N. 193 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 gennaio 1990

                                 N. 193
 Ordinanza  emessa il 5 gennaio 1990 dalla Corte dei conti sul ricorso
 proposto da Di Giacomo Bice ved. Di Gregorio contro il Ministero  del
 tesoro
 Corte dei conti - Giudizi pensionistici - Intervento obbligatorio del
 p.m. - Attivita' istruttoria del p.m. anziche' del giudice istruttore
 ed  obbligo  di  conclusioni  scritte  - Ingiustificata disparita' di
 trattamento  del  giudizio  pensionistico  rispetto   agli   ordinari
 procedimenti  civilistici  -  Incidenza sul diritto alla difesa e sul
 diritto ad un "giusto processo" sotto il profilo della necessita'  di
 un giudizio espresso in ragionevoli limiti di tempo.
 (R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 72; r.d. 13 agosto 1933, n. 1038,
 artt. 72, 75 e 81).
 (Cost., artt. 3, 24 e 25).
(GU n.18 del 2-5-1990 )
                           LA CORTE DEI CONTI
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  contro  il
 Ministero del tesoro (decreto n. 1812 del 1›  agosto  1986)  proposto
 dalla  sig.ra  Di  Giacomo  Bice, vedova del sig. Di Gregorio Olindo,
 gia'  direttore  di  seconda  classe  della   d.p.t.   di   L'Aquila,
 elettivamente  domiciliata in Roma, via Tangorra n. 12, presso il suo
 procuratore speciale avv. Sebastiano Petrucci.
                               F A T T O
    1.  - Il sig. Olindo Di Gregorio decedette in costanza di servizio
 il 29 ottobre 1983  per  "arresto  cardio-respiratorio  da  emorragia
 subaracnoidea".
    La  di  lui  vedova  -  alla  quale  e'  stato  negato  il chiesto
 trattamento privilegiato per eccepito difetto della causa di servizio
 -  ha  proposto ricorso in questa sede deducendo che il servizio reso
 dal defunto marito si protrasse per circa venti  anni  (1964-1983)  e
 quindi non fu affatto breve, come erroneamente ritenuto dal comitato.
 Inoltre  si  tratto'  di  prestazione  lavorativa  caratterizzata  da
 gravose  responsabilita',  causa di ansie e preoccupazioni protratte,
 idonee ad agire sul determinismo dell'affezione letale.
    Nelle  sue conclusioni scritte il pubblico ministero ha chiesto la
 reiezione del gravame. La parte ricorrente ha versato  memoria  nella
 quale illustra ulteriormente le proprie ragioni.
    2.1.  -  Nella pubblica udienza odierna l'avv. Petrucci ha chiesto
 l'accoglimento del ricorso con rivalutazione e  interessi  e  con  la
 condanna della controparte alle spese processuali.
    Quest'ultima  domanda  apre  peraltro,  secondo il legale, una ben
 vasta problematica.
    Infatti  nell'ipotesi  di  accoglimento  del  ricorso le spese non
 possono far carico  all'organo  requirente,  dappoiche'  egli  agisce
 nell'interesse  della  legge,  ne'  possono  far carico all'autorita'
 amministrativa, che non e' stata chiamata in giudizio e che ignora  i
 termini  stessi  della lite. Sorge quindi il problema di identificare
 chi esattamente rappresenti l'amministrazione. Escluso  che  il  p.m.
 sia   "sostituto  processuale"  dell'organo  amministrativo  giacche'
 l'art.  81  del  c.p.c.  prevede  detta   ipotesi   solo   nei   casi
 "espressamente    previsti    dalla    legge",    ne   discende   che
 l'amministrazione statale alla quale, peraltro, nessun ricorso  viene
 notificato,  giacche'  la  legge  non  prescrive  detto  onere  nella
 procedura  c.d.  di  "vecchio  rito",  non  e'   ne'   chiamata   ne'
 rappresentata  in giudizio pur dovendo dare esecuzione alle eventuali
 decisioni favorevoli ai ricorrenti.
    2.2.  -  Secondo l'avv. Petrucci queste anomalie sono rapportabili
 all'art. 72 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214 (testo unico delle leggi
 sulla  Corte  dei  conti) secondo cui, nei giudizi innanzi alla Corte
 dei conti "e' sempre sentito il pubblico ministero".
     La  norma  non esclude da tale necessita' i giudizi in materia di
 pensioni  ordinarie  e  di  guerra  e   cio'   impone   verifica   di
 costituzionalita'   per   la  disparita'  di  trattamento  che  detta
 disposizione determina tra i  ricorrenti  e  i  titolari  di  diritti
 soggettivi patrimoniali che possono far valere le loro ragioni avanti
 l'a.g.o., i t.a.r. e il c.d.s. senza alcuna  necessita'  che  ivi  si
 costituisca  in  giudizio il pubblico ministero. In nessun caso, poi,
 il titolare di un diritto di credito o di un diritto reale e'  tenuto
 ad affrontare in giudizio il pubblico ministero.
    E  si  noti  che  l'art.  70,  n.  4,  del  c.p.c.  che  prevedeva
 l'intervento del pubblico ministero nelle cause in materia di lavoro,
 e' stato abrogato con l'art. 2 della legge 11 agosto 1973, n. 533.
    2.3.  -  L'ipotesi, poi, che sia necessaria la presenza del p.m. a
 tutela delle ragioni erariali appare inconsistente dal momento che il
 legislatore   non   richiede   detta  presenza  innanzi  agli  organi
 giurisdizionali ordinari e amministrativi in materia di  appalti,  di
 concessioni  di collaudi etc. Ne' la richiede presso la giurisdizione
 generale di legittimita' (t.a.r. e c.d.s.) dove,  come  e'  noto,  il
 singolo  fa valere di regola un proprio interesse legittimo di fronte
 al quale e' sempre prevalente l'interesse pubblico.
    2.4. - In sostanza, secondo il legale:
       a)    il    procuratore    generale    esplica   nell'interesse
 dell'amministrazione  tutte  le  attivita'  che  dovrebbe   esplicare
 l'Avvocatura generale o per effetto di "rappresentanza" (impropria) o
 per effetto di "sostituzione processuale";
       b) ne conseguono esonero da "responsabilita' processuale" della
 p.a. in deroga sia rispetto al principio  del  contraddittorio  (art.
 101  del  c.p.c.) sia al principio della responsabilita' per le spese
 di  soccombenza  (art.  91  del  c.p.c.)  con   l'aberrante   duplice
 conseguenza  che  il  "giudicato"  (art.  2909 del c.c.) si forma nei
 confronti di un soggetto (la stessa p.a.) che non e' stato mai  parte
 nel  giudizio  e  che il ricorrente non sara' mai indennizzato per le
 spese sostenute neanche quando il suo diritto verra' riconosciuto.
    2.5.  -  Inoltre,  nell'esercizio  del potere istruttorio - che la
 legge gli affida per i ricorsi c.d. di "vecchio rito" -  il  pubblico
 ministero   puo'   essere  influenzato  dalla  sua  stessa  finalita'
 istituzionale di tutela dell'erario. Sarebbe  invece  auspicabile  la
 presenza  del  "giudice istruttore" (art. 174 del c.p.c.) come organo
 equidistante dalle parti.
    2.6.  -  Conclusivamente  l'avv.  Petrucci,  solleva  questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 72 del t.u.  12 luglio 1934, n.
 1214,  "in relazione all'art. 3 della Costituzione, e con riferimento
 al codice di procedura civile (artt. 81, 91,  96,  174  e  segg.  del
 c.p.c.)  al  cod. civ. (art. 2909) al t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 ed
 alla legge 6 dicembre 1971, n. 1034, in quanto impone la presenza del
 pubblico  ministero nei giudizi innanzi alla Corte dei conti, creando
 una disparita' di trattamento rispetto agli altri titolari di diritti
 soggettivi  patrimoniali che agiscono innanzi all'a.g. ... disparita'
 di trattamento che si rende evidente rispetto ai  portatori  di  meri
 interessi legittimi che ricorrono ai tribunali amministrativi".
    3. - Il pubblico ministero ha confermato le conclusioni scritte di
 rigetto con richiesta subordinata di accertamenti istruttori.
    Alla   prospettata   questione   di   costituzionalita'   l'organo
 requirente si e' opposto osservando che la p.a. e' comunque parte  in
 causa  e  che le spese, in ipotesi, le fanno carico. La p.a. inoltre,
 puo' giovarsi del ministero dell'Avvocatura generale che si e' talora
 costituita   in  giudizi  consimili.  Circa  l'esercizio  del  potere
 istruttorio da parte del pubblico ministero, nel quale la  ricorrente
 ravvisa  una possibile carenza "in radice" di quella obiettivita' che
 si riconosce invece al giudice istruttore, il pubblico  ministero  ha
 osservato  che  la  sezione dispone a sua volta di potere istruttorio
 destinato alla acquisizione di elementi documentali o conoscitivi  da
 essa ritenuti mancanti e rilevanti ai fini del decidere.
                             D I R I T T O
    4.1.  -  Occorre  premettere  che in materia di pensioni ordinarie
 l'attuale regolamento di procedura (r.d. 13  agosto  1933,  n.  1038)
 diversifica  gli  adempimenti,  gli oneri e le sequenze procedurali a
 seconda dell'organo che ha negato, in tutto o in parte, il diritto  a
 pensione.
    Ed infatti:
       a)  per  le pensioni a totale carico dello Stato (artt. da 72 a
 80):
       l'unico  onere  a  carico della parte consiste nel deposito del
 ricorso;
       non e' prevista alcuna notifica all'amministrazione interessata
 che viene a conoscenza dell'avvenuta impugnativa solo  indirettamente
 con la richiesta del fascicolo;
       il  procuratore  generale,  al  quale  il fascicolo processuale
 viene comunicato "eseguite le indagini che reputi necessarie"  emette
 conclusioni   scritte  e  ne  cura  la  notificazione  giudiziale  al
 ricorrente (art. 75, primo comma);
       il  procuratore generale puo' ricorrere in via principale (art.
 76, primo comma) o in via incidentale (art. 75, terzo comma)  "quando
 sia leso l'interesse dell'erario";
       b)  per  le  pensioni  c.d. "miste" che cio' "interessano anche
 enti diversi dallo Stato, il ricorso prodotto da una delle parti deve
 essere  notificato  a  tutti coloro che vi hanno interesse" (art. 81,
 primo comma);
         c)  per  le pensioni liquidate dalla direzione generale degli
 istituti di previdenza o dall'istituto postelegrafonici  o  dall'ente
 ferrovie  sussiste  l'onere  della notifica e il procuratore generale
 non conclude per iscritto.
    Il  procuratore generale, nei casi sub b) (pensioni miste) dispone
 di potere istruttorio ed e' tenuto a concludere per iscritto  essendo
 partim interessata l'Amministrazione dello Stato.
    4.2.  -  In  tutte  le  descritte situazioni e', comunque, "sempre
 sentito il pubblico ministero" (art. 72 del r.d. 12 luglio  1934,  n.
 1214).
    La   parte  ricorrente,  con  ampia  motivazione,  ha  prospettato
 questione  di  legittimita'  costituzionale  di  tale  norma  perche'
 questa,   col   disporre  l'impresciendibile  intervento  dell'organo
 requirente, condurrebbe a conseguenze aberranti sia sotto il  profilo
 della   identificazione   del  soggetto  su  cui  incidono  le  spese
 processuali, sia sotto il  connesso  e  pregiudiziale  profilo  della
 regolare costituzione del rapporto processuale.
    5.1.   -   La   Corte   ritiene   prioritario  il  problema  della
 legittimazione  processuale,  che  investe  e   condiziona   l'intero
 rapporto  processuale,  nel  senso  che  devono  essere  esaminate  e
 chiarite le posizioni della pubblica amministrazione e  del  pubblico
 ministero nel giudizio pensionistico.
    Dall'esatta  identificazione  di  tali  posizioni discende, in via
 sistematica, la soluzione di  questioni  connesse  e  conseguenziali,
 quali   l'incidenza   delle   spese  processuali,  la  necessita'  di
 notificare alla p.a. anche i ricorsi di "vecchio rito" -  concernenti
 cioe'  pensioni a totale carico dello Stato - ed infine il contestato
 potere istruttorio del pubblico ministero nei giudizi medesimi al cui
 esercizio  segue,  nell'attuale ordinamento, l'emissione obbligatoria
 delle conclusioni scritte.
    In un quadro siffatto, la questione di costituzionalita' sollevata
 dalla parte, relativamente all'art. 72 del r.d.  12 luglio  1934,  n.
 1214, inerisce strettamente a ogni punto della esposta problematica e
 quindi rileva per la definizione della causa, che si sostanzia in  un
 giudizio  di  "vecchio  rito"; e rileva a prescindere dalla soluzione
 della questione di merito.
    La  posta  questione  appare  invero non manifestamente infondata,
 alla luce delle  convincenti  argomentazioni  della  difesa  e  delle
 considerazioni che seguono, le quali, a loro volta, evidenziano altri
 aspetti di incostituzionalita', nella  normativa  interessata  (artt.
 75, 72 e 81 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038).
    5.2.  -  Le  disposizioni  da  ultimo  richiamante appartengono al
 "Regolamento" di procedura - approvato con r.d. 13  agosto  1933,  n.
 1038  -  eppero'  non  si  sottraggono,  ad  avviso  del collegio, al
 sindacato della Corte verificatrice per diversi motivi:
       a)  la  stessa  Corte,  con  sentenze  n.  4/1973  e  n. 8/1976
 dichiaro' l'illegittimita' costituzionale, rispettivamente, dell'art.
 1, secondo comma, e dell'art. 72 del medesimo "regolamento";
       b)  la  stessa  Corte,  con sentenza n. 146/1987, ha dichiarato
 partim l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  26  del  r.d.  17
 agosto  1907,  n.  642  (Regolamento  per  la  procedura dinanzi alle
 sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato);
       c)  le  disposizioni di cui al r.d. n. 1038 sono vere e proprie
 norme processuali speciali che derogano alle norme processuali comuni
 ma non hanno, rispetto a queste, un rango sottordinato come si evince
 dall'art. 26 che  -  quale  norma  di  rinvio  dinamico  -  fissa  il
 principio  del  ricorso alle norme e ai termini del c.p.c. "in quanto
 siano applicabili e non siano modificati dal presente ordinamento".
    Poiche'  non  puo'  dubitarsi  che le norme di diritto processuale
 comune sono soggette al sindacato di  costituzionalita',  altrettanto
 deve ammettersi per le norme di diritto processuale speciale;
       d)  il  "regolamento"  suindicato  -  quale sistema procedurale
 previsto per la  tutela  di  diritti  soggettivi  patrimoniali  -  si
 sostanzia  in  un sistema di norme poste in essere per effetto di una
 delega sostanziale del legislatore ordinario (art. 32 della  legge  3
 aprile 1933, n. 255).
    6.1.  -  E'  ben  noto  che  le posizioni processuali del pubblico
 ministero sono sostanzialmente riconducibili a quelle di attore e  di
 interveniente e concludente.
    Nella  seconda  ipotesi,  e  cioe'  in tutti i giudizi normalmente
 affidati  all'impulso  della  parte  privata  (tali  sono  i  giudizi
 pensionistici  anche  se  la legge, v. art. 76 del r.d. n. 1038/1933,
 riconosce all'organo requirente il potere  di  ricorso  principale  o
 incidentale, il cui fondamento non viene qui posto in discussione) il
 pubblico  ministero  non  e'  mai  tenuto  a   difendere   una   tesi
 particolarare  o  una  precostituita  posizione  assunta dagli organi
 amministrativi. Ed infatti, quando il ricorso  proposto  dalla  parte
 privata  gli  appare fondato, egli ne chiede l'accoglimento, totale o
 parziale.
    La  stessa normativa di carattere generale, valida cioe' per tutti
 i giudizi di competenza della Corte,  ha  favorito  la  tesi  che  il
 pubblico ministero e' "parte imparziale" ovvero parte "nell'interesse
 della legge" e che, anche quando egli assume la figura di attore o di
 resistente,  nell'interesse  dell'erario,  questa  finalita'  e'  pur
 sempre subordinata alla prima.
     6.2. - Ed infatti l'art. 72 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, col
 disporre che nei giudizi  avanti  la  Corte  "e'  sempre  sentito  il
 pubblico   ministero"  intende  riferirsi  ad  esso  nella  posizione
 suddetta e non certo quale parte in  senso  sostanziale.  Cio'  trova
 riscontro in altre disposizioni.
    L'art.  18 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, precisa che mentre il
 procuratore generale "e' sempre udito nelle sue conclusioni" le parti
 "possono  intervenire  personalmente  o  a mezzo dell'avvocato che le
 rappresenti"; il successivo art. 19 stabilisce che dopo la  relazione
 "le  parti...  se  presenti e il procuratore generale... enunciano le
 rispettive conclusioni svolgendone i motivi".
    Tali   disposizioni,  applicabili  al  contenzioso  pensionistico,
 diversificano la posizione delle parti  (ovviamente  p.a.  e  privato
 ricorrente)  da  quella  del  procuratore generale che, per l'art. 1,
 terzo comma, del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, rappresenta presso  la
 Corte  il  pubblico  ministero.  In sostanza la posizione dell'organo
 acquirente va inquadrata nello schema logico dell'intervento in causa
 per l'esatta applicazione della legge.
    Deve peraltro rilevarsi che l'attuale regolamento di procedura non
 considera la posizione della parte in senso sostanziale, cioe'  della
 p.a.,  che non viene chiamata in giudizio nei procedimenti di vecchio
 rito, perche' la legge non prevede  l'onere  della  notifica  essendo
 sufficiente la formalita' del deposito per iniziare il giudizio.
    Si  verifica,  quindi, che l'amministrazione statale che ha emesso
 il provvedimento impugnato, venga  a  conoscenza  dell'esistenza  del
 gravame   solo   con   la  richiesta  degli  atti,  effettuata  dalla
 segreteria.
    I  motivi  di  ricorso,  il  petitum dell'interessato e ogni altro
 elemento della causa  le  saranno  noti  al  postutto,  solo  con  la
 decisione  della  Corte  sui punti dedotti in giudizio. Essa di fatto
 non potra' interloquire nel corso del giudizio, se  non  avra'  avuto
 l'avvedutezza  di  officiare  l'Avvocatura generale dello Stato, come
 avviene nei giudizi di nuovo rito, appena ricevuta la richiesta degli
 atti.
    6.3.  -  Va  ricordato  al riguardo il contenuto dell'art. 9 della
 legge   3   aprile   1979,   n.   103   (Modifiche   dell'ordinamento
 dell'avvocatura  dello  Stato)  e  quello, ancor piu' pertinente, del
 successivo art. 13, terzo comma, secondo cui "Nei giudizi in  materia
 di   pensioni   le   amministrazioni   statali,  comprese  quelle  ad
 ordinamento autonomo, nei casi in cui non ritengano di avvalersi  del
 patrocinio  dell'avvocatura  dello Stato, possono delegare un proprio
 funzionario a sostenere, anche oralmente, nel corso del giudizio,  la
 loro posizione".
    Alla  luce degli esposti elementi, ritiene il collegio che la p.a.
 sia il legittimo e  necessario  contraddittore,  la  parte  in  senso
 sostanziale  che  deve risentire gli eventuali effetti negativi della
 lite (accoglimento del ricorso,  rivalutazione,  interessi,  condanna
 alle  spese)  e pertanto debba essere sempre chiamata in giudizio con
 notificazione giudiziale, il che non e' avvenuto nel caso in esame.
    L'art. 81 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038 (cioe' del "Regolamento
 di procedura" del quale la Corte verificatrice, come gia' detto,  con
 sentenze   n.   41/1972   e   n.  8/1976  dichiaro'  l'illegittimita'
 costituzionale, rispettivamente, degli artt. 1, secondo comma, e  72)
 per  il fatto di prevedere detta notifica solo in latre ipotesi, e il
 precedente art. 72 per il fatto di prevedere, nei giudizi di  vecchio
 rito,  solo  la  formalita'  del  deposito,  sono  pertanto di dubbia
 costituzionalita' sotto un dubbio profilo:
       a)  in  rapporto all'art. 24, secondo comma, della Costituzione
 perche' la p.a., non chiamata in giudizio,  non  puo'  approntare  la
 propria  difesa e pertanto viene irrazionalmente violato il principio
 del contraddittorio di cui all'art. 101 del c.p.c.;
       b)  in rapporto all'art. 3 della Costituzione perche' prevedono
 una diversa  procedura  -  con  la  notifica  del  ricorso  ma  senza
 conclusioni  scritte  e  quindi  un  giudizio ben piu' rapido - per i
 ricorsi c.d.  di  "nuovo  rito"  nei  quali  il  p.m.  conclude  solo
 oralmente.
    6.4.  -  Presumibilmente il legislatore degli anni '30 ritenne che
 nei giudizi di vecchio rito - che piu' da vicino interessano l'erario
 -  l'amministrazione statale dovesse essere in certa guisa "difesa" -
 nei limiti possibili - dalla procura  generale,  con  le  conclusioni
 scritte.
    Inoltre  deve  considerarsi  che il t.u. n. 1214/1934 e il r.d. n.
 1038/1933 erano  ancora  molto  vicini  all'epoca  in  cui  la  Corte
 liquidava   direttamente  le  pensioni  e  il  p.m.  interveniva  nel
 procedimento di liquidazione (v. l'art. 18 della legge 3 aprile 1933,
 n. 255).
    Ma  queste  premesse  storiche  - se spiegano perche' la normativa
 implicitamente consideri una certa qual "rappresentanza"  della  p.a.
 da parte del p.m. - non sono certo valide a cristallizzare un sistema
 processuale d'altri tempi e ormai del tutto inadeguato.
    7.1. - Relativamente alla posizione del p.m. l'art. 72 del t.u. n.
 1214/1934 dispone, come gia' detto, che "I giudizi innanzi alla Corte
 sono pubblici. E' sempre sentito il pubblico ministero". Avverso tale
 norma (che riproduce in parte  la  formulazione  dell'art.  39  della
 legge 14 agosto 1862, n. 800, la cui previsione era pero' riferita ai
 "giudizi sui conti" la parte  ricorrente  ha  proposto  questione  di
 legittimita'   costituzionale   in   quanto   essa,  nell'imporre  la
 necessaria presenza del pubblico ministero, in ogni giudizio  che  si
 svolge innanzi alla Corte dei conti, non esclude da tale necessita' i
 giudizi in materia di pensioni ordinarie e di guerra dal  che  deriva
 violazione dell'art.  3 della Costituzione.
    La  sezione  aderisce  e fa proprie le gia' esposte argomentazioni
 della difesa non senza  rilevare  che  l'identificazione  nella  p.a.
 della   parte  in  senso  sostanziale,  del  legittimo  e  necessario
 contraddittore (che deve risentire gli  effetti  della  lite  e  dare
 esecuzione  alle  decisioni  del giudice delle pensioni in materia di
 riconoscimento del diritto,  di  rivalutazione,  interessi  e  spese)
 corrobora l'assunto di parte.
    In  sostanza  l'intervento  dell'organo  requirente  non  dovrebbe
 essere "necessario" ma facoltativo e circoscritto alle ipotesi in cui
 il  p.m.  ritenga  di  doverlo dispiegare nell'interesse della legge,
 attivando funzioni supreme di giustizia, e cio' per ambedue i tipi di
 giudizi, di vecchio e di nuovo rito.
    7.2.  -  Nessuna norma, del resto, impone la presenza del p.m. nei
 giudizi pensionistici in cui e' parte l'I.N.P.S. di fronte al giudice
 ordinario o nei giudizi pensionistici davanti al t.a.r. o al c.d.s. e
 tuttavia in tali ipotesi il  diritto  a  pensione,  se  riconosciuto,
 comporta pur sempre l'erogazione di denaro pubblico.
    Cade  qui  acconcia l'occasione per ricordare che l'art. 70, n. 4,
 del c.p.c., che prevedeva l'intervento obbligatorio  del  p.m.  nelle
 cause collettive e individuali di lavoro in grado di appello e' stato
 abrogato dall'art. 2 della legge 11 agosto 1973, n. 353. E' ben  noto
 che  le  cause in materia di pensioni I.N.P.S. sono di competenza del
 giudice del lavoro.
    7.3.  -  Tanto  meno la tesi della obbligatorieta' dell'intervento
 puo' trarre sussidi di carattere sistematico  dal  raffronto  tra  la
 posizione  del  p.m.  nel  giudizio  pensionistico  e quella del p.m.
 presso la Corte di cassazione,  ivi  obbligatoriamente  interveniente
 (art.  5  della  legge  8  agosto  1977, n. 532) in "tutte le udienze
 civili e penali".
    Son  infatti  ben  evidenti  le  diverse  finalita'  dei  suddetti
 "interventi" e il diverso ambito dei relativi giudizi. In  quelli  di
 competenza  della  Corte dei conti, che, tra l'altro, sono in primo e
 unico grado, l'analisi della controversia  include  il  merito  della
 pretesa e non si arresta al riscontro di errori di diritto.
    8. - Se si accede, come sembra giusto, al concetto dell'intervento
 facoltativo anziche' obbligatorio, del p.m.,  non  trova  piu'  alcun
 fondamento  l'obbligo  delle  conclusioni scritte previsto solo per i
 giudizi di vecchio rito dall'art.  75  del  r.d.  n.  1038/1933,  che
 verrebbe   a   trovarsi  in  una  situazione  di  incostituzionalita'
 derivata.
    9.1.  -  Tanto  piu'  che, nell'attuale ordinamento, all'emissione
 delle conclusioni scritte il pubblico ministero  addiviene  "eseguite
 le  indagini che reputi necessarie" (art. 75 del r.d. n. 1038/1933) e
 cioe' dopo l'esercizio di attivita' istruttoria nella quale, come  ha
 osservato  il  legale  della ricorrente, l'organo requirente potrebbe
 essere influenzato dalla sua stessa finalita' istituzionale di tutela
 dell'Erario  che  egli  dispiega  bensi'  nell'interesse e nei limiti
 della legge, ma non  certo  nella  posizione  di  assoluta  terzieta'
 propria del giudice istruttore.
    Ne  deriva  violazione  del  diritto  di  difesa (art. 24, secondo
 comma, della Costituzione) e del diritto a che la causa sia  istruita
 dal  giudice  naturale  (art. 25, primo comma, della Costituzione) in
 rapporto agli artt. 168- bis e 174 del c.p.c. che prevedono la figura
 del  giudice  istruttore, negli ordinari procedimenti civilistici che
 hanno normalmente un substrato di obbligazione patrimoniale, quale si
 rileva anche nel rapporto pensionistico.
    9.2.  -  Ed  invero l'attuale "struttura del sistema istruttorio e
 probatorio" della  Corte  dei  conti  e'  stata  gia'  indirettamente
 censurata  dalla  Corte  verificatrice nella decisione 17-30 dicembre
 1987, n. 641.
    9.3.  -  Altra  incongruenza dell'attuale sistema si ravvisa nella
 circostanza che, non esistendo la figura del "giudice istruttore"  il
 magistrato  della  procura  generale cui e' stato affidato il singolo
 giudizio e' titolare di potere  istruttorio  da  esercitare  inaudita
 altera  parte,  secondo  l'ampiezza  d'indagine  ritenuta necessaria,
 mentre di analogo potere non  dispone  il  singolo  magistrato  della
 sezione giudicante.
    Quest'ultimo  potra', al piu', essere "delegato" dalla sezione per
 espletare  determinati  mezzi  istruttori  (art.  15  del   r.d.   n.
 1038/1933) previamente ritenuti opportuni dal collegio.
    9.4. - L'attuale procedura c.d. di "vecchio rito" - in una materia
 caratterizzata da un imponente contenzioso - concorre  a  determinare
 annosi  ritardi. In talune sezioni della Corte dei conti, il giudizio
 arriva all'esame del collegio diversi lustri dopo la proposizione del
 ricorso  e viene spesso deciso dopo la morte del diretto interessato.
 Indubbiamente l'esistenza  di  un  giudice  istruttore  consentirebbe
 l'immediato  esame  della  causa, con i provvedimenti necessari e gli
 accertamenti opportuni ai fini del decidere.
    Ma la realta' attuale e' ben diversa: le carenze, l'inadeguatezza,
 la macchinosita' dell'attuale procedura violano l'aspettativa di  una
 celere giustizia della quale gia' la "Magna Charta" teneva conto, con
 solenne affermazione di principio (par. 40: "... non negheremo e  non
 ritarderemo   la  applicazione  della  legge  e  la  definizione  dei
 processi") e disattendono  il  principio  di  cui  all'art.  6  della
 Convenzione europea per i diritti dell'uomo secondo cui "Ogni persona
 ha  diritto  a  un'equa  e  pubblica   udienza   entro   un   termine
 ragionevole".
    Che  il  ritardo  nel rendere giustizia equivalga, in ogni caso, a
 diniego di giustizia, e' concetto tautologico.
    In sostanza puo' concludersi con amara ironia che chi ricorre alla
 Corte dei conti, ed e' interessato in uno dei giudizi di vecchio rito
 (che  sono  la  stragrande maggioranza) e' spesso da paragonarsi alla
 deprimente figura del postulante descritto  da  Kafka  nella  novella
 "Vor  dem  Gesetz":  parecchi  lustri di attesa davanti al Tempio del
 Diritto,  patetica  fiducia  nella  giustizia  umana  ed  infine   la
 frustazione, l'inconcludenza, la morte.
    10.1  - Cosicche' l'attuale normativa, nonche' ingenerare i citati
 sospetti di incostituzionalita', dimostra la propria irrazionalita' e
 inadeguatezza sul terreno dell'applicazione pratica.
    Lo  stesso  procuratore  generale della Corte dei conti, dopo aver
 ancora una volta ricordato, nella sua relazione concernente il  1988,
 la  situazione drammatica del contenzioso pensionistico, ha auspicato
 drastiche riforme procedurali ponendo altresi' l'ipotesi - ovviamente
 da  approfondire  -  "dell'esclusione  dell'intervento  in  causa del
 pubblico ministero,  sia  nella  fase  istruttoria,  sia  nella  fase
 dibattimentale".
    10.2.   -   Nello   schema   del   d.d.l.  relativo  alla  riforma
 dell'ordinamento  della  Corte  dei  conti,  il  pubblico   ministero
 conserva  il  potere di ricorrere in via principale o incidentale nei
 giudizi in materia di pensioni civili  e  militari;  sui  ricorsi  da
 chiunque  proposti  non  conclude  per  iscritto  ma puo' intervenire
 all'udienza pubblica per formulare le sue conclusioni orali  dopo  la
 discussione delle parti (art. 52, quinto comma); analogo e' il potere
 di intervento in materia di pensioni di guerra.
    Sul  punto  ha di recente preso drastica posizione il consiglio di
 presidenza della Corte dei conti.
    11.  - L'esame della complessa problematica evidenzia la rilevanza
 ai fini del decidere e la non manifesta infondatezza delle  questioni
 prospettate,  attinenti  a  norme  procedurali  tra  loro intimamente
 connesse.
    Il  collegio  ritiene  di  dover  sottolineare che le disposizioni
 normative  segnalate   all'attenzione   della   Corte   verificatrice
 ostacolano   le   aspettative  di  una  piu'  celere  giustizia,  non
 assicurano   adeguate   garanzie,   intralciano   l'attivita'   degli
 operatori.
    Ed  e'  appena  il  caso  di  osservare che la dichiarazione della
 illegittimita' costituzionale di tali norme non  potrebbe  comportare
 ne'  alcun  vuoto  legislativo  ne'  alcuna  conseguenza  processuale
 aberrante dal momento che il rinvio dinamico di cui all'art.  26  del
 r.d.  n. 1038/1933 consentirebbe il ricorso, in estrema ipotesi, alle
 comuni norme processuali.
                                P. Q. M.
   Visti  gli  artt.  n.  134  della  Costituzione, n. 1 della legge 9
 febbraio 1948, nn. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ordina    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale perche' siano decise le questioni di costituzionalita'
 delle  seguenti norme procedurali, considerate anche in coordinamento
 tra loro:
      1)  art.  72  del  t.u.  12  luglio  1934, n. 1214, in relazione
 all'art.  3  della  Costituzione  e  con  riferimento  al  codice  di
 procedura  civile  (artt.  81,  91, 96, 174 e segg.) al codice civile
 (art. 2909) al t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 e alla legge  6  dicembre
 1971,  n.  1034, in quanto prevede come obbligatorio l'intervento del
 pubblico ministero nei giudizi pensionistici innanzi alla  Corte  dei
 conti;
      2)  art.  75 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, in relazione agli
 artt. 24, secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione e  con
 riferimento  agli  artt. 168- bis e 174 del c.p.c., in quanto prevede
 attivita' istruttoria del pubblico  ministero  anziche'  del  giudice
 istruttore ed obbligo di conclusioni scritte (v. punto 1);
      3)  artt.  72 e 81 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038 in relazione
 agli  artt.  3  e  24,  secondo  comma,  della  Costituzione  e   con
 riferimento  all'art. 101 del c.p.c. per violazione del principio del
 contraddittorio e per irrazionale diversificazione di procedure;
    Sospende ogni decisione sul giudizio in corso;
    Ordina  che,  a  cura  della segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata alla ricorrente, al procuratore generale della  Corte  dei
 conti  nonche'  al  Presidenti  del  Consiglio  dei  Ministri,  e sia
 comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento.
    Cosi'  deliberato in Roma, nella camera di consiglio del 5 gennaio
 1990.
                        Il presidente: SARACENO

 90C0476