N. 167 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 dicembre 1989

                                 N. 167
     Ordinanza emessa il 14 dicembre 1989 dal pretore di Nardo' nel
            procedimento penale a carico di Murciano Umberto
 Reati    contro   la   famiglia   -   Maltrattamenti   -   Successiva
 riconciliazione tra coniugi e ripristino del normale svolgersi  della
 vita  coniugale - Causa di estinzione del reato - Omessa previsione -
 Adesione del principio  di  garanzia  alla  salvaguardia  dell'unita'
 familiare  -  Violazione  dell'obbligo  dello  Stato  di  agevolare i
 compiti della famiglia - Irrazionale comportamento  del  legislatore,
 dato il contrasto dell'omessa previsione con l'attuale sistema.
 (C.P., art. 572, prima parte).
 (Cost., artt. 2, 3, 29, 30, e 31).
(GU n.16 del 18-4-1990 )
                               IL PRETORE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel procedimento penale a
 carico di Murciano Umberto (n. 2794/88 reg. gen.) imputato del  reato
 di  cui  agli articoli 81, 612, 339 e 572 del c.p. per aver, con piu'
 azioni del medesimo disegno criminoso, minacciato gravemente  con  un
 coltello  Paiano  Gregorio, fratello della di lui moglie, Paiano Anna
 Maria, alla quale, inoltre, cagionava  lesioni  personali  volontarie
 guaribili  in  giorni  due,  con porto illegale di coltello ex art. 4
 della legge n. 110/1975) nonche'  di  maltrattamenti  in  pregiudizio
 alla stessa moglie Paiano Anna Maria.
                           PREMESSO IN FATTO
    I  fatti, sopra sintetizzati, furono denunziati dai carabinieri di
 Nardo',  in  data  6  luglio  1988,  allorquando  Murciano   Umberto,
 residente  in  Reggio Calabria, ma domiciliato in Nardo', fu condotto
 davanti a questo Pretore, perche' colto in flagranza di detti  reati.
    Sussistendo    i   requisiti   formali   e   sostanziali,   previo
 interrogatorio  dell'imputato,  l'arresto  venne  convalidato  e   si
 inizio'  il  rito direttissimo, nel corso del quale, pero', dopo aver
 ancora sentito il Murciano insieme alla moglie Paiano Anna Maria,  si
 ritenne  di  dover  accertare le condizioni dello stesso imputato, e,
 cioe', se fosse un tossicodipendente e se cio' avesse o meno influito
 sulla  sua capacita' di intendere e di volere al momento dei fatti ex
 art. 85 e segg. del c.p.
    L'indagine  fu  eseguita  dal  perito  di  ufficio  dott. Mario De
 Giorgi, il quale nella sua relazione del 1› settembre 1988 ebbe cosi'
 a  concludere:  "... dalla lettura degli atti del procedimento, dalla
 visita  medica  effettuata   e   dagli   accertamenti   emato-chimici
 richiesti, e', risultato che Murciano Umberto e' stato dedito all'uso
 di sostanze stupefacenti, ed,  in  particolare,  di  eroina  per  via
 iniettiva,  per  un tempo sicuramente piu' lungo di quello dichiarato
 dallo stesso.
    Allo  stato attuale, e presumibilmente all'epoca del fatto-reato a
 lui contestato, non e' dedito piu' a detto uso.
    Ritengo,   inoltre,   di   poter   affermare   che  la  precedente
 tossicomania  non  abbia  potuto  influire  sulla  sua  capacita'  di
 intendere  e  di  volere, per cui non necessita attualmente di nessun
 intervento di tipo sanitario e assistenziale".
    Successivamente,  il medesimo imputato, al quale in data 13 agosto
 1988 era  stata  concessa  la  liberta'  provvisoria  ricorrendo  gli
 estremi di legge, fu rinviato a giudizio davanti a questa pretura per
 rispondere dei reati di cui in epigrafe.
    Al dibattimento del 14 dicembre 1989, il Murciano, riportandosi ai
 precedenti  interrogatori,  negava   gli   addebiti,   ma   ribadiva,
 soprattutto,  che  non  faceva  uso,  da  circa  un anno, di sostanze
 stupefacenti e che, per tale ragione, i rapporti con la moglie  erano
 piu'  che  normali,  tanto  da aver voluto la nascita di un figlio; e
 cio' era avvenuto il 19 aprile 1989.
    La  moglie  Paiano  Anna  Maria  confermava  sotto  il vincolo del
 giuramento l'assunto  del  marito  e  invocava  la  comprensione  del
 giudicante,  onde evitare che, con eventuali provvedimenti di rigore,
 fosse turbata la tranquillita' familiare, faticosamente ripristinata.
    Il  teste  Zaca'  Gregorio  confermava  la sua deposizione e cosi'
 faceva il verbalizzante brigadiere dei carabinieri Minarco che  aveva
 condotto le indagini sin dall'inizio.
    Data lettura, col consenso delle parti, della deposizione resa dal
 cognato dell'imputato, Paiano  Gregorio,  parte  lesa  del  reato  di
 minacce gravi, il p.m. ed il difensore concludevano come in atti.
   Al  cospetto  di  quelle  risultanze,  questo pretore, con sentenza
 emessa il 14 dicembre 1989, cosi' provvedeva: "Il pretore,  letto  ed
 applicato  l'art. 483 del c.p.p., dichiara Murciano Umberto colpevole
 del reato di cui agli artt. 612 e 339  del  c.p.  in  pregiudizio  di
 Paiano  Gregorio, ed all'art. 4, secondo e terzo comma della legge n.
 110/1975 e, con la concessione delle attenuanti di cui all'art. 62bis
 del  c.p.,  lo condanna a giorni quindici di reclusione e L.  100.000
 di ammenda, rispettivamente per i due reati.
    Sospende  le  pene  inflitte  per  anni  due  e  cinque  sotto  le
 comminatorie di legge e  dispone  che  delle  stesse  non  si  faccia
 menzione nel certificato del casellario giudiziale.
    Letto  ed  applicato  l'art. 530 del c.p.p. dichiara di n.d.p. nei
 confronti dello stesso Murciano per il reato di  lesione  colpose  in
 danno  della moglie Paiano Anna Maria, guarita in giorni due, perche'
 l'azione penale non poteva essere iniziata per difetto di querela.
    Dispone la confisca del coltello sequestrato.
    Per  quanto  concerne  il  reato  di  cui  all'art.  572 del c.p.,
 provvede come da separata ordinanza,  disponendo  lo  stralcio  degli
 atti  del  procedimento in fotocopia autentica a cura del cancelliere
 addetto.
    Nardo' il 14 dicembre 1989".
                          OSSERVAVA IN DIRITTO
    E'  risultato  in  fatto  che  l'imputato  Murciano,  per un certo
 periodo, ebbe ad usare violenze morali e fisiche nei confronti  della
 moglie  Paiano  Anna  Maria (vedasi deposizione di costei e dei testi
 Paiano e Zaca') che culminarono nei gravi episodi verificatisi  il  6
 luglio  1988 anche nei confronti del cognato Paiano Gregorio, per cui
 il primo venne arrestato nella flagranza dei reati contestatigli.
    Pertanto, tale condotta potrebbe integrare gli estremi materiali e
 psicologici del reato di cui all'art. 572 del c.p.
    E' stato altresi' accertato, attraverso il perito d'ufficio, dott.
 Dario  De  Giorgi,  esperto  in   accertamenti   comportamentali   da
 tossicodipendenza,  che  il  Murciano  era  stato  "dedito all'uso di
 sostanze  stupefacenti,  ed,  in  particolare,  di  eroina  per   via
 iniettiva",  per  un lungo periodo, ma anteriormente alla data in cui
 fu  denunziato  per  i  reati  ascrittigli  e  che   la   "precedente
 tossicomania  non ha potuto influire sulla sua capacita' di intendere
 e di volere"; con conseguente esclusione, quindi, dell'applicabilita'
 dell'art.  95 in relazione agli artt. 88 e 89 del c.p. e dell'art. 91
 s.c.
    E'  emerso,  ancora,  che  il  suddetto  Murciano  -  dimostratosi
 sensibile  alle  esortazioni  di  questo  Pretore,  allorquando,  con
 provvedimento  del  13  agosto  1988,  gli  fu  concessa  la liberta'
 provvisoria - da quell'epoca (a suo dire, e, soprattutto,  stante  la
 univoca  deposizione  giurata  in  tal  senso della moglie Paiano) ha
 modificato seriamente il suo tenore di vita, non  usando  piu'  alcun
 tipo  di  stupefacente  e, consentendo la ricostruzione armoniosa del
 nucleo familiare, con la nascita  di  un  figlio  maschio  voluto  da
 entrambi, per affiancarlo alla presenza di due bambine nate prima.
    Nonostante   cio',   questo  pretore,  non  potrebbe  prendere  in
 considerazione l'evoluzione, indiscutibilmente positiva, del medesimo
 imputato,  non prevedendo l'art. 572 del c.p. - ne' altre norme dello
 stesso  codice  -  una  causa  di  estinsione  del  reato  per   tale
 situazione,  col  grave  rischio  che,  in  caso  di dichiarazione di
 responsabilita' per detto reato e conseguente condanna  (pur  tenendo
 conto  di quanto previsto dagli artt. 132, 133,62- bis, 163 e 168 del
 c.p.), potrebbe essere vanificato ogni sforzo  dei  due  coniugi  per
 l'uteriore sviluppo di una famiglia giovane, con tre figli minori.
    Vi  e'  da  rilevare,  in verita', che quello di maltrattamenti in
 famiglia e' un reato, senza dubbio, di notevole entita', inserito nel
 capo  IV  del titolo XI del c.p. vigente e, nell'ottica dell'istituto
 familiare  nel  periodo  anteriore  all'entrata   in   vigore   della
 Costituzione  e  del  nuovo diritto di famiglia, si e' affermato che:
 "Oggetto specifico della  tutela  penale,  in  relazione  al  delitto
 previsto   nell'art.   572,   e'   nell'interesse   dello   Stato  di
 salvaguardare la  famiglia,  quale  nucleo  elementare,  coniugale  e
 parentale,  della  societa'  e dello Stato e quale istituto di ordine
 pubblico,  contro  gli  eccessi,  che  consistono  in  maltrattamenti
 inflitti  per un fine diverso da quello di correzione o disciplina, a
 familiari o a fanciulli, o a persone sottoposte  alla  autorita'  del
 colpevole  o  a  lui affidate per le cause indicate nello stesso art.
 572" (Manzini - Diritto penale italiano).
    Per quanto riguarda poi, l'interesse protetto, si e' asserito che:
 "Nella  cerchia  familiare  la  prepotenza  istintiva,  la   sfrenata
 irritabilita', l'odio, la gelosia, la stranezza, l'alcoolismo, i vizi
 sessuali, la vile tendenza a sfogare, in simile ambiente  sottomesso,
 l'ira   accumulata   nelle  lotte  della  vita  sociale,  l'avarizia,
 l'avidita' il  bisogno  mal  sopportato  e  altri  stimoli  analoghi,
 divengono talora causa di bieche persecuzioni, di continue vessazioni
 fisiche o morali, d'un regime di vita tormentoso  e  indecoroso,  che
 uno  Stato civile non puo' tollerare, ma deve energicamente reprimere
 nell'interesse sociale della protezione dei deboli.
    Se  lo  Stato  non  intervenisse con l'incriminazione in discorso,
 siffatti odiosissimi eccessi assai spesso sarebbero punibili, perche'
 sono  frequentemente  costituiti  da una serie di fatti, ciascuno dei
 quali, considerato isolatamente, non costituirebbe reato,  o  tutt'al
 piu'   si   ridurrebbe  ad  un  reato  punibile  soltanto  a  querela
 dell'offeso, querela che, date le condizioni  del  soggetto  passivo,
 ben di rado sarebbe presentata.
    Oltre al suddetto interesse caratteristico viene in considerazione
 anche quello relativo all'incolumita' o al decoro delle  persone,  ma
 in  via  subordinata e riflessa, tanto che non occorre che la persona
 sia stata esposta a quel pericolo o abbia subito quel danno,  che  e'
 invece necessario per il delitto di eccessi disciplinari.
    Nella   chiusa,   incontrollata  e  sottomessa  vita  familiare  o
 quasi-familiare e' possibile che l'offesa all'incolumita' o al decoro
 della  persona provenga non da fatti isolati, ma dal loro complesso o
 dalla loro reiterazione; il che di  regola  non  puo'  accadere,  per
 mancanza  di  rapporti permanenti e di soggezione, e per la vigilanza
 della polizia, nella libera, civile e presidiata vita  esterna  della
 societa' contemporanea" (Manzini - Diritto penale italiano).
    Conseguentemente,  la  pena  prevista  (art.  572 del c.p.) per il
 delitto semplice e' la reclusione  da  uno  a  cinque  anni,  per  il
 delitto  aggravato  dalle lesioni gravi e' la reclusione da quattro a
 otto anni, per derivate lesioni gravissime da sette a quindici anni e
 per derivata morte da dodici a venti anni.
    E'  appena  utile  rammentare,  a  questo  punto  -  essendo ormai
 pacifico in dottrina e giurisprudenza - che i principi accolti  dalla
 Costituzione italiana (artt. 29, 30 e 31 in relazione agli artt. 2, 3
 e 37 della stessa, propongono un'immagine di  "famiglia  fondata  sul
 matrimonio"  sicuramente  diversa  da  quella  configurata dalla c.d.
 "Carta del diritto" del ventennio fascista, secondo cui, tra  l'altro
 e'  stabilito emblematicamente che "il matrimonio e' unione esclusiva
 al fine della procreazione, il vincolo deriva dalla  consumazione  la
 ragione  della  sua  indissolubilita'; ma e' reso eticamente perfetto
 solo se consegua  il  suo  fine,  assicurando  la  continuita'  della
 famiglia".
    Princi'pi,  questi  ultimi, che, come si e' visto, in buona parte,
 sono stati recepiti dal codice penale del 1930, tenendo conto che, in
 generale,  in  tema  di  "delitti  contro la famiglia", titolo XI del
 c.p., comprensivo dei: capo I,  Dei  delitti  contro  il  matrimonio;
 bigamia;    (adulterio    e   concubinato   sono   stati   dichiarati
 incostituzionali da codesta Corte con sentenze del 19 dicembre  1968,
 n.  126  e  3  dicembre 1969, n. 147); capo II, Dei delitti contro la
 morale familiare; incesto, attentati alla morale familiare commessi a
 mezzo  della  stampa periodica; capo III, Dei delitti contro lo stato
 di famiglia e capo IV  Dei  delitti  contro  l'assistenza  familiare:
 violazione  agli obblighi di assistenza familiare; abuso dei mezzi di
 correzione  disciplinare;  maltrattamenti  in  famiglia;  sottrazione
 consensuale  di minorenni, cosi' si esprime la Relazione ministeriale
 sul progetto del codice penale, II, p.  334-335:  "Ritengo  di  avere
 apprestato una energica e valida difesa contro l'attivita' criminosa,
 sempre piu' vasta ed allarmante, che tende a  disgregare  l'organismo
 familiare considerato come societa' coniugale e societa' parentale.
    Lo Stato deve rivolgere costantemente, e col massimo interesse, la
 sua attenzione all'istituto etico giuridico della famiglia, che e' il
 centro d'irradiazione di ogni civile convivenza.
    Nella  comunione  familiare  i  genitori con la parola, e piu' con
 l'esempio,  plasmano  l'anima  del  fanciullo,  che  sara'   poi   il
 cittadino:  secondo  che  l'ambiente  domestico e' moralmente puro, o
 viziato e malsano, germina in esso e  fiorisce  la  pianta  dell'uomo
 onesto,  ovvero vi alligna quella triste e attossicata del criminale.
 Il legislatore, deve con tutti  i  mezzi  dei  quali  puo'  disporre,
 cercare  di  rinsaldare, nella sua esistenza fisica e nella compagine
 morale, l'organismo familiare; a tale scopo serve anche  la  sanzione
 punitiva  con  la  sua minaccia contro gli attentati all'istituto del
 matrimonio, che costituisce il fulcro di ogni ben costituita societa'
 e contro l'organismo familiare".
    Inoltre,  secondo  la  Relazione  del presidente della commissione
 ministeriale per  il  progetto  del  codice  penale,  pag.  437:  "La
 riunione  delle  suindicate  disposizioni  in  titolo  unico, crea un
 sistema completo di salda difesa della famiglia, contro le molteplici
 correnti  che  tendono  a disgregarla, dando all'organismo familiare,
 quasi  esclusivamente  contenuto  finora   nel   campo   civilistico,
 carattere prevalentemente di diritto pubblico.
    Il progetto... pone a base delle norme disciplinate dal titolo una
 concezione nuova  della  famiglia,  piu'  rispondente  alle  gloriose
 tradizioni romanistiche e ai bisogni nazionali.
    Esso  infatti considera la famiglia come societa' familiare; cioe'
 come  collettivita'  di  determinati  individui  legati  da   vincoli
 reciproci   di   diritto   familiare;  come  cellula  prima  di  ogni
 ordinamento civico, con individualita' propria, per cui si distingue,
 sia  rispetto  ai  terzi,  sia  rispetto  ai  singoli  membri  che la
 compongono: la famiglia ha un onore  proprio,  che  la  legge  penale
 tutela,  anche  quando  non  coincida  con  quello di taluno dei suoi
 membri; ha una moralita' propria garantita con particolari  sanzioni;
 ha  infine  un  regolamento  proprio  di  diritti, denominati diritti
 familiari, ai quali corrispondono altrettanti obblighi  da  parte  di
 altre persone sottoposte allo stesso vincolo familiare".
    Successivamente   al  c.p.  del  1930,  pero',  oltre  alle  norme
 costituzionali gia' indicate, vi sono stati, com'e'  noto,  ulteriori
 interventi  legislativi  di notevole entita': legge 1› dicembre 1970,
 n. 898  e  succ.  mod.  "Disciplina  dei  casi  di  scioglimento  del
 matrimonio",  (confermata dal successivo referendum del maggio 1974);
 legge 19 maggio 1975, n. 151, sulla riforma del diritto di  famiglia;
 legge 4 maggio 1983, n. 184 (adozione ed affidamento).
    A  livello  internazionale,  va  citata, poi, la "legge 25 ottobre
 1977, n. 881,  ratificata  ed  esecuzione  del  patto  internazionale
 relativo  ai  diritti economici sociali e culturali, nonche' al patto
 internazionale relativo ai diritti civili e politici, con  protocollo
 facoltativo,   adottati   ed   aperti   alla   firma   a   New  York,
 rispettivamente il 16 e 19 novembre 1976" che stabilisce nell'art. 23
 del "Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici":
      1)  la  famiglia  e'  il  nucleo  naturale  e fondamentale della
 societa' ed ha diritto di essere  protetta  dalla  societa'  e  dallo
 Stato;
      2) il diritto di sposarsi e fondare una famiglia e' riconosciuto
 agli  uomini  ed  alle  donne  che  abbiano  l'eta'   per   contrarre
 matrimonio;
      3)  il  matrimonio  non  puo' essere celebrato senza il libero e
 pieno consenso dei futuri coniugi;
      4)  gli  Stati  del  presente patto (ratificato ormai da tutti i
 paesi del mondo) devono prendere misure idonee a garantire la parita'
 di  diritti e di responsabilita' dei coniungi riguardo al matrimonio,
 durante il matrimonio ed al momento del suo scioglimento".
    Per  quanto  concerne il settore penale, oltre alla gia' ricordata
 abrogazione  dell'adulterio  e  del  concubinato,  in  seguito   alle
 sentenze  di  codesta  Corte  gia'  citate,  va ricordata la modifica
 parziale dell'art. 570 del c.p., apportata dalla  legge  24  novembre
 1981,  n.  689, che ha reso tale delitto perseguibile a querela della
 persona offesa "salvo nei casi previsti dal n. 1, secondo  comma,  di
 detta  norma e, quando il reato e' commesso nei confronti dei minori,
 dal n. 2 della stessa norma".
    Come   puo'   rilevarsi,   a  modifiche  sostanziali  operate  dal
 legislatore nel campo civilistico, non fanno riscontro altrettante in
 quello penale.
    Tuttavia, sia dalle norme costituzionali in tema, gia' citate, sia
 da talune ricavabili dalle nuove discipline sopra indicate, si evince
 univocamente  il  palese  intento  del legislatore di incoraggiare il
 piu' possibile la ricostruzione del nucleo  familiare.  Evidentemente
 perche'  e'  spesso  avvertita  (oggi  piu'  che  mai) la persistente
 importana dell'istituto familiare o della comunita' familiare, specie
 al  cospetto  di  gravissimi  episodi, ben noti, che in buona parte a
 parere di illustri cultori della materia affondano le loro radici sul
 facile  dissolvimento  della  famiglia  oltre i limiti prefigurati da
 norme costituzionali italiane ed, ancora, sanciti da norme di portata
 mondiale  (l.  n.  881/1977);  nonostante  i  supporti che, a tutti i
 livelli,  vengono  istituiti,  in  considerazioni  di  tante   mutate
 caratteristiche    della   societa'   nazionale   ed   internazionale
 (consultori familiari, asili nido, servizi sociali ecc.).
    L'intervento  del  legislatore  cui  ora  si  e' fatto cenno, trae
 origine, a parere di questo pretore,  anzitutto,  dalle  poche  -  ma
 incisive  -  norme  costituzionali,  in tema, che a questo proposito,
 maritano,   forse,   un'adeguata   rilettura,    essendo    oltremodo
 significativo  quanto enunciato dal Costituente con gli artt. 29, 30,
 31 e 2 della legge fondamentasle dello Stato in cui,  rispettivamente
 si  stabiliscono: il riconoscimento dei "diritti della famiglia quale
 societa' naturale fondata sul matrimonio"; i limiti  stabiliti  dalla
 legge, anche rispetto all'eguaglianza giuridica e morale dei coniugi,
 a garanzia dell'unita' familiare; il dovere e diritto dei genitori di
 mantenere,  istruire  ed  educare  i  figli,  anche se nati fuori dal
 matrimonio; l'obbligo della Repubblica di agevolare...  l'adempimento
 dei  compiti relativi alla famiglia; il riconosci mento e la garanzia
 "dei diritti  inviolabili  dell'uomo  sia  come  singolo,  sia  nelle
 formazioni  sociali ove si svolge la sua personalita'" (e la famiglia
 e' stata ed  e'  ancora  considerata  una  delle  piu'  significative
 formazioni sociali in tal senso).
    Inoltre,  sulla  base  di numerose norme ordinarie contenute nelle
 discipline gia' ricordate, sembra addirittura esplicita  la  volonta'
 del  legislatore di adoperarsi, in ogni modo per la salvaguardia e la
 ricostruzione del nucleo familiare, facendo  leva  sulla  doverosa  e
 solidale (art. 2 della Costituzione) iniziativa dei coniugi.
    Si pensi, infatti, agli obblighi di cui al secondo comma dell'art.
 143  del  cod.  civ.;  all'indirizzo  della  vita  familiare  e  alla
 residenza della famiglia ex art. 144 s.c.; all'intervento del giudice
 in caso di disaccordo, per la soluzione  piu'  adeguata  all'esigenze
 della  unita'  e  della  vita  della famiglia ex art. 145 al concorso
 negli oneri ex  art.  148,  agli  evidenti  (anche  se  molto  spesso
 trascurati  e  persino  violati)  limiti  per chiedere ed ottenere la
 separazione giudiziale ex art. 151 e quella consensuale ex art.  158,
 ai  provvedimenti riguardo ai figli e agli obblighi sintonici dei due
 coniugi  nei  confronti  dei  figli  stessi,  anche  in   regime   di
 separazione  ex  art.  155;  gli obblighi, sicuramente solidaristici,
 emergenti dall'art. 156, che regola gli effetti della separazione sui
 rapporti   patrimoniali   tra   i   coniugi;   agli   effetti   della
 riconciliazione ex art. 154;  alla  cessazione  degli  effetti  della
 sentenza  di  separazione  senza  che sia necessario l'intervento del
 giudice, con una espressa dichiarazione e con  un  comportamento  non
 equivoco  che  sia  incompatibile con lo stato di separazione ex art.
 157; all'improponibilita' dell'azione di annullamento  ex  art.  119,
 "se,  dopo  revocate  l'interdizione, vi e' stata coabitazione per un
 anno"; all'analoga disciplina nel caso di "incapacita' di intendere e
 di  volere  ex  art.  120;  di  violenza  ed  errore ex art. 122 e di
 simulazione ex art. 123, che al secondo comma, stabilisce:  "l'azione
 non  puo'  essere  proposta  decorso  un  anno della celebrazione del
 matrimonio ovvero nel caso in cui  i  contraenti  abbiano  convissuto
 come coniugi, successivamente alla celebrazione medesima".
    Meritevole   di  particolare  considerazione  appare,  infine,  al
 Giudicante, quanto stabilito dalla legge 1›  dicembre  1970  e  succ.
 mod.  (disciplina  dei  casi  di  scioglimento del matrimonio), negli
 artt. 1 e 2, circa l'obbligo dei giudice  adito  per  pronunciare  lo
 scioglimento  di  "accertare  che la comunione spirituale e materiale
 tra  i  coniugi  non  puo'  essere  mantenuta  o   riconosciuta   per
 l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3".
    Nella   lett.   c)   di  detto  articolo,  e'  prevista,  poi,  la
 possibilita' di chiedere, da uno dei coniugi, lo  scioglimento  o  la
 cessazione  degli  effetti  civili  del  matrinomio,  quando, dopo la
 celebrazione dello stesso, l'altro coniuge e'  stato  condannato  con
 sentenza   passata   in   giudicato,  anche  per  fatti  commessi  in
 precedenza, a qualsiasi pena per omicidio  volontario  di  un  figlio
 ovvero per tentato omicidio del coniuge o di un figlio.
    Ancora,  nella lett. d) del medesimo articolo, si fa riferimento a
 qualsiasi pena detentiva, con due o piu' condanne, per i  delitti  di
 cui  all'art. 582, quando ricorra la circostanza aggravante di cui al
 secondo comma dell'art. 583 ed agli artt. 570, 572 o 6453 del c.p. in
 danno di un coniuge o di un figlio.
    Nei  successivi  due  commi e' espressamente stabilito che: "nelle
 ipotesi previste dalla lett. d), il giudice competente a  pronunciare
 lo  scioglimento  o la cessazione degli effetti civili del matrimonio
 accerta, anche in considerazione  del  comportamento  successivo  del
 convenuto,  la  di  lui  inidoneita'  a  mantenere  o  ricostruire la
 convivenza familiare.
    Per  tutte  le  ipotesi  previste  dal  n. 1 del presente articolo
 (quindi, anche, quelle gravissime teste citate)  la  domanda  non  e'
 proponibile  dal  coniuge  che  sia stato condannato per concorso nel
 reato ovvero quando la cinvivenza coniugale e' ripresa".
    Orbene,  sulla base di quanto sin qui necessariamente esposto, per
 compiutezza di indagine, ritiene questo pretore, sulla base di motivi
 chiaramente  conseguenziali,  che  la mancata previsione da parte del
 legislatore di una causa di estinzione del reato di maltrattamenti in
 famiglia  ex  art.  572,  parte prima del c.p. (ferma restando la sua
 valenza e la sua perseguibilita' di ufficio per la  salvaguardia  del
 nucleo  familiare,  pur nella nuova ottica dello stesso), allorquando
 venga accertata giudizialmente  una  seria  riconciliazione  dei  due
 coniugi   ed   il  normale  svolgersi  della  vita  coniugale,  possa
 contrastare con quanto previsto dagli artt. 29,  30,  31  e  2  della
 Costituzione   nel   senso   di   attenuare   ingiustificatamente  il
 "riconoscimento dei diritti della famiglia  quale  societa'  naturale
 fondata   sul   matrimonio";  inoltre,  la  salvaguardia  dell'unita'
 familiare, (per quanto possibile, naturalmente),  e  l'obbligo  della
 Repubblica  di  agevolare...  l'adempimento dei compiti relativi alla
 famiglia; ancora, la garanzia dei diritti inviolabili di  entrambi  i
 coniugi,  come  singoli  e nella formazione sociale (famiglia) ove si
 svolge, con il rispetto della solidarieta', la  loro  personalita'  e
 quella  dei  figli,  anche  se sopravvengono cause di disarmonia, nei
 casi in cui le stesse si superino, seriamente  ed  univocamente,  dai
 due coniugi.
    Cosi' come sembra, ormai, decisamente orientato - nella disciplina
 civilistica  della  famiglia  -  lo  stesso  legislatore  -  sospinto
 chiaramente da interessi non meramente privatistici - con le numerose
 norme emanate dal 1970 in  poi;  norme  esaminate  peculiarmente  per
 quanto   interessava   ai   fini   di  dimostrare  la  non  manifesta
 infondatezza della questione prospettata.
    Oltre  alla  rilevanza  della  stessa questione - che, a parere di
 questo pretore, e' piu' che  evidente  nel  caso  in  esame  per  gli
 effetti  che  potrebbero  derivare, da un'eventuale accoglimento, nei
 confronti dell'imputato Murciano - sara'  codesta  Corte  a  valutare
 anche  se  la  mancata previsione della causa estintiva, nel senso di
 cui sopra, rientri o meno nel potere insindacabile  del  legislatore,
 considerando  il  palese orientamento di quest'ultimo, che, ad avviso
 di questo stesso pretore, pone detta mancata previsione in  contrasto
 pure   con  l'art.  3  della  Costituzione  e  con  l'intero  sistema
 instaurato in materia dal legislatore medesimo.
                                P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara  di  ufficio, rilevante e non manifestamente infondata la
 questione di legittima  costituzionale,  per  quanto  specificato  in
 motivazione, dall'art. 572, parte prima, del c.p. in violazione degli
 artt. 29, 30, 31, 2 e 3 della Costituzione italiana;
    Sospende,  per  questo capo di imputazione, il giudizio in corso e
 dispone l'immediata trasmissione degli  atti  del  procedimento  alla
 Corte  costituzionale  e  che,  a cura della cancelleria, la presente
 ordinanza, venga  notificata  all'imputato,  al  p.m.  d'udienza,  al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  in carica, e comunicata ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Nardo', addi' 14 dicembre 1989
                            Il Pretore: SODO

 90C0404