N. 124 SENTENZA 7 - 16 marzo 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Caccia- Regione Friuli- Venezia Giulia- Uccellagione- Cattura con
 mezzi non selettivi- Obbligo internazionalmente assunto di divieto
 assoluto di uccellagione in tutto il territorio  nazionale - Richiamo
 alla sentenza n. 1002/1988 Illegittimita' costituzionale.
 
 (Legge regione Friuli-Venezia Giulia 24 luglio 1969, n. 17, artt. 1,
 2 e 10)
 
 (Stat. reg. Friuli- Venezia Giulia, art. 4).
(GU n.12 del 21-3-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANTI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott.  Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.   Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
   nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e 10
 della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 24  luglio  1969,  n.  17
 ("Esercizio    dell'uccellagione   nel   territorio   della   Regione
 Friuli-Venezia Giulia"), e successive modificazioni e integrazioni  e
 della  legge  regionale  Friuli-Venezia  Giulia  8 maggio 1978, n. 39
 ("Tutela dell'avifauna"), promossi con tre  ordinanze  emesse  il  21
 luglio  1989  dal  Pretore  di  Udine  - Sez. distaccata di Codroipo,
 iscritte rispettivamente ai nn. 531, 532 e 533 del Registro Ordinanze
 1989  e  pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47,
 prima serie speciale, dell'anno 1989;
    Visti gli atti di costituzione di Stella Remigio, Scaini Ernesto e
 Luc Flavio;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  20  febbraio  1990  il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Udito l'avv. Claudio Chiola;
                           Ritenuto in fatto
     1.  -  Con  tre  ordinanze  di uguale tenore, le prime due del 21
 luglio 1989, la terza del 26 luglio 1989, il Pretore di Udine Sezione
 staccata   di   Codroipo   ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 1,  2  e  10  della  legge  della  Regione
 Friuli-Venezia   Giulia   24   luglio   1969,   n.  17  e  successive
 modificazioni e integrazioni, tra cui la  legge  regionale  8  maggio
 1978,  n.  39, per contrasto con l'art. 4 dello Statuto regionale, in
 quanto non rispettosi della Convenzione relativa  alla  conservazione
 della  vita  selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, adottata a
 Berna il 19 settembre 1979  e  ratificata  dall'Italia  con  legge  5
 agosto 1981, n. 503.
    L'incidente  di  costituzionalita'  e'  insorto  nel  corso di tre
 procedimenti penali avviati contro persone imputate di tentato  furto
 aggravato  di esemplari di specie di uccelli protetti, elencate negli
 allegati II  e  III  della  citata  Convenzione  di  Berna,  mediante
 l'impiego  di  mezzi  di cattura e di uccisione non selettivi (panie,
 bressane e roccoli), inclusi tra quelli vietati di  cui  all'allegato
 IV.
    Gli  imputati  hanno  agito  dopo  avere  ottenuto  dall'autorita'
 provinciale  regolare  licenza   che   li   autorizza   all'esercizio
 dell'uccellagione. In quanto concessa in base all'art. 10 della legge
 regionale n. 17 del 1969, la licenza non appare al giudice remittente
 ictu   oculi   illegittima,   e  quindi  direttamente  disapplicabile
 dall'autorita' giudiziaria ordinaria; peraltro,  tenuto  conto  anche
 dell'art.  3  della legge statale 27 dicembre 1977, n. 968, che vieta
 in tutto il territorio nazionale ogni  forma  di  uccellagione,  egli
 reputa  che le norme regionali denunciate si pongano in contrasto con
 gli artt. 6 e  8  della  Convenzione  di  Berna  perche'  autorizzano
 l'impiego  di  mezzi  di  cattura  nei quali possono incappare sia le
 specie  di  uccelli  enumerate  nell'allegato  II,  delle  quali   e'
 rigorosamente  vietata  la cattura, sia - senza alcuna selettivita' -
 quelle contemplate nell'allegato III. Conseguentemente  esse  violano
 l'art. 4 dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato
 con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, il quale  vincola  la
 potesta'   legislativa  primaria  della  Regione  nelle  materie  ivi
 indicate, tra cui la caccia e la pesca, al  rispetto  degli  obblighi
 internazionali dello Stato.
    La rilevanza della questione e' ravvisata sul riflesso che in caso
 di rigetto "non sussisterebbe la contestata  illecita  appropriazione
 di beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato", mentre
 in caso di accoglimento "il delitto sarebbe in astratto sussistente".
    2.  -  Nei  giudizi  davanti  alla  Corte si sono costituiti i tre
 imputati  concludendo  per  l'inammissibilita'   o,   in   subordine,
 l'infondatezza  della  questione,  ed  e'  intervenuta,  assumendo le
 medesime conclusioni, la Federazione italiana della caccia.
    L'inammissibilita' e' sostenuta dagli imputati per tre ragioni: a)
 la questione sarebbe irrilevante perche' l'art.  25  Cost.  impedisce
 che   un'eventuale   sentenza   di   accoglimento   possa  comportare
 responsabilita'  per  condotte  originariamente  lecite,  in   quanto
 legittimamente  autorizzate dall'autorita' competente; b) mancherebbe
 la stessa  legittimazione  del  giudice  remittente  a  sollevare  la
 questione perche', diversamente dal caso delle norme penali di favore
 considerato dalla sentenza n. 148 del 1983 di questa Corte, nel  caso
 in esame le norme denunciate "si collocano a monte del giudizio a quo
 e  sono  applicabili   da   altro   giudice",   cioe'   dal   giudice
 amministrativo;  c)  si  osserva  infine  che  gli  artt. 6 e 8 della
 Convenzione di Berna, invocati nell'ordinanza di rimessione, o  hanno
 bisogno,  per  diventare  operativi,  di  una  normazione  interna di
 attuazione, e allora non costituiscono per se' soli validi  parametri
 per  giudicare  della legittimita' attuale di leggi regionali, oppure
 sono divenuti  immediatamente  operativi  in  forza  della  legge  di
 esecuzione  del  1981  e  allora  hanno  abrogato  le leggi regionali
 incompatibili  preesistenti,  e  quindi,  per   ipotesi,   le   norme
 denunciate della legge regionale n. 17 del 1969.
    3.  -  Nel  merito,  premesso  che  a loro avviso il giudice a quo
 avrebbe confuso "l'uccellagione, che e' caccia  con  uccisione  delle
 prede, con la cattura, che invece comporta soltanto l'impossessamento
 degli uccelli mantenendoli in vita", gli imputati sostengono  che  le
 norme  impugnate  sono  conformi ai criteri fissati nell'art. 9 della
 Convenzione di Berna che consentono deroghe al divieto dei mezzi  non
 selettivi  di  cattura e di uccisione. In secondo luogo osservano che
 gli  strumenti  di  uccellagione   impiegati   possono   considerarsi
 selettivi  "in  ragione  del controllo sulle catture (con conseguente
 liberazione  degli  animali   protetti)   effettuato   dal   titolare
 dell'impianto di cattura".
    Siffatte  garanzie  renderebbero  la normativa contestata conforme
 agli standards  richiesti  dalla  stessa  Corte  di  giustizia  delle
 Comunita'  europee  nella  sentenza  27  aprile  1989, afferente alla
 direttiva comunitaria n. 409 del 1979, la cui disciplina e' analoga a
 quella della Convenzione di Berna.
    Tali  rilievi sono stati sviluppati dalla difesa degli imputati in
 una memoria depositata nell'imminenza dell'udienza di discussione.
                          Considerato in diritto
     1.  -  Il  Pretore  di  Udine,  Sezione  di Codroipo, ritiene non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 degli artt. 1, 2 e 10 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia
 24 luglio 1969, n. 17, e successive modificazioni e integrazioni  tra
 cui la legge regionale 8 maggio 1978, n. 39, per contrasto con l'art.
 4 dello Statuto regionale,  approvato  con  legge  costituzionale  31
 gennaio  1963, n. 1, in quanto non rispettosi degli artt. 6 e 8 della
 Convenzione  relativa  alla  conservazione  della  vita  selvatica  e
 dell'ambiente  naturale  in  Europa, adottata a Berna il 19 settembre
 1979 e ratificata dall'Italia con legge 5 agosto 1981, n. 503.
    2. - In via pregiudiziale deve essere dichiarato inammissibile, in
 conformita'  della   giurisprudenza   costante   di   questa   Corte,
 l'intervento della Federazione Italiana della Caccia, la quale non e'
 parte nel giudizio principale (cfr. sentenze nn. 220 e 412 del 1988).
    3.   -   Vanno  pure  respinte  preliminarmente  le  eccezioni  di
 inammissibilita' opposte dal patrocinio dei tre imputati.
    In  primo luogo si obietta che il giudice a quo non e' legittimato
 a sollevare la questione, suo compito essendo quello di applicare non
 le   norme   denunciate,   ma   l'atto   amministrativo  (licenza  di
 uccellagione) in base ad esse emanato dall'autorita' competente, atto
 riconosciuto  dallo  stesso  giudice "non illegittimo", e quindi "non
 direttamente disapplicabile dall'autorita' giudiziaria ordinaria". La
 questione di costituzionalita' delle norme regionali su cui l'atto si
 fonda potrebbe essere sollevata soltanto dal giudice  amministrativo,
 davanti  al  quale  le  licenze  potevano  essere,  ma non sono state
 impugnate.
    A  parte  il  rilievo  che  si  e'  omesso  di precisare da chi in
 concreto  le  licenze  dell'autorita'  provinciale  avrebbero  potuto
 essere  impugnate,  va  osservato  in  contrario che, proprio perche'
 obbligato ad  applicare  in  favore  dell'imputato  la  discriminante
 fornita  dalla  licenza,  il giudice penale ha il potere di sollevare
 pregiudizialmente la questione di costituzionalita'  delle  norme  da
 cui l'atto amministrativo ripete la sua legittimita'. La questione e'
 rilevante nel senso chiarito dalla sentenza n. 148 del 1983 di questa
 Corte,  in  quanto l'eventuale accoglimento verrebbe a incidere sulla
 formula  di  proscioglimento  dell'imputato.  Invero,  in   caso   di
 accoglimento,  l'autorizzazione amministrativa sarebbe disapplicabile
 come discriminante di un comportamento altrimenti  sussumibile  sotto
 una  fattispecie  di reato, e verrebbe in considerazione come ragione
 assolutoria di altra natura.
    In  secondo luogo si obietta che gli artt. 6 e 8 della Convenzione
 di Berna non hanno "carattere immediatamente precettivo", e  pertanto
 "non  costituiscono  nemmeno  validi  parametri  per  giudicare della
 legittimita' attuale delle leggi regionali".
    Indubbiamente  le  norme  citate  della  Convenzione,  le quali si
 rivolgono alle "parti contraenti"  impegnandole  a  introdurre  certe
 regole  di  condotta  nei rispettivi ordinamenti interni, non sono in
 questi direttamente operanti. E' da escludere, quindi, che  la  legge
 di  ratifica  n.  503  del  1981  abbia per se sola abrogato le leggi
 regionali   incompatibili    preesistenti.    La    stessa    Regione
 Friuli-Venezia Giulia, in due decreti del suo Presidente, n. 0521 del
 27 ottobre 1981 e n. 0179 del 26 aprile 1983, successivi  alla  legge
 statale   che   ha   reso  esecutiva  la  Convenzione  di  Berna,  ha
 esplicitamente ritenuto tuttora  in  vigore  la  legge  regionale  24
 luglio  1969, n. 17, in conformita' dell'art. 5 della legge regionale
 8 maggio 1978 n. 39.
    Tutto  cio'  pero'  non  significa  che  gli  artt.  6  e  8 della
 Convenzione non possano costituire validi  parametri  di  valutazione
 della legittimita' costituzionale delle leggi delle regioni a statuto
 speciale, in riferimento alla norma dei loro statuti che  vincola  la
 potesta'    legislativa   primaria   al   rispetto   degli   obblighi
 internazionali dello Stato. Non si puo' trarre argomento in contrario
 alla  sentenza  n.  830  del  1988  di  questa Corte. Oggetto di quel
 giudizio  era  un  conflitto  di   attribuzioni   originato   da   un
 provvedimento   dello   Stato  invasivo  della  competenza  regionale
 relativa alla gestione funzionale delle  foreste,  e  giustamente  la
 sentenza affermo' che un limite in favore dello Stato alla competenza
 della  regione  puo'  derivare  da  una  convenzione   internazionale
 soltanto  se  questa  imponga  agli  Stati  contraenti  una precisa e
 compiuta  regola  di  condotta,  di  cui  l'atto   interno   statale,
 modificativo  della  distribuzione di competenze tra Stato e regioni,
 costituisca necessario mezzo di  adempimento.  Oggetto  del  presente
 giudizio,  invece,  e'  una  questione  incidentale  di  legittimita'
 costituzionale di norme regionali: in esso la Regione  Friuli-Venezia
 Giulia  non viene in considerazione come ente investito di competenza
 legislativa e amministrativa in materia di caccia  (non  comprimibile
 dallo Stato se non quando il provvedimento statale sia indispensabile
 per  adempiere  un  obbligo  preciso  formalmente  assunto  in   sede
 internazionale),   bensi'   come  ente  destinatario  degli  obblighi
 internazionali dello Stato, ai quali e' suo compito dare attuazione a
 livello  locale,  nell'ambito della propria competenza. Percio' anche
 gli obblighi internazionali dello Stato, per la cui  operativita'  e'
 necessario  il  complemento di una normazione interna, sono parametri
 di valutazione della legittimita' costituzionale delle leggi  emanate
 dalle regioni nelle materie in cui tali obblighi incidono.
    4. - La questione e' fondata.
    In  quanto consentono la cattura in massa con mezzi non selettivi,
 quali la bressana, il roccolo,  la  prodina  e  le  panie,  le  norme
 denunciate  - gia' impugnabili per contrasto con l'art. 3 della legge
 statale 27 dicembre 1977, n. 968,  come  avverte  nelle  premesse  la
 stessa  ordinanza di rimessione - violano ulteriormente gli artt. 6 e
 8 della Convenzione di Berna: il primo obbliga le parti contraenti  a
 vietare  per le specie di uccelli "rigorosamente protette", enumerate
 nell'allegato II, qualsiasi forma di cattura e di  uccisione,  mentre
 il secondo, per le specie protette contemplate nell'allegato III e in
 caso di deroghe  concesse  in  conformita'  dell'art.  9  per  specie
 contemplate  nell'allegato II, vieta il ricorso a mezzi non selettivi
 di cattura.
    Non  vale obiettare che la selettivita' degli attrezzi autorizzati
 dall'art.  2  della  legge  regionale  e'   assicurata   dall'obbligo
 dell'uccellatore  di  liberare  gli  animali  di  specie protette. Il
 divieto  dell'art.  8  concerne  chiaramente  i  mezzi   di   cattura
 intrinsecamente  non  selettivi - dei quali l'allegato IV fornisce un
 elenco comprendente, sotto le voci "panie"  e  "reti",  anche  quelli
 censurati  dal  giudice a quo -, cioe' gli impianti non attrezzati in
 modo da escludere che in essi possano incappare  massicciamente,  col
 rischio   di  perire  al  momento  dell'impatto,  uccelli  di  specie
 protette.
    Nemmeno  ha  pregio  obiettare  che della legittimita' delle norme
 denunciate si deve giudicare alla stregua non degli artt. 6 e 8 della
 Convenzione,  ma  dell'art.  9,  il quale consente deroghe ai divieti
 stabiliti negli articoli precedenti,  e  cosi'  pure  al  divieto  di
 ricorso  ai  mezzi non selettivi di cattura. Che il regime di impiego
 di  tali  mezzi  previsto  dalla  legge  regionale  corrisponda  alle
 restrizioni,  in  termini  di  presupposti,  di scopi e di quantita',
 fissate dall'art. 9 e' difficile sostenere. Ma, indipendentemente  da
 tale  censura,  che  la  difesa  degli imputati reputa non abbastanza
 esplicitata dal giudice a quo, importa soprattutto osservare -  e  il
 rilievo  ha  carattere  assorbente  - che la lettera dell'art. 9 e lo
 spirito della Convenzione, promotrice di un progresso di civilta' nei
 rapporti   dell'uomo   con  la  natura,  escludono  rigorosamente  la
 possibilita'  di  deroghe  ai   divieti   disposti   dagli   articoli
 precedenti,  le  quali  consentano  la  cattura  di uccelli di specie
 protette seguita dalla soppressione, cioe' appunto l'uccellagione.
    La  legge  di  ratifica n. 503 del 1981 ha ribadito, assumendolo a
 contenuto  di  un  obbligo  internazionale  dell'Italia,  il  divieto
 assoluto di uccellagione gia' sancito dalla legge-quadro sulla caccia
 n. 968 del 1977. Con questa legge,  portante  norme  fondamentali  di
 riforma   economico-sociale,  secondo  la  valutazione  ripetutamente
 espressa da questa Corte (cfr. sentenza  n.  1002  del  1988,  e  qui
 citazione  dei  precedenti),  prima  ancora che con la Convenzione di
 Berna, deve armonizzarsi la legislazione esclusiva  delle  regioni  e
 delle  province  con  autonomia  speciale, e in particolare (le altre
 avendo gia' ottemperato) la legislazione della Regione Friuli-Venezia
 Giulia.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, nella parte
 in cui autorizza l'uccellagione praticata con appostamenti  fissi,  e
 degli artt. 2 e 10 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 24
 luglio 1969, n. 17 ("Esercizio dell'uccellagione nel territorio della
 Regione Friuli-Venezia Giulia").
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: MENGONI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 16 marzo 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 90C0309