N. 174 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 maggio 1989- 17 marzo 1990
N. 174 Ordinanza emessa il 9 maggio 1989 (pervenuta alla Corte costituzionale il 17 marzo 1990) dal tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione distaccata di Catania, sul ricorso proposto da Campo Giuseppe contro il provveditorato agli studi di Catania. Istruzione pubblica - Personale ispettivo, direttivo docente e non docente della scuola materna, primaria, secondaria e artistica in servizio dal 1 ottobre 1974 - Possibilita' di rimanere in servizio, a domanda, fino al raggiungimento del limite massimo e comunque non oltre il settantesimo anno di eta', per chi, fra gli appartenenti alle suddette categorie di personale, debba essere collocato a riposo per limite di eta' e non abbia raggiunto il numero di anni di servizio richiesto per il massimo della pensione - Mancata previsione di tale facolta' per il personale assunto in servizio dopo la data del 1 ottobre 1974 - Ingiustificato diverso trattamento di situazioni analoghe - Incidenza sul diritto ai mezzi adeguati alle esigenze di vita, in caso di vecchiaia Richiamo alle sentenze della Corte nn. 207/1986 e 238/1988. (Legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 15, terzo comma). (Cost., artt. 3 e 38).(GU n.16 del 18-4-1990 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1114/1986, proposto dal sig. Campo Giuseppe, rappresentato e difeso dall'avv. Nicola Seminara, presso il cui studio, sito in Catania, corso delle Province n. 203, e' elettivamente domiciliato, contro il provveditorato agli studi di Catania, in persona del provveditore pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, dimiciliataria ex lege, per l'annullamento previa sospensione, degli atti seguenti: a) provvedimento prot. 19144, divisione prima, sezione quarta, del 19 maggio 1986, con il quale il provveditore agli studi di Catania ha disposto la sospensione degli emolumenti corrisposti al ricorrente, a partire dalla data di collocamento a riposo, fissata al 10 settembre 1986; b) provvedimento presupposto sconosciuto, con cui il ricorrente e' stato collocato a riposo a decorrere dalla stessa data; c) ogni altro provvedimento presupposto, tra cui, ove adottato, lo sconosciuto provvedimento di rigetto dell'istanza di permanenza in servizio, presentata dal ricorrente; d) tutti i provvedimenti connessi e conseguenziali; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione scolastica intimata, con il patrocinio dell'avvocatura erariale; Viste le memorie prodotte dalle parti, a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore per la pubblica udienza del 9 giugno 1989 il referendario dott. Ettore Leotta; Udito l'avv. Nicola Seminara per il ricorrente; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F A T T O Il ricorrente sig. Campo Giuseppe, nato a Maletto il 24 marzo 1921, era nominato bidello incaricato annuale con decreto del provveditore agli studi di Catania n. 42313 del 21 giugno 1975. Lo stesso era immesso in ruolo nella carriera ausiliaria con decorrenza giuridica del 20 settembre 1977 ed economica dal 5 settembre 1978, in applicazione dell'art. 18, della legge 9 agosto 1978, n. 463. Con istanza del 4 ottobre 1985, l'interessato chiedeva di essere mantenuto in servizio fino al compimento del settantesimo anno di eta', per conseguire il diritto alla pensione minima. Con nota n. 45752/85 del 29 gennaio 1986, il provveditorato agli studi chiedeva al signor Campo di trasmettere taluni documenti, affinche' potesse essere emanato nei suoi confronti il decreto di mantenimento in servizio. Con nota n. 19144 del 19 maggio 1986 (diretta alla direzione provinciale del Tesoro di Catania ed al preside della scuola media statale "De Amicis" di Randazzo) il provveditorato agli studi di Catania comunicava che il signor Campo sarebbe stato collocato a riposo per limiti di eta' a decorrere dal 10 settembre 1986 e disponeva la sospensione degli emolumenti dalla data di collocamento a riposo. Il preside della scuola di servizio era incaricato di notificare quanto sopra all'interessato Con ricorso notificato il 28 luglio 1986, depositato il 13 agosto 1986, il Campo ha impugnato la nota n. 19144 del 19 maggio 1986, il provvedimento sconosciuto di rigetto dell'istanza di permanenza in servizio, deducendo a sostegno delle proprie ragioni le seguenti censure: violazione dell'art. 15 della legge 30 luglio 1973, n. 477. Eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di esame e di attivita' dovuta e per contradditorieta' ed illogicita' manifesta. Negli atti impugnati si riscontrerebbero i vizi denunciati, dal momento che: a) l'amministrazione, pur essendo obbligata a provvedere sulla richiesta di mantenimento in servizio del ricorrente, non avrebbe adempiuto a tale obbligo; b) il provveditorato agli studi, che con lettera del 29 gennaio 1986 aveva chiesto all'interessato la produzione di taluni documenti, necessari per il mantenimento in servizio, contradditoriamente avrebbe disposto il pensionamento del Campo a decorrere dal 10 settembre 1986; c) il rigetto della richiesta di mantenimento in servizio non sarebbe stato motivato adeguatamente; d) il collocamento a riposo avrebbe potuto essere disposto soltanto dopo l'esame della domanda di mantenimento in servizio. Con nota n. 45752 del 22 luglio 1986 (pervenuta il 30 l,uglio 1986) il provveditorato agli studi di Catania comunicava al preside della scuola media statale "De Amicis" di Randazzo che la domanda di permanenza in servizio presentata dal Campo non poteva essere accolta, perche' l'interessato non era in servizio alla data del 1 ottobre 1974. Avverso tale atto, sconosciuto al momento della proposizione del gravame ed esplicitamente impugnato, ove adottato, unitamente agli altri atti del procedimento, il sig. Campo ha proposto un ricorso per motivi aggiunti, notificato l'11 novembre 1986, depositato il 6 dicembre 1986, con il quale ha dedotto le seguenti censure: 1) violazione e falsa applicazione dell'art. 15 della legge 30 luglio 1973, n. 477. Eccesso di potere per difetto di esame. Il ricorrente avrebbe prestato servizio nell'anno scolastico 1974-75 con incarico annuale conferito dal provveditore agli studi. L'indicazione temporale della data del 1 ottobre 1974 dovrebbe essere interpretata estensivamente quale riferimento all'anno scolastico 1974-75, cosi' da far rientrare tra i destinatari della disposizione anche il personale in servizio non di ruolo in quell'anno; 2) in subordine: illegittimita' costituzionale dell'art. 15 della legge 30 luglio 1973, n. 477. Ove l'espressione usata dal legislatore "in servizio al 1 ottobre 1974" dovesse essere ritenuta di rigorosa ed inderogabile osservanza, dovrebbe affermarsene la sua illegittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt. 1, 3, 4, 35 e 38 della Costituzione. L'avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, costituendosi in giudizio nell'interesse dell'amministrazione intimata, ha dedotto: a) l'inammissibilita' del ricorso, in quanto, dato il tempo trascorso, sicuramente l'amministrazione avrebbe emanato il decreto di collocamento a riposo, conclusivo del procedimento, che il Campo avrebbe dovuto impugnare autonomamente; b) l'infondatezza nel merito del gravame. Con ordinanza collegiale n. 291 del 29 agosto 1986 questo tribunale ha rigettato la domanda di sospensione dell'esecuzione, degli atti impugnati. All'udienza pubblica del 9 maggio 1989 la causa e' passata in decisione. D I R I T T O 1. - Preliminarmente il collegio deve esaminare l'eccezione di inammissibilita' del gravame, sollevata dall'avvocatura erariale, secondo la quale, dato il tempo trascorso dalla proposizione del ricorso, sicuramente l'amministrazione avrebbe gia' emanato il decreto di collocamento a riposo, conclusivo del procedimento, che il sig. Campo avrebbe dovuto impugnare autonomamente. Ad avviso di questo tribunale, tale eccezione deve essere rigettata, avendo il ricorrente impugnato con il ricorso principale anche il provvedimento "sconosciuto" di collocamento a riposo a decorrere dal 10 settembre 1986. 2. - Ai fini della decisione del merito della controversia, e' necessario richiamare la normativa vigente in materia di collocamento a riposo per limiti di eta' del personale della scuola. L'art. 15 della legge n. 477/1973 cosi' dispone: "A decorrere dal 1 ottobre 1974 il collocamento a riposo per raggiunti limiti di eta' per il personale ispettivo, direttivo, docente e non docente della scuola materna, primaria, secondaria ed artistica avviene il 1 ottobre successivo alla data di conseguimento del sessantacinquesimo anno di eta'. Al personale ispettivo, direttivo, docente e non docente in servizio al 1 ottobre 1974 che, per effetto del disposto del comma precedente, debba essere collocato a riposo per raggiunti limiti di eta' e non abbia raggiunto il numero di anni di servizio attualmente richiesto per il massimo della pensione e' consentito rimanere in servizio su richiesta fino al raggiungimento del limite massimo e comunque non oltre il settantesimo anno di eta'. La disposizione di cui al comma precedente si applica fino al conseguimento dell'anzianita' minima per la quiescenza anche al personale che, in servizio al 1 ottobre 1974, al compimento del sessantacinquesimo anno di eta' non abbia raggiunto il numero di anni richiesto per ottenere il minimo della pensione". Con sentenza n. 207 del 9 luglio 1986 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del terzo comma dell'art. 15 citato, limitatamente alle parole "fino al conseguimento dell'anzianita' minima per la quiescenza". Con il primo comma dell'art. 15 della legge n. 477/1973, il legislatore ha voluto uniformare la normativa del collocamento a riposo per limiti di eta' del personale insegnante e non insegnante, eliminando i regimi differenziati all'epoca esistenti tra le varie categorie. Infatti, prima che fosse introdotta la nuova disciplina unitaria,i docenti, delle scuole secondarie erano collocati a riposo, qualunque fosse la loro anzianita' di servizio, al termine dell'anno scolastico in cui compivano il settantesimo anno di eta' (legge 7 giugno 1951, n. 500). Viceversa per gli insegnanti elementari il collocamento a riposo era previsto a decorrere dal 30 settembre successivo al compimento del sessantacinquesimo ano di eta' (art. 1 della legge 15 febbraio 1958, n. 46 ed articolo unico della legge 9 agosto 1954, n. 637). Infine per il personale non docente delle scuole statali il collocamento a riposo era previsto al compimento del sessantacinquesimo anno (art. 1, primo comma, della legge 15 febbraio 1958, n. 46). Allorche' il limite di eta' per la permanenza in servizio e' stato unificato per tutto il personale scolastico a sessantacinque anni, il legislatore, al fine di non pregiudicare la posizione di coloro che contavano di essere collocati in pensione al compimento del settantesimo anno, ha introdotto delle particolari disposizioni (secondo e terzo comma dell'art. 15 della legge n. 477/1973), in forza delle quali e' stato consentito a tutti i docenti ed i non docenti, in servizio dal 1 ottobre 1974, di continuare a svolgere la loro attivita' lavorativa: a) fino a maturare il periodo di servizio richiesto per il massimo della pensione e comunque fino al settantesimo anno; b) fino al settantesimo anno, ove al compimento del sessantacinquesimo anno non fosse stato raggiunto il numero di anni richiestoi per il minimo della pensione. A ben vedere, tenuto conto della pregressa normativa, tale particolare regime di favore avrebbe dovuto essere previsto soltanto per i docenti delle scuole secondarie di ogni ordine e grado, contemplati dalla legge 7 giugno 1951, n. 500. Invece il legislatore ha esteso le c.d. norme transitorie anche agli insegnanti elementari e delle scuole materne, nonche' ai non docenti, per i quali il collocamento a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno non costituiva un quid movi. L'art. 109, primo comma, del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 (emanato dal Governo in forza della delega contenuta nella legge n. 477/1973) si e' limitato a prevedere che il personale docente "e' collocato a riposo, per raggiunti limiti di eta', dal 1 ottobre successivo alla data del compimento del sessantacinquesimo anno di eta', omettendo di richiamare le prescrizioni di cui all'art. 15 della legge n. 477/1973. Analogamente, nessuna particolare disposizione sul collocamento a riposo per limiti di eta' del personale non docente e' stata inserita nel d.P.R. 31 maggio 1974, n. 420 (emanato dal Governo sempre in forza della delega di cui alla legge n. 477/1973), il cui art. 39 si e' limitato a richiamare, per quanto non previsto, le norme sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato. Oltre alla particolare normativa, propria del personale della scuola, occorre individuare le disposizioni di carattere generale che disciplinano il collocamento a riposo per limiti di eta' del personale civile dello Stato. L'art. 6 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 maggio 1974, n. 120) ribadisce, al primo comma, che tutti gli impiegati civili di ruolo e non di ruolo vanno collocati a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta'. La medesima disposizione, al terzo comma, fa salve le norme che stabiliscono limiti fissi di eta', per gli appartenenti a particolari categorie, quelle che stabiliscono per il personale insengnante una particolare decorrenza della cessazione dal servizio, nonche' le norme che prevedono il trattenimento in servizio dopo il raggiungimento dei limiti fissi di eta'. 3. - Il sig. Campo Giuseppe, bidello, nato il 24 marzo 1921, ha avuto conferito dal provveditore agli studi di Catania un incarico annuale con decreto n. 42313 del 21 giugno 1975. Il medesimo e' stato immesso in ruolo nella carriera ausiliaria con decorrenza giuridica dal 20 settembre 1977 ed economica dal 5 settembre 1978, in applicazione dell'art. 18 della legge 9 agosto 1978, n. 463. Con il ricorso principale e con il ricorso per motivi aggiunti, l'interessato ha impugnato gli atti seguenti: a) nota n. 19144 del 19 maggio 1986, con la quale il provveditorato agli studi di Catania ha comunicato che il sig. Campo sarebbe stato collocato a riposo per limiti di eta' dal 10 settembre 1986 ed ha disposto la sospensione degli emolumenti da tale data; b) nota n. 45752 del 22 luglio 1986, con la quale il provveditorato agli studi di Catania ha rigettato la domanda di permanenza in servizio fino al settantesimo anno di eta' al fine di conseguire la pensione minima, prodotta dal sig. Campo il 4 ottobre 1985; c) il provvedimento sconosciuto di collocamento a riposo a decorrere dal 10 settembre 1986. Avverso gli atti predetti, il ricorrente ha dedotto le censure di violazione dell'art. 15 della legge n. 477/1973 e di eccesso di potere sottoi vari profili (difetto di motivazione, difetto di esame e di attivita' dovuta, contraddittorieta' ed illogicita' manifesta) ed, in via subordinata, l'illegittimita' costituzionale dello stesso art. 15 della legge n. 477/1973. 4. - Il collegio rileva che gli atti di mantenimento in servizio e di collocamento a riposo dei dipendenti pubblici rientrano nell'attivita' vincolata della pubblica amministrazione, onde nei loro confronti il vizio di eccesso di potere non e' configurabile (cfr. Cons. Stato IV 18 marzo 1980, n. 272). Per quanto concerne poi la denunciata violazione dell'art. 15 della legge 30 luglio 1973, n. 477, trattasi di doglianza palesemente infondata, atteso il chiaro ed inequivocabile contenuto della disposizione in esame (applicabile al personale in servizio al 1 ottobre 1974 e non a coloro che erano in servizio nell'anno scolastico 1974-75) e tenuto conto del fatto che il ricorrente ha assunto in servizio - oltretutto con incarico annuale - soltanto in data 23 giugno 1975 (cfr. t.a.r. Catania 18 gennaio 1986, n. 28). Cio' dovrebbe comportare, allo stato, la reiezione del gravame. 5. - Tuttavia, prima di adottare una pronuncia in proposito, il Tribunale ritiene necessario che debba essere verificata la conformita' ai precetti costituzionali dell'art. 15, terzo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477, nella parte in cui non prevede il mantenimento in servizio fino al settantesimo anno dei docenti e dei non docenti ultrasessantacinquenni, assunti dopo il 1 ottobre 1974, i quali non abbiano maturato l'anzianita' minima richiesta dalla legge per ottenere il trattamento di quiescenza. In proposito, debbono essere formulate le seguenti considerazioni. A) Nel settore del pubblico impiego esiste una stretta connessione tra il limite di eta' per l'assunzione dei dipendenti pubblici ed il limite di eta' prescritto per il loro collocamento a riposo, determinando in modo tale da garantire il conseguimento del diritto a pensione. L'esistenza di tale principio di carattere generale puo' essere agevolmente dimostrata raffrontanto le norme vigenti in materia. I - L'art. 2 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (nel testo modificato dall'art. 1 della legge 27 gennaio 1989, n. 25) consente la partecipazione ai concorsi pubblici da parte dei candidati di eta' non inferiore agli anni diciotto e non superiore ai quaranta, nonche' da parte di coloro che non abbiano superato gli anni quarantacinque ed appartengono a categorie per le quali siano previste deroghe da leggi speciali. A sua volta, l'art. 42, primo comma del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, prescrive che i dipendenti che cessano dal servizio al raggiungimento del limite di eta' hanno diritto alla pensione normale se hanno compiuto quindici anni di effettivo servizio. Tra queste due disposizioni esiste un'intima correlazione, dal momento che: a) il limite di eta' per l'assunzione e' riferito alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande di ammissione ai concorsi (art. 2, ultimo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3). L'espletamento di un pubblico concorso richiede tempi lunghi (talvolta passano anni dalla presentazione delle domande di partecipazione alla nomina dei vincitori) e l'Amministrazione ha facolta' di coprire i posti rimasti scoperti per rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori, nel termine di due anni dalla data di approvazione della graduatoria (art. 8 del d.P.R. n. 3/1957). Conseguentemente coloro che appartengono a categorie aventi titolo all'elevazione del limite di eta' possono di fatto assumere servizio anche dopo parecchio tempo dalla pubblicazione del bando e quindi alla soglia dei cinquant'anni; b) tenuto conto che il limite di eta' per il collocamento a riposo e' costituito dal compimento del sessantacinquesimo anno, il legislatore ha conseguentemente previsto che coloro che iniziano l'attivita' lavorativa presso una pubblica amministrazione a quasi cinquanta anni di eta' possono conseguire il diritto a pensione con quindici anni di effettivo servizio. II - Allorche' disposizioni speciali hanno previsto l'assunzione agli impieghi prescindendo dai limiti di eta' indicati dall'art. 2 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, il legislatore si e' preoccupato di far conseguire il diritto a pensione degli interessati, elevando il limite di eta' per il collocamento a riposo. Cio' e' avvenuto con l'art. 13 della legge 26 dicembre 1981, n. 763 (recante la normativa organica per i profughi), che cosi' dispone: "Ai soli fini delle assunzioni previste dalla legge 2 aprile 1968, n. 482, presso pubblici e privati datori di lavoro, i profughi, in possesso della formale qualifica, che siano disoccupati e che non abbiano superato il cinquantacinquesimo anno di eta', sono equiparati agli invalidi civili di guerra, di cui al secondo comma dell'art. 2 della detta legge. Il beneficio di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482, e' riconosciuto ai profughi, in possesso della formale qualifica, fino alla maturazione del periodo previdenziale minimo ai fini del conseguimento della pensione". Con sentenza n. 1028 del 26 luglio 1988, questo tribunale, sezione prima, ha precisato che la normativa richiamata e' coerente con la disciplina del trattamento di quiescenza dei dipendenti dello Stato, permettendo ai profughi, i quali al termine legale del loro rapporto d'impiego non abbiano raggiunto un numero di anni di servizio sufficiente per ottenere il minimo della pensione, di restare eccezionalmente in servizio per conseguire quel diritto. III - Un intento analogo a quello di cui all'art. 13 della legge 26 dicembre 1981, n. 763, e' stato perseguito dal legislatore anche con l'art. 15, terzo comma della legge n. 477/1973. A ben vedere, tale disposizione ha natura duplice, trattandosi di: a) Norma transitoria di favore, nei confronti dei docenti delle scuole secondarie che, collocabili a riposo al compimento del settantesimo anno in forza della legge 7 giugno 1951, n. 500, avevano maturato delle legittime aspettative in ordine alla maturazione del diritto a pensione e che dalla riduzione del limite di eta' a sessantacinque anni avrebbero potuto essere pregiudicati irrimediabilmente; b) norma svolta a garantire il diritto al trattamento di quiescenza di tutti i dipendenti della scuola statale che, assunti in ruolo ope legis e non per concorso (e quindi prescindendo dai limiti di eta' di cui all'art. 2 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3), non avrebbero potuto effettuare il servizio minimo richiesto dalla legislazione sulle pensioni, ove fossero stati mantenuti in servizio fino al sessantacinquesimo anno (Per il personale scolastico le assunzioni in ruolo ope legis sono un fenomeno assai ricorrente). Se il legislatore avesse perseguito unicamente la finalita' di cui alla superiore lettera a), la norma in esame avrebbe dovuto essere applicata limitatamente ai docenti delle scuole secondarie. Viceversa, rilevato che l'art. 15, terzo comma, si riferisce a tutte indistintamente le categorie del personale della scuola (ivi compresi i docenti delle scuole materne ed elementari, ed i non docenti che, in forza della pregressa normativa, andavano collocati a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno), e' da ritenere che l'intendimento di cui alla lettera b) sia stato prevalente, rispondendo oltretutto ad una precisa esigenza di equita' sociale. Il legislatore non ha tuttavia portato tale scelta alle sue naturali conseguenze ed ha limitato il beneficio al personale in servizio al 1 ottobre 1974. Ad avviso di questo tribunale, l'esclusione dal mantenimento in servizio oltre il sessantacinquesimo anno dei docenti e dei non docenti assunti dopo il 1 ottobre 1974 (giustificabile ove l'art. 15, terzo comma, avesse avuto soltanto natura di norma transitoria, riferita unicamente ai docenti delle scuole secondarie) appare irrazionale e discriminatoria, dal momento che la disposizione in esame e' volta prevalentemente a garantire il diritto al trattamento minimo di pensione di tutti i dipendenti della scuola statale, anche se assunti in ruolo dopo il superamento dei limiti di eta' indicati dalla legge per partecipare ai pubblici concorsi. In sostanza, con tale limitazione si e' introdotta un'ingiustificata disparita' di trattamento tra dipendenti pubblici, chiamati ad esplicare identiche funzioni, in palese violazione dell'art. 3 della Costituzione. La diversa disciplina dell'eta' di collocamento a riposo dei docenti, a seconda che si siano trovati o meno in servizio al 1 ottobre 1974, non appare al collegio frutto di un ragionevole uso della discrezionalita' legislativa, poiche' l'esigenza di raggiungere un numero di anni di lavoro sufficiente per ottenere il minimo della pensione e' un interesse di tutti i lavoratori, a prescindere dall'epoca della loro assunzione. B - Va rilevato altresi' che la Corte costituzionale, con sentenza n. 238 del 24 febbraio-3 marzo 1988, ha posto in evidenza che l'esigenza di mantenere eccezionalmente in servizio un impiegato per un numero di anni sufficiente per ottenere il minimo della pensione va ricondotta, in via generale, ad un interese tutelato dalla Costituzione come diritto del lavoratore in quanto tale (art. 38, secondo comma, della Costituzione), nei cui confronti appare perfino indifferente la circostanza, che il dipendente risulti inserito in un rapporto d'impiego pubblico o in uno di tipo privato. Con la medesima sentenza, la Corte costituzionale ha chiarito che non si puo' rinvenire nella legislazione statale un principio statale consistente nel divieto assoluto di mantenere in servizio i dipendenti che abbiano raggiunto il limite massimo dell'eta' lavorativa legislativamente fissato per la categoria interessata. Al contrario, il principio oggi vigente permette che l'anzidetto limite possa essere eccezionalmente derogato a fini assicurativi o previdenziali. Cio', in quanto l'ordinamento deve tendere a "conferire il massimo di effettivita' alla garanzia del diritto sociale alla pensione, sotto forma del diritto ad una giusta retribuzione differita, riconosciuto dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione". L'art. 15, terzo comma, della legge n.l 477/1973, si pone in contrasto con la predetta disposizione costituzionale, non consentendo il conseguimento del diritto alla pensione minima da parte di quei lavoratori che, entrati in ruolo successivamente al 1 ottobre 1974, ad un'eta' inoltrata, in base alle regole generali del collocamento a riposo non riuscirebbero a completare il periodo di lavoro per ottenere il trattamento di quiescenza soltanto per pochi anni, se non addirittura per qualche mese o pochi giorni. Tale disposizione inoltre, non consentendo la permanenza in servizio di coloro che non hanno raggiunto l'anzianita' contributiva di legge, lede il diritto sociale alla pensione minima, impedendo che alcuni lavoratori come il ricorrente, pur avendo versato un numero di contributi non indifferente, perdono la possibilita' di godere del trattamento minimo di quiescenza per non aver potuto completare il periodo contributivo per poco tempo, venendo meno a quell'esigenza equitativa di rendere effettivo il diritto a pensione. Nel senso della necessita' della tutela del diritto al lavoro ed alla pensione nei confronti dei lavoratori ultrasessantacinquenni si e' pronunciata la Corte costituzionale, sia pure con riferimento all'impiego privato, con sentenza n. 176 del 27 giugno 1986. In base alle considerazioni che precedono, il sospetto di incostituzionalita' dell'art. 15, terzo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477, nella parte in cui sono esclusi dalla possibilita' di permanere in servizio oltre il sessantacinquesimo anno i dipendenti scolastici assunti dopo il 1 ottobre 1974, appare non manifestamente infondato e rilevante ai fini della decisione. Circa la rilevanza della questione prospettata, va evidenziato che la sorte del ricorso e' indissolubilmente legata all'esito del giudizio di costituzionalita' del citato art. 15, terzo comma, della legge n. 477/1973, dal momento che la domanda del ricorrente puo' essere accolta solo in quanto risulti fondata la sollevata questione di legittimita' costituzionale.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, terzo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477, in relazione agli artt. 3 e 38 della Costituzione; Sospende il presente giudizio; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Catania, nella camera di consiglio del 9 maggio 1989. Il presidente: (firma illeggibile) L'estensore: (firma illeggibile) Il segretario: (firma illeggibile) 90C0411