N. 22 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 28 marzo 1990
N. 22 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 28 marzo 1990 (del Presidente del Consiglio dei Ministri) Regione Puglia - Impiego pubblico - Reinquadramento al sesto livello economico del personale assegnato ai centri regionali dei servizi educativi e culturali, gia' inquadrato, ai sensi della legge n. 19/1981, al quinto livello - Asserita violazione del principio di omogeneizzazione delle posizioni giuridiche degli impiegati regionali sancito dalla legge quadro sul pubblico impiego n. 93/1983, attesa la mancanza nel provvedimento in questione del carattere di astrattezza, generalita' e non riferibilita' a categorie o gruppi specifici di dipendenti - Violazione del principio di imparzialita' e buon andamento della p.a. (Legge regione Puglia riapprovata il 5 marzo 1990). (Cost., artt. 97 e 117).(GU n.15 del 11-4-1990 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, e' domiciliato, contro il presidente della giunta della regione Puglia, per la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale della legge regionale, riapprovata il 5 marzo 1990, recante "Norme di attuazione dell'art. 5, sesto comma, della l.r. 12 maggio 1980, n. 43", in relazione agli artt. 97 e 117 della Costituzione nonche' 1 e 4 della legge 29 marzo 1983, n. 93. 1. - Nell'ambito dell'organizzazione dei servizi per l'attuazione del diritto allo studio nonche' per la promozione dell'educazione permanente dei cittadini, la regione Puglia - con legge 12 maggio 1980, n. 42 - ha previsto (all'art. 16) la utilizzazione delle esistenti strutture dei centri di servizi sociali e culturali ai quali ha demandato di assicurare, sotto la denominazione di "Centri regionali dei servizi educativi e culturali", il servizio di educazione permanente (preminentemente rivolto all'area dell'eta' adulta). In via transitoria, l'art. 26 della citata legge ha disposto, a tale effetto, l'impiego del personale in servizio presso le gia' esistenti strutture (Centri servizi educazione permanente, centri di lettura ecc.) riservando ad un successivo provvedimento normativo, da emanarsi entro il 31 dicembre 1980, la fissazione delle modalita' d'inquadramento del personale stesso nei ruoli regionali. Ribadito il diritto di tale personale all'inquadramento (con l'art. 5, sesto comma, della l.r. 12 maggio 1980, n. 43, sostitutivo del gia' commentato art. 26 della coeva legge n. 42), la disciplina preannunciata e' stata varata con successiva l.r. 13 febbraio 1981, n. 19, il cui art. 3 ha previsto che l'inquadramento giuridico ed economico del personale, in parola, in servizio nell'anno scolastico 1979-80 e titolare dello stesso incarico nel precedente anno (1978-79) avvenisse, con effetto dal 1 giugno 1980, nel quinto livello funzionale di cui alla l.r. 13 marzo 1980, n. 16. 2. - Il 29 luglio 1987, riprendendo un precedente disegno legislativo del 1985 fatto oggetto di rilievo governativo, il consiglio regionale ha approvato una legge "di attuazione dell'art. 5, sesto comma, della l.r. 12 maggio 1980, n. 43" prevedendo (con l'unico articolo) il reinquadramento al sesto livello funzionale del personale inquadrato ai sensi della gia' citata legge n. 19/1981, e fissando al 1 giugno 1980 e - rispettivamente - al primo giorno del mese successivo all'entrata in vigore la decorrenza degli effetti giuridici e di quelli economici della misura cosi' adottata. Con provvedimento 27 agosto 1987 il Governo ha, peraltro, rinviato l'approvata legge regionale a nuovo esame del consiglio in base al rilievo che anche nella nuova formulazione la norma, comportando un reinquadramento del personale in un livello superiore, si ponesse in contrasto col principio di omogeneizzazione di cui all'art. 4 della legge-quadro sul pubblico impiego n. 93/1983, oltre che coi princip/' di cui all'art. 97 della Costituzione. In data 7 marzo e' pervenuta al commissario del Governo comunicazione dell'intervenuta riapprovazione, nella seduta del 5 marzo 1990, della legge "rinviata" che viene, percio', dedotta ad oggetto del ricorso col presente atto proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, in conformita' della delibera governativa che sara' depositata in giudizio con gli altri atti. 3. - Dopo aver riservato alle leggi regionali, nell'ambito di competenza, la regolamentazione - tra l'altro - della costituzione del rapporto di pubblico impiego, della modifica dello stato giuridico dei dipendenti nonche' della determinazione delle qualifiche funzionali e dei relativi profili professionali (art. 2), la legge-quadro sul pubblico impiego n. 93/1983 ha fissato per il legislatore regionale, come principio fondamentale per gli effetti di cui all'art. 117 della Costituzione, quello della omogeneizzazione delle posizioni giuridiche (art. 4). Come osservato nel provvedimento di rinvio, la legge regionale in esame non risulta conforme a detto principio di omogeneizzazione, proponendosi - a distanza di quasi un decennio dall'originario provvedimento (l.r. n. 19/1981, art. 3) - di operare il reinquadramento, ad un superiore livello funzionale (sesto), di una individuata categoria di personale e cosi', in buona sostanza, definendo in modo specifico la posizione giuridica di un gruppo di dipendenti (identificato alla stregua di dati requisiti): cio' che, appunto, si traduce nell'esatto opposto della "omogeneizzazione" in discorso, la quale importa, invece, che l'attribuzione dei dipendenti ai vari livelli funzionali avvenga, affatto prescindendo da qualsiasi riferimento a categorie o gruppi specifici, alla stregua di profili professionali delineati in via astratta e valevoli per la "generalita'" dei dipendenti impiegati nelle corrispondenti mansioni. Il fondamento della qui formulata censura si mostra del resto, di tutta evidenza quando appena si consideri che la ratio dell'art. 4 della legge-quadro del 1983 deve, in parte qua, rinvenirsi nell'esigenza di uniformare le posizioni di "status" di tutti i dipendenti, in funzione (unicamente) dei requisiti posseduti, delle mansioni assolte e delle responsabilita' a queste inerenti, senza riguardo ai comparti o settori dell'amministrazione pubblica nei quali i dipendenti stessi si trovino ad operare concretamente (ma con identita', appunto, di funzioni espletate). Vale, nello stesso senso, osservare che l'effetto della denunciata legge regionale non e' diverso - in ultima analisi - da quella che si realizzerebbe se, nell'art. 8 della l.r. 13 marzo 1980, n. 16, alla definizione in astratto delle posizioni di lavoro da inserire nel sesto livello (qui in rilievo) venisse aggiunta la specifica menzione del personale contemplato dalla norma in esame. 4. - Il considerevole periodo di tempo intercorso dall'originario inquadramento da', inoltre, motivo ad autonomo profilo di censura della legge in esame per violazione dell'art. 97 della Costituzione. Al riguardo va, infatti, considerato che il perseguito "reinquadramento" al sesto livello funzionale (e senza, oltre tutto, che sia precisato se debba avvenire in soprannumero o meno) introduce un serio fattore di turbativa nell'assetto ormai stabilizzatosi nei ruoli dei dipendenti regionali, modificando la certezza delle situazioni e delle aspettative e, cosi', negativamente incidendo sul buon andamento dell'amministrazione attraverso la massiccia immissione di 733 unita' (art. 6 della l.r. 13 febbraio 1981, n. 19) in un livello per accedere al quale e' richiesto il diploma di laurea (art. 13 della l.r. n. 16/1980), la' dove - oltre tutto - tale titolo non pare individuabile fra i requisiti per il "reinquadramento" de quo (arg. dal primo comma dell'articolo unico della legge impugnata, in relazione agli artt. 1 della l.r. 13 febbraio 1981, n. 19, e 5, sesto comma, della l.r. 12 maggio 1980, n. 43).
Per i motivi esposti, il ricorrente chiede che sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale della legge regionale in epigrafe. Roma, addi' 20 marzo 1990 Sergio LAPORTA, avvocato dello Stato 90C0393