condanna definitiva ha il suo corrispettivo nella ragionevole previsione che il destinatario di questa pena non commettera' altri reati. Quarto gruppo: 1) Aiello Giuseppe, arrestato il 9 febbraio 1987 per reato in tema di droga e' stato scarcerato il 13 gennaio 1988. Processato e' stato condannato con sentenza 18 febbraio 1987 dal tribunale di Cuneo alla pena di anni 2 e mesi 1 di reclusione. Costui ha formulato istanza di affidamento in prova al servizio sociale senza osservazione per la pena residua di anni 1, mesi 1 e giorni 25 di reclusione. Il p.m. di Cuneo ha sospeso l'esecuzione dell'ordine di carcerazione; 2) Guzzo Franco, arrestato il 1 ottobre 1981 e' stato successivamente scarcerato. Con sentenza 5 marzo 1982 del tribunale di Cuneo costui e' stato condannato ad anni 2 e mesi 6 di reclusione. La sentenza e' divenuta definitiva il 19 ottobre 1988. Guzzo Franco ha presentato istanza di affidamento in prova con riferimento alla pena residua di anni 2, mesi 3 e giorni 10. Il p.m. competente ha sospeso l'esecuzione dell'ordine di carcerazione; 3) Berardo Tiziana, arrestata il 23 settembre 1987 e' stata scarcerata il 29 marzo 1988. Con sentenza 2 dicembre 1987 del tribunale di Torino Berardo Tiziana e' stata condannata ad anni 2 e mesi 8 di reclusione. La sentenza e' divenuta definitiva il 29 marzo 1988. La Berardo h apresentato istanza di affidamento in prova ex art. 47, quarto comma, per la pena residua ed il p.m. ha sospeso l'esecuzione dell'ordine di carcerazione; 4) capone Felicia, arrestata il 2 febbraio 1987 e' stata scarcerata per liberta' provvisoria il 9 maggio 1988. La stessa e' stata condannata con sentenza 2 maggio 1988 alla pena di anni 2 e mesi 8. La Capone ha formulato domanda di affidamento in prova per la pena residua ai sensi dell'art. 47, quarto comma, ed il p.m. ha sospeso l'esecuzione dell'ordine di carcerazione. Il numero di pratiche identiche a quelle sopra elencate e' stato di 90 unita' nei primi nove mesi del corrente anno. Dette pratiche hanno i seguenti connotati comuni: 1) l'arresto in flagrante o su ordine o mandato di cattura; 2) la scarcerazione per liberta' provvisoria o per scadenza dei termini di custodia cautelare; 3) dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna a pena detentiva, il condannato ha presentato la domanda di affidamento in prova al servizio sociale senza osservazione ed il p.m. ha sospeso l'emissione dell'ordine di carcerazione ovvero ha sospeso l'esecuzione dell'ordine di carcerazione emesso; 4) il tribunale di sorveglianza ha deciso sulla istanza alla luce del comportamento tenuto dal condannato in liberta'. Il collegio ritiene che la disciplina giuridica introdotta nella legge n. 663/1988 per i casi elencati nel quarto gruppo confligge in modo palese con l'art. 3 e con l'art. 27 della Costituzione e cio' rispetto alle istanze elencate nel primo e secondo gruppo. Invero 1) Aiello Giuseppe, 2) Guzzo Franco, 3) Berardo Tiziana, 4) Capone Felicia nonche' le altre 86 persone che hanno formulato istanza ex art. 47, terzo e quarto comma, (quarto gruppo) si trovano nella identica situazione oggettiva e soggettiva di Pesce Franco, Campanile Armando, Zahirovic Suleman e Pennisi Ignazio e delle 92 persone di cui al secondo gruppo. E valga il vero. Ad esempio Pennisi Ignazio e Aiello Giuseppe: 1) sono stati entrambi arrestati; 2) l'uno e l'altro sono stati poi scarcerati; 3) Aiello e Pennisi sono stati condannati ad una pena detentiva sino a tre anni; 4) Aiello e Pennisi hanno espiato, rispetto al titolo messo in esecuzione, un periodo di custodia cautelare. E' necessario allora che qualcuno spieghi su quale elemento e' fondata la razionalita' del sistema normativo introdotto con la 686 che ha consentito all'Aiello di formulare la domanda di affidamento in prova senza rientrare in carcere e di essere giudicato sulla base di notizie relative alla sua condotta fuori dal carcere, mentre Pennisi ha formulato la stessa istanza in stato di detenzione ed il giudizio sulla sua richiesta e' stata formulata sulla scorta di una relazione redatta dal gruppo trattamentale su basi di natura professionale e scientifica ed al termine di un periodo di osservazione in carcere. Sono a questo proposito significativi anche i dati numerici sopra riferiti. La richiesta di affidamento in prova delle persone del secondo gruppo sono state 96 mentre quelle del quarto gruppo sono state 90. Cio' significa che 90 persone condannate con pena sino a tre anni, arrestate e scarcerate hanno ricevuto un trattamento migliore e differenziato rispetto a 96 persone condannate con pena sino a tre anni ed anche esse arrestate e scarcerate. Il dettato dell'art. 3 della Costituzione esige che a parita' di situazioni oggettive e soggettive corrisponda una parita' di disciplina normativa: a parere del collegio questo precetto e' violato in modo macroscopico nelle ipotesi sopra illustrate. Peraltro mentre l'art. 47 della legge n. 354 e' del tutto rispettoso del precetto costituzionale (art. 3), invece la novella del 1986 ha introdotto una procedura, chiaramente discriminatoria. L'anomalia di siffatta disciplina e' riconducibile altresi' anche al dettato contenuto nell'art. 27 della Costituzione che cosi' recita: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita' e devono tendere alla rieducazione del condannato". Sopra e' stato illustrato, con dovizia di argomenti, in che modo l'art. 47 cosi' come formulato dal legislatore del 1975, rappresenta la traduzione operativa del dettato costituzionale (la pena tende alla rieducazione). Lo Stato, attraverso la procedura fissata negli artt. 3, 13 e 15 della legge penitenziaria, 26, 27, 28 e 29 del regolamento, si mette al servizio del condannato per garantirgli un trattamento penitenziario ed un'osservazione finalizzata alla misura alternativa richiesta. In modo incomprensibile il legislatore del 1986, eludendo e contraddicendo in modo solare le finalita' rieducative degli strumenti operativi creati dalla legge n. 354, gratifica la persona condannata sino a tre anni di reclusione del beneficio della misura dell'affidamento in prova senza osservazione. Il caso di specie e' del tutto significativo e dimostra in modo palmare la differenza tra l'affidamento in prova al servizio sociale con osservanza e l'affidamento in prova al servizio sociale senza osservazione. Il primo tipo di affidamento e' una misura alternativa concessa da un organo giurisdizionale sulla base di una attenta e approfondita analisi della personalita' del detenuto e delle condizioni socio ambientali in cui costui tornera' a vivere. La rinuncia da parte dello Stato a vedere eseguita in tutto o in parte una sentenza di condanna definitiva ha il suo corrispettivo nella ragionevole previsione che il destinatario di questa pena non commettera' altri reati. Nella nuova disciplina tutto cio' e' stato cancellato ed annullato. Le uniche condizioni cui viene subordinata la concessione dell'affidamento in prova sono le seguenti: a) l'avere il condannato espiato una parte della pena in custodia cautelare; b) l'avere serbato nel periodo della liberta' un comportamento tale da consentire il giudizio che le prescrizioni che il soggetto dovra' seguire durante l'affidamento siano sufficienti per la rieducazione del reo e per prevenire la commissione di altri reati. Secondo la nuova disciplina un organo giurisdizionale (il tribunale di sorveglianza) dovra' emanare un'ordinanza che ha valore di sentenza sulla base di informative sulla condotta del condannato in liberta'; notizie fornite dai CC. e dalla Polizia di Stato in modo approssimativo e spesso contraddittorio. Le perplessita' in ordine alle conformita' di dette discipline rispetto all'art. 27 della Costituzione sono vieppiu' aumentate dopo l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. Infatti, nell'ipotesi che venga emessa una misura coercitiva nei confronti dell'autore di un reato (ad esempio una rapina) e che detta misura venga revocata perche' sono venute meno le esigenze previste dall'art. 274 del c.p.p., qualora il procedimento relativo terminasse nelle forme del patteggiamento, in tal caso la sentenza di condanna passerebbe in giudicato a breve distanza dalla scarcerazione e dalla commissione del fatto. Orbene, il condannato che ha espiato una parte della pena sia pure nella misura di pochi giorni, potrebbe subito dopo formulare istanza di affidamento in prova al servizio sociale senza osservazione. Il tribunale di sorveglianza si troverebbe a dover giudicare se costui sia o meno idoneo ad usufruire delle misure alternative sulla base delle notizie fornite sulla sua condotta nel breve arco di tempo trascorso in liberta' dalla scarcerazione al passaggio in giudicato. Ribadiamo a tal proposito che secondo il chiaro contenuto del terzo comma dell'art. 47 il giudizio deve essere fondato unicamente "sul comportamento serbato dal richiedente durante la liberta'". La prospettazione di una siffatti ipotesi, che sara' certamente realta' in un numero elevatissimo di processi, deve fare ulteriormente riflettere sul riapetto di detta disposizione del fine rieducativo della pena enunciato nell'art. 27 della Costituzione. La denunciata violazione dell'art. 3 della Costituzione e' ancora vieppiu' evidente tra i casi elencati nella prima categoria e quelli elencati nella quarta categoria. Invero, nei casi sopra riferiti e nelle altre 92 domande formulate nei primi nove mesi di quest'anno, tutti i condannati hanno fatto una scelta degna di pieno rispetto: hanno accettato il verdetto di condanna e dopo avere rinunciato all'appello o al ricorso per cassazione, hanno chiesto l'affidamento in prova dopo il passaggio in giudicato della sentenza. Per essi e' scattata la procedura prevista dall'art. 47 dell'o.p., procedura che deve essere ancora una volta definita del tutto conforme agli artt. 3 e 27 della Costituzione. Orbene la situazione soggettiva di coloro che sono stati indicati nel gruppo quarto e' del tutto identica a quella di cui al gruppo primo. Ad esempio Di Masi Giuseppe e' stato arrestato e poi condannato ad anni 2 e mesi 6 di reclusione per reati di droga (e' uno dei condannati di cui al primo gruppo) Guzo Franco (uno dei condannati di cui al gruppo quarto) anch'egli e' stato arrestato il 1 ottobre 1981 e poi condannato ad anni 2 e mesi 6 di reclusione per reato di droga. Il primo pero' ha accettato la sentenza di condanna e dopo il passaggio in giudicato della stessa (luglio 1988) ha presentato istanza di affidamento in prova al servizio sociale in stato di detenzione, Guzzo Franco invece ha proposto appello e ricorso per Cassazione avverso la prima sentenza di condanna ottenendo nel frattempo la scarcerazione. La sentenza e' divenuta definitiva il 19 giugno 1988 e costui ha chiesto per la pena residua l'affidamento in prova in stato di liberta'. Le situazioni oggettive comuni sopra elencate sono: a) una condanna di anni 2 e mesi 6 per entrambi; b) lo stato di detenzione iniziale per entrambi. Appare pertanto palesemente irrazionale la previsione di una disciplina diversificata introdotta a favore di chi come ad esempio il Guzzo e l'Aiello hanno riottenuto la liberta' dopo la carcerazione. Sembra quasi che il legislatore abbia voluto premiare tre volte l'Aiello: a) la prima volta quando per le lungaggini determinati dalle sue impugnazioni (la sentenza di condanna e' divenuta definitiva nell'anno 1989) gli ha consentito di ottenere la liberazione per scadenza dei termini della custodia cautelare; b) la seconda volta quando gli ha offerto la possibilita' di presentare la domanda di affidamento in prova da libero; c) la terza volta consentendo che il giudizio sulla sua idoneita' ad ottenere l'affidamento in prova fosse fondato sulle "notizie della sua condotta fuori dal carcere". Questa situazione appare paradossale e stridente se raffrontata a quella del Di Masi Giuseppe: a) che ha agevolato il corso della giustizia accettando la sentenza di condanna e la carcerazione (la sentenza di condanna e' divenuta definitiva dopo 7 mesi dalla commissione del fatto; b) durante la detenzione ha aderito alle attivita' trattamentali del gruppo di osservazione; c) ha affrontato il giudizio sulla base degli elementi riguardanti la sua personalita' e le sue condizioni socio-familiari. I dati sopra illustrati che riguardano i condannati Di Masi e Aiello e che investono tutte le persone del primo gruppo contrapposte a quelle del quarto gruppo, sono di una eloquenza esemplare, dimostrano l'irrazionalita' della disciplina introdotta con la 689, che garantisce in modo ingiustificato una procedura diversificata per coloro che, condannati a pena detentiva sino a tre anni, hanno riottenuto la liberta' dopo essere stati assoggettati a custodia cautelare, e cio', ripetiamo, sia riapetto ai condannati a pena detentiva sino a tre anni, che sono rimasti in carcere dall'inizio del processo sino al passaggio in giudicato della sentenza definitiva, e sia rispetto ai condannati che sono stati in custodia cautelare, hanno riacquistato la liberta' ed infine sono stati nuovamente riarrestati sempre per lo stesso fatto. Pertanto viene riproposta l'eccezione di incostituzionalita' della citata norma in quanto la decisione della Corte costituzionale del 19 luglio 1989 nello statuire che "quanto alla dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione, la diversa posizione dei condannati gia' assoggettati a custodia cautelare rispetto a quella dei condannati rimasti sempre in liberta' durante il processo di cognizione vale ad escludere che sia palesemente irrazionale (e, quindi, fonte di 'ingiustificato privilegio') la previsione di una disciplina diversificata che ammette solo gli uni e non anche gli altri all'affidamento in prova al servizio sociale senza osservazione in istituto, misura che, ai sensi dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, quale modificato dall'art. 11 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, richiede, appunto, la precedente privazione - sia pure a diverso titolo - della liberta' personale" ha preso in esame il raffronto fra la posizione dei condannati gia' assoggettati a custodia cautelare rispetto a quella dei condannati rimasti in liberta' (i condannati del quarto gruppo, i condannati del terzo gruppo). Detta sentenza, dunque, non ha affrontato il problema nei casi sopra illustrati che ripetiamo, riguardano il raffronto della situazione dei condannati gia' assoggettati a custodia cautelare e scarcerati rispetto ai condannati gia' assoggettati a custodia cautelare, scarcerati e riarrestati, ovvero rimasti in stato detentivo, prima quali imputati, e poi come definitivi.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della lege 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale in relazione dell'art. 3 e dell'art. 27 della Costituzione, dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge del 10 ottobre 1986, n. 663, che ha modificato la legge n. 354/1975 e cio' nei termini di cui in motivazione; Sospende il giudizio in corso ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria l'ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Torino, cosi' deciso il 16 ottobre 1989. Il presidente: FORNACE 90C0297