N. 175 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 giugno 1989- 17 marzo 1990
N. 175 Ordinanza emessa il 9 giugno 1989 (pervenuta alla Corte costituzionale il 17 marzo 1990) dal tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione distaccata di Catania, sul ricorso proposto da Guerrera Ida contro il provveditore agli studi di Catania ed altri. Istruzione pubblica - Personale ispettivo, direttivo docente e non docente della scuola materna, primaria, secondaria e artistica in servizio dal 1 ottobre 1974 - Possibilita' di rimanere in servizio, a domanda, fino al raggiungimento del limite massimo e comunque non oltre il settantesimo annoi di eta', per chi, fra gli appartenenti alle suddette categorie di personale, debba essere collocato a riposo per limite di eta' e non abbia raggiunto il numero di anni di servizio richiesto per il massimo della pensione - Mancata previsione di tale facolta' per il personale assunto in servizio dopo la data del 1 ottobre 1974 - Ingiustificato diverso trattamento di situazioni analoghe - Incidenza sul diritto ai mezzi adeguati alle esigenze di vita, in caso di vecchiaia Richiamo alle sentenze della Corte nn. 207/1986 e 238/1988. (Legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 15, terzo comma). (Cost., artt. 3 e 38).(GU n.16 del 18-4-1990 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2612/1987 proposto, dall'ins. Guerrera Ida, rappresentata e difesa dall'avv. Massimo Giuffrida, presso il cui studio, sito in Catania, via P. Toselli n. 51, e' elettivamente domiciliata, contro il provveditore agli studi di Catania pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, domiciliato ex lege, il Ministro della pubblica istruzione pro-tempore e l'assessore regionale della pubblica istruzione pro-tempore, non costituiti in giudizio, per l'annullamento previa sospensione, della nota n. 24473 del 21 settembre 1987, (conosciuta il 4 ottobre 1987), con la quale il provveditore agli studi di Catania ha comunicato che la ricorrente sarebbe stata collocata a riposo a decorrere dal 1 settembre 1988 e che l'istanza di mantenimento in servizio non era stata accolta, perche' l'interessata non prestava servizio continuativo al 1 ottobre 1974; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione scolastica intimata, con il patrocinio dell'avvocatura erariale; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore per la camera di consiglio del 9 giugno 1989 il referendario dott. Ettore Leotta; Udito 'l'avv. Massimo Giuffrida per la ricorrente; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F A T T O La ricorrente ins. Guerrera Ida, nata il 25 giugno 1923, veniva immessa in ruolo in qualita' di insegnante elementare in data successiva al 1 ottobre 1974. In data 27 marzo 1987 l'interessata presentava istanza di mantenimento in servizio fino al compimento del 70 anno di eta', per maturare il diritto alla pensione minima. Con nota n. 24473 del 21 settembre 1987, il provveditore agli studi di Catania comunicava che la Guerrera sarebbe stata collocata a riposo a decorrere dal 1 settembre 1988 e, contestualmente, chiariva che l'istanza di mantenimento in servizio non era stata accolta in quanto, ai sensi dell'art. 15 della legge 30 luglio 1973, n. 477, la richiedente non prestava servizio continuativo al 1 ottobre 1974. Con il presente gravame, l'ins. Guerrera ha impugnato la nota provveditoriale citata, deducendo a sostegno delle proprie ragioni la seguente censura unica: eccesso di potere per illogicita', contraddittorieta' e disparita' di trattamento. Violazione dell'art. 15 della legge 30 luglio 1973, n. 477. L'avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, costituendosi in giudizio, ha dedotto l'infondatezza del gravame, del quale ha chiesto il rigetto. Nella camera di consiglio del 9 giugno 1989, il tribunale, con coeva ordinanza n. 441/1989, in accoglimento temporaneo della domanda cautelare, ha disposto la sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato sino alla camera di consiglio successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale, a seguito di decisione dell'incidente di costituzionalita', sollevato con la presente ordinanza. D I R I T T O 1.- Il collocamento a riposo per raggiunti limiti di eta' del personale, ispettivo, direttivo, docente e non docente delle scuole statali di ogni ordine e grado e' disciplinato dall'art. 15 della legge 30 luglio 1973, n. 477, e dall'art. 109, primo comma, del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417. L'art. 15 della legge n. 477/1973 cosi' dispone: "A decorrere dal 1 ottobre 1974 il collocamento a riposo per raggiunti limiti di eta' per il personale ispettivo, direttivo, docente e non docente della scuola materna, primaria, secondaria ed artistica avviene il 1 ottobre successivo alla data di compimento del sessantacinquesimo anno di eta'. Al personale ispettivo, direttivo, docente e non docente in servizio al 1 ottobre 1974 che, per effetto del disposto del comma precedente, debba essere collocato a riposo per raggiunti limiti di eta' e non abbia raggiunto il numero di anni di servizio attualmente richiesto per il massimo della pensione e' consentito rimanere in servizio su richiesta fino al raggiungimento del limite massimo e comunque non oltre il settantesimo anno di eta'. La disposizione di cui al comma precedente si applica fino al conseguimento dell'anzianita' minima per la quiscenza anche al personale che, in servizio al 1 ottobre 1974, al compimento del sessantacinquesimo anno di eta' non abbia raggiunto il numero di anni richiesto per ottenere il minimo della pensione". Con sentenza n. 207 del 9 luglio 1986 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illeggittimita' costituzionale del terzo comma dell'art. 15 citato, limitatamente alle parole "fino al conseguimento dell'anzianita' minima per la quiescenza". Con il primo comma dell'art. 15 della legge n. 477/1973, il legislatore ha voluto uniformare la normativa del collocamento a riposo per limiti di eta' del personale insegnante, eliminando i regimi differenziati all'epoca esistenti tra le varie categorie di docenti. Infatti, prima che fosse introdotta la nuova disciplina unitaria, i docenti delle scuole secondarie erano collocati a riposo, qualunque fosse la loro anzianita' di servizio, al termine dell'anno scolastico in cui compivano il settantesimo anno di eta' (legge 7 giugno 1951, n. 500). Viceversa per gli insegnanti elementari il collocamento a riposo era previsto a decorrere dal 30 settembre successivo al compimento dal sessantacinquesimo anno di eta' (art. 1 della legge 15 febbraio 1958, n. 46, ed articolo unico della legge 9 agosto 1954, n. 637). Parimenti per il personale non docente delle scuole statali il collocamento a riposo era previsto al compimento del sessantacinquesimo anno (art. 1, primo comma, della legge 15 febbraio 1958, n. 46). Allorche' il limite di eta' per la permanenza in servizio e' stato unificato per tutto il personale scolastico a sessantacinque anni, il legislatore, al fine di non pregiudicare la posizione di coloro che contavano di essere collocati in pensione al compimento del settantesimo anno, ha introdotto delle particolari disposizioni (secondo e terzo comma dell'art. 15 della legge n. 477/1973), in forza delle quali e' stato consentito a tutti i docenti ed i non docenti, in servizio al 1 ottobre 1974, di continuare a svolgere la loro attivita' lavorativa: a) fino a maturare il periodo di servizio richiesto per il massimo della pensione e comunque fino al settantesimo anno; b) fino al settantesimo anno, ove al compimento del sessantacinquesimo anno non fosse stato raggiunto il numero di anni richiesto per il minimo della pensione. A ben vedere, tenuto conto della pregressa normativa, tale particolare regime di favore avrebbe dovuto essere previsto soltanto per i docenti delle scuole secondarie di ogni ordine e grado, contemplati dalla legge 7 giugno 1951, n. 500. Invece il legislatore ha esteso le c.d. norme transitorie anche agli insegnanti elementari e delle scuole materne, nonche' ai non docenti, per i quali il collocamento a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno non costituiva un quid novi. L'art. 109, primo comma, del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 (emanato dal Governo in forza della delega contenuta nella legge n. 477/1973) si e' limitato a prevedere che il personale docente "e' collocato a riposo, per raggiunti limiti di eta', dal 1 ottobre successivo alla data del compimento del sessantacinquesimo anno di eta'" omettendo di richiamare le prescrizioni di cui all'art. 15 della legge n. 477/1973. Analogamente, nessuna particolare disposizione sul collocamento a riposo per limiti di eta' del personale non docente e' data di rinvenire nel d.P.R. 31 maggio 1974, n. 420 (emanato dal Governo sempre in forza della delega di cui alla legge n. 477/1973), il cui art. 39 si e' limitato a richiamare, per quanto non previsto, le norme sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato. Oltre alla particolare normativa, propria del personale della scuola, occorre individuare le disposizioni di carattere generale che disciplinano il collocamento a riposo per limiti di eta' del personale civile dello Stato. L'art. 6 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 maggio 1974, n. 120) ribadisce, al primo comma, che tutti gli impiegati civili di ruolo e non di ruolo vanno collocati a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta'. La medesima disposizione, al terzo comma, fa salve le norme che stabiliscono limiti fissi di eta' per gli appartenenti a particolari categorie, quelle che stabiliscono per il personale insegnante una particolare decorrenza della cessazione dal servizio, nonche' le norme che prevedono il trattenimento in servizio dopo il raggiungimento dei limiti fissi di eta'. 2.- Richiamata la normativa in atto vigente in materia di collocamento a riposo per limiti di eta' del personale della scuola, il tribunale puo' ora procedere all'esame della pretesa fatta valere dalla ricorrente con l'atto introduttivo del giudizio. La signora Guerrera Ida, insegnante elementare, nata il 25 luglio 1923, e' stata immessa in ruolo in data successiva al 1 ottobre 1974. Con nota n. 24473 del 21 settembre 1987 il provveditore agli studi di Catania ha comunicato all'interessata che sarebbe stata collocata a riposo a decorrere dal 1 settembre 1988 e che l'istanza di mantenimento in servizio, presentata il 27 marzo 1987, non era stata accolta, perche' la richiedente non prestava servizio continuativo al 1 ottobre 1974. Con il presente ricorso, la Guerrera ha iugnato il decreto di collocamento a riposo, deducendo il vizio di eccesso di potere sotto vari profili (illogicita', contraddittorieta' e disparita' di trattamento) nonche' la violozaione dell'art. 15 della legge n. 477/1973. Il collegio, chiamato a deliberare in sede cautelare il fumus boni juris del gravame, non puo' fare a meno di rilevare che gli atti di mantenimento in servizio e di collocamento a riposo dei dipendenti pubblici rientrano nell'attivita' vincolata della pubblica amministrazione, onde nei loro confronti il vizio di eccesso di potere non e' configurabile (cfr. Cons. Stato IV 18 marzo 1980, n. 272). Ne' puo' essere invocata la violazione dell'art. 15 della legge n. 477/1973, dal momento che la ricorrente nell'anno scolastico 1974/75 non ha prestato servizio scolastico (vedasi attestato del provveditore agli studi di Catania del 10 aprile 1989). Cio' dovrebbe comportare, allo stato, la reiezione della richiesta di inibitoria. 3.- Tuttavia, prima di adottare una pronuncia in proposito, il Tribunale ritiene necessario che debba essere verificata la conformita' ai precetti costituzionali dell'art. 15, terzo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477, nella parte in cui non prevede il mantenimento in servizio fino al settantesimo anno dei docenti e dei non docenti ultrasessantacinquenni, assunti dopo il 1 ottobre 1974, i quali non abbiano maturato l'anzianita' minima richiesta dalla legge per ottenere il trattamento di quiescenza. In proposito, debbono essere formulate le seguenti considerazioni. A) Nel settore del pubblico impiego esiste una stretta connessione tra il limite di eta' per l'assunzione dei dipendenti pubblici ed il limite di eta' prescrito per il loro collocamento a riposo, determinato in modo tale da garantire il conseguimento del diritto a pensione. L'esistenza di tale principio di carattere generale puo' essere agevolmente dimostrata raffrontando le norme vigenti in materia. I - L'art. 2 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (nel testo modificato dall'art. 1 della legge 27 gennaio 1989, n. 25) consente la partecipazione ai concorsi pubblici da parte dei candidati di eta' non inferiore agli anni diciotto e non superiore ai quaranta, nonche' da parte di coloro che non abbiano superato gli anni quarantacinque ed appartengono a categorie per le quali siano previste deroghe da leggi speciali. A sua volta, l'art. 42, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, prescrive che i dipendenti che cessano dal servizio al raggiungimento del limite di eta' hanno diritto alla pensione normale se hanno compiuto quindici anni di effettivo servizio. Tra queste due disposizioni esiste un'intima correlazione, dal momento che: a) il limite di eta' per l'assunzione e' riferito alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande di ammissione ai concorsi (art. 2, ultimo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3). L'espletamento di un pubblico concorso richiede tempi lunghi (talvolta passano anni dalla presentazione delle domande di partecipazione alla nomina dei vincitori) e l'amministrazione ha facolta' di coprire i posti rimasti scoperti per rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori, nel termine di due anni dalla data di approvazione della graduatoria (art. 8 del d.P.R. n. 3/1957). Conseguentemente coloro che appartengono a categorie aventi titolo all'elevazione del limite di eta' possono di fatto assumere servizio anche dopo parecchio tempo dalla pubblicazione del bando e quindi alla soglia dei cinquant'anni; b) tenuto conto che il limite di eta' per il collocamento a riposo e' costituito dal compimento del sessantacinquesimo anno, il legislatore ha conseguentemente previsto che coloro che iniziano l'attivita' lavorativa presso una pubblica amministrazione a quasi cinquanta anni di eta' possono conseguire il diritto a pensione con quindici anni di effettivo servizio. II - Allorche' disposizioni speciali hanno previsto l'assunzione agli impieghi prescindendo dai limiti di eta' indicati dall'art. 2 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, il legislatore si e' preoccupato di far conseguire il diritto a pensione agli interessati, elevando il limite di eta' per il collocamento a riposo. Cio' e' avvenuto con l'art. 13 della legge 26 dicembre 1981, n. 763 (recante la normativa organica per i profughi), che cosi' dispone: "Ai soli fini delle assunzioni previste dalla legge 2 aprile 1968, n. 482, presso pubblici e privati datori di lavoro, profughi, in possesso della formale qualifica, che siano disoccupati e che non abbiano superato il cinquantacinquesimo anno di eta', sono equiparati agli invalidi civili di guerra, di cui al secondo comma dell'art. 2 della detta legge. I benefici di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482, e' riconosciuto ai profughi, in possesso della formale qualifica, fino alla maturazione del periodo previdenziale minimo ai fini del conseguimento della pensione". Con sentenza n. 1028 del 26 luglio 1988, questo tribunale, sezione prima, ha precisato che la normativa richiamata e' coerente con la disciplina del trattamento di quiescenza dei dipendenti dello Stato, permettendo ai profughi, i quali al termine legale del loro rapporto d'impiego non abbiano raggiunto un numero di anni di servizio sufficiente per ottenere il minimo della pensione, di restare eccezionalmente in servizio per conseguire quel diritto. III - Un intento analogo a quello di cui all'art. 13 della legge 26 dicembre 1981, n. 763, e' stato perseguito dal legislatore anche con l'articolo 15, terzo comma, della legge n. 477/1973. A ben vedere, tale disposizione ha natura duplice, trattandosi di: a) norma transitoria di favore, nei confronti dei docenti delle scuole secondarie che, collocabili a riposo al compimento del settantesimo anno in forza della legge 7 giugno 1951, n. 500, avevano maturato delle legittime aspettative in ordine alla maturazione del diritto a pensione e che dalla riduzione del limite di eta' a sessantacinque anni avrebbero potuto essere pregiudicati irrimediabilmente; b) norma volta a garantire il diritto al trattamento di quiescenza di tutti i dipendenti della scuola statale che, assunti in ruolo ope legis e non per concorso (e quindi prescindendo dai limiti di eta' di cui all'art. 2 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3), non avrebbero potuto effettuare il servizio minimo richiesto dalla legislazione sulle pensioni, ove fossero stati mantenuti in servizio fino al sessantacinquesimo anno (per il personale scolastico le assunzioni in ruolo ope legis sono un fenomeno assai ricorrente). Se il legislatore avesse perseguito unicamente la finalita' di cui alla superiore lett. a), la norma in esame avrebbe dovuto essere applicata limitatamente ai docenti delle scuole secondarie. Viceversa, rilevato che l'art. 15 terzo comma, si riferisce a tutte indistintamente le categorie del personale della scuola (ivi compresi i docenti delle scuole materne ed elementari ed i non docenti che, in forza della pregressa normativa, andavano collocati a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno), e' da ritenere che l'intendimento di cui alla lett. b) sia stata prevalente, rispondendo oltretutto ad una precisa esigenza di equita' sociale. Il legislatore non ha tuttavia portato tale scelta alle sue naturali conseguenze ed ha limitato il beneficio al personale in servizio al 1 ottobre 1974. Ad avviso di questo tribunale, l'esclusione dal mantenimento in servizio oltre il sessantacinquesimo anno dei docenti e dei non docenti assunti dopo il 1 ottobre 1974 (giustificabile ove l'art. 15 terzo comma, avesse avuto soltanto natura di norma transitoria, riferita unicamente ai docenti delle scuole secondarie) appare irrazionale e discriminatoria, dal momento che la disposizione in esame e' volta prevalentemente a garantire il diritto al trattamento minimo di pensione a tutti i dipendenti della scuola statale, anche se assunti in ruolo dopo il superamento dei limiti di eta' indicati dalla legge per partecipare ai pubblici concorsi. In sostanza, con tale limitazione si e' introdotta un'ingiustificata disparita' di trattamento tra dipendenti pubblici, chiamati ad esplicare identiche funzioni, in palese violazione dell'art. 3 della Costituzione. La diversa disciplina dell'eta' del collocamento a riposo dei docenti, a seconda che si siano trovati o meno in servizio al 1 ottobre 1974, non appare al collegio frutto di un ragionevole uso della discrezionalita' legislativa, poiche' l'esigenza di raggiungere un numero di anni di lavoro sufficiente per ottenere il minimo della pensione e' un interesse di tutti i lavoratori, a prescindere dall'epoca della loro assunzione. B) Va rilevato altresi' che la Corte costituzionale, con sentenza n. 238 del 24 febbraio-3 marzo 1988, ha posto in evidenza che l'esigenza di mantenere eccezionalmente in servizio un impiegato per un numero di anni sufficiente per ottenere il minimo della pensione va ricondotta, in via generale, ad un interesse tutelato dalla Costituzione come diritto del lavoratore in quanto tale (art. 38, secondo comma, della Costituzione), nei cui confronti appare perfino indifferente la circostanza che il dipendente risulti inserito in un rapporto d'impiego pubblico o in uno di tipo privato. Con la medesima sentenza, la Corte costituzionale ha chiarito che non si puo' rinvenire nella legislazione statale un principio consistente nel divieto assoluto di mantenere in servizio i dipendenti che abbiano raggiunto il limite massimo di eta' lavorativa legislativamente fissato per la categoria interessata. Al contrario, il principio oggi vigente permette che l'anzidetto limite possa essere eccezionalmente derogato a fini assicurativi o previdenziali. Cio', in quanto l'ordinamento deve tendere a "conferire il massimo di effettivita' alla garanzia del diritto sociale alla pensione, soto forma del diritto ad una giusta retribuzione differita, riconosciuto dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione". L'art. 15, terzo comma, della legge n. 477/1973 si pone in contrasto con la predetta disposizione costituzionale, non consentendo il conseguimento del diritto alla pensione minima da parte di quei lavoratori che, entrati in ruolo successivamente al 1 ottobre 1974, ad un'eta' inoltrata, in base alle regole generali del collocamento a riposo non riuscirebbero a completare il periodo di lavoro per ottenere il trattamento di quiescenza soltanto per pochi anni, se non addirittura per qualche mese o pochi giorni. Tale disposizione inoltre, non consentendo la permanenza in servizio di coloro che non hanno raggiunto l'anzianita' contributiva di legge, lede il diritto sociale alla pensione minima, impedendo che alcuni lavoratori come la ricorrente, pur avendo versato un numero di contributi non indifferente, perdono la possibilita' di godere del trattamento minimo di quiescenza per non aver potuto completare il periodo contributivo per poco tempo, venendo meno a quell'esigenza equitativa di rendere effettivo il diritto a pensione. Nel senso della necessita' della tutela del diritto al lavoro ed alla pensione nei confronti dei lavoratori ultrasessantacinquenni si e' pronunciata la Corte costituzionale, sia pure con riferimento all'impiego privato, con sentenza n. 176 del 27 giugno 1986. In base alle considerazioni che precedono, il sospetto di incostituzionalita' dell'art. 15, terzo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477, nella parte in cui sono esclusi dalla possibilita' di permanere in servizio oltre il sessantacinquesimo anno i dipendenti scolastici assunti dopo il 1 ottobre 1974, appare non manifestamente infondato e rilevante ai fini della decisione. Circa la rilevanza della questione prospettata, va evidenziato che la sorte del ricorso e' indissolubilmente legata all'esito del giudizio di costituzionalita' del citato art. 15, terzo comma, della legge n. 477/1973, dal momento che la domanda della ricorrente puo' essere accolta solo in quanto risulti fondata la sollevata questione di legittimita' costituzionale.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, terzo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477, in relazione agli artt. 3 e 38 della Costituzione; Sospende il presente giudizio; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Catania, nella camera di consiglio del 9 giugno 1989. Il presidente: (firma illeggibile) Il segretario: (firma illeggibile) L'estensore: (firma illeggibile) 90C0412