N. 166 SENTENZA 19 marzo - 4 aprile 1990
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Elezioni - Reati elettorali - Sospensione condizionale della pena e non menzione - Applicabilita' - Esclusione - Impugnazione vertente su norma gia' espunta dall'ordinamento a seguito della sentenza n. 121/1980 - Inammissibilita'. (Decreto del presidente della regione Sicilia 20 agosto 1960, n. 3, art. 79, ultimo comma). (Cost., artt. 3 e 25).(GU n.16 del 18-4-1990 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 79, ultimo comma, del D.P. Reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3 (Testo unico delle leggi per l'elezione dei Consigli comunali nella Regione siciliana), promosso con ordinanza emessa il 15 aprile 1989 dal Pretore di Aragona nel procedimento penale a carico di Rizzo Giuseppe, iscritta al n. 518 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1989; Udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 1990 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto in fatto Nel corso del procedimento penale a carico di Rizzo Giuseppe - imputato del reato di cui all'art. 70 del D.P. Reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3 (Testo unico delle leggi per l'elezione dei Consigli comunali nella Regione siciliana) per aver sottoscritto due dichiarazioni di presentazione di candidatura -, il Pretore di Aragona ha sollevato, su istanza di parte, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 79, ultimo comma, del predetto D.P. Reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione. La norma censurata esclude l'applicabilita' ai reati elettorali delle disposizioni di cui agli artt. da 163 a 167 e 175 del codice penale e 487 del codice di procedura penale, relative alla sospensione condizionale della pena e alla non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. Il giudice a quo, rilevato che il procedimento non puo' essere definito indipendentemente dalla soluzione della questione di costituzionalita', afferma che questa appare non manifestamente infondata anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 121 del 1980, che dichiaro' l'illegittimita' costituzionale dell'identica norma di cui all'art. 102, ultimo comma, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570. Considerato in diritto 1. - La questione di legittimita' costituzionale che forma oggetto del presente giudizio concerne l'art. 79, ultimo comma, del testo unico delle leggi per l' elezione dei Consigli comunali nella Regione siciliana approvato con decreto del Presidente della Regione 20 agosto 1960 n. 3. Tale disposizione esclude l'applicabilita' dei benefici di cui agli artt. 163 - 167 e 175 del codice penale e 487 del codice di procedura penale ai reati elettorali; sarebbe percio' in contrasto - ad avviso del giudice remittente - con gli artt. 3 e 25 della Costituzione, anche in base alla sentenza di questa Corte n. 121 del 1980, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'ultimo comma dell'art. 102 del testo unico approvato con d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, norma statale di tenore e contenuto identici. 2.1. - Devesi preliminarmente osservare che la norma impugnata e' compresa in un testo unico approvato con decreto del Presidente della Regione, atto al quale - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentt. nn. 32 del 1961, 51 del 1962, 45 del 1967, 69 del 1983, 162 del 1985) - non puo' in nessun caso riconoscersi la qualifica di atto avente forza di legge, per il principale ed assorbente motivo che la potesta' legislativa delle regioni non puo' esplicarsi nella forma del decreto legislativo, in base al principio generale della inderogabilita' delle competenze costituzionali. Tuttavia, la norma in questione, vale a dire l'art. 79 ultimo comma, costituisce - cosi' come tutto il capo IX intitolato "Disposizioni penali" - la testuale trascrizione di una norma statale e precisamente dell'art. 95 del testo unico approvato con d.P.R. 5 aprile 1951 n. 203, indicato del resto tra parentesi dopo il numero dell'articolo impugnato, unitamente all'art. 1 della legge regionale 5 aprile 1952, n. 11, che richiama il citato testo unico n. 203 del 1951. Quest'ultimo ha natura di atto avente forza di legge (cfr. sent. n. 46 del 1969), in quanto risulta emanato in virtu' di una norma legislativa (art. 21 della legge 24 febbraio 1951, n. 84), la quale, ancorche' formalmente di "autorizzazione", deve ritenersi nella sostanza assimilabile, secondo la prevalente dottrina, ad una vera e propria norma di delegazione. Quanto rilevato e' sufficiente, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentenze nn. 46 del 1969, 43 del 1970, 162 del 1985), ad ammettere il giudizio sulla norma denunciata, intendendosi in effetti che il sindacato si esercita sulla norma di legge testualmente trascritta nel testo unico, in quanto e' detta norma che deve in realta' essere applicata nel giudizio a quo. 2.2. - Va ora osservato che la sentenza n. 121 del 1980, richiamata nell'ordinanza di rimessione, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 102, ultimo comma, del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali approvato con d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570; detta norma escludeva l'applicabilita' dei benefici di cui agli artt. 163 - 167 e 175 del codice penale e 487 del codice di procedura penale ai reati elettorali. Ma al citato testo unico n. 570 del 1960 va negata forza di legge e riconosciuto viceversa carattere meramente compilatorio, dovendo ritenersi che esso sia stato emanato in assenza di delega legislativa (cfr. la citata sentenza n. 46 del 1969 e la prevalente dottrina), poiche' l'"autorizzazione" contenuta nell'art. 48 della legge 23 marzo 1956, n. 136 era ormai divenuta irrilevante in quanto ampiamente scaduta (del resto la norma anzidetta non risulta citata nelle premesse del decreto). La sentenza della Corte n. 121 del 1980 deve intendersi pertanto riferita, per le ragioni esposte in precedenza - anche se ne fu omessa come superflua l'esplicita precisazione -, all'art. 95 del testo unico 5 aprile 1951 n. 203, di cui l'art. 102 costituisce la testuale trascrizione. In conclusione, poiche', per quanto e' stato detto sub 2.1, il presente giudizio verte in realta' per l'appunto sull'ultimo comma dell'art. 95 del testo unico n. 203 del 1951 - norma che a seguito della citata sentenza n. 121 del 1980 di questa Corte e' stata espunta dall'ordinamento - la questione deve essere dichiarata inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 79, ultimo comma, del decreto del Presidente della Regione siciliana 20 agosto 1960 n. 3 (Testo unico delle leggi per l'elezione dei Consigli comunali nella Regione siciliana), sollevata dal Pretore di Aragona con l'ordinanza in epigrafe in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 marzo 1990. Il Presidente: SAJA Il redattore: FERRI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 4 aprile 1990. Il direttore della cancelleria: MINELLI 90C0379