N. 130 ORDINANZA 7 - 16 marzo 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati militari - Condanna - Automatica applicazione della rimozione
 dal grado dal momento del passaggio in giudicato della  sentenza -
 Jus superveniens: legge 7 febbraio 1990, n. 19 Necessita' di riesame
 della rilevanza della questione Restituzione degli atti al giudice  a
 quo.
 
 (Legge 31 luglio 1954, n. 599, art. 60).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.13 del 28-3-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 60 della legge
 31 luglio 1954, n. 599 (Stato dei sottufficiali dell'Esercito,  della
 Marina  e  dell'Aereonautica),  promosso  con  ordinanza  emessa il 5
 aprile 1989 dal Consiglio di Stato sul  ricorso  proposto  da  Falzoi
 Santino  contro  il  Ministero  della  Difesa, iscritta al n. 392 del
 registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1989;
    Visto  l'atto di costituzione di Falzoi Santino, nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  20  febbraio  1990  il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
    Uditi  l'avvocato  Vita  Spallitta per Falzoi Santino e l'Avvocato
 dello  Stato  Mario  Cevaro  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Ritenuto  che,  con ordinanza 5 aprile 1989, il Consiglio di Stato
 (Sez.  IV)  sollevava  questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  60  della  legge  31  luglio  1954  n. 599, in riferimento
 all'art. 3 della Costituzione;
      che   nell'ordinanza  il  giudice  rimettente  riferiva  che  il
 Tribunale di Lucca aveva  condannato  il  Sergente  maggiore  Santino
 Falzoi  per  il delitto di furto aggravato, concedendogli i cosidetti
 benefici di legge;
      che,  a seguito di cio', in applicazione dell'articolo impugnato
 ed in relazione all'art. 33  codice  penale  militare  di  pace  (che
 prevede  la  rimozione  dal  grado  in  caso  di  condanna per taluni
 delitti, tra cui il furto), il Ministro  della  Difesa,  con  proprio
 decreto,  privava  del  grado  il  sergente  maggiore a far epoca dal
 passaggio in giudicato della sentenza penale;
      che  il  Falzoi allora ricorreva avverso il provvedimento al TAR
 Toscana, che respingeva il ricorso ed il Falzoi proponeva appello  al
 Consiglio  di  Stato, il quale sollevava la questione di legittimita'
 sopra enunciata gia' con ordinanza 9 gennaio 1986;
      che  questa Corte, pero', con ordinanza 17 dicembre 1987 n. 532,
 aveva dichiarato inammissibile la proposta questione, in  aderenza  a
 precedenti  pronunzie,  in  quanto  aveva  ritenuto  che la censurata
 automaticita'  delle  sanzioni  derivasse  da  scelte  rimesse   alla
 insindacabile volonta' del legislatore;
      che,  come  si  e'  detto,  il  Consiglio  di  Stato solleva ora
 nuovamente la questione, nei limiti sopra riportati, in quanto questa
 Corte,  con sentenza 14 ottobre 1988 n. 971, radicalmente modificando
 l'orientamento  espresso  con  la  sentenza  n.  270  del  1986,   ha
 dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale di numerose disposizioni
 che prevedevano la destituzione ex lege di altrettante  categorie  di
 pubblici  dipendenti,  collegata  alla  condanna  penale  per  talune
 ipotesi di reato: e cio' in quanto veniva caducata la norma  generale
 di cui all'art. 85 del Testo Unico n. 3 del 1957;
      che,  secondo il giudice rimettente, la sentenza dichiarativa di
 illegittimita' costituzionale di una  norma,  avendo  efficacia  erga
 omnes   dal  giorno  successivo  alla  pubblicazione  sulla  Gazzetta
 Ufficiale, al pari della norma  giuridica,  porta  a  considerare  di
 portata  analoga allo jus superveniens l'incisione che in concreto la
 sentenza produce nell'assetto normativo della materia;
      che  da  cio'  deriverebbe,  pertanto,  sia  la  possibilita' di
 risollevare la questione dopo  l'intervento  del  nuovo  orientamento
 della  Corte,  sia  la  necessita' di risottoporre al suo giudizio la
 questione,  non  avendo  la  citata  sentenza   preso   in   espressa
 considerazione anche l'articolo impugnato;
      che  e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri, rappresentato  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  la
 quale  ha  chiesto  che  la questione sia dichiarata inammissibile ai
 sensi dell'art. 24, secondo  comma,  della  legge  costituzionale  11
 marzo   1953,   n.   1,   secondo  cui  l'eccezione  di  legittimita'
 costituzionale puo' essere  proposta  soltanto  "all'inizio  di  ogni
 grado ulteriore del processo";
      che   l'Avvocatura,  chiede,  comunque,  che  la  questione  sia
 dichiarata infondata nel merito;
      che  si  e'  costituita  altresi'  ritualmente la parte privata,
 rappresentata e difesa dall'avvocatessa Vita Maria Spallitta del foro
 di  Roma,  che  ha  presentato lunga e ampiamente motivata memoria di
 completa adesione alla tesi sollevata dall'ordinanza di rimessione;
    Considerato  che  e'  ormai  entrata in vigore la legge 7 febbraio
 1990 n.19 (Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale
 della  pena  e destituzione di pubblici dipendenti), pubblicata sulla
 Gazzetta Ufficiale del 13 febbraio u.s.;
      che l'art. 4 di tale legge dispone la sostituzione dell'art. 166
 codice penale, il cui nuovo primo comma estende alle pene  accessorie
 la sospensione condizionale della pena, e l'art. 8 sopprime l'art. 69
 del codice penale militare di pace;
      che, conseguentemente, in forza della nuova legge, tutte le pene
 accessorie  militari  sono  soggette  alla  sospensione  condizionale
 concessa per la pena principale;
      che  d'altra  parte,  l'art. 9 della legge in parola avverte che
 "il pubblico dipendente non  puo'  essere  destituito  di  diritto  a
 seguito   di  condanna  penale",  e  percio'  abroga  ogni  contraria
 disposizione di legge, dettando norme per l'inizio  del  procedimento
 disciplinare;
      che,  pertanto,  il  giudice a quo, a seguito della nuova legge,
 che viene ad incidere proprio sui punti controversi del merito  della
 sollevata  questione,  dovrebbe  di  regola riesaminare se questa sia
 ancora rilevante, ma che  a  cio'  sembra  frapporsi  l'eccezione  di
 inammissibilita'   proposta  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,
 accogliendo  la  quale   questa   Corte   dovrebbe   procedere   alla
 declaratoria;
      che,  pero',  ferma  restando  l'esattezza  di  quanto,  in  via
 generale,  e'  stato  osservato  dall'Avvocatura  dello   Stato,   va
 rilevato,  tuttavia,  che  allorquando la situazione dell'ordinamento
 risulti oggettivamente modificata a  seguito  di  radicale  mutamento
 della giurisprudenza di questa Corte, che abbia caducato il principio
 in   base   al   quale   era   stata   dichiarata   una    precedente
 inammissibilita',  la questione sollevata non puo' ritenersi identica
 a quella gia' portata all'esame della Corte;
      che,  di conseguenza, l'eccezione dev'essere respinta e gli atti
 vanno  restituiti  al  giudice  rimettente  affinche'  riesamini   la
 situazione alla luce della nuova legge, rivalutandone la rilevanza;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Ordina  la  restituzione  degli atti al Consiglio di Stato, Sez. IV
 giurisdizionale, affinche' rivaluti la rilevanza della questione alla
 luce  della  sopravvenuta  legge 7 febbraio 1990, n. 19 (Modifiche in
 tema  di  circostanze,  sospensione   condizionale   della   pena   e
 destituzione di pubblici dipendenti).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1990;
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: GALLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 16 marzo 1990.
                  Il direttore di cancelleria: MINELLI
 90C0315