N. 133 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 febbraio 1989- 9 marzo 1990

                                 N. 133
       Ordinanza emessa il 16 febbraio 1989 (pervenuta alla Corte
      costituzionale il 9 marzo 1990) dal tribunale amministrativo
 regionale per la Liguria sul ricorso proposto dal Passagrilli Rodolfo
                       contro il comune di Genova
 Impiegato degli enti locali - Destituzione automatica di impiegato di
 ente locale condannato con sentenza passata in giudicato per uno  dei
 reati   specificati  dalla  norma  stessa  -  Conseguenze  -  Obbligo
 incondizionato dell'amministrazione di disporre la destituzione senza
 alcun  margine  di  discrezionalita'  in  relazione alla gravita' del
 reato e  alla  incidenza  del  fatto  sul  regolare  svolgimento  del
 servizio  -  Richiamo  alla  sentenza  della  Corte costituzionale n.
 971/1988.
 (T.U. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 9 e 8, punti 7 e 8).
 (Cost., artt. 3, 4, 27, 35 e 97).
(GU n.13 del 28-3-1990 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1787/86 r.g.r.
 proposto  da  Passagrilli,  Rodolfo,  elettivamente  domiciliato   in
 Genova,  piazza  Corvetto,  2/8,  presso  l'avv.  M.G.  Lanero che lo
 rappresenta e difende per mandato a margine del ricorso,  ricorrente,
 contro  il  comune  di  Genova,  in persona del sindaco elettivamente
 domiciliato in Genova, via  Garibaldi,  9,  presso  gli  avvocati  P.
 Germani e M. Medina che lo rappresenta e difende per mandato in calce
 a copia notificata del ricorso, resistente, per l'annullamento  della
 deliberazione  del  consiglio comunale 24 aprile 1986, n. 845, avente
 ad oggetto "decadenza dall'impiego ai  sensi  dell'art.  9  del  t.u.
 legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383";
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Genova;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udita  alla pubblica udienza del 16 febbraio 1989 la relazione del
 consigliere Marilena Franco e uditi, altresi', l'avv. M.G. Lanero per
 il ricorrente e l'avv. E. Siboldi in sostituzione dell'avv. M. Medina
 per l'amminstrazione resistente;
    Ritenuto e considerato quanto segue:
                         ESPOSIZIONE DEL FATTO
    Con  ricorso  notificato  il  24 dicembre 1986 Passagrilli Rodolfo
 impugnava, chiedendone l'annullamento, la deliberazione del consiglio
 comunale  in  epigrafe  indicata  avente  ad  oggetto declaratoria di
 decadenza dall'impiego ai sensi dell'art. 9 del t.u. comu. e prov.  3
 marzo 1934, n. 383.
    Il  ricorrente,  avendo,  in  pendenza  del rapporto di dipendente
 comunale, riportato condanna, con sentenza passata in giudicato,  per
 i reati di detenzione e porto di esplosivi ai sensi dell'art. 4 della
 legge 2 ottobre 1967, n. 895, veniva, con l'impugnato  provvedimento,
 dichiarato  decaduto dall'impiego ai sensi dell'art. 9 del t.u. legge
 com.  e  prov.,  attesa  la  stabilita  assimilazione  tra  il  reato
 addebitatogli  e  quelli previsti dall'art. 8 p. 7, del predetto t.u.
 giusta la previsione del p. 8 dello stesso art. 8.
    Queste le censure proposte:
      1)  illegittimita' del provvedimento impugnato per violazione di
 legge ed eccesso di potere.
    Violazione  dell'art.  8,  punti  7) e 8) e dell'art. 9 del t.u. 3
 marzo 1934, n. 383.
    Violazione  dell'art.  111  del regolamento organico del personale
 del comune di Genova. Eccesso di potere per carenza dei  presupposti,
 travisamento  dei  fatti,  difetto  di  istruttoria e di motivazione,
 sviamento di potere.
    Le    norme    invocate    non    consentirebbero    di   ritenere
 l'assimilabilita' tra il reato addebitato al ricorrente  e  l'ipotesi
 contemplate  nell'art. 8, p. 7) del t.u. l. com. e prov. n. 383/1934.
    Ne  conseguirebbe  l'erroneita'  della  valutazione  compiuta  dal
 Comune nel ritenere operante la previsione normativa sulla  decadenza
 automatica dall'impiego;
      2)  illegittimita'  costituzionale  degli artt. 8 e 9 del t.u. 3
 marzo 1934, n. 383, per violazione degli artt. 3, 4, 35  e  97  della
 Costituzione   Illegittimita'   del   provvedimento   impugnato   per
 violazione degli artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione.
    In subordine si solleva questione di illegittimita' costituzionale
 delle norme rubricate per la parte in cui  non  consentono,  ai  fini
 della  pronuncia  di decadenza, alcuna valutazione sulla gravita' dei
 fatti addebitati.
    Il  comune  di  Genova, costituitosi in giudizio, insisteva per la
 reiezione del gravame.
    All'udienza di discussione le parti insistevano come in atti.
                         MOTIVI DELLA DECISIONE
    Con  il  primo motivo il ricorrente sostiene che il comune avrebbe
 errato nel ritenere che il reato addebitatogli (previsto dall'art.  4
 della  legge  7  ottobre  1967,  n. 895) potrebbe essere assimilato a
 quelli elencati al p.  7)  art.  8  del  t.u.  n.  383/1934,  siccome
 determinanti  l'automatica  deccadenza  dall'impiego e cio' in quanto
 mancherebbe  nella  previsione  edittale  del  reato   in   questione
 l'elemento  psicologico  caratterizzante  l'ipotesi  criminosa di cui
 all'art. 435 del c.p.  e  consistente  nel  fine  di  attentare  alla
 pubblica incolumita'.
    L'assunto non puo' essere condiviso dal collegio.
    Deve,  invero,  osservarsi  che  il p. 7 dell'art. 8 t.u., oltre a
 prevedere specificatamente il reato di  cui  all'art.  435  del  c.p.
 contempla altresi', in genere, la larga categoria dei reati contro la
 pubblica incolumita' in  cui  non  puo'  negarsi  rientri  la  figura
 delittuosa  contemplata  dalla norma speciale applicata nei confronti
 del ricorrente il cui presupposto  e'  la  ritenuta  idoneita'  della
 condotta  attinente  alla  detenzione,  fabbricazione  e trasporto in
 luogo pubblico di armi e materie esplodenti, a mettere in pericolo la
 pubblica incolumita'.
    Ad  avviso  del  collegio,  pertanto,  allo stato della previsione
 normativa, deve ritenersi il  potere-dovere  dell'Amministrazione  di
 pronunciare   l'automatica   decadenza   dall'impiego  a  carico  del
 dipendente  condannato  per  il  reato  in  discorso,  in  forza  del
 combinato  disposto  degli  artt.  9,  8,  p.  8) e p. 7, del t.u. n.
 383/1934.
    Il  collegio,  peraltro,  ritiene  rilevante  e non manifestamente
 infondata la questione di illegittimita' costituzionale sollevata  in
 riferimento  alle  norme sopra citate, per sospetto contratto con gli
 artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione.
    Circa   la  rilevanza,  essa  appare  dimostrata  dalle  superiori
 argomentazioni.
    Ed  invero,  attesa  l'inaccoglibilita'  delle  censure  mosse dal
 ricorrente e la ritenuta corretta  applicazione  della  normativa  in
 vigore,  da parte del comune, e' evidente che il dimostrato contrasto
 delle norme di cui il comune ha fatto  applicazione  con  i  principi
 costituzionali   comporterebbe   l'illegittimita   del  provvedimento
 impugnato.
    In ordine alla non manifesta infondatezza, deve ricordarsi come la
 stessa  Corte  costituzionale  con  sentenza  n.  971/1988,  si   sia
 pronunciata  in ordine alla illegittimita' costituzionale delle norme
 disciplinanti la destituzione di diritto nel pubblico impiego,  nella
 parte in cui escludono il procedimento disciplinare.
    In  quell'occasione  la  Corte  noto'  come  l'ordinamento  appaia
 "vieppiu' orientato verso l'esclusione di sanzioni rigide, avulse  da
 un  confacente  rapporto  di adeguatezza al caso concreto e come cio'
 sia  largamente  tendenziale  -  in  adempimento  del  principio   di
 eguaglianza  -  nell'area  punitiva  penale  e con identica incidenza
 anche nel campo disciplinare amminstrativo".
    orbene identici principi soccorrono nel caso di specie.
    Ed  invero,  le  disposizioni di cui all'art. 9, art. 8, p. 8, del
 t.u. n. 383/1934, prevedendo l'automatica decadenza dall'impiego  del
 dipendente  dell'ente  locale  condannato  per determinati reati, non
 consentono all'amministrazione di appartenenza valutazione alcuna  in
 ordine alla gravita' dei fatti ne' alcuna possibilita' di graduazione
 della sanzione.
    Verrebbero  cosi' ad essere vulnerati secondo l'insegnamento della
 Corte costituzionale, oltre al  principio  della  tutela  del  lavoro
 (artt.   4   e   35   della   Costituzione)   e  del  buon  andamento
 dell'amministrazione (art. 97),  anche  i  principi  fondamentali  di
 ragionevolezza desumibili dall'art. 3 della Costituzione.
    Il  critero  della  indispensabile "gradualita' sanzionatoria", da
 esplicarsi nella sua naturale sede amministrativa, impone di ritenere
 sospetta  di  incostituzionalita'  la  norma che tale gradualita' non
 consenta,  attesa  l'innegabile  natura  sanzionatoria  a   carattere
 "rigido"  del  combinato disposto di cui agli artt. 9, 8, p. 8) e 7),
 del t.u. n. 383/1934.
    Pertanto, sospeso il giudizio in corso, ritenuta la rilevanza e la
 non  manifesta  infondatezza  della   questione   di   illegittimita'
 costituzionale  del combinato disposto dagli artt. 9 e 8, p. 8) e 7),
 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383' in relazione agli artt. 3, 4, 27, 35 e
 97 della Costituzione nelle parti in cui sanciscono, il potere-dovere
 dell'amminitrazione  di  dichiarare  la  decadenza  dall'impiego  del
 dipendente  colpevole  di  determinati  reati, non consentendo alcuna
 valutazione intesa a graduare  la  sanzione  alla  gravita'  ed  alle
 carattereristiche del fatto, deve rinviarsi alla Corte costituzionale
 l'esame della questione, riservata ogni ulteriore pronuncia.
                                P. Q. M.
    Visto  l'art.  134  della  Costituzione e l'art. 23 della legge 11
 marzo 1953, n. 87;
    Sospende  il  giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione
 degli atti  alla  Corte  costituzionale  perche'  si  pronunci  sulla
 questione di illegittimita' costituzionale come sopra formulata;
    Ordina  che,  a  cura  della segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri  e  comunicata al Presidente della Camera dei deputati e del
 Senato della Repubblica.
    Cosi'  deciso in Genova, nella camera di consiglio del 16 febbraio
 1989.
                        Il presidente: VIVENZIO
   Il consigliere: BALBA
                                     Il consigliere, estensore: FRANCO
 90C0304