N. 139 SENTENZA 7 - 26 marzo 1989

 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Statistica - Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Trentino-Alto Adige,
 Lombardia e province autonome di Trento e Bolzano - Norme  sulla
 riorganizzazione dell'Istat - Uffici regionali Formazione e
 approvazione del programma - Partecipazione degli enti - Esclusione -
 Ragionevolezza - Infondatezza.
 
 (D.Lgs. 6 settembre 1989, n. 322, art. 5, primo e secondo comma;
 d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, artt. 3, terzo, quarto e quinto
 comma, 21, lett.  c), 17, sesto comma, e 15, primo comma;  d.lgs. 6
 settembre 1989, n. 322, artt. 21, lettere  a) e  b), e  15, primo
 comma, lett.  d); d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, art. 26, primo
 comma, 13, terzo e quarto comma, e 9, secondo comma; d.lgs. 6
 settembre 1989, n. 322, art. 17, secondo comma, e 26, terzo comma).
 
 (Statuto regione Trentino-Alto Adige; Cost., artt. 117, 118, 119  e
 81, quarto comma).
(GU n.14 del 4-4-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 3, terzo,
 quarto e quinto comma, 5, primo e  secondo  comma,  9,  13,  terzo  e
 quarto  comma, 15, primo comma, lettere c ) e d), 17, secondo e sesto
 comma, 21 e 26, primo  e  terzo  comma,  del  Decreto  legislativo  6
 settembre  1989,  n.  322  (Norme  sul sistema statistico nazionale e
 sulla  riorganizzazione  dell'Istituto   nazionale   di   statistica)
 promossi  con  ricorsi delle Regioni Toscana ed Emilia-Romagna, delle
 Province  autonome  di  Bolzano  e  di   Trento   e   delle   Regioni
 Trentino-Alto  Adige  e  Lombardia,  notificati il 20 e il 23 ottobre
 1989, depositati in cancelleria il 23, il 26, il 27 ottobre  e  il  2
 novembre  successivi  ed  iscritti ai nn. 82, 84, 85, 86, 87 e 88 del
 registro ricorsi 1989;
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  17  gennaio  1990  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi  gli  Avvocati  Alberto  Predieri  per  la  Regione Toscana,
 Giandomenico Falcon e Luigi  Mauri  per  la  Regione  Emilia-Romagna,
 Sergio  Panunzio  e  Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano,
 Sergio Panunzio per la Provincia autonoma  di  Trento  e  la  Regione
 Trentino-Alto  Adige,  Valerio Onida e Gualtiero Rueca per la Regione
 Lombardia e l'Avvocato dello Stato Franco Favara  per  il  Presidente
 del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Le Regioni a statuto ordinario Toscana ed Emilia-Romagna, le
 Province autonome di Bolzano  e  di  Trento,  nonche'  la  Regione  a
 statuto speciale Trentino-Alto Adige e la Regione a statuto ordinario
 Lombardia hanno presentato distinti ricorsi  con  i  quali  sollevano
 numerose  questioni  di  legittimita' costituzionale nei confronti di
 vari articoli del Decreto  legislativo  6  settembre  1989,  n.  322,
 intitolato   "Norme   sul   sistema   statistico  nazionale  e  sulla
 riorganizzazione dell'Istituto  nazionale  di  statistica,  ai  sensi
 dell'art. 24 della legge 23 agosto 1988, n. 400".
    Le  Province autonome di Bolzano e di Trento, oltreche' la Regione
 Trentino-Alto  Adige,  contestano  la   legittimita'   costituzionale
 dell'art.   5,   primo  comma,  in  quanto  lederebbe  le  competenze
 assicurate alla Regione dagli artt. 4, 5 e 16 e alle  Province  dagli
 artt.  8,  9 e 16 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e
 dalle relative norme di attuazione (spec. d.P.R. 31 luglio  1978,  n.
 1017;  d.P.R.  24 marzo 1981, n. 228 e d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474),
 anche in riferimento agli artt. 13, 14, 15 e 16 della legge 11  marzo
 1972,  n.  118. Ad avviso delle ricorrenti - posto che l'informazione
 statistica  costituisce  un  "potere  implicito"   nelle   competenze
 materiali  ad esse assegnate e che, pertanto, rientra fra le potesta'
 di  livello  primario   come   "potere   statistico"   esplicitamente
 riconosciuto da varie norme di attuazione e concretamente esercitato,
 fra  l'altro,  con  la  costituzione  di  istituti   provinciali   di
 statistica -, una disposizione di legge statale, la quale afferma che
 "spetta a ciascuna regione ed alle province autonome di Trento  e  di
 Bolzano  istituire  con  propria legge uffici di statistica" (art. 5,
 primo comma), appare contrastare  con  le  norme  costituzionali  che
 attribuiscono  alle  ricorrenti stesse i medesimi poteri, non potendo
 questi essere attribuiti o tolti con leggi ordinarie.
    La Regione Emilia-Romagna dubita della legittimita' costituzionale
 dell'art. 5, secondo comma, il  quale  riafferma  la  competenza  del
 Consiglio  dei  ministri  sugli  atti di indirizzo e coordinamento ai
 sensi dell'art. 2, comma terzo, lettera d), della legge  n.  400  del
 1988,  al  fine  di  "assicurare unicita' di indirizzo dell'attivita'
 statistica di competenza delle regioni e delle province autonome", in
 quanto,  in  contrasto  con  gli artt. 117, primo comma, e 118, primo
 comma, della Costituzione,  istituirebbe  un  potere  governativo  di
 indirizzo  e  coordinamento  assolutamente  generico e indeterminato,
 lesivo del  principio  di  legalita'  ed  invasivo  delle  competenze
 regionali   per   la   totale  mancanza  di  interessi  pubblici  cui
 finalizzare quella funzione. Piu' in particolare, la Regione  osserva
 che,  se  la  previsione  della  legge  n. 400 del 1988 poteva essere
 interpretata come norma procedurale e non innovativa (v. sent. n. 242
 del  1989),  cio'  non sarebbe piu' possibile in relazione alla legge
 impugnata, cioe' a una legge di settore che, se non si riferisse alla
 concreta   istituzione   di  poteri  di  indirizzo  e  coordinamento,
 risulterebbe, per la parte considerata, del tutto vuota di  contenuto
 normativo.  Se  cosi'  fosse,  continua la Regione, i relativi poteri
 sarebbero   illegittimi   in   quanto   assolutamente   generici    e
 indeterminati,  dato  che  l'art.  5, comma secondo, non ne determina
 l'oggetto e la portata, limitandosi a stabilirne la finalizzazione in
 modo  che,  peraltro,  appare illegittimamente preclusivo di autonomi
 indirizzi regionali laddove esige una "unicita'"  di  indirizzo.  Ma,
 conclude  la  Regione,  anche se si limitasse a richiedere un livello
 minimo  di  unicita'  di  indirizzo,  la  norma   impugnata   sarebbe
 egualmente  illegittima  in  quanto il potere cosi' conferito sarebbe
 del tutto privo  di  riferimenti  oggettivi  a  discapito  di  quelle
 esigenze  di  legalita'  dell'esercizio  per via amministrativa della
 funzione di indirizzo e coordinamento riconosciute  da  questa  Corte
 sin   dalla  sentenza  n.  150  del  1982.  Del  resto,  aggiunge  la
 ricorrente,  posto  che  le   scelte   politico-amministrative   sono
 riservate  al  Programma  statistico  nazionale  e le scelte tecniche
 all'Istat, non vi sarebbe oggettivamente spazio per  alcuna  funzione
 di indirizzo e coordinamento da svolgere nei confronti delle regioni.
    Oggetto  di  varie  censure  e'  anche  l'art. 3, nei commi terzo,
 quarto  e  quinto.  La  Regione  Trentino-Alto  Adige  dubita   della
 legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma terzo, in riferimento
 agli artt. 4, n. 7 e n. 8, 5, n. 1, e 16 dello Statuto  speciale  per
 il  Trentino-Alto  Adige  e  alle relative norme di attuazione (spec.
 art. 2 d.P.R. 31 luglio 1978, n. 1017; art. 2, d.P.R. 28 marzo  1975,
 n.  474).  Secondo  la  ricorrente, la disposizione impugnata - nello
 stabilire che le attivita' e le funzioni degli uffici statistici sono
 regolate  dalla legge 16 novembre 1939, n. 1823 e che "entro sei mesi
 dalla data di entrata in vigore del presente decreto gli enti locali,
 ivi  comprese  le  unita'  sanitarie locali che non vi abbiano ancora
 provveduto, istituiscono  l'ufficio  di  statistica  anche  in  forma
 associata  o  consortile"  e nel disporre analogo obbligo con effetto
 immediato per i comuni con piu' di centomila abitanti - lederebbe  le
 competenze  legislative  della  regione  a disciplinare l'ordinamento
 delle U.S.L., delle camere di commercio e dei comuni, non trattandosi
 di norme di principio in grado di vincolare le competenze concorrenti
 (comuni) e, tantomeno, quelle  esclusive.  Le  Regioni  Lombardia  ed
 Emilia-Romagna  impugnano,  inoltre, l'art. 3, comma quarto, il quale
 dispone  che  le  prefetture   assicurino   "il   coordinamento,   il
 collegamento  e  l'interconnessione a livello provinciale di tutte le
 fonti pubbliche preposte alla raccolta e alla elaborazione  dei  dati
 statistici":  per la prima, tale disposizione escluderebbe le regioni
 dal loro ruolo naturale di sedi di coordinamento a livello  regionale
 e  locale e precluderebbe alle stesse la possibilita' di disporre dei
 dati  statistici;  per  la  seconda,  invece,  l'illegittimita'   non
 risiederebbe    nella    previsione   del   coordinamento   e   della
 interconnessione delle fonti pubbliche, ma  piuttosto  nell'omissione
 di   procedure  consensuali  per  la  determinazione  delle  relative
 direttive  quando  queste  ultime  riguardino   fonti   regionali   o
 rappresentate  da  enti  operanti in materia di competenza regionale.
 Infine, la sola Regione Emilia-Romagna  chiede  l'annullamento  anche
 dell'art.  3,  quinto comma, il quale, nel disporre che gli uffici di
 statistica prima indicati (e quindi anche quelli dei comuni  e  delle
 U.S.L.)  esercitano  le  proprie attivita' secondo le direttive e gli
 atti di indirizzo emanati dal Comitato di  coordinamento  dell'Istat,
 escluderebbe il potere della regione di dettare norme e indirizzi per
 le indagini statistiche di proprio interesse.
   Tutte le ricorrenti contestano la legittimita' costituzionale dell'
 art. 21, lettera c), che, nel definire  gli  oggetti  degli  atti  di
 indirizzo  di  cui  all'art.  17 dello stesso Decreto legislativo, vi
 include anche "i criteri organizzativi e la funzionalita'" degli enti
 e  degli  uffici  statistici  facenti  parte  del  Sistema statistico
 nazionale, e quindi anche di quelli delle regioni (o  delle  province
 autonome) o, comunque, assoggettati alle competenze di queste stesse.
 Tuttavia,  anche  se  tutte  le  ricorrenti  lamentano  in   sostanza
 l'esorbitanza   dei  poteri  cosi'  definiti  dai  confini  del  c.d.
 indirizzo e coordinamento tecnico, molte di esse impugnano il  citato
 art. 21, lettera c), in combinato disposto con altre norme.
    Le  Regioni  Emilia-Romagna  e  Toscana  ritengono che a ledere le
 proprie competenze in materia di ordinamento degli  uffici  regionali
 (art.  117  Cost.)  sia il citato art. 21, lettera c), in connessione
 con l'art.  17,  sesto  comma  (il  quale  dispone  che  il  Comitato
 dell'Istat emana atti di indirizzo nei confronti degli uffici facenti
 parte del Servizio statistico  nazionale)  e  con  l'art.  15,  primo
 comma,  lettera c) (secondo il quale l'Istat provvede all'indirizzo e
 al coordinamento delle  attivita'  statistiche  degli  enti  e  degli
 uffici facenti parte del Servizio statistico nazionale). Secondo tali
 regioni, la lesione dell'autonomia costituzionale ad  esse  garantita
 deriverebbe  dal fatto che il complesso di norme ora indicate farebbe
 riferimento  non  solo  alle  metodologie   statistiche,   ma   anche
 all'organizzazione   degli   uffici   come   tali,  senza  che  possa
 intravvedersi   a   giustificazione   di   simile   ingerenza   alcun
 apprezzabile  interesse  unitario.  Con  analoghe  argomentazioni  la
 Regione Lombardia impugna  le  medesime  disposizioni,  cui  aggiunge
 anche  l'art.  21,  lettere  a ) e b), che, estendendo l'ambito degli
 indirizzi  in  questione  agli  "atti  di  esecuzione  del  programma
 statistico   nazionale"  e  alle  "iniziative  per  l'attuazione  del
 predetto  programma",  concorrerebbe  a  configurare  un  potere   di
 indirizzo  e coordinamento politico-amministrativo contrastante con i
 requisiti costituzionali, e  in  particolare  con  l'esigenza  che  a
 determinarne  il  contenuto  sia  il  Governo,  con  il  principio di
 legalita' e con il carattere non di dettaglio dei relativi indirizzi.
 Con  motivi  dello  stesso  tipo le Province autonome di Bolzano e di
 Trento  contestano  la  legittimita'  costituzionale  dell'art.   21,
 lettera  c)  -  come pure la Regione Trentino-Alto Adige, che, pero',
 l'impugna in combinato disposto con gli artt. 3, quinto comma, e  17,
 sesto  comma,  -  invocando, ovviamente, parametri diversi, quali gli
 artt. 8, 9 e 16 (Province) e 4 nn. 1, 7 e 8, 5 n. 1  e  16  (Regione)
 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e relative norme di
 attuazione, oltreche' gli artt. 13, 14, 15 e 16 della  legge  n.  118
 del 1972.
    Gli  stessi  parametri  da  ultimo menzionati sarebbero violati, a
 giudizio delle Province di  Trento  e  di  Bolzano  e  della  Regione
 Trentino-Alto Adige, anche dall'art. 26, primo comma, che impone alle
 amministrazioni e agli enti previsti negli artt. 3 e  4  -  e  quindi
 anche  alle  province,  ai  comuni,  alle  camere di commercio e alle
 U.S.L. - di inviare entro tre mesi una relazione alla Presidenza  del
 Consiglio  sulla  situazione  degli  uffici statistici esistenti e di
 provvedere, entro i successivi tre mesi, alla riorganizzazione o alla
 istituzione  di  uffici  statistici, anche sulla base delle eventuali
 direttive della Presidenza del Consiglio.  Ove  questa  disposizione,
 come  sembrerebbe  dal  suo  collegamento  con  l'art.  3, intendesse
 radicare nella predetta Presidenza un potere  di  direttiva  relativo
 alla   riorganizzazione  o  alla  istituzione  di  uffici  statistici
 rientranti nei campi di competenza  delle  ricorrenti,  essa  sarebbe
 incostituzionale  in quanto lesiva dei poteri delle stesse ricorrenti
 sull'ordinamento  dei  propri  uffici  e  sullo   svolgimento   delle
 attivita'  statistiche  di  loro  interesse  (poteri,  peraltro, gia'
 esercitati),  nonche'  dei  requisiti  costituzionali  propri   della
 funzione governativa di indirizzo e coordinamento (nel caso che cosi'
 venisse definito quel potere di direttiva vincolante e puntuale).
    La   Regione   Toscana  contesta  la  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 15, primo comma, lettera d), in quanto, nel sottoporre  gli
 uffici  regionali  di statistica alla valutazione da parte dell'Istat
 circa "l'adeguatezza dell'attivita' di detti enti agli obiettivi  del
 programma statistico nazionale", violerebbe gli artt. 117 e 118 della
 Costituzione.
    Le   Regioni   Toscana  e  Lombardia  contestano  la  legittimita'
 costituzionale dell'art. 9, il quale  dispone  che  i  dati  raccolti
 dagli   uffici   statistici  facenti  parte  del  Sistema  statistico
 nazionale "non possono essere comunicati, se non in  forma  aggregata
 sulla  base  di  dati  individuali  non nominativi, ad alcun soggetto
 esterno, pubblico o privato, ne'  ad  alcun  ufficio  della  pubblica
 amministrazione".  Ove tale disposizione dovesse esser riferita anche
 agli  uffici  statistici  delle  regioni  (come,  per   la   verita',
 sembrerebbe  escluso  dall'art. 21, lettera d), che richiama soltanto
 il rispetto del segreto d'ufficio ex art. 8, e non gia' i  limiti  di
 cui  all'art.  9,  nell'interscambio  dei dati fra gli uffici facenti
 parte del Servizio  statistico  nazionale),  risulterebbero  lese  le
 potesta'  regionali  in  materia statistica, in quanto, se le regioni
 potessero ricevere dall'Istat solo  dati  aggregati,  ne  deriverebbe
 l'impossibilita'  per  le  stesse  di  effettuare  qualsiasi autonoma
 elaborazione  avente  come  base  necessaria  i  dati  individuali  o
 aggregazioni  di questi diverse da quelle effettuate dall'Istat per i
 suoi fini.
    Alcune questioni concernono, poi, il principio di cooperazione fra
 Stato e regioni in materie di  competenza  statale  interferenti  con
 materie riservate alle regioni stesse. La sola Regione Emilia-Romagna
 contesta la legittimita' costituzionale dell'art. 13, terzo e  quarto
 comma,  "in  quanto, a fronte del pieno inserimento delle regioni nel
 programma statistico nazionale e nella sua attuazione, non garantisce
 la  collaborazione  e  la  partecipazione  regionale  nella  fase  di
 formazione  e  approvazione  del  programma   stesso".   Secondo   la
 ricorrente,  infatti,  la  mancanza  della garanzia di "una misura di
 partecipazione e di  collaborazione"  dei  soggetti  regionali  nella
 predetta  fase  darebbe vita a un sistema gravemente sbilanciato dato
 che le regioni si troverebbero a non poter influire  in  nessun  modo
 sulle  decisioni  relative  alle  indagini statistiche anche inerenti
 alle  materie  di  loro  interesse  e  attribuzione,  nonche'   sulle
 decisioni  relative  all'attuazione delle stesse indagini, attuazione
 cui pur esse sono chiamate  a  partecipare.   Le  Regioni  Toscana  e
 Lombardia  contestano  la  legittimita'  costituzionale dell'art. 17,
 secondo comma, il quale, nel definire la composizione del Comitato di
 indirizzo  e  coordinamento dell'informazione statistica, prevede, in
 un collegio di ventidue membri  (di  cui  quattordici  di  estrazione
 statale),   un   solo   rappresentante   regionale,  designato  dalla
 Conferenza permanente per i rapporti fra Stato e regioni. Secondo  le
 ricorrenti,  si  avrebbe,  cosi',  un evidente e assurdo squilibrio -
 dato che la rappresentanza regionale  sarebbe  pari  a  un  terzo  di
 quella  assicurata  all'associazione dei comuni e un quinto di quella
 complessiva degli enti locali - che si  tradurrebbe  in  una  lesione
 della  posizione  costituzionale  delle  regioni, le quali dovrebbero
 avere un ruolo primario nel sistema nazionale  e  sarebbero  comunque
 colpite dalle determinazioni del Comitato di cui si discute.
    Infine,  la  Regione  Toscana  impugna  l'art. 26, terzo comma, il
 quale, con l'escludere i finanziamenti  necessari  per  l'istituzione
 degli  uffici  statistici  imposti  dall'art.  5 del medesimo Decreto
 legislativo, contravverrebbe ai principi stabiliti dagli artt. 119  e
 81,  comma  quarto,  della  Costituzione,  palesando, fra l'altro, un
 irragionevole contrasto all'interno dello stesso complesso normativo.
    2. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri per
 chiedere che alcune questioni siano dichiarate inammissibili e  altre
 non fondate.
    Riguardo  alle  censure  mosse  all'art.  5,  primo  comma,  dalle
 Province di Trento e di Bolzano, nonche' dalla Regione  Trentino-Alto
 Adige,  l'Avvocatura  dello Stato contesta, in generale, che si possa
 parlare, se non in poche situazioni, di  esercizio  di  una  pubblica
 funzione  o di un potere in materia statistica o, addirittura, di una
 attribuzione  costituzionalmente  garantita  alle  regioni   o   alle
 province  autonome, trattandosi piuttosto di un servizio integrato in
 una rete nazionale e internazionale,  che,  pertanto,  presupporrebbe
 un'elaborazione  di  metodi  e  di  classificazioni diretta a un piu'
 informato  esercizio  delle  proprie  competenze   materiali   e   ad
 assicurare  l'imparzialita'  tecnica del servizio e la compatibilita'
 dei dati raccolti dalle  regioni  (o  dalle  province  autonome)  con
 quelli nazionali e internazionali. Cio' posto come premessa generale,
 l'Avvocatura ritiene che  sia  inammissibile  la  questione  relativa
 all'art.  5,  primo comma, in quanto si risolverebbe in una questione
 di interpretazione, e percio' non "attuale", che,  peraltro,  sarebbe
 agevolmente   risolvibile   in   base  al  parere  reso  dalla  Prima
 Commissione della Camera dei deputati, secondo  il  quale  l'articolo
 impugnato  "deve essere inteso nel senso che le regioni e le province
 autonome non sono obbligate a istituire gli uffici in  questione,  ma
 che,  qualora  intendano  provvedere  in tal senso, debbono farlo con
 legge". Tanto piu' cio' vale,  secondo  l'Avvocatura,  in  quanto  le
 ricorrenti  non  porrebbero una questione di portata generale in tema
 di  posizione  ad  opera  dello  Stato  di  norme  sulla   produzione
 legislativa  delle  regioni  e  province  autonome, nel senso che non
 sosterrebbero che "al legislatore statale ordinario  sarebbe  inibito
 porre  disposizioni  che comunque abbiano ad ampliare od a confermare
 od a comprimere l'ambito di competenza legislativa  delle  regioni  e
 province  autonome".  In  ogni  caso,  la  questione  proposta  dalle
 ricorrenti sarebbe, per l'Avvocatura, infondata, dato che  l'art.  5,
 primo  comma,  non contrasterebbe con nessuno dei parametri invocati,
 alcuni dei quali (artt. 10 del d.P.R. n. 1017 e 1, 2 e 3  del  d.P.R.
 n.  228  del  1981),  anzi,  avrebbero in qualche misura anticipato i
 criteri organizzativi del "sistema statistico nazionale".
    Sulla   questione  posta  dalla  Regione  Emilia-Romagna  riguardo
 all'art. 5, secondo comma, l'Avvocatura dello Stato replica che  essa
 sarebbe,  per  un  verso,  inammissibile, in quanto, nel censurare la
 totale mancanza di un interesse  nazionale  a  giustificazione  della
 prevista   funzione   di   indirizzo   e  coordinamento,  sembrerebbe
 richiedere un  requisito  di  "utilita'  prevedibile"  dell'esercizio
 della stessa; per altro verso, sarebbe comunque infondata, poiche' la
 disposizione impugnata non creerebbe, essa  stessa,  la  funzione  di
 indirizzo  e  coordinamento (basata, com'e' noto, sulla Costituzione)
 ma ne specificherebbe oggetto e finalita', identificando,  il  primo,
 nell'attivita'   statistica   e,   le   seconde,   nel   "sistematico
 collegamento e (nel)l'interconnessione di tutte le  fonti  pubbliche"
 (come  si  esprime  la  legge  di  delega,  all'art. 24, primo comma,
 lettera a), e lo stesso art. 1 del decreto impugnato).
    L'Avvocatura dello Stato contesta la fondatezza della richiesta di
 illegittimita' costituzionale avanzata  dalla  Regione  Trentino-Alto
 Adige  nei  confronti dell'art. 3, terzo comma, basandosi sul rilievo
 che le attivita' statistiche delle camere di commercio,  come  quelle
 dei  comuni  e  delle  U.S.L.,  sarebbero,  ai sensi dell'art. 10 del
 d.P.R. n. 1017 del 1978, "delegate" alle  Province  di  Trento  e  di
 Bolzano,  che  le  esercitano  mediante  propri uffici, dei quali "si
 avvale"  l'Istat.   Quanto   alle   censure   mosse   dalle   Regioni
 Emilia-Romagna  e  Lombardia  all'art.  3, quarto comma, l'Avvocatura
 dello  Stato  ritiene  che  siano  infondate,  dal  momento  che   le
 disposizioni   impugnate   affiderebbero  alle  Prefetture  un  ruolo
 palesemente esecutivo o, al piu', di vigilanza, diretto ad assicurare
 che,  al  livello  provinciale,  "il coordinamento, il collegamento e
 l'interconnessione" siano in concreto realizzati ed attuati nei  modi
 e   nella   misura   indicati   dal  Governo  o  dall'Istat.  Sicche'
 apparirebbero ingiustificate tanto la  richiesta  di  un  inserimento
 additivo  di un'intesa con la regione, quanto la pretesa che siano le
 regioni  a  coordinare  l'intera  attivita'  statistica  di   livello
 regionale  o locale e a gestire i relativi dati. Identica conclusione
 dovrebbe valere, secondo l'Avvocatura, per l'art.  3,  quinto  comma,
 che prevedrebbe un potere di indirizzo ricompreso nel piu' penetrante
 potere di direttiva vincolante  di  cui  all'art.  17  (peraltro  non
 impugnato,  sotto  questo  aspetto,  dalla  Regione Emilia-Romagna) e
 giustificabile costituzionalmente con gli stessi argomenti che questa
 Corte  ha  piu' volte usato, per quanto riguarda le U.S.L., in ordine
 alle strutture operative del Servizio sanitario nazionale.
    Riguardo   alle  contestazioni  mosse  dalle  Regioni  Toscana  ed
 Emilia-Romagna relativamente all'art. 21, lettera c), in  connessione
 con  gli  artt.  15,  primo  comma,  lettera  c),  e 17, sesto comma,
 l'Avvocatura dello Stato  osserva  che  la  nozione  di  indirizzo  e
 coordinamento  "tecnico"  non potrebbe esaurirsi nell'incidenza sulle
 metodologie,  poiche'  l'applicazione  di  queste   ultime   potrebbe
 pervenire a risultati sterili o ingannevoli per effetto di disarmonie
 organizzative   o   funzionali:   tra   "procedure    tecniche"    ed
 "organizzazione"  vi  sarebbe, infatti, un collegamento strettissimo,
 dato che il "buon andamento" di un'attivita', come quella statistica,
 per  sua natura oggettiva e non frazionabile (nel senso che una parte
 condiziona  il  tutto),  coinvolgerebbe  necessariamente  le  une   e
 l'altra.  In ogni caso, precisa l'Avvocatura replicando alle analoghe
 censure della Regione Lombardia, l'art. 21, lettera c),  deve  essere
 raccordato  con l'art. 17, sesto comma, che opera una separazione fra
 i destinatari delle "direttive" e quelli degli "atti di indirizzo", e
 con  l'art. 5, secondo e terzo comma, che "filtra" la norma impugnata
 nel duplice senso degli indirizzi politico-amministrativi e di quelli
 tecnici.  Inoltre, nel respingere la censura della Lombardia all'art.
 21, primo comma, lettere a ) e b), l'Avvocatura aggiunge  che,  fermo
 restando   che   i   "vincoli"   discendono  dal  programma,  con  la
 disposizione  impugnata  si  intende  stabilire  l'interesse  di  chi
 formula  il  programma  con le indisgiungibili fasi dell'attuazione e
 dell'esecuzione  dello  stesso.  Con  argomenti  analoghi  a   quelli
 formulati  in  replica  alle regioni appena considerate, l'Avvocatura
 dello Stato respinge anche le  censure  proposte  dalle  Province  di
 Trento e di Bolzano e dalla Regione Trentino-Alto Adige, aggiungendo,
 in particolare, che direttive "eccedenti il carattere  tecnico"  sono
 gia'  previste  dall'art.  10 delle norme di attuazione contenute nel
 d.P.R. n. 1017 del 1978, che, anzi, restringerebbe ancor di  piu'  lo
 spazio a favore delle ricorrenti.
    Del  pari  infondata  sarebbe  la  censura  proposta dalla Regione
 Toscana  contro  l'art.  15,  primo  comma,  lettera  d),  nel  quale
 sarebbero  previste  solo  attivita'  meramente  conoscitive,  e  non
 provvedimentali,  vo'lte,  tutt'al  piu',  a   innescare   iniziative
 governative.
    Quanto  alle  censure  prospettate  dalle  Province di Trento e di
 Bolzano e dalla Regione Trentino-Alto Adige verso  l'art.  26,  primo
 comma,  l'Avvocatura  osserva  che,  a  parte  l'inammissibilita'  di
 censure riguardanti disposizioni gia' contenute in nuce  nella  norma
 di  delega  (art.  24  della  legge  n. 400 del 1988), esse sarebbero
 infondate in quanto l'insieme del citato art.  24  e  di  quello  ora
 impugnato  costituirebbe  un'importante riforma, ispirata ad esigenze
 oggettivamente unitarie e non frazionabili.
    Riguardo  alle  censure  mosse  dalle  Regioni Toscana e Lombardia
 all'art. 9, l'Avvocatura osserva che tale articolo, il quale e' posto
 a  difesa  del  segreto  statistico, non e' fondatamente sospettabile
 d'illegittimita' costituzionale, tanto piu'  che  una  cosa  sono  le
 disaggregazioni anche particolareggiate e altra cosa la nominativita'
 dei dati.
    Relativamente  alla  pretesa lesione del principio di cooperazione
 prospettata dalla Regione Emilia-Romagna in ordine all'art. 13, terzo
 e  quarto comma, l'Avvocatura osserva che essa sarebbe, innanzitutto,
 inammissibile, in quanto chiede  una  pronuncia  additiva  diretta  a
 introdurre   un   "meccanismo  idoneo"  a  rappresentare  le  istanze
 regionali senza precisare quale sia, fra i molti ipotizzabili, quello
 ipoteticamente  conforme  a  Costituzione. In ogni caso, la questione
 sarebbe  infondata,  in  quanto,  rispetto  al  Programma  statistico
 nazionale,  che  concerne le rilevazioni giustificate da un interesse
 infrazionabile  e  gli  obiettivi  generali  del  sistema  statistico
 nazionale,  la partecipazione regionale potrebbe essere utile (ma non
 necessaria) nella fase della "predisposizione" dello stesso da  parte
 dell'Istat, mentre dovrebbe escludersi nella fase di approvazione, di
 esclusiva spettanza dello Stato,  quale  espressione  unitaria  della
 collettivita' nazionale anche nei rapporti internazionali.
    Anche le censure formulate dalla Toscana e dalla Lombardia avverso
 l'art.  17,  comma  secondo,  a  parere  dell'Avvocatura,  sarebbero,
 innanzitutto,  inammissibili,  in  quanto  si  risolverebbero  in una
 richiesta di rideterminare la quantita' dei rappresentanti in seno al
 Comitato  ivi previsto. In ogni caso, esse sarebbero anche infondate,
 in quanto non si potrebbe individuare alcuna norma  costituzionale  a
 sostegno della pretesa irragionevolezza della norma impugnata.
    Non  fondata,  secondo  l'Avvocatura,  sarebbe  pure  la questione
 relativa all'art. 26, comma terzo, proposta dalla Regione Toscana, in
 quanto  l'attivita'  statistica  delle  regioni  sarebbe,  per queste
 ultime, attivita' "normale", ai sensi dell'art. 119,  secondo  comma,
 della  Costituzione.  Essa,  pero',  sarebbe  pure inammissibile, sia
 perche' quella impugnata sarebbe una mera certificazione burocratica,
 sia  perche'  gli  oneri  "non addossati allo Stato" sarebbero quelli
 stanziati per il funzionamento dell'Istat, sia perche' sarebbe frutto
 di aberratio ictus.
    3.  -  In  prossimita'  dell'udienza  hanno  presentato memorie le
 Regioni  Toscana,  Lombardia,  Trentino-Alto  Adige  e  le   Province
 autonome  di  Trento  e di Bolzano, le quali, oltre a ribadire quanto
 gia'  prospettato  nei  primi  scritti  difensivi,  formulano   nuovi
 argomenti.
    Riguardo  alla  censura  relativa  all'art.  5,  primo  comma,  le
 Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano   precisano   che   la
 reiterazione  o  la  conferma  di un'attribuzione di competenza, gia'
 prevista da norme costituzionali, ad opera di disposizioni  di  legge
 ordinaria,  configurerebbero un vizio di costituzionalita', in quanto
 presuppongono chiaramente il  potere  del  legislatore  ordinario  di
 disporre della competenza regionale o provinciale stabilita con legge
 costituzionale.
    In  replica  agli  argomenti  addotti  dall'Avvocatura dello Stato
 contro le contestazioni mosse all'art. 3, quarto  comma,  la  Regione
 Lombardia   osserva  che  la  difesa  del  Governo  trascurerebbe  di
 considerare, per un verso,  che  le  prefetture  non  possono  essere
 titolari  di  poteri  di  indirizzo  e  di coordinamento e, per altro
 verso, che le regioni, in virtu' del "potere  implicito"  in  materia
 statistica  ad  esse riconosciuto, non potrebbero svolgere le proprie
 rilevazioni su base regionale in mancanza del potere di coordinare le
 attivita' statistiche degli enti locali.
    In  ordine alle questioni sollevate avverso l'art. 21, lettera c),
 la Regione Toscana, dopo aver osservato che il  raccordo  con  l'art.
 17,  sesto  comma,  operato  dall'Avvocatura,  confermerebbe  che  il
 Comitato ivi previsto potrebbe porre atti di indirizzo nei  confronti
 delle  regioni  anche  sui "criteri organizzativi e la funzionalita'"
 degli uffici regionali, afferma che la disposizione impugnata sarebbe
 palesemente    illegittima   ove   si   riferisse   all'indirizzo   e
 coordinamento  politico-amministrativo,  ma  lo  sarebbe  anche   ove
 concernesse   l'indirizzo   e   coordinamento   tecnico,   in  quanto
 configurerebbe una norma inutile  e  caratterizzata  da  una  globale
 irrazionalita'.  Ne',  sempre ad avviso della ricorrente, si potrebbe
 ipotizzare,  come  fa  invece  l'Avvocatura,   che   l'organizzazione
 amministrativa  sia  inscindibilmente  collegata con il coordinamento
 tecnico,  poiche'  questa  ipotesi   sarebbe   doppiamente   smentita
 dall'art.   5,   terzo   comma,  che  circoscrive  quest'ultimo  alle
 metodologie statistiche e dall'art. 17, secondo  comma,  lettera  c),
 che,  nell'indicare il rappresentante regionale, esige che sia scelto
 "tra i propri membri" dalla Conferenza Stato-regioni, che non  svolge
 certo compiti di coordinamento tecnico. Riguardo allo stesso art. 21,
 lettera c), le Province autonome di Trento e di Bolzano affermano che
 la  tesi dell'Avvocatura relativa al "filtraggio" degli indirizzi ivi
 previsti in virtu'  dell'art.  5,  secondo  e  terzo  comma,  sarebbe
 contraddetta  dal  fatto  che  tali  indirizzi,  collegandosi  a  una
 funzione di indirizzo  e  coordinamento  in  senso  stretto,  non  si
 presterebbero  ad  esser depurati dagli atti indicati nelle ricordate
 disposizioni  dell'art.  5  ed  esorbiterebbero  dalle  finalita'  di
 unificazione   delle  metodologie  statistiche.  Quanto  al  richiamo
 all'art. 10 delle norme di attuazione contenute nel  d.P.R.  n.  1017
 del   1978  e  all'affermazione  dell'Avvocatura  che  quell'articolo
 conterrebbe gia' indirizzi esterni al momento  tecnico,  le  Province
 autonome,  insieme alla Regione Trentino-Alto Adige, sottolineano che
 l'art. 10 concerne soltanto attivita' statistiche delegate.
    Relativamente  all'art. 26, primo comma, le stesse province, preso
 atto che, anche secondo l'Avvocatura dello Stato,  le  direttive  ivi
 previste  non  riguardano  gli  uffici  di  statistica delle medesime
 province, insistono per la dichiarazione di incostituzionalita' tanto
 per   l'esorbitanza   del  potere  di  direttiva  rispetto  a  quello
 d'indirizzo quanto per la violazione dei principi relativi al  potere
 di  indirizzo  e  coordinamento.  Nello stesso tempo, la Provincia di
 Bolzano mantiene la censura, nei suoi termini originari,  per  quanto
 riguarda  gli  uffici  di  statistica  delle  U.S.L.  di  Bolzano. In
 relazione allo stesso art. 26, primo comma, la Regione  Trentino-Alto
 Adige  replica  all'Avvocatura  che  la  disposizione  impugnata  non
 potrebbe  esser  qualificata  come  "norma  fondamentale  di  riforma
 economico-sociale",  trattandosi di norma puntuale che attribuisce al
 Presidente del Consiglio dei  ministri  un  potere  di  direttiva  in
 ordine a competenze riservate alla regione.
    A  proposito  dell'art.  15,  primo  comma, lettera d), la Regione
 Toscana  replica  all'Avvocatura  dello  Stato  che  la  disposizione
 impugnata   non   implicherebbe   solo   attivita'   conoscitive,  ma
 comporterebbe  un   sindacato   sui   contenuti   e   sui   risultati
 dell'attivita'  degli  uffici in riferimento ai criteri formulati dal
 Comitato  di  cui  all'art.  17,  attribuendo  cosi'  all'Istat,   in
 combinato  disposto con quest'ultimo articolo, un complesso di poteri
 esorbitanti l'art. 24 della legge n. 400 del 1988.
    La  stessa  Regione  Toscana,  riguardo all'art. 9, secondo comma,
 precisa che il divieto, ivi contenuto, di esternare i dati  raccolti,
 se  non in forma aggregata, anche all'interno del circuito costituito
 del Sistema statistico nazionale precluderebbe agli uffici  regionali
 la possibilita' di svolgere autonomamente l'attivita' statistica loro
 propria. Nello stesso ordine di  idee,  anche  la  Regione  Lombardia
 replica  all'Avvocatura  dello  Stato che, perche' le regioni possano
 elaborare  le  aggregazioni  piu'  rispondenti  ai  loro  bisogni   e
 intendimenti, non sarebbe sufficiente chiedere e ottenere determinate
 disaggregazioni  di  dati,  ma  occorrerebbe  disporre  dei  dati  di
 partenza.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Con  distinti  ricorsi le Regioni Toscana, Emilia-Romagna e
 Lombardia, le Province autonome di Trento e di  Bolzano,  nonche'  la
 Regione  Trentino-Alto  Adige,  hanno sollevato numerose questioni di
 legittimita'  costituzionale  nei  confronti  di  varie  disposizioni
 contenute  nel  Decreto  legislativo  6  settembre  1989, n. 322, dal
 titolo   "Norme   sul   sistema   statistico   nazionale   e    sulla
 riorganizzazione  dell'Istituto  nazionale  di  statistica,  ai sensi
 dell'art.  24  della  legge  23  agosto  1988,  n.  400".   A   causa
 dell'identita'   o   della   connessione  oggettiva  delle  questioni
 proposte, i  relativi  giudizi  vanno  riuniti  per  essere  discussi
 insieme e per essere decisi con un'unica sentenza.
    2.  -  L'art.  5,  primo  comma,  per  il quale "spetta a ciascuna
 regione ed alle province autonome di Trento e Bolzano  istituire  con
 propria  legge  uffici di statistica", e' oggetto di contestazione da
 parte delle Province di Trento e di Bolzano, oltreche' della  Regione
 Trentino-Alto   Adige.   Ad   avviso   delle  ricorrenti,  posto  che
 l'attivita' statistica costituisce esercizio di un "potere implicito"
 nelle  competenze materiali costituzionalmente garantite alle regioni
 e alle province autonome, il citato art. 5, primo comma, si  porrebbe
 in contrasto con le attribuzioni ad esse assegnate dagli artt. 4, 5 e
 16 (limitatamente alla Regione Trentino-Alto Adige)  ed  8,  9  e  16
 (limitatamente alle province autonome) dello Statuto speciale (d.P.R.
 31 agosto 1972, n. 670) e relative norme di attuazione, oltreche' con
 gli  artt.  13,  14,  15  e  16 della legge 11 marzo 1972, n. 118. Il
 contrasto consisterebbe  nel  fatto  che  la  disposizione  di  legge
 ordinaria  impugnata, nel confermare la spettanza alle regioni e alle
 province autonome di competenze gia' affidate alle stesse dalle norme
 dello   Statuto  speciale,  presupporrebbe  illegittimamente  che  il
 legislatore ordinario abbia  il  potere  di  disporre  di  competenze
 stabilite con norme di rango costituzionale.
    Secondo  l'Avvocatura  dello  Stato,  tale  questione,  prima  che
 infondata, sarebbe inammissibile, in quanto  diretta  a  porre  dubbi
 meramente interpretativi.
    2.1. - Va respinta l'eccezione d'inammissibilita' presentata dalla
 difesa dello Stato.
    Le  ricorrenti  prospettano  un  contrasto tra una disposizione di
 legge ordinaria, diretta  all'istituzione  di  uffici  di  statistica
 nelle  amministrazioni  delle  regioni  (o delle province autonome) o
 all'interno di enti sottoposti alle competenze di queste ultime, e le
 disposizioni  di  rango costituzionale, che attribuiscono alle stesse
 regioni  (e  province   autonome)   le   competenze   legislative   e
 amministrative   in   varie  materie  e,  specialmente,  in  tema  di
 ordinamento dei propri uffici o degli uffici di enti sottoposti  alle
 competenze  regionali.  Poiche' questa Corte ha gia' precisato che le
 diverse attivita'  racchiuse  nel  complesso  concetto  di  attivita'
 statistica  sono  il prodotto di un "potere implicito" collegato alle
 varie competenze materiali  attribuite  ai  soggetti  e  agli  organi
 pubblici  (sent.  n.  242  del  1988),  la  prospettazione,  ai  fini
 dell'esame  di  costituzionalita',  di  un  raffronto  tra  le  norme
 costituzionali regolatrici delle competenze assegnate alle regioni (e
 alle province autonome)  e  una  norma  di  legge  ordinaria  diretta
 all'istituzione   di   uffici   di   statistica   all'interno   delle
 amministrazioni delle stesse regioni (o province  autonome)  o  degli
 enti  sottoposti  alle competenze di queste ultime, non appare, prima
 facie, priva di un legame ragionevole con la gamma delle possibilita'
 applicative  riconducibili alle disposizioni dedotte in giudizio. Per
 tali motivi,  i  ricorsi  in  esame  non  pongono,  sotto  i  profili
 considerati,  questioni astratte o del tutto pretestuose, sicche' non
 possono essere ritenuti, per queste ragioni, inammissibili (v. ancora
 sentt. n. 242 del 1988, nonche' nn. 517 del 1987 e 998 del 1988).
    2.2.   -  La  questione  non  e'  fondata  nei  sensi  di  cui  in
 motivazione.
    L'art.  5,  primo  comma,  pone  una norma tutt'altro che chiara e
 precisa, tanto che le ricorrenti, da un lato,  e  l'Avvocatura  dello
 Stato,  dall'altro,  l'interpretano in modo radicalmente diverso. Per
 le prime, la disposizione impugnata  tenderebbe  a  porre  una  norma
 sulla  competenza  materiale  delle regioni e delle province autonome
 che, se pure diretta a confermare attribuzioni di cui  le  ricorrenti
 sono  gia'  investite,  sarebbe comunque espressione di un potere che
 non rientra fra quelli  propri  del  legislatore  ordinario.  Per  la
 verita',  se  dovesse  essere  cosi'  interpretata,  la  disposizione
 sarebbe,  di  certo,  costituzionalmente  illegittima,  poiche'   non
 rientra  nei  limiti della potesta' legislativa ordinaria disporre di
 competenze stabilite con norme di rango costituzionale. Al contrario,
 secondo  l'Avvocatura  dello  Stato,  l'art. 5, primo comma, dovrebbe
 essere interpretato nel senso che pone una  regola  sulla  produzione
 normativa  delle  regioni  o  delle  province  autonome,  in  modo da
 vincolare queste ultime a provvedere  con  legge,  qualora  decidano,
 secondo  il  loro libero apprezzamento, di istituire propri uffici di
 statistica. In realta', anche se cosi' interpretata, la  disposizione
 impugnata  sarebbe  costituzionalmente illegittima nella parte in cui
 si  riferisce  all'ipotetico  vincolo  del  legislatore  statale  nei
 confronti  della  regione  (o delle province autonome) in ordine alla
 necessita' di provvedere esclusivamente con  legge  per  istituire  i
 predetti  uffici  (v.,  in un ordine analogo di idee, la sent. n. 407
 del 1989). Inoltre, quest'ultima interpretazione, anche  nella  parte
 in  cui  qualifica  la  ricordata istituzione come una mera facolta',
 appare  difficilmente  compatibile  tanto  con   la   lettera   della
 disposizione impugnata (laddove l'uso dell'indicativo presente rivela
 piuttosto l'intenzione di porre un obbligo), quanto, soprattutto, con
 la complessiva orditura del Decreto legislativo n. 322 del 1989, che,
 essendo  diretta  a  stabilire  un  sistema  statistico  integrato  e
 interconnesso  su  base  nazionale,  suppone  logicamente che in ogni
 regione (o  provincia  autonoma),  oltreche'  in  ognuno  degli  enti
 previsti nell'art. 2, sia messo in funzione un ufficio di statistica.
    Ed,   invero,   in   base  a  un'interpretazione  sistematica  del
 complessivo  Decreto  legislativo,  l'art.  5,  primo  comma,  appare
 rivolto   ad   imporre   alle   regioni   e  alle  province  autonome
 l'istituzione di un ufficio di statistica nell'ambito  delle  proprie
 amministrazioni.   Nello   stabilire   questo   obbligo,  concernente
 esclusivamente  l'istituzione  di  tali   uffici,   la   disposizione
 impugnata,  laddove  precisa che "spetta alle regioni e alle province
 autonome" provvedere a cio', intende  affermare  che  saranno  queste
 ultime  a costituire i predetti uffici in base alle norme regolatrici
 delle loro competenze, dal momento  che  il  successivo  inciso  "con
 propria  legge"  e'  semplicemente  diretto a richiamare il principio
 costituzionale della  riserva  (relativa)  di  legge  in  materia  di
 ordinamento degli uffici pubblici (art. 97 della Costituzione).
     Cosi'   interpretato,   l'art.   5,   primo   comma,  non  appare
 incompatibile con le  invocate  disposizioni  dello  Statuto  per  il
 Trentino-Alto   Adige,   in   quanto   trova   piena  giustificazione
 nell'interesse nazionale - peraltro strettamente  legato  a  obblighi
 internazionali  e  comunitari - sotteso all'istituzione di un sistema
 statistico integrato e interconnesso su base nazionale. Si tratta  di
 un  rilevante  interesse  di tutta la comunita' statale, che, come ha
 giustamente osservato l'Avvocatura dello Stato, ha  un  indiscutibile
 carattere di infrazionabilita' e di imperativita', in quanto non puo'
 darsi un sistema statistico integrato su base nazionale, ne' comunque
 puo' pensarsi che esso possa funzionare adeguatamente, in mancanza di
 uffici di statistica  operanti  al  livello  delle  regioni  o  delle
 province  autonome. Poiche', dunque, il vincolo imposto all'autonomia
 regionale (o provinciale) e' in effetti strettamente strumentale alla
 soddisfazione  di un interesse nazionale imperativo e infrazionabile,
 esso supera quel rigoroso scrutinio  che  legittima  la  compressione
 dell'autonomia  costituzionalmente  garantita  alle  regioni  (o alle
 province autonome) in nome di un superiore  interesse  nazionale  (v.
 sentt. nn. 49 e 304 del 1987, 177, 217 e 633 del 1988, 407 del 1989).
    3.   -   La   Regione   Emilia-Romagna  contesta  la  legittimita'
 costituzionale dell'art. 5, secondo comma, il quale afferma  che  "il
 Consiglio dei Ministri adotta atti di indirizzo e di coordinamento ai
 sensi dell'art. 2, comma terzo, lettera d),  della  legge  23  agosto
 1988,  n.  400,  per  assicurare  unicita' di indirizzo all'attivita'
 statistica di competenza delle regioni e  delle  province  autonome".
 Secondo  la  ricorrente  tale  disposizione  -  istituendo  un potere
 generico,  indeterminato,  assolutamente   preclusivo   di   autonomi
 indirizzi  politici regionali e privo della dovuta copertura legale -
 violerebbe gli artt. 117 e 118 della Costituzione e, in  particolare,
 difetterebbe   dei   requisiti   costituzionalmente   richiesti   per
 l'esercizio della funzione governativa di indirizzo e  coordinamento.
    La questione non e' fondata.
    Contrariamente  a  quanto  suppone  la ricorrente, la disposizione
 impugnata si limita a richiamare l'applicabilita' dell'art. 2,  comma
 terzo,  lettera  d),  della  legge  n.  400  del  1988  all'attivita'
 statistica. Essa, in altre parole, non  e'  rivolta  a  istituire  un
 determinato  e  particolare  potere di indirizzo e coordinamento, ma,
 piu'  semplicemente,  ribadisce  che  l'esercizio  di  tale  funzione
 governativa  esige  la  deliberazione del Consiglio dei ministri. Ne'
 puo' valere in senso contrario  il  rilievo  che  la  previsione  ora
 discussa sia contenuta in un atto legislativo di settore, dal momento
 che, al fine di decidere se una determinata norma  intenda  istituire
 un  nuovo  potere di indirizzo e coordinamento, la sedes materiae non
 puo'  certo  rilevare  piu'  della  natura  effettiva   della   norma
 contestata. E, poiche' quest'ultima si limita a ribadire il requisito
 procedurale della deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri  e  le
 finalita'  generali  che  ogni  atto di indirizzo e coordinamento non
 puo'   non   avere   (e,   cioe',   l'uniformita'   e   l'omogeneita'
 dell'indirizzo  politico-amministrativo  generale),  appare chiara la
 volonta' del legislatore ordinario di non innovare o di non  arrecare
 deroghe  alle  norme  vigenti  in materia di esercizio della relativa
 funzione governativa.
    4.  -  La  Regione  Trentino-Alto  Adige  ritiene  che  le proprie
 competenze legislative e amministrative  in  materia  di  ordinamento
 degli  enti  sanitari  e  ospedalieri, di ordinamento delle camere di
 commercio e di ordinamento dei comuni (artt. 4, nn. 7 e 8; 5,  n.  1;
 16  dello  Statuto speciale e relative norme di attuazione) risultino
 lese dall'art. 3, terzo comma, del Decreto  legislativo  n.  322  del
 1989,  il  quale  impone  alle  U.S.L., alle camere di commercio e ai
 comuni  con  piu'  di  centomila  abitanti  di  istituire  uffici  di
 statistica da inserire nel Sistema statistico nazionale.
    La questione non e' fondata nei sensi di cui in motivazione.
    Il  vincolo  imposto  dall'art.  3, terzo comma, alle U.S.L., alle
 camere di commercio e ai  comuni  con  piu'  di  centomila  abitanti,
 relativo  all'istituzione  di  un  ufficio  di statistica da porre al
 servizio del  funzionamento  del  Sistema  statistico  nazionale,  si
 giustifica,  sotto  il profilo della legittimita' costituzionale, con
 le medesime ragioni piu' ampiamente illustrate nel punto 2.2., che si
 riassumono, sinteticamente, nel carattere strettamente strumentale di
 quel vincolo all'interesse nazionale  sotteso  all'istituzione  e  al
 funzionamento di un sistema statistico integrato su base nazionale.
   5.   -   Le  Regioni  Lombardia  ed  Emilia-Romagna  contestano  la
 legittimita' costituzionale  dell'art.  3,  quarto  comma,  il  quale
 dispone che "gli uffici di statistica costituiti presso le prefetture
 assicurano,  fatte  salve  le  competenze  a  livello  regionale  del
 Commissario  del  Governo previste dall'art. 13, comma primo, lettera
 c), della legge 23 agosto 1988, n. 400, anche  il  coordinamento,  il
 collegamento  e  l'interconnessione a livello provinciale di tutte le
 fonti pubbliche preposte alla raccolta e alla elaborazione  dei  dati
 statistici,   come   individuate   dall'Istat".   Per  la  Lombardia,
 l'illegittimita' di tale disposizione deriverebbe dal fatto che  essa
 sottrarrebbe  alle  regioni  il coordinamento di attivita' degli enti
 pubblici sub-regionali e configurerebbe  un  potere  di  indirizzo  e
 coordinamento   proveniente   da   una   sede  non  governativa.  Per
 l'Emilia-Romagna,  invece,  la  stessa  disposizione  violerebbe   il
 principio  di cooperazione tra Stato e regioni, in quanto ometterebbe
 di prevedere procedure consensuali per le ipotesi  in  cui  i  poteri
 delle   prefetture   riguardassero   attivita'   pubbliche  ricadenti
 nell'ambito delle competenze regionali.
    Le questioni non sono fondate.
    La  Regione  Lombardia  contesta  i  poteri di coordinamento delle
 prefetture sulla base dell'erroneo presupposto che questi abbiano  ad
 oggetto  o  possano  avere  ad  oggetto  attivita'  rientranti  nelle
 competenze regionali. In realta',  la  disposizione  impugnata,  come
 gran  parte  di  quelle  contenute nel Decreto legislativo n. 322 del
 1989, concerne attivita' statistiche di interesse nazionale, le quali
 sono  svolte  dagli  uffici  facenti  parte  del  Sistema  statistico
 nazionale. Come era gia' stabilito nell'art. 24 della  legge  n.  400
 del  1988  (v. sent. n. 242 del 1989), ove tali uffici facciano parte
 dell'amministrazione statale (anche ad  ordinamento  autonomo),  essi
 sono sottoposti, per quanto riguarda la raccolta e l'elaborazione dei
 dati, alle dipendenze funzionali dell'Istat (v. art. 3, primo comma).
 Ove,   invece,   tali   uffici  facciano  parte  dell'amministrazione
 regionale, provinciale o degli enti locali, al fine di  stabilire  la
 natura  giuridica  dei  rapporti  che  li  legano  all'Istat, occorre
 distinguere se  si  tratta  di  attivita'  statistiche  di  interesse
 nazionale  o  di attivita' statistiche di interesse regionale: mentre
 in quest'ultima ipotesi, avendosi a che fare con  lo  svolgimento  di
 competenze proprie delle regioni (o delle province autonome), l'Istat
 puo' esercitare soltanto poteri di indirizzo e coordinamento tecnici,
 vo'lti  a  rendere  omogenee  le  metodologie  applicate dagli uffici
 competenti  (art.  5,  terzo  comma),  nell'altra  ipotesi,   invece,
 trattandosi   di   attivita'   statistiche   di  interesse  nazionale
 rientranti nel  campo  d'azione  del  Sistema  statistico  nazionale,
 l'Istat  "si  avvale" degli uffici regionali, provinciali, comunali o
 degli enti  locali  (art.  15,  terzo  comma)  al  fine  di  svolgere
 attivita'  o  servizi che, essendo d'interesse nazionale, fuoriescono
 dall'ambito delle competenze di questi enti.
    E'  chiaro che i poteri di coordinamento delle prefetture, i quali
 sono oggetto della contestazione ora esaminata, si inseriscono  nella
 rete  dei  rapporti  propria  delle attivita' statistiche d'interesse
 nazionale, fungendo da tramite tra i  vari  soggetti  periferici  del
 Sistema  statistico nazionale e l'Istat. Essi, in altre parole, anche
 quando riguardano gli uffici di statistica  delle  regioni  (o  delle
 province  autonome),  delle  province,  dei comuni e degli altri enti
 locali, hanno ad oggetto esclusivamente le attivita'  statistiche  di
 rilievo  nazionale  che  quegli  enti  svolgono  in  ragione del loro
 "utilizzo" da parte dell'Istat.
    Su  tali  basi,  non solo e' fuor di luogo prospettare una lesione
 delle  competenze  regionali  in  materia  di  attivita'  statistiche
 (d'interesse  regionale),  ma  non  si puo' neppure riconoscere alcun
 fondamento alla pretesa di coinvolgimento  delle  regioni  stesse  in
 sede   di  determinazione  delle  misure  di  coordinamento  previste
 dall'art. 3, quarto comma. In  realta',  le  uniche  possibilita'  di
 coinvolgimento  delle regioni nell'esercizio delle suddette attivita'
 d'interesse  nazionale  sono  legate  alle  regole   che   presiedono
 all'"avvalimento"  degli  uffici  regionali  da parte dello Stato (v.
 spec. sent. n. 996 del 1988, nonche' sentt. nn. 35 del 1972, 74 e 216
 del  1987),  regole  che,  comunque,  presuppongono  l'inserimento di
 procedure  d'intervento  regionale  a  livelli  diversi   da   quelli
 coinvolti nella censura ora esaminata.
    6.  -  Per  ragioni identiche a quelle appena esposte va rigettata
 anche  la  questione  sollevata  dalla  Regione  Emilia-Romagna   nei
 confronti  dell'art. 3, quinto comma, del quale la ricorrente lamenta
 l'illegittimita'    costituzionale,     in     quanto     prevedrebbe
 l'assoggettamento  degli  uffici  appartenenti  al Sistema statistico
 nazionale agli indirizzi deliberati  dal  Comitato  di  coordinamento
 dell'Istat  (art.  17), anziche' a quelli della regione. Anche in tal
 caso,  infatti,  si  tratta  di  attivita'  statistiche   d'interesse
 nazionale,  che sono svolte da uffici appartenenti ad amministrazioni
 statali (anche ad ordinamento autonomo) ovvero da  uffici  regionali,
 provinciali,  comunali  o  di  altri  enti locali con i quali l'Istat
 instaura un rapporto di "avvalimento". Rispetto ad esse, pertanto, e'
 fuor  di  luogo  pretendere  l'estensione  dei  poteri normativi o di
 indirizzo delle regioni.
    7. - Tutte le ricorrenti contestano la legittimita' costituzionale
 dell'art. 21, lettera c), ora da solo (Province autonome di Trento  e
 di Bolzano), ora in combinato disposto con gli artt. 17, sesto comma,
 e 15, primo comma, lettera c) (Toscana, Emilia-Romagna e  Lombardia),
 ovvero  con  gli  artt.  3,  quinto comma, e 17, sesto comma (Regione
 Trentino-Alto Adige). In ogni caso, ciascuna delle ricorrenti lamenta
 la violazione delle norme costituzionali poste a tutela della propria
 autonomia legislativa e amministrativa - vale a dire degli artt.  117
 e  118  (regioni  a  statuto ordinario), degli artt. 4, nn. 1, 7 e 8,
 dell'art. 5, n. 1, e dell'art. 16 dello Statuto speciale  e  relative
 norme  di attuazione, in riferimento agli artt. 13, 14, 15 e 16 della
 legge n. 118 del 1972 (Regione Trentino-Alto Adige), degli artt. 8, 9
 e  16  dello  stesso  Statuto  e  relative  norme  di  attuazione, in
 riferimento  ai  medesimi  articoli  della  legge  n.  118  del  1972
 (Province  autonome  di  Trento  e  di Bolzano) -, dal momento che le
 disposizioni  impugnate  prevedrebbero  poteri  di  indirizzo  e   di
 coordinamento,  imputati  al  "Comitato  di indirizzo e coordinamento
 dell'informazione statistica", i quali non avrebbero  ad  oggetto  le
 metodologie   statistiche,   ma   "i   criteri   organizzativi  e  la
 funzionalita' degli uffici  di  statistica  (...)  degli  enti  (...)
 facenti  parte  del  Sistema  statistico  nazionale" e, quindi, anche
 delle regioni, delle province autonome, delle province,  dei  comuni,
 delle U.S.L. e delle camere di commercio.
    Nei termini di seguito precisati la questione non e' fondata.
    L'art.  21,  lettera  c),  va  interpretato alla luce dell'art. 5,
 secondo e terzo comma,  che  -  sulla  base  della  norma  di  delega
 contenuta    nell'art.    24   della   legge   n.   400   del   1988,
 nell'interpretazione datane dalla sentenza n. 242 del 1989 di  questa
 Corte  -  distingue  l'indirizzo  e coordinamento "tecnico" da quello
 politico-amministrativo. Mentre quest'ultimo, il quale e'  esercitato
 dal  legislatore statale o dal Governo, concerne l'indirizzo politico
 delle amministrazioni regionali (o delle province  autonome),  quello
 "tecnico",  invece, consiste in indirizzi e criteri vo'lti allo scopo
 di rendere omogenee le metodologie statistiche applicate dagli uffici
 di  statistica  delle  regioni  (o  delle  province autonome), la cui
 determinazione e' riservata all'Istat. Questa distinzione,  posta  in
 via  generale  dall'art. 5 nei commi indicati, e' poi sviluppata, per
 quanto riguarda l'indirizzo e coordinamento tecnico, dall'art.  17  e
 dall'art. 21. Il primo - dopo aver definito il "Comitato di indirizzo
 e   coordinamento   dell'informazione   statistica"   come   l'organo
 collegiale,  a composizione mista, che esercita le funzioni direttive
 dell'Istat  nei  confronti  degli  uffici  di   statistica   previsti
 nell'art.  3  -  imputa  al  predetto  Comitato  tanto  il  potere di
 direttiva vincolante nei confronti degli uffici di statistica statali
 e,  "nella  parte  applicabile", nei confronti di quelli provinciali,
 comunali e delle camere di commercio, quanto il potere  di  indirizzo
 nei  confronti  degli  uffici  di  statistica  delle  regioni e delle
 province autonome o degli enti sottoposti alle competenze  di  queste
 ultime.  L'art.  21,  invece,  determina  gli  oggetti  dei poteri di
 direttiva e di indirizzo tecnici appena menzionati, includendovi  tra
 l'altro, alla lettera c), "i criteri organizzativi e la funzionalita'
 degli uffici di statistica", vale a dire criteri e  regole  che  alle
 ricorrenti  sembrano  illegittimamente  esorbitare  dalla  nozione di
 indirizzo e coordinamento tecnico.
    Interpretata   entro   la   cornice   normativa   ora   delineata,
 l'espressione usata dall'art. 21, lettera c), non puo' essere  intesa
 come   se  si  riferisse  all'organizzazione  amministrativa  o  alla
 distribuzione del personale negli uffici di statistica delle  regioni
 e  delle  province  autonome.  Questa  materia rientra a pieno titolo
 nelle competenze regionali nei limiti stabiliti dalla Costituzione e,
 per  le  regioni  e  le  province  ad  autonomia  differenziata,  dai
 rispettivi Statuti, limiti fra  i  quali  vanno  annoverati  anche  i
 poteri di indirizzo e coordinamento politico-amministrativo spettanti
 al legislatore statale e/o al Governo. Al contrario, proprio  perche'
 il   tema  dell'art.  21  e'  l'indirizzo  e  coordinamento  tecnico,
 l'espressione usata nella lettera c) dello stesso articolo - cioe' "i
 criteri  organizzativi  e la funzionalita' degli uffici" - dev'essere
 interpretata in relazione alla finalita' per la quale e' stata  posta
 e  che  l'art.  5,  comma  terzo,  definisce come lo scopo di rendere
 omogenee le metodologie statistiche  applicate  dai  vari  uffici  di
 statistica  delle regioni e delle province autonome. Sicche' la parte
 di disposizione contestata va, in realta', intesa nel  senso  che  si
 riferisce   ai   criteri  per  l'organizzazione  tecnica  del  lavoro
 statistico, vale a dire ai criteri che presiedono alla scelta e  alle
 modalita'  di  applicazione delle metodologie statistiche, nonche' ai
 criteri  vo'lti  a  rendere  tale  applicazione  piu'  efficiente   e
 produttiva.
    Ne',  in  verita',  si puo' dire, come sostiene l'Avvocatura dello
 Stato, che vi  sia  un  rapporto  di  necessaria  coimplicazione  tra
 indirizzi     sulle     metodologie     statistiche    e    indirizzi
 sull'organizzazione amministrativa degli uffici di statistica (e  del
 relativo  personale),  poiche'  e' vero, invece, che tra i due poteri
 sussiste una reciproca autonomia logica, fermi restando  il  per  se'
 stante   obbligo  costituzionale  delle  regioni  (e  delle  province
 autonome)  di  organizzare  gli  uffici  di  statistica  in  modo  da
 assicurare  il  loro  "buon andamento" (art. 97 della Costituzione) e
 l'altrettanto autonoma  possibilita'  dell'Istat  di  suggerire  alle
 regioni (o alle province autonome), in forza della sua qualificazione
 tecnica, gli interventi in materia di organizzazione  e  di  gestione
 amministrativa  ritenuti  piu' convenienti in ordine al perseguimento
 del  fine  di  un  piu'  efficiente  funzionamento  degli  uffici  di
 statistica regionali.
    Infine,  per  quanto  riguarda  le censure proposte dalle Province
 autonome di Trento e di Bolzano, va precisato che l'art. 21,  lettera
 c),  interpretato nel modo indicato, non interferisce minimamente con
 l'art. 10 delle norme di attuazione contenute nel  d.P.R.  31  luglio
 1978,  n. 1017, che delega alle predette Province le funzioni statali
 in materia di  statistica,  ivi  comprese  quelle  di  coordinamento,
 attribuite  agli  uffici  provinciali dell'industria, del commercio e
 dell'artigianato e agli uffici di corrispondenza  per  il  territorio
 provinciale  previsti  dalla  legge  6  agosto  1966,  n.  628.  Tale
 articolo, anzi, ha anticipato, per le province autonome, alcuni punti
 cardinali  posti dal Decreto legislativo impugnato, come, appunto, la
 distinzione tra indirizzo e coordinamento politico-amministrativo (di
 spettanza  del  Governo)  e quello tecnico (di spettanza dell'Istat),
 nonche'  la  possibilita'  per  l'Istat  di  avvalersi  degli  uffici
 provinciali per lo svolgimento di proprie rilevazioni statistiche (v.
 i commi secondo e terzo).
    8.  -  Con  motivi  in  qualche  modo  connessi  a  quelli  appena
 formulati,  va  dichiarata  non  fondata  la  censura  proposta   nei
 confronti  dell'art.  21,  lettere a ) e b), dalla Regione Lombardia,
 per la quale tali disposizioni, nel ricomprendere fra gli oggetti dei
 poteri  di  indirizzo  del  Comitato  dell'Istat  anche  gli  atti di
 esecuzione del programma statistico nazionale  e  le  iniziative  per
 l'attuazione  del  predetto  programma, concorrerebbero a configurare
 una funzione di indirizzo e coordinamento politico-amministrativo non
 riferibile  al  Governo  e,  piu'  in  generale,  non  rispettosa dei
 requisiti costituzionali propri di questa funzione.
    Come   si   e'   precisato   nel  numero  precedente,  l'art.  21,
 nell'insieme delle  sue  disposizioni,  non  concerne  l'indirizzo  e
 coordinamento politico-amministrativo che il legislatore statale o il
 Governo possono esercitare, entro determinati limiti,  nei  confronti
 delle  regioni,  ma  riguarda,  piuttosto, i poteri di direttiva e di
 indirizzo tecnici di cui e' titolare l'Istat  e  che,  per  conto  di
 quest'ultimo,  sono esercitati dal Comitato previsto dall'art. 17 del
 Decreto legislativo impugnato. Per quanto riguarda le lettere a  )  e
 b),  occorre,  anzi,  precisare  che  gli  indirizzi  sugli  atti  di
 esecuzione e sulle iniziative di attuazione del programma  statistico
 nazionale, a differenza di quelli relativi all'organizzazione tecnica
 del lavoro statistico negli uffici regionali (lettera  c),  esaminati
 al  punto precedente, concernono soltanto le attivita' statistiche di
 interesse nazionale che gli  uffici  da  ultimo  menzionati  svolgono
 nell'ambito del ricordato rapporto di "avvalimento" con l'Istat (art.
 15, terzo comma). Essi, pertanto, non incontrano neppure i limiti che
 l'indirizzo  tecnico  ha  di  fronte  a  se'  quando  e'  rivolto nei
 confronti di attivita' statistiche di interesse regionale, pur sempre
 riconducibili   alla   autonomia  costituzionalmente  garantita  alle
 regioni.
    9.  -  Strettamente legata con le questioni ora esaminate e' anche
 la censura che la Regione Toscana propone nei confronti dell'art. 15,
 primo  comma,  lettera  d),  per la quale tale disposizione lederebbe
 l'autonomia garantita alle  regioni  dagli  artt.  117  e  118  della
 Costituzione,  laddove  assoggetta gli uffici regionali di statistica
 alla   valutazione,   da    parte    dell'Istat,    "dell'adeguatezza
 dell'attivita'  di detti enti agli obiettivi del programma statistico
 nazionale".
    La questione non e' fondata.
    La  disposizione  impugnata  concerne poteri dell'Istat, aventi un
 contenuto di vigilanza e di conoscenza, che sono strettamente  legati
 al   potere   dello  stesso  istituto  di  predisporre  il  programma
 statistico nazionale (art. 15, primo comma, lettera  a).  Si  tratta,
 dunque,  di  attivita'  di  controllo  concernente  l'attuazione  del
 programma relativo alle statistiche d'interesse nazionale,  cui  sono
 soggetti   tutti  gli  enti  facenti  parte  del  Sistema  statistico
 nazionale  (art.  2)  e  che,  per  quanto  riguarda  gli  uffici  di
 statistica  sottoposti  alle  competenze regionali, si riferisce alle
 attivita'  che  questi   compiono   nell'ambito   del   rapporto   di
 "avvalimento"  che  essi  hanno  con  l'Istat (art. 15, terzo comma).
 Posto tutto cio' e premesso che la valutazione dell'adeguatezza delle
 attivita'  dei  predetti  uffici  in  riferimento  agli obiettivi del
 programma statistico nazionale, di  per  se',  non  e'  legata,  come
 osserva  l'Avvocatura  dello  Stato, ad alcun intervento attivo e non
 comporta, quindi, alcun mutamento nell'ordinaria  ripartizione  delle
 competenze  fra  Stato  e  regioni,  non  si  vede  in  che  modo  la
 disposizione  impugnata  possa  considerarsi  lesiva   dell'autonomia
 costituzionalmente garantita alle regioni.
    10.  -  La  Regione  Trentino-Alto Adige e le Province autonome di
 Trento e di  Bolzano  ritengono  che  l'autonomia  costituzionalmente
 garantita  loro,  rispettivamente, dagli artt. 4, nn. 1, 7 e 8, 5, n.
 1, e 16, e dagli artt. 8, 9  e  16  dello  Statuto  speciale  per  il
 Trentino-Alto  Adige  e  relative norme di attuazione, in riferimento
 anche agli artt. 13, 14, 15 e 16 della legge n. 118 del 1972, risulti
 violata  dall'art. 26, primo comma, nella parte in cui questo dispone
 che, entro tre mesi dall'invio  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
 ministri di una relazione sulla situazione degli uffici di statistica
 esistenti e sui provvedimenti necessari per il loro adeguamento  alle
 norme  del  Decreto legislativo n. 322 del 1989, le amministrazioni e
 gli enti di cui agli artt. 3 e 4  provvedono,  anche  sulla  base  di
 eventuali  direttive  della  predetta  Presidenza del Consiglio, alla
 riorganizzazione  o  alla  istituzione  degli  uffici  di  statistica
 secondo  quanto  disposto  dal citato Decreto legislativo. Secondo le
 ricorrenti, ove dovesse essere interpretata nel senso di prevedere un
 potere di direttiva nei confronti dell'organizzazione degli uffici di
 statistica operanti nelle  amministrazioni  sottoposte  alle  proprie
 competenze,  la  disposizione  impugnata  lederebbe  le  attribuzioni
 riservate alle Province  di  Trento  e  di  Bolzano  e  alla  Regione
 Trentino-Alto  Adige  e contrasterebbe con i requisiti costituzionali
 propri della funzione governativa di indirizzo e coordinamento, tanto
 piu' che l'art. 26, primo comma, fa espresso riferimento al potere di
 direttiva (vincolante) che l'art.  17,  sesto  comma,  distingue  dal
 potere di indirizzo.
    Nei termini di seguito precisati la questione non e' fondata.
    Il   punto   della   disposizione   impugnata  che  le  ricorrenti
 considerano lesivo della sfera di autonomia  costituzionalmente  loro
 riservata e' dato dall'obbligo di provvedere, "anche sulla base delle
 eventuali direttive della Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla
 riorganizzazione  o  costituzione degli uffici di statistica, secondo
 le norme del presente decreto". In realta', la censura ora  esaminata
 muove  da  un presupposto interpretativo erroneo. L'obbligo stabilito
 dalle disposizioni impugnate, infatti, non puo'  riferirsi  ad  altro
 che  agli  uffici  di  statistica  appartenenti  alle amministrazioni
 statali, dal momento che il  collegamento  della  riorganizzazione  e
 della  costituzione degli uffici posto dall'art. 26, primo comma, con
 il potere di direttiva del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
 induce,  per  un  verso,  a  definire  quest'ultimo come un potere di
 natura politico-amministrativa e, per altro  verso,  a  circoscrivere
 gli  uffici  o  gli  enti  da  esso  interessati  soltanto  a  quelli
 giuridicamente sottoponibili ai poteri di  direttiva  del  Presidente
 del  Consiglio.  Cosi'  interpretato,  l'art. 26, primo comma, appare
 estraneo alla tematica della  funzione  governativa  di  indirizzo  e
 coordinamento   e,  in  ogni  caso,  non  lesivo  delle  attribuzioni
 riservate alle Province autonome di  Trento  e  di  Bolzano,  e  alla
 Regione  Trentino-Alto  Adige  in materia di ordinamento degli uffici
 appartenenti agli enti sottoposti alle proprie competenze.
    11.  -  Oggetto  di contestazione da parte delle Regioni Toscana e
 Lombardia e' l'art. 9, secondo comma, il quale dispone  che  "i  dati
 raccolti  nell'ambito  delle  rilevazioni  statistiche  comprese  nel
 programma statistico nazionale da parte degli  uffici  di  statistica
 (...)  non possono essere comunicati, se non in forma aggregata sulla
 base di dati individuali non nominativi, ad alcun  soggetto  esterno,
 pubblico   o   privato,   ne'   ad   alcun   ufficio  della  pubblica
 amministrazione". Secondo le ricorrenti, se tra gli uffici da  ultimo
 menzionati  dovessero  essere  ricompresi  anche quelli regionali, ne
 risulterebbero lese le competenze che le regioni possono  esercitare,
 a  norma  dell'art.  117  della Costituzione, riguardo alle attivita'
 statistiche, dal momento che, con la mancata disponibilita' dei  dati
 di  partenza,  verrebbe  ad esse preclusa la possibilita' di svolgere
 statistiche  d'interesse  regionale  secondo  i  propri   bisogni   e
 intendimenti.
    La questione non e' fondata.
    La  disposizione  impugnata  fa  sistema  con quella contenuta nel
 comma precedente, per  la  quale  i  dati  statistici  raccolti  "non
 possono  essere  esternati se non in forma aggregata, in modo che non
 se ne possa trarre alcun riferimento individuale,  e  possono  essere
 utilizzati  solo  per  scopi  statistici".  Insieme alle norme appena
 citate, che riguardano la "divulgazione"  e  la  "pubblicazione"  dei
 dati,  quelle  oggetto  dell'impugnazione esaminata, che a loro volta
 concernono  la  "comunicazione"  a  soggetti   esterni   al   Sistema
 statistico nazionale dei medesimi dati, formulano i principi a tutela
 della privacy individuale, che  sono  diffusi,  pressoche'  in  forma
 analoga,  in  tutti  gli  ordinamenti  giuridici  delle  nazioni piu'
 civili. La ratio di tali principi sta nel prevenire qualsiasi rischio
 che i dati raccolti siano conosciuti all'esterno nel loro riferimento
 nominativo o individuale ovvero in modo tale che siffatto riferimento
 possa   esser  ricostruito  pur  in  presenza  di  dati  anonimi  e/o
 aggregati. Lo scopo di tale principio e' duplice,  in  quanto,  senza
 siffatte  garanzie,  da  un lato, le statistiche potrebbero risultare
 non veridiche e, dall'altro lato, potrebbero essere messi in pericolo
 beni  individuali  strettamente  connessi  al  godimento  di liberta'
 costituzionali e,  addirittura,  di  diritti  inviolabili.  Per  tali
 motivi,  il  legislatore  delegato  ha  stabilito  in  modo preciso e
 rigoroso il divieto di diffondere o  di  comunicare  all'esterno  del
 Servizio  statistico  nazionale  i dati individuali o quelli comunque
 riferibili a soggetti individuali.
    Il  punto  fatto  valere  dalle ricorrenti e' che tale divieto non
 dovrebbe applicarsi alle regioni  quando  queste  intendano  svolgere
 attivita'  statistiche  nell'esercizio delle competenze, per il fatto
 che il loro inserimento nel Servizio  statistico  nazionale  dovrebbe
 legittimarle  a  disporre dei dati statistici raccolti nell'ambito di
 quel  Servizio  anche  allorche'  svolgano  statistiche   d'interesse
 regionale.   In  realta',  questa  interpretazione  non  puo'  essere
 accolta, dal momento che  la  regione,  come  soggetto  di  attivita'
 statistiche  svolte  nel  proprio  interesse,  e' esterna al Servizio
 statistico nazionale, il quale si riferisce soltanto all'espletamento
 delle  operazioni  relative  alle statistiche di interesse nazionale,
 operazioni cui gli uffici di  statistica  delle  regioni  partecipano
 solo  in  conseguenza del fatto che di essi si avvale l'Istat a norma
 dell'art. 15, terzo comma. Considerata in questa veste, alla regione,
 pertanto,  non  possono applicarsi le norme sull'interscambio e sulla
 circolazione dei dati statistici, cui si  riferiscono  gli  artt.  6,
 primo  comma, e 21, lettera d), dal momento che tali norme concernono
 gli uffici di statistica delle regioni (o  delle  province  autonome)
 soltanto  in  riferimento  alle  attivita'  che  esse svolgono per il
 Servizio statistico nazionale.
    Ne'  puo'  dirsi  che  l'applicazione  anche  nei  confronti delle
 regioni del divieto  di  cui  all'art.  9,  secondo  comma,  comporti
 un'indebita  interferenza nei poteri che le stesse regioni posseggono
 in relazione allo svolgimento di statistiche di  loro  interesse.  In
 proposito,  deve  considerarsi che ciascun sistema statistico, avendo
 il proprio fondamento in competenze costituzionalmente distinte -  e,
 cioe',   essendo   esercizio   di   poteri   impliciti   nelle  norme
 costituzionali che stabiliscono le rispettive competenze materiali -,
 consta  di  funzioni e di procedimenti a se' stanti, sicche' non puo'
 pretendersi in via di principio che i soggetti del sistema statistico
 nazionale  siano giuridicamente tenuti a scambiare i dati informativi
 iniziali con  i  soggetti  di  un  sistema  statistico  regionale,  e
 viceversa.
   Questa   separazione,   operante   come   regola,   e',   tuttavia,
 significativamente limitata dal  principio  costituzionale  del  buon
 andamento  (art.  97  della  Costituzione),  il quale - imponendo una
 collaborazione  fra  le  varie  amministrazioni  pubbliche,  comprese
 quelle  statali  e  quelle  regionali nei loro reciproci rapporti, al
 fine di prevenire inutili  duplicazioni  o  sprechi  nelle  attivita'
 delle  predette  amministrazioni pubbliche - comporta che le regioni,
 non soltanto abbiano un  "accesso  diretto"  al  Servizio  statistico
 nazionale  (art.  24,  lettera  e),  della legge n. 400 del 1988), ma
 soprattutto possano utilizzare nel modo piu' produttivo possibile per
 le  statistiche  d'interesse regionale i dati informativi raccolti in
 attuazione dei programmi di rilevazione di interesse  nazionale.  Ma,
 in   ordine   al  perseguimento  di  quest'ultimo  fine,  non  e'  di
 particolare ausilio, per le regioni,  avere  a  disposizione  i  dati
 informativi  nella  stessa forma e allo stesso modo in cui sono stati
 prestati dai soggetti intervistati o censiti  (c.d.  dato  elementare
 grezzo).  Per raggiungere quel fine, infatti, e' sufficiente e, anzi,
 piu' produttivo che le regioni dispongano degli stessi dati dopo  che
 questi  siano  stati  depurati  da qualsiasi riferimento nominativo o
 individuale ovvero da qualsiasi elemento che  possa  permettere  quel
 riferimento e siano stati emendati da errori materiali di rilevazione
 o da incompatibilita' logiche (c.d. dato elementare  revisionato)  o,
 meglio  ancora,  dopo  che  quei dati siano stati composti nella loro
 aggregazione piu' elementare o  piu'  semplice.  Queste  possibilita'
 sono  pienamente  ammesse  dalla  disciplina  normativa esaminata, la
 quale si preoccupa soltanto di prevedere  le  garanzie  essenziali  a
 tutela  dei  diritti  dei  singoli  individui.  Si  tratta,  anzi, di
 possibilita' che gia' oggi il Servizio  statistico  nazionale  e'  in
 grado di soddisfare e, di fatto, soddisfa senza oneri particolari, in
 relazione alle piu' varie materie e in vista dei fini piu' diversi.
    12.   -   La   Regione  Emilia-Romagna  contesta  la  legittimita'
 costituzionale dell'art. 13, terzo e quarto  comma,  in  quanto,  nel
 disciplinare  le  procedure  di approvazione del programma statistico
 nazionale e dei relativi aggiornamenti, non prevedrebbe alcuna  forma
 di  compartecipazione  regionale,  violando cosi', a suo giudizio, il
 principio costituzionale di cooperazione  fra  Stato  e  regioni.  Lo
 stesso  principio  e'  invocato  dalle Regioni Toscana e Lombardia al
 fine  di  sostenere  la  richiesta  d'illegittimita'   costituzionale
 dell'art.  17,  secondo  comma, che - nello stabilire la composizione
 del  "Comitato  di  indirizzo   e   coordinamento   dell'informazione
 statistica",  il  quale,  ai  sensi  del  sesto  comma  dello  stesso
 articolo, delibera il programma statistico  nazionale  -  prevedrebbe
 una rappresentanza regionale insufficiente, essendo questa limitata a
 un solo membro, su ventidue, nominato, a norma dell'art. 4 del d.P.R.
 16  dicembre  1989,  n.  418,  dalla  Conferenza dei presidenti delle
 regioni e delle province autonome. Poiche' il significato sostanziale
 delle  due  distinte  censure  e'  il  medesimo,  esse possono essere
 discusse congiuntamente.
    Le questioni non sono fondate.
    Quando  alla  Corte  costituzionale  si chiede di verificare se un
 certo meccanismo di cooperazione fra Stato e regioni risponda,  nella
 sua  natura  o nella sua composizione, ai principi costituzionali che
 ne stanno a fondamento, in realta' si chiede di verificare se tra  il
 meccanismo  prescelto  dal  legislatore o la sua conformazione, da un
 lato, e l'interferenza prodotta dal potere statale in  questione  nei
 confronti  delle  competenze  regionali, dall'altro, non sussista una
 irragionevole  sproporzione.  Nel  caso  della   determinazione   del
 programma  statistico  nazionale,  il  Decreto legislativo n. 322 del
 1989 ha ritenuto sufficiente, ai fini  della  garanzia  dei  principi
 costituzionali sulla cooperazione tra Stato e regioni, la presenza di
 un   solo   rappresentante   regionale   nell'organo   collegiale   a
 composizione  mista  che  ha  il  potere  di  deliberare  il predetto
 programma. Tale scelta discrezionale del legislatore non puo'  essere
 ritenuta  irragionevole,  considerato  che  il  grado di interferenza
 della programmazione delle statistiche nazionali sull'effettuazione o
 sulla  programmazione  delle  statistiche d'interesse regionale e, in
 genere, sull'esercizio delle competenze delle  regioni  medesime  non
 e',   certo,   rilevante.   D'altra  parte,  ove  pure  si  consideri
 l'importanza  degli  uffici  di  statistica  regionali  nel  circuito
 all'interno  del  quale  si svolgono le statistiche nazionali, non si
 puo' certo dire che il ruolo da essi ricoperto sia piu' rilevante  di
 quello  proprio degli uffici di statistica dei comuni, delle province
 o delle camere di commercio: sicche', anche sotto questo profilo,  il
 minor   numero   di  rappresentanti  regionali  nell'organo  dove  si
 determina la programmazione  delle  statistiche  nazionali  non  puo'
 considerarsi   frutto  di  una  scelta  legislativa  irragionevole  o
 arbitraria.
    Ne',  in  verita',  puo' essere accolta l'ulteriore prospettazione
 della presunta irragionevolezza delle disposizioni impugnate  che  le
 ricorrenti  formulano  in  relazione  all'asserito squilibrio interno
 alla disciplina legislativa, la quale, per un verso,  prevedrebbe  il
 "pieno inserimento delle regioni nel programma statistico nazionale e
 nella sua attuazione" e, per  altro  verso,  escluderebbe  le  stesse
 regioni  da  una  compartecipazione di qualche significato nella fase
 della  determinazione  dell'anzidetto  programma.  In   realta',   le
 ricorrenti muovono da una raffigurazione del quadro normativo che non
 corrisponde all'effettivo  significato  della  disciplina  posta  dal
 Decreto  legislativo n. 322 del 1989. L'inserimento delle regioni nel
 Servizio statistico  nazionale  non  e',  infatti,  giustificato  dai
 motivi  addotti  dalle  stesse  ricorrenti - e cioe' dal fatto che il
 Programma possa determinare indagini statistiche che concernono anche
 materie  assegnate alle competenze regionali - ma si collega al ruolo
 che  le  stesse  regioni  hanno  come  componenti   della   comunita'
 nazionale,  le quali sono chiamate a rappresentare i loro interessi e
 le  loro  opzioni   nell'ambito   di   quell'interesse   generale   e
 infrazionabile della collettivita' statale che porta a determinare il
 programma delle priorita' delle rilevazioni  statistiche  d'interesse
 nazionale.  Ed e' proprio in ragione di questa giustificazione che il
 coinvolgimento delle regioni  anche  nella  fase  di  attuazione  del
 programma  statistico  nazionale e nelle procedure di rilevazione non
 e' affatto "pieno", come affermano le ricorrenti, ma e', in  realta',
 limitato  all'"utilizzo"  o  all'"avvalimento",  da parte dell'Istat,
 degli uffici di statistica regionali per le attivita' di raccolta ed,
 eventualmente,   per  la  prima  elaborazione  dei  dati  informativi
 necessari per le statistiche di interesse nazionale.
    13.  -  Un'ultima  censura  e'  proposta dalla Regione Toscana nei
 confronti dell'art. 26, terzo comma, il quale, nell'affermare che "le
 disposizioni  recate  dal  presente  decreto  non  comportano oneri a
 carico del bilancio dello  Stato",  per  un  verso,  si  porrebbe  in
 irragionevole  contrasto  con  altri  articoli  dello  stesso Decreto
 legislativo  che  chiaramente  comportano  spese  in   relazione   ad
 attivita' d'interesse nazionale (come, ad esempio, l'art. 20), e, per
 altro  verso,  violerebbe  le  norme  costituzionali   sull'autonomia
 finanziaria  delle  regioni  (artt.  119  e  81,  quarto comma, della
 Costituzione), in quanto addosserebbe al bilancio regionale spese per
 attivita' rientranti nelle competenze statali.
    La questione non e' fondata nei sensi di cui in motivazione.
    Posto  che,  come  ammettono  concordemente  le parti in giudizio,
 l'attuazione di numerose norme del Decreto  legislativo  n.  322  del
 1989  comporta  erogazioni  di  denaro  pubblico,  e'  tutt'altro che
 agevole   attribuire   alla   disposizione    oggetto    dell'attuale
 impugnazione  un  significato  plausibile  e non incompatibile con la
 Costituzione. Non c'e' dubbio che non si  puo'  riconoscere  all'art.
 26,  terzo comma, senza porsi in diametrale contrasto con l'autonomia
 finanziaria costituzionalmente garantita alle regioni (v. sentt.  nn.
 245  del  1984,  452  del  1989),  il  significato che debbano essere
 addossate ai bilanci regionali le spese comportate dalle  rilevazioni
 di   interesse  nazionale  che,  ai  sensi  del  Decreto  legislativo
 impugnato, sono attuate attraverso l'"utilizzo" da  parte  dell'Istat
 degli  uffici  di  statistica  regionali. Ne', d'altra parte, si puo'
 ipotizzare che gli oneri relativi all'istituzione  e  al  complessivo
 funzionamento  degli uffici di statistica regionali - i quali operano
 tanto per rilevazioni di interesse nazionale quanto per  indagini  di
 interesse  regionale  -  debbano  essere  addossati tutti al bilancio
 statale o a quello dell'Istat. Sicche', di fronte a una  disposizione
 che  esclude  recisamente  di porre a carico del bilancio statale gli
 oneri derivanti dall'applicazione del Decreto legislativo impugnato e
 che,  nello  stesso  tempo, non puo' esigere che le regioni finanzino
 attivita' d'interesse nazionale, l'unico  significato  accettabile  e
 non  incompatibile con i principi costituzionali ricordati e' quello,
 peraltro prospettato dalla stessa  difesa  dello  Stato,  secondo  il
 quale  le  spese  occorrenti  per le attivita' di rilevazione che gli
 uffici di statistica regionali sono tenuti a compiere per il Servizio
 statistico  nazionale,  ove non siano altrimenti coperte (ad esempio,
 con fondi comunitari e con erogazioni previste  da  leggi  speciali),
 vadano   ricomprese   tra   gli   stanziamenti   effettuati   per  il
 funzionamento  dell'Istat  e  consistano,  pertanto,  in   erogazioni
 finalizzate, addossate al bilancio di tale ente.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
      dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in motivazione, la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art.  5,  primo  comma,
 del  Decreto  legislativo 6 settembre 1989, n. 322, dal titolo "Norme
 sul   sistema   statistico   nazionale   e   sulla   riorganizzazione
 dell'Istituto  nazionale  di  statistica, ai sensi dell'art. 24 della
 legge 23 agosto 1988, n. 400", sollevata, con i ricorsi  indicati  in
 epigrafe,  dalla  Regione  Trentino-Alto  Adige,  in riferimento agli
 artt. 4, 5 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670  (Statuto  speciale
 per  la  Regione Trentino-Alto Adige), e relative norme di attuazione
 (d.P.R. 31 luglio 1978, n. 1017; d.P.R.  24  marzo  1981,  n.  228  e
 d.P.R.  28  marzo  1975, n.  474), nonche' agli artt. 13, 14, 15 e 16
 della legge 11 marzo 1972, n. 118,  e,  dalle  Province  autonome  di
 Trento e di Bolzano, in riferimento agli artt. 8, 9 e 16 del medesimo
 d.P.R. n. 670 del 1972, e alle suddette norme di attuazione,  nonche'
 agli artt. 13, 14, 15 e 16 della legge 11 marzo 1972, n. 118;
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 5, secondo comma, del Decreto legislativo n. 322 del  1989,
 sollevata  dalla  Regione  Emilia-Romagna, con il ricorso indicato in
 epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione;
      dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in motivazione, la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art.  3,  terzo  comma,
 del  Decreto  legislativo  n.  322  del 1989, sollevata dalla Regione
 Trentino-Alto  Adige,  con  il  ricorso  indicato  in  epigrafe,   in
 riferimento  agli  artt.  4,  nn.  7 e 8; 5, n. 1, e 16 del d.P.R. 31
 agosto 1972, n. 670 e relative norme di attuazione;
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 3, quarto comma, del Decreto legislativo n. 322  del  1989,
 sollevata  dalle  Regioni  Lombardia ed Emilia-Romagna, con i ricorsi
 indicati in epigrafe, in riferimento  agli  artt.  117  e  118  della
 Costituzione;
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 3, quinto comma, del Decreto legislativo n. 322  del  1989,
 sollevata  dalla  Regione  Emilia-Romagna, con il ricorso indicato in
 epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione;
      dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in motivazione, la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art.  21,  lettera  c),
 del  Decreto  legislativo  n.  322 del 1989, sollevata dalle Province
 autonome di Trento e di Bolzano, con i ricorsi indicati in  epigrafe,
 in riferimento agli artt. 8, 9 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670
 e relative norme di attuazione, nonche' agli artt. 13, 14,  15  e  16
 della legge 11 marzo 1972, n. 118;
     dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione, la
 questione  di  legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto
 dell'art.  21,  lettera  c),  17, sesto comma, e 15, primo comma, del
 Decreto legislativo n. 322 del 1989, sollevata dalle Regioni Toscana,
 Emilia-Romagna  e  Lombardia,  con i ricorsi indicati in epigrafe, in
 riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione;
      dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in motivazione, la
 questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli
 artt. 21, lettera c), 3, quinto comma, e 17, sesto comma, del Decreto
 legislativo n. 322 del 1989, sollevata  dalla  Regione  Trentino-Alto
 Adige, con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento agli artt.
 4, nn. 1, 7 e 8, 5, n. 1, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972,  n.  670  e
 relative  norme  di  attuazione,  nonche'  agli artt. 13, 14, 15 e 16
 della legge 11 marzo 1972, n. 118;
      dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in motivazione, la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 21, lettere a )  e
 b),  del Decreto legislativo n. 322 del 1989, sollevata dalla Regione
 Lombardia, con il ricorso indicato in epigrafe, in  riferimento  agli
 artt. 117 e 118 della Costituzione;
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 15, primo comma, lettera d), del Decreto legislativo n. 322
 del 1989, sollevata dalla Regione Toscana, con il ricorso indicato in
 epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione;
      dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in motivazione, la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26,  primo  comma,
 del  Decreto  legislativo  n.  322 del 1989, sollevata dalle Province
 autonome di Trento e di Bolzano e dalla Regione Trentino-Alto  Adige,
 con  i ricorsi indicati in epigrafe, in riferimento, rispettivamente,
 agli artt. 8, 9 e 16, e 4, nn. 1, 7 e 8, 5, n. 1, e 16, del d.P.R. 31
 agosto  1972,  n.  670  e  relative  norme  di  attuazione,  anche in
 relazione agli artt. 13, 14, 15 e 16 della legge 11  marzo  1972,  n.
 118;
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 9, secondo comma, del Decreto legislativo n. 322 del  1989,
 sollevata  dalle  Regioni Lombardia e Toscana, con i ricorsi indicati
 in epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione;
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 13, terzo e quarto comma, del Decreto  legislativo  n.  322
 del  1989,  sollevata  dalla  Regione  Emilia-Romagna, con il ricorso
 indicato in epigrafe, in riferimento  agli  artt.  117  e  118  della
 Costituzione;
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 17, secondo comma, del Decreto legislativo n. 322 del 1989,
 sollevata  dalle  Regioni Toscana e Lombardia, con i ricorsi indicati
 in epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione;
      dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in motivazione, la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26,  terzo  comma,
 del  Decreto  legislativo  n.  322  del 1989, sollevata dalla Regione
 Toscana, con il ricorso indicato in  epigrafe,  in  riferimento  agli
 artt. 119 e 81, quarto comma, della Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                       Il redattore: BALDASSARRE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 26 marzo 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 90C0337