N. 159 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 gennaio 1990

                                 N. 159
    Ordinanza emessa il 26 gennaio 1990 dal tribunale di Napoli nel
          procedimento penale a carico di Lomgobardi Francesco
 Processo  penale  -  Nuovo  codice  - Disposizioni transitorie - Rito
 abbreviato  -  Dissenso  immotivato   e   vincolante   del   p.m.   -
 Insindacabilita'  da parte del giudice - Conseguente inapplicabilita'
 della diminuente ex art.  442,  secondo  comma,  del  c.p.p.  1988  -
 Disparita'  di trattamento tra imputati secondo la determinazione del
 p.m.  -  Limitazione  del  potere  di  decisione  del   giudice   con
 conseguente compromissione della difesa - Dissenso del p.m. incidente
 non solo sulla scelta del rito ma anche sulla  quantificazione  della
 pena  -  Emissione  di  provvedimento sostanzialmente decisorio senza
 motivazione e non ricorribile per cassazione.
 (D.Lgs.  28  luglio  1989, n. 271, art. 247, terzo comma; c.p.p. del
 1988, art. 438, primo comma;  c.p.p.  del  1988,  art.  442,  secondo
 comma).
 (Cost., artt. 3, 24, 101 e 111).
(GU n.16 del 18-4-1990 )
                              IL TRIBUNALE
                           RILEVATO IN FATTO
    Con  ordinanza  in  data  26  settembre 1989 il giudice istruttore
 presso questo tribunale disponeva il rinvio a giudizio di  Longobardi
 Francesco, nato a Boscoreale il 17 giugno 1954, imputato: del delitto
 di cui agli artt. 81 cpv., 521 rel. 519,  secondo  comma,  n.  2  del
 c.p.,  per  aver,  con  piu'  azioni esecutive di un medesimo disegno
 criminoso, commesso atti di libidine sulla figlia Filomena (nata il 5
 giugno  1974  e  quindi  minore  degli anni 16) e indotto la stessa a
 commettere atti di libidine su di lui.  In Boscoreale, nel corso  del
 1982;  del  delitto  di  cui agli artt. 81 cpv., 519, primo e secondo
 comma, n. 2, 521 rel. 519, primo e secondo comma, n. 2, del c.p., per
 aver,  in  tempi  diversi  e con piu' azioni esecutive di un medesimo
 disegno criminoso, con violenza e minaccia, commesso atti di libidine
 sulla  figlia  Filomena (minore degli anni 16), costretto la stessa a
 commettere atti di libidine su di lui ed a  congiungersi  carnalmente
 con  lui, a volte con penetrazione parziale, a volte con penetrazione
 completa. In Boscoreale, Boscotrecase ed in localita' nei pressi  del
 Vesuvio,  dal 1985 sino al luglio 1989 (e da ultimo in data 26 luglio
 1989; di altri, meno gravi, reati connessi (artt. 81 cpv  e  530  del
 c.p.; artt. 81 cpv. e 610 del c.p.).
    All'udienza di oggi, 26 gennaio 1990, l'imputato, nella fase degli
 atti preliminari al dibattimento, ha chiesto - ai sensi  degli  artt.
 247  delle disp. trans. del c.p.c. e 438 del c.p.c. - che il processo
 fosse definito allo stato degli atti col rito abbreviato.
    Il pubblico ministero ha in udienza negato il proprio consenso.
    A  questo punto il tribunale si e' ritirato in camera di consiglio
 per   deliberare   in   ordine   alla   questione   di   legittimita'
 costituzionale  del  comb. disp. degli artt. 247 del d.lgs. 28 luglio
 1989, n. 271, e 438, del d.P.R.  22  settembre  1988,  n.  447,  gia'
 ritenuta  non  manifestamente  infondata  e  rilevante  in situazioni
 processuali analoghe quanto al punto che interessa da  questa  stessa
 Sezione, anche se diversamente composta.
                         CONSIDERATO IN DIRITTO
    Osserva  il  collegio  che  gli  artt.  247 delle disp. trans. del
 c.p.p. e 438 del c.p.p. appaiono in contrasto con una  pluralita'  di
 parametri  costituzionali  in relazione al ruolo ed alle potesta' che
 esse attribuiscono  al  pubblico  ministero  non  solo  nei  riguardi
 dell'imputato ma anche e soprattutto nei confronti del giudice.
    Per  precisare l'assunto giova richiamare quanto argomentato dalla
 Corte costituzionale con una sentenza (la n. 120 del 18 aprile  1984)
 che  si  occupava  di  una  questione  di legittimita' costituzionale
 sollevata sugli artt. 77 e 78 della legge n. 689/1981.
    L'istituto dell'applicazione delle sanzioni sostitutive delle pene
 detentive brevi su richiesta dell'imputato, di cui agli artt. 77 e 78
 della  legge  n.  689/1981,  presenta, invero, indubbie affinita' con
 quello introdotto per i procedimenti da  trattare  col  vecchio  rito
 anche  dopo  l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale
 dagli artt. 247 delle disp. transitorie del c.p.p. e 438  del  c.p.p.
 sotto  il  profilo  del discendere, nell'uno e nell'altro caso, da un
 apprezzamento discrezionale del pubblico ministero l'applicabilita' o
 meno di uno specifico schema processuale.
    Tuttavia,  nell'istituto  di cui agli artt. 77 e 78 della legge n.
 689/1981,  la  formulazione  di  un  parere  negativo  con  efficacia
 vincolante  da  parte  del  p.m.  altra valenza non aveva - ad avviso
 della Corte - che quella di precludere un  epilogo  del  procedimento
 anticipata  rispetto  alla  fase  processuale maggiormente garantita,
 vale  a  dire  al  dibattimento,  ma  non  impediva  al  giudice  del
 dibattimento,  una  volta  dato  ingresso a tale fase, di accogliere,
 eventualmente,  la  richiesta  di  applicazione   di   una   sanzione
 sostitutiva      formulata      dall'imputato,      indipendentemente
 dall'atteggiamento assunto in proposito dal pubblico ministero.
    Da tale interpretazione dell'istituto di cui agli artt. 77 e segg.
 della  legge  n.  689/1981,  ed  in  particolare  dalla  riconosciuta
 possibilita'  per  il  giudice  del  dibattimento  di  accogliere  la
 richiesta formulata dall'imputato disattendendo  il  parere  negativo
 del   pubblico  ministero,  la  Corte  argomentava  l'inesistenza  di
 qualsiasi contrasto con i parametri costituzionali.
    Per  converso,  proprio  utilizzando l'iter argomentativo condotto
 dalla Corte costituzionale nella richiamata sentenza, gli  artt.  247
 delle  disp. trans. del c.p.p. e 438 del c.p.p. sembrano in contrasto
 - nella parte in cui escludono, nel caso in cui  manchi  il  consenso
 del  pubblico  ministero sulla richiesta di rito abbreviato formulata
 dall'imputato, non solo e non tanto l'applicabilita' di uno specifico
 schema  processuale,  quello  proprio, cioe', del rito abbreviato, ma
 anche e soprattutto la diminuzione di un terzo della  pena  stabilita
 dall'art.  442,  secondo  comma del c.p.p. - con una molteplicita' di
 precetti costituzionali, ed in particolare:
      con l'art. 3 della Costituzione, perche' le ragioni del pubblico
 ministero, contrarie alla richiesta dell'imputato, si impongono, caso
 per  caso  ed in modo definitivo, al giudice, non potendo ricevere da
 parte di questo obbiettiva ed imparziale valutazione nella  fase  del
 dibattimento   e   determinando  indirettamente  ma  ineluttabilmente
 l'impossibilita' di ridurre di un terzo la pena  ai  sensi  dell'art.
 442, secondo comma del c.p.p.;
      con  l'art.  24,  primo  e  secondo  comma,  della Costituzione,
 perche' la richiesta dell'imputato viene ad essere sottratta in  modo
 definitivo alla valutazione del giudice;
      con  l'art.  101,  secondo  comma della Costituzione, perche' il
 mancato intervento del consenso del pubblico  ministero  comprime  le
 attribuzioni   del  giudice,  escludendo  dal  novero  dei  possibili
 contenuti decisori della sentenza quello in cui la  pena  determinata
 in  concreto  sia  diminuita  in  misura  fissa  di un terzo ai sensi
 dell'art. 442, secondo comma, del c.p.p.;
      con  l'art.  111,  secondo comma della Costituzione, giacche' il
 mancato intervento dell'atto di consenso del pubblico  ministero  non
 preclude  soltanto  l'impossibilita' di procedere col rito abbreviato
 (effetto questo pienamente compatibile con i precetti costituzionali,
 posto    che   il   principio   dell'obbligatorieta'   dell'esercizio
 dell'azione penale non  preclude  al  legislatore  di  attribuire  al
 pubblico    ministero    la    facolta'    di    scegliere,    magari
 insindacabilmente, il rito), ma  soprattutto  incide  sulla  pena  da
 infliggere  all'imputato che sia eventualmente condannato, integrando
 in tal modo, in buona sostanza - attesa la sua  efficacia  vincolante
 sul  potere  del  giudice - un vero e proprio provvedimento decisorio
 immotivato  ed  insindacabile,  neanche  mediante  il   ricorso   per
 cassazione.
    In  virtu'  di tali considerazioni ritiene questo collegio che non
 sia manifestamente infondata l'incostituzionalita'  degli  artt.  247
 delle disp. trans. del c.p.p. e 438 del c.p.p.
    La  questione  e'  inoltre  rilevante  nella  specie,  giacche' il
 dissenso manifestato dal pubblico ministero sulla richiesta  di  rito
 abbreviato  avanzata  dall'imputato  determina gia' di per se' che si
 proceda col rito ordinario con la conseguente inapplicabilita'  della
 diminuzione di un terzo della pena di cui all'art. 442, secondo comma
 del c.p.p., in caso di condanna dell'imputato medesimo.
                                P. Q. M.
    Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 247, terzo comma  del  d.lgs.
 28  luglio  1989,  n. 271, e 438, primo comma, 442, secondo comma del
 d.P.R. 22 settembre 1988, n. 447, in  relazione  agli  artt.  3,  24,
 primo  e  secondo  comma,  101,  secondo comma, e 111, secondo comma,
 della Costituzione, nella parte in cui dal  loro  combinato  disposto
 viene  stabilito  che il mancato intervento dell'atto di consenso del
 pubblico ministero in ordine alla richiesta  di  giudizio  abbreviato
 formulata  dall'imputato  esclude  per  il giudice la possibilita' di
 pronunciare una sentenza di condanna con la diminuzione  di  pena  di
 cui all'art. 442, secondo comma del d.P.R. 447/1988;
    Ordina  la  sospensione  del  giudizio  in corso e la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  a cura della cancelleria la presente ordinanza, letta
 alle parti nel pubblico dibattimento, sia  notificata  al  Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri  e  comunicata  al Presidente delle due
 Camere del Parlamento;
    Ordina  che  a  cura della cancelleria sia estratta copia di tutti
 gli atti del procedimento per gli eventuali provvedimenti urgenti.
      Napoli, addi' 26 gennaio 1990
                   Il presidente: (firma illeggibile)

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