N. 174 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 maggio 1989- 17 marzo 1990

                                 N. 174
        Ordinanza emessa il 9 maggio 1989 (pervenuta alla Corte
     costituzionale il 17 marzo 1990) dal tribunale amministrativo
  regionale per la Sicilia, sezione distaccata di Catania, sul ricorso
   proposto da Campo Giuseppe contro il provveditorato agli studi di
                                Catania.
   Istruzione  pubblica - Personale ispettivo, direttivo docente e non
 docente della scuola materna, primaria,  secondaria  e  artistica  in
 servizio  dal 1 ottobre 1974 - Possibilita' di rimanere in servizio,
 a domanda, fino al raggiungimento del limite massimo e  comunque  non
 oltre  il  settantesimo  anno  di eta', per chi, fra gli appartenenti
 alle suddette categorie di personale, debba essere collocato a riposo
 per  limite  di  eta'  e  non  abbia  raggiunto  il numero di anni di
 servizio richiesto per il massimo della pensione - Mancata previsione
 di  tale  facolta'  per il personale assunto in servizio dopo la data
 del  1  ottobre  1974  -  Ingiustificato  diverso   trattamento   di
 situazioni  analoghe  -  Incidenza sul diritto ai mezzi adeguati alle
 esigenze di vita, in caso di vecchiaia Richiamo alle  sentenze  della
 Corte nn. 207/1986 e 238/1988.
 (Legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 15, terzo comma).
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.16 del 18-4-1990 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
     Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 1114/1986,
 proposto dal sig. Campo Giuseppe, rappresentato  e  difeso  dall'avv.
 Nicola  Seminara,  presso il cui studio, sito in Catania, corso delle
 Province  n.   203,   e'   elettivamente   domiciliato,   contro   il
 provveditorato  agli  studi  di  Catania, in persona del provveditore
 pro-tempore,  rappresentato  e  difeso  dall'avvocatura  distrettuale
 dello  Stato  di  Catania, dimiciliataria ex lege, per l'annullamento
 previa sospensione, degli atti seguenti:
       a)  provvedimento prot. 19144, divisione prima, sezione quarta,
 del 19 maggio 1986, con  il  quale  il  provveditore  agli  studi  di
 Catania  ha  disposto  la sospensione degli emolumenti corrisposti al
 ricorrente, a partire dalla data di collocamento a riposo, fissata al
 10 settembre 1986;
       b) provvedimento presupposto sconosciuto, con cui il ricorrente
 e' stato collocato a riposo a decorrere dalla stessa data;
       c) ogni altro provvedimento presupposto, tra cui, ove adottato,
 lo sconosciuto provvedimento di rigetto dell'istanza di permanenza in
 servizio, presentata dal ricorrente;
       d) tutti i provvedimenti connessi e conseguenziali;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'amministrazione
 scolastica intimata, con il patrocinio dell'avvocatura erariale;
    Viste le memorie prodotte dalle parti, a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato  relatore  per  la pubblica udienza del 9 giugno 1989 il
 referendario dott. Ettore Leotta;
    Udito l'avv. Nicola Seminara per il ricorrente;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Il  ricorrente  sig.  Campo  Giuseppe,  nato a Maletto il 24 marzo
 1921,  era  nominato  bidello  incaricato  annuale  con  decreto  del
 provveditore agli studi di Catania n. 42313 del 21 giugno 1975.
    Lo  stesso  era  immesso  in  ruolo  nella carriera ausiliaria con
 decorrenza giuridica  del  20  settembre  1977  ed  economica  dal  5
 settembre  1978,  in  applicazione dell'art. 18, della legge 9 agosto
 1978, n. 463.
    Con  istanza  del 4 ottobre 1985, l'interessato chiedeva di essere
 mantenuto in servizio fino al compimento  del  settantesimo  anno  di
 eta', per conseguire il diritto alla pensione minima.
    Con  nota  n. 45752/85 del 29 gennaio 1986, il provveditorato agli
 studi chiedeva al  signor  Campo  di  trasmettere  taluni  documenti,
 affinche'  potesse  essere  emanato  nei suoi confronti il decreto di
 mantenimento in servizio.
    Con  nota  n.  19144  del  19  maggio 1986 (diretta alla direzione
 provinciale del Tesoro di Catania ed al preside  della  scuola  media
 statale  "De  Amicis"  di  Randazzo)  il provveditorato agli studi di
 Catania comunicava che il signor  Campo  sarebbe  stato  collocato  a
 riposo  per  limiti  di  eta'  a  decorrere  dal  10 settembre 1986 e
 disponeva la sospensione degli emolumenti dalla data di  collocamento
 a  riposo.  Il  preside  della  scuola  di servizio era incaricato di
 notificare quanto sopra all'interessato
    Con  ricorso notificato il 28 luglio 1986, depositato il 13 agosto
 1986, il Campo ha impugnato la nota n. 19144 del 19 maggio  1986,  il
 provvedimento  sconosciuto  di  rigetto dell'istanza di permanenza in
 servizio, deducendo a sostegno  delle  proprie  ragioni  le  seguenti
 censure:  violazione dell'art. 15 della legge 30 luglio 1973, n. 477.
 Eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di esame  e  di
 attivita' dovuta e per contradditorieta' ed illogicita' manifesta.
    Negli  atti  impugnati  si riscontrerebbero i vizi denunciati, dal
 momento che:
       a)  l'amministrazione, pur essendo obbligata a provvedere sulla
 richiesta di mantenimento in servizio  del  ricorrente,  non  avrebbe
 adempiuto a tale obbligo;
       b) il provveditorato agli studi, che con lettera del 29 gennaio
 1986 aveva chiesto all'interessato la produzione di taluni documenti,
 necessari   per  il  mantenimento  in  servizio,  contradditoriamente
 avrebbe disposto il  pensionamento  del  Campo  a  decorrere  dal  10
 settembre 1986;
       c)  il  rigetto della richiesta di mantenimento in servizio non
 sarebbe stato motivato adeguatamente;
       d)  il  collocamento  a  riposo  avrebbe potuto essere disposto
 soltanto dopo l'esame della domanda di mantenimento in servizio.
    Con  nota  n.  45752  del  22 luglio 1986 (pervenuta il 30 l,uglio
 1986) il provveditorato agli studi di Catania comunicava  al  preside
 della  scuola media statale "De Amicis" di Randazzo che la domanda di
 permanenza  in  servizio  presentata  dal  Campo  non  poteva  essere
 accolta,  perche'  l'interessato non era in servizio alla data del 1›
 ottobre 1974.
    Avverso  tale  atto, sconosciuto al momento della proposizione del
 gravame ed esplicitamente impugnato, ove  adottato,  unitamente  agli
 altri atti del procedimento, il sig. Campo ha proposto un ricorso per
 motivi aggiunti, notificato  l'11  novembre  1986,  depositato  il  6
 dicembre 1986, con il quale ha dedotto le seguenti censure:
      1)  violazione  e falsa applicazione dell'art. 15 della legge 30
 luglio 1973, n. 477. Eccesso di potere per difetto di esame.
    Il  ricorrente  avrebbe  prestato  servizio  nell'anno  scolastico
 1974-75 con incarico annuale conferito dal provveditore agli studi.
    L'indicazione  temporale  della  data del 1› ottobre 1974 dovrebbe
 essere  interpretata  estensivamente   quale   riferimento   all'anno
 scolastico  1974-75,  cosi'  da far rientrare tra i destinatari della
 disposizione  anche  il  personale  in  servizio  non  di  ruolo   in
 quell'anno;
      2)  in  subordine:  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 15
 della legge 30 luglio 1973, n. 477.
    Ove l'espressione usata dal legislatore "in servizio al 1› ottobre
 1974" dovesse essere ritenuta di rigorosa ed inderogabile osservanza,
 dovrebbe  affermarsene  la  sua  illegittimita'  costituzionale,  per
 contrasto con gli artt. 1, 3, 4, 35 e 38 della Costituzione.
    L'avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, costituendosi in
 giudizio nell'interesse dell'amministrazione intimata, ha dedotto:
       a)  l'inammissibilita'  del  ricorso,  in quanto, dato il tempo
 trascorso, sicuramente l'amministrazione avrebbe emanato  il  decreto
 di  collocamento  a riposo, conclusivo del procedimento, che il Campo
 avrebbe dovuto impugnare autonomamente;
       b) l'infondatezza nel merito del gravame.
    Con  ordinanza  collegiale  n.  291  del  29  agosto  1986  questo
 tribunale ha rigettato la  domanda  di  sospensione  dell'esecuzione,
 degli atti impugnati.
    All'udienza  pubblica  del  9  maggio  1989 la causa e' passata in
 decisione.
                             D I R I T T O
    1.  -  Preliminarmente  il  collegio deve esaminare l'eccezione di
 inammissibilita' del  gravame,  sollevata  dall'avvocatura  erariale,
 secondo  la  quale,  dato  il  tempo trascorso dalla proposizione del
 ricorso,  sicuramente  l'amministrazione  avrebbe  gia'  emanato   il
 decreto di collocamento a riposo, conclusivo del procedimento, che il
 sig. Campo avrebbe dovuto impugnare autonomamente.
    Ad   avviso  di  questo  tribunale,  tale  eccezione  deve  essere
 rigettata, avendo il ricorrente impugnato con il  ricorso  principale
 anche  il  provvedimento  "sconosciuto"  di  collocamento  a riposo a
 decorrere dal 10 settembre 1986.
    2.  -  Ai  fini  della decisione del merito della controversia, e'
 necessario richiamare la normativa vigente in materia di collocamento
 a riposo per limiti di eta' del personale della scuola.
    L'art.  15 della legge n. 477/1973 cosi' dispone: "A decorrere dal
 1› ottobre 1974 il collocamento a riposo per raggiunti limiti di eta'
 per  il  personale  ispettivo, direttivo, docente e non docente della
 scuola materna, primaria,  secondaria  ed  artistica  avviene  il  1›
 ottobre  successivo alla data di conseguimento del sessantacinquesimo
 anno di eta'.
    Al  personale  ispettivo,  direttivo,  docente  e  non  docente in
 servizio al 1› ottobre 1974 che, per effetto del disposto  del  comma
 precedente,  debba  essere collocato a riposo per raggiunti limiti di
 eta' e non abbia raggiunto il numero di anni di servizio  attualmente
 richiesto  per  il  massimo  della pensione e' consentito rimanere in
 servizio su richiesta fino al raggiungimento  del  limite  massimo  e
 comunque non oltre il settantesimo anno di eta'.
    La  disposizione  di  cui  al  comma precedente si applica fino al
 conseguimento dell'anzianita'  minima  per  la  quiescenza  anche  al
 personale  che,  in  servizio  al  1› ottobre 1974, al compimento del
 sessantacinquesimo anno di eta' non abbia raggiunto il numero di anni
 richiesto per ottenere il minimo della pensione".
    Con  sentenza  n. 207 del 9 luglio 1986 la Corte costituzionale ha
 dichiarato l'illegittimita' costituzionale del terzo comma  dell'art.
 15   citato,   limitatamente   alle  parole  "fino  al  conseguimento
 dell'anzianita' minima per la quiescenza".
    Con  il  primo  comma  dell'art.  15  della  legge n. 477/1973, il
 legislatore ha voluto uniformare  la  normativa  del  collocamento  a
 riposo  per limiti di eta' del personale insegnante e non insegnante,
 eliminando i regimi differenziati all'epoca esistenti  tra  le  varie
 categorie.
    Infatti, prima che fosse introdotta la nuova disciplina unitaria,i
 docenti, delle scuole secondarie erano collocati a riposo,  qualunque
 fosse la loro anzianita' di servizio, al termine dell'anno scolastico
 in cui compivano il settantesimo anno di eta' (legge 7  giugno  1951,
 n. 500).
    Viceversa  per  gli insegnanti elementari il collocamento a riposo
 era previsto a decorrere dal 30 settembre  successivo  al  compimento
 del  sessantacinquesimo  ano  di eta' (art. 1 della legge 15 febbraio
 1958, n. 46 ed articolo unico della legge 9 agosto 1954, n. 637).
    Infine  per  il  personale  non  docente  delle  scuole statali il
 collocamento   a   riposo   era   previsto    al    compimento    del
 sessantacinquesimo anno (art. 1, primo comma, della legge 15 febbraio
 1958, n. 46).
    Allorche' il limite di eta' per la permanenza in servizio e' stato
 unificato per tutto il personale scolastico a sessantacinque anni, il
 legislatore,  al  fine di non pregiudicare la posizione di coloro che
 contavano  di  essere  collocati  in  pensione  al   compimento   del
 settantesimo  anno,  ha  introdotto  delle  particolari  disposizioni
 (secondo e terzo comma dell'art. 15  della  legge  n.  477/1973),  in
 forza  delle  quali  e'  stato  consentito a tutti i docenti ed i non
 docenti, in servizio dal 1› ottobre 1974, di continuare a svolgere la
 loro attivita' lavorativa:
       a)  fino  a  maturare  il  periodo di servizio richiesto per il
 massimo della pensione e comunque fino al settantesimo anno;
       b)   fino   al   settantesimo   anno,  ove  al  compimento  del
 sessantacinquesimo anno non fosse stato raggiunto il numero  di  anni
 richiestoi per il minimo della pensione.
    A  ben  vedere,  tenuto  conto  della  pregressa  normativa,  tale
 particolare regime di favore avrebbe dovuto essere previsto  soltanto
 per  i  docenti  delle  scuole  secondarie  di  ogni  ordine e grado,
 contemplati dalla legge 7 giugno 1951, n. 500.
    Invece  il  legislatore  ha esteso le c.d. norme transitorie anche
 agli insegnanti elementari e delle scuole  materne,  nonche'  ai  non
 docenti,  per  i  quali  il  collocamento  a riposo al compimento del
 sessantacinquesimo anno non costituiva un quid movi.
    L'art.  109,  primo  comma,  del  d.P.R.  31  maggio  1974, n. 417
 (emanato dal Governo in forza della delega contenuta nella  legge  n.
 477/1973)  si  e'  limitato  a prevedere che il personale docente "e'
 collocato a riposo, per raggiunti limiti  di  eta',  dal  1›  ottobre
 successivo  alla  data  del compimento del sessantacinquesimo anno di
 eta', omettendo di richiamare le  prescrizioni  di  cui  all'art.  15
 della legge n. 477/1973.
    Analogamente,  nessuna particolare disposizione sul collocamento a
 riposo per limiti di eta' del personale non docente e' stata inserita
 nel  d.P.R.  31  maggio  1974,  n. 420 (emanato dal Governo sempre in
 forza della delega di cui alla legge n. 477/1973), il cui art. 39  si
 e'  limitato  a  richiamare,  per quanto non previsto, le norme sullo
 stato giuridico degli impiegati civili dello Stato.
     Oltre  alla  particolare  normativa,  propria del personale della
 scuola, occorre individuare le disposizioni di carattere generale che
 disciplinano  il  collocamento  a  riposo  per  limiti  di  eta'  del
 personale civile dello Stato.
    L'art.  6  del  d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale 9 maggio 1974, n. 120) ribadisce, al primo  comma,
 che  tutti  gli  impiegati  civili  di  ruolo  e  non  di ruolo vanno
 collocati a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta'.
    La  medesima  disposizione,  al terzo comma, fa salve le norme che
 stabiliscono limiti fissi di eta', per gli appartenenti a particolari
 categorie,  quelle  che stabiliscono per il personale insengnante una
 particolare decorrenza della  cessazione  dal  servizio,  nonche'  le
 norme   che   prevedono   il   trattenimento   in  servizio  dopo  il
 raggiungimento dei limiti fissi di eta'.
    3.  -  Il  sig. Campo Giuseppe, bidello, nato il 24 marzo 1921, ha
 avuto conferito dal provveditore agli studi di  Catania  un  incarico
 annuale con decreto n. 42313 del 21 giugno 1975.
    Il  medesimo  e'  stato immesso in ruolo nella carriera ausiliaria
 con decorrenza giuridica dal 20 settembre 1977  ed  economica  dal  5
 settembre  1978,  in  applicazione  dell'art. 18 della legge 9 agosto
 1978, n. 463.
    Con  il  ricorso  principale e con il ricorso per motivi aggiunti,
 l'interessato ha impugnato gli atti seguenti:
       a)  nota  n.  19144  del  19  maggio  1986,  con  la  quale  il
 provveditorato agli studi di Catania ha comunicato che il sig.  Campo
 sarebbe  stato collocato a riposo per limiti di eta' dal 10 settembre
 1986 ed ha disposto la sospensione degli emolumenti da tale data;
       b)  nota  n.  45752  del  22  luglio  1986,  con  la  quale  il
 provveditorato agli studi di  Catania  ha  rigettato  la  domanda  di
 permanenza  in  servizio fino al settantesimo anno di eta' al fine di
 conseguire la pensione minima, prodotta dal sig. Campo il  4  ottobre
 1985;
       c)  il  provvedimento  sconosciuto  di  collocamento a riposo a
 decorrere dal 10 settembre 1986.
    Avverso  gli atti predetti, il ricorrente ha dedotto le censure di
 violazione dell'art. 15 della legge  n.  477/1973  e  di  eccesso  di
 potere  sottoi vari profili (difetto di motivazione, difetto di esame
 e di attivita' dovuta, contraddittorieta' ed  illogicita'  manifesta)
 ed,  in via subordinata, l'illegittimita' costituzionale dello stesso
 art. 15 della legge n. 477/1973.
    4. - Il collegio rileva che gli atti di mantenimento in servizio e
 di  collocamento  a  riposo   dei   dipendenti   pubblici   rientrano
 nell'attivita'  vincolata  della  pubblica  amministrazione, onde nei
 loro confronti il vizio di eccesso di  potere  non  e'  configurabile
 (cfr. Cons. Stato IV 18 marzo 1980, n. 272).
    Per  quanto  concerne  poi  la  denunciata violazione dell'art. 15
 della legge 30 luglio 1973, n. 477, trattasi di doglianza palesemente
 infondata,   atteso  il  chiaro  ed  inequivocabile  contenuto  della
 disposizione in esame (applicabile al personale  in  servizio  al  1›
 ottobre  1974  e  non  a  coloro  che  erano  in  servizio  nell'anno
 scolastico 1974-75) e tenuto conto del fatto  che  il  ricorrente  ha
 assunto  in  servizio - oltretutto con incarico annuale - soltanto in
 data 23 giugno 1975 (cfr. t.a.r. Catania 18 gennaio 1986, n. 28).
    Cio' dovrebbe comportare, allo stato, la reiezione del gravame.
    5.  -  Tuttavia,  prima di adottare una pronuncia in proposito, il
 Tribunale  ritiene  necessario  che  debba   essere   verificata   la
 conformita'  ai  precetti  costituzionali  dell'art. 15, terzo comma,
 della legge 30 luglio 1973, n. 477, nella parte in cui non prevede il
 mantenimento  in servizio fino al settantesimo anno dei docenti e dei
 non docenti ultrasessantacinquenni, assunti dopo il 1› ottobre  1974,
 i  quali  non  abbiano  maturato  l'anzianita' minima richiesta dalla
 legge per ottenere il trattamento di quiescenza.
    In proposito, debbono essere formulate le seguenti considerazioni.
    A) Nel settore del pubblico impiego esiste una stretta connessione
 tra il limite di eta' per l'assunzione dei dipendenti pubblici ed  il
 limite  di  eta'  prescritto  per  il  loro  collocamento  a  riposo,
 determinando in modo tale da garantire il conseguimento del diritto a
 pensione.
    L'esistenza  di  tale  principio di carattere generale puo' essere
 agevolmente dimostrata raffrontanto le norme vigenti in materia.
    I  -  L'art.  2  del  d.P.R.  10  gennaio  1957,  n.  3 (nel testo
 modificato dall'art. 1 della legge 27 gennaio 1989, n.  25)  consente
 la partecipazione ai concorsi pubblici da parte dei candidati di eta'
 non inferiore agli anni diciotto e non superiore ai quaranta, nonche'
 da  parte  di coloro che non abbiano superato gli anni quarantacinque
 ed appartengono a categorie per le quali siano  previste  deroghe  da
 leggi speciali.
    A  sua  volta, l'art. 42, primo comma del d.P.R. 29 dicembre 1973,
 n. 1092, prescrive che i  dipendenti  che  cessano  dal  servizio  al
 raggiungimento del limite di eta' hanno diritto alla pensione normale
 se hanno compiuto quindici anni di effettivo servizio.
    Tra  queste  due  disposizioni  esiste un'intima correlazione, dal
 momento che:
       a)  il limite di eta' per l'assunzione e' riferito alla data di
 scadenza del termine di presentazione delle domande di ammissione  ai
 concorsi (art. 2, ultimo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3).
    L'espletamento  di  un  pubblico  concorso  richiede  tempi lunghi
 (talvolta  passano  anni  dalla  presentazione   delle   domande   di
 partecipazione  alla  nomina  dei  vincitori)  e l'Amministrazione ha
 facolta' di coprire i posti rimasti scoperti per rinuncia,  decadenza
 o  dimissioni  dei  vincitori,  nel termine di due anni dalla data di
 approvazione della graduatoria (art. 8 del d.P.R. n. 3/1957).
    Conseguentemente coloro che appartengono a categorie aventi titolo
 all'elevazione del limite di eta' possono di fatto assumere  servizio
 anche  dopo  parecchio  tempo  dalla pubblicazione del bando e quindi
 alla soglia dei cinquant'anni;
       b)  tenuto  conto  che  il limite di eta' per il collocamento a
 riposo e' costituito dal compimento del sessantacinquesimo  anno,  il
 legislatore  ha  conseguentemente  previsto  che  coloro che iniziano
 l'attivita' lavorativa presso una pubblica  amministrazione  a  quasi
 cinquanta  anni  di eta' possono conseguire il diritto a pensione con
 quindici anni di effettivo servizio.
    II  -  Allorche' disposizioni speciali hanno previsto l'assunzione
 agli impieghi prescindendo dai limiti di eta'  indicati  dall'art.  2
 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, il legislatore si e' preoccupato di
 far conseguire il diritto a pensione degli interessati,  elevando  il
 limite di eta' per il collocamento a riposo.
    Cio'  e'  avvenuto  con l'art. 13 della legge 26 dicembre 1981, n.
 763 (recante  la  normativa  organica  per  i  profughi),  che  cosi'
 dispone: "Ai soli fini delle assunzioni previste dalla legge 2 aprile
 1968, n. 482, presso pubblici e privati datori di lavoro, i profughi,
 in  possesso della formale qualifica, che siano disoccupati e che non
 abbiano superato il cinquantacinquesimo anno di eta', sono equiparati
 agli  invalidi  civili di guerra, di cui al secondo comma dell'art. 2
 della detta legge.
    Il  beneficio  di  cui  alla  legge  2  aprile  1968,  n.  482, e'
 riconosciuto ai profughi, in possesso della formale  qualifica,  fino
 alla  maturazione  del  periodo  previdenziale  minimo  ai  fini  del
 conseguimento della pensione".
    Con sentenza n. 1028 del 26 luglio 1988, questo tribunale, sezione
 prima, ha precisato che la normativa richiamata e'  coerente  con  la
 disciplina  del trattamento di quiescenza dei dipendenti dello Stato,
 permettendo ai profughi, i quali al termine legale del loro  rapporto
 d'impiego  non  abbiano  raggiunto  un  numero  di  anni  di servizio
 sufficiente  per  ottenere  il  minimo  della  pensione,  di  restare
 eccezionalmente in servizio per conseguire quel diritto.
    III  -  Un intento analogo a quello di cui all'art. 13 della legge
 26 dicembre 1981, n. 763, e' stato perseguito dal  legislatore  anche
 con l'art. 15, terzo comma della legge n. 477/1973.
    A ben vedere, tale disposizione ha natura duplice, trattandosi di:
       a) Norma transitoria di favore, nei confronti dei docenti delle
 scuole  secondarie  che,  collocabili  a  riposo  al  compimento  del
 settantesimo anno in forza della legge 7 giugno 1951, n. 500, avevano
 maturato delle legittime aspettative in ordine alla  maturazione  del
 diritto  a  pensione  e  che  dalla  riduzione  del  limite di eta' a
 sessantacinque   anni   avrebbero    potuto    essere    pregiudicati
 irrimediabilmente;
       b)  norma  svolta  a  garantire  il  diritto  al trattamento di
 quiescenza di tutti i dipendenti della scuola statale che, assunti in
 ruolo  ope legis e non per concorso (e quindi prescindendo dai limiti
 di eta' di cui all'art. 2 del d.P.R. 10  gennaio  1957,  n.  3),  non
 avrebbero  potuto  effettuare  il  servizio  minimo  richiesto  dalla
 legislazione sulle pensioni, ove fossero stati mantenuti in  servizio
 fino  al  sessantacinquesimo  anno  (Per  il  personale scolastico le
 assunzioni in ruolo ope legis sono un fenomeno assai ricorrente).
    Se il legislatore avesse perseguito unicamente la finalita' di cui
 alla superiore lettera a), la norma in esame  avrebbe  dovuto  essere
 applicata limitatamente ai docenti delle scuole secondarie.
    Viceversa,  rilevato  che  l'art.  15, terzo comma, si riferisce a
 tutte indistintamente le categorie del personale  della  scuola  (ivi
 compresi  i  docenti  delle  scuole  materne  ed elementari, ed i non
 docenti che, in forza della pregressa normativa, andavano collocati a
 riposo al compimento del sessantacinquesimo anno), e' da ritenere che
 l'intendimento  di  cui  alla  lettera  b)  sia   stato   prevalente,
 rispondendo oltretutto ad una precisa esigenza di equita' sociale.
    Il  legislatore  non  ha  tuttavia  portato  tale  scelta alle sue
 naturali conseguenze ed ha limitato  il  beneficio  al  personale  in
 servizio al 1› ottobre 1974.
    Ad  avviso  di  questo tribunale, l'esclusione dal mantenimento in
 servizio oltre il sessantacinquesimo  anno  dei  docenti  e  dei  non
 docenti  assunti  dopo  il 1› ottobre 1974 (giustificabile ove l'art.
 15, terzo comma, avesse avuto soltanto natura di  norma  transitoria,
 riferita  unicamente  ai  docenti  delle  scuole  secondarie)  appare
 irrazionale e discriminatoria, dal momento  che  la  disposizione  in
 esame  e' volta prevalentemente a garantire il diritto al trattamento
 minimo di pensione di tutti i dipendenti della scuola statale,  anche
 se  assunti  in ruolo dopo il superamento dei limiti di eta' indicati
 dalla legge per partecipare ai pubblici concorsi.
    In    sostanza,    con   tale   limitazione   si   e'   introdotta
 un'ingiustificata disparita' di trattamento tra dipendenti  pubblici,
 chiamati  ad  esplicare  identiche  funzioni,  in  palese  violazione
 dell'art. 3 della Costituzione.
    La  diversa  disciplina  dell'eta'  di  collocamento  a riposo dei
 docenti, a seconda che si siano trovati o  meno  in  servizio  al  1›
 ottobre  1974,  non  appare  al collegio frutto di un ragionevole uso
 della discrezionalita' legislativa, poiche' l'esigenza di raggiungere
 un  numero di anni di lavoro sufficiente per ottenere il minimo della
 pensione e'  un  interesse  di  tutti  i  lavoratori,  a  prescindere
 dall'epoca della loro assunzione.
    B - Va rilevato altresi' che la Corte costituzionale, con sentenza
 n. 238 del 24  febbraio-3  marzo  1988,  ha  posto  in  evidenza  che
 l'esigenza  di mantenere eccezionalmente in servizio un impiegato per
 un numero di anni sufficiente per ottenere il minimo  della  pensione
 va  ricondotta,  in  via  generale,  ad  un  interese  tutelato dalla
 Costituzione come diritto del lavoratore in  quanto  tale  (art.  38,
 secondo  comma, della Costituzione), nei cui confronti appare perfino
 indifferente la circostanza, che il dipendente risulti inserito in un
 rapporto d'impiego pubblico o in uno di tipo privato.
    Con  la medesima sentenza, la Corte costituzionale ha chiarito che
 non si puo' rinvenire nella legislazione statale un principio statale
 consistente   nel   divieto  assoluto  di  mantenere  in  servizio  i
 dipendenti  che  abbiano  raggiunto  il  limite   massimo   dell'eta'
 lavorativa  legislativamente fissato per la categoria interessata. Al
 contrario, il principio oggi vigente permette che l'anzidetto  limite
 possa   essere   eccezionalmente   derogato  a  fini  assicurativi  o
 previdenziali.
    Cio', in quanto l'ordinamento deve tendere a "conferire il massimo
 di effettivita' alla garanzia  del  diritto  sociale  alla  pensione,
 sotto  forma  del  diritto  ad  una  giusta  retribuzione  differita,
 riconosciuto dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione".
    L'art.  15,  terzo  comma,  della  legge  n.l 477/1973, si pone in
 contrasto  con   la   predetta   disposizione   costituzionale,   non
 consentendo  il  conseguimento  del  diritto  alla pensione minima da
 parte di quei lavoratori che, entrati in ruolo successivamente al  1›
 ottobre  1974, ad un'eta' inoltrata, in base alle regole generali del
 collocamento a riposo non riuscirebbero a completare  il  periodo  di
 lavoro  per  ottenere il trattamento di quiescenza soltanto per pochi
 anni, se non addirittura per qualche mese o pochi giorni.
    Tale  disposizione  inoltre,  non  consentendo  la  permanenza  in
 servizio di coloro che non hanno raggiunto l'anzianita'  contributiva
 di legge, lede il diritto sociale alla pensione minima, impedendo che
 alcuni lavoratori come il ricorrente, pur avendo versato un numero di
 contributi  non  indifferente,  perdono la possibilita' di godere del
 trattamento minimo di quiescenza per non aver  potuto  completare  il
 periodo  contributivo  per  poco tempo, venendo meno a quell'esigenza
 equitativa di rendere effettivo il diritto a pensione.
    Nel  senso  della necessita' della tutela del diritto al lavoro ed
 alla pensione nei confronti dei lavoratori ultrasessantacinquenni  si
 e'  pronunciata  la  Corte  costituzionale,  sia pure con riferimento
 all'impiego privato, con sentenza n. 176 del 27 giugno 1986.
    In   base  alle  considerazioni  che  precedono,  il  sospetto  di
 incostituzionalita' dell'art. 15, terzo comma, della legge 30  luglio
 1973,  n.  477, nella parte in cui sono esclusi dalla possibilita' di
 permanere in servizio oltre il sessantacinquesimo anno  i  dipendenti
 scolastici assunti dopo il 1› ottobre 1974, appare non manifestamente
 infondato e rilevante ai fini della decisione.
    Circa la rilevanza della questione prospettata, va evidenziato che
 la sorte  del  ricorso  e'  indissolubilmente  legata  all'esito  del
 giudizio  di costituzionalita' del citato art. 15, terzo comma, della
 legge n. 477/1973, dal momento che la  domanda  del  ricorrente  puo'
 essere  accolta solo in quanto risulti fondata la sollevata questione
 di legittimita' costituzionale.
                                P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Ritenuta  la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15,  terzo  comma,
 della  legge  30  luglio 1973, n. 477, in relazione agli artt. 3 e 38
 della Costituzione;
    Sospende il presente giudizio;
    Ordina    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Ordina  che  a  cura  della  segreteria  la presente ordinanza sia
 notificata alle parti  in  causa  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e
 della Camera dei deputati.
    Cosi'  deciso  in  Catania, nella camera di consiglio del 9 maggio
 1989.
                   Il presidente: (firma illeggibile)
                                      L'estensore: (firma illeggibile)
 Il segretario: (firma illeggibile)
 90C0411