N. 248 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 febbraio 1990

                                 N. 248
 Ordinanza  emessa  il  27  febbraio  1990  dal  pretore  di  Pisa nel
 procedimento  civile  vertente  tra  Brucini  Romana   ed   altro   e
 l'I.N.A.I.L.
 Previdenza  e  assistenza  - Lavoratore non soggetto ad assicurazione
 obbligatoria - Infortunio in itinere con  mezzo  proprio  Conseguente
 decesso - Lamentata omessa previsione dell'obbligo assicurativo per i
 lavoratori comunque costretti  all'uso  di  autoveicolo  privato  per
 raggiungere il posto di lavoro.
 (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 4).
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.20 del 16-5-1990 )
                               IL PRETORE
    A  scioglimento della riserva di cui al verbale di udienza in data
 16 febbraio  1990;  sulle  prospettate  questioni  di  illegittimita'
 costituzionale;
                             O S S E R V A
    Nel  presente  giudizio,  Romana Brucini ed Antonio Bellucci eredi
 superstiti  di   Sergio   Bellucci   reclamano   dall'I.N.A.I.L.   le
 provvidenze   previste  dall'art.  85  del  t.u.  n.  1124/1965,  sul
 presupposto che il loro dante causa era deceduto  in  seguito  ad  un
 incidente  stradale  nel  mentre si recava da Orzignano a S. Giovanni
 alla Vena, e cioe'  dal  luogo  di  residenza  al  luogo  di  lavoro.
 L'I.N.A.I.L.  si  oppone  all'accoglimento della domanda evidenziando
 come il Bellucci, funzionario, alle  dipendenze  di  un  istituto  di
 credito,  non  era  persona  obbligatoriamente  assicurata contro gli
 infortuni sul lavoro e come comunque l'uso  dell'autovettura  privata
 per  recarsi  sul  posto  di lavoro rispondeva a una mera esigenza di
 maggiore comodita'.
    Dall'istruttoria  espletata  mediante  l'interrogatorio  di Romana
 Bellucci, l'escussione di alcuni testi e l'acquisizione di  documenti
 e' risultato incontestabilmente:
       a)   che   il  Bellucci  prestava  la  propria  attivita'  come
 funzionario titolare presso l'agenzia di S. Giovanni alla Vena  della
 Cassa di Risparmio di Pisa;
       b)  che  il  suo orario di lavoro era dalle ore 8 alle ore 13 e
 dalle ore 14.45 alle ore 16 dal lunedi' al venerdi;
       c)  che,  proprio  in  virtu'  delle  sue  funzioni di titolare
 dell'agenzia, il suo orario di lavoro era caratterizzato di una certa
 elasticita', ma sempre con riferimento allo schema di cui al punto b)
 (teste Marsigli);
       d)   che,  sempre  in  considerazione  delle  sue  funzioni  di
 "titolare" con una certa frequenza, ultimato l'orario di  lavoro,  il
 Bellucci  si  intratteneva  per curare i rapporti con i clienti della
 Banca che provvedeva personalmente a visitare,  cio'  non  essendogli
 imposto  dal  datore  di  lavoro,  ma  corrispondendo  ad  una prassi
 consolidata (teste Signorini);
       e)  che  se  egli avesse utilizzato per raggiungere il posto di
 lavoro dal luogo di residenza i mezzi  pubblici  APT  avrebbe  dovuto
 utilizzare  per l'andata una corsa in partenza alle ore 5.07 (o 5.10)
 per raggiungere S. Giovanni  alla  Vena  in  tempo  per  l'orario  di
 apertura  della  Banca;  ed  egualmente per il ritorno avrebbe dovuto
 utilizzare una corsa in partenza alla ore 17.47  per  essere  a  casa
 intorno   alle   ore  19;  (V.  orari  ufficiali  APT,  prodotti  dai
 ricorrenti);
       f)  che  per  le ragioni di cui al punto d) l'orario di ritorno
 non era esattamente programmabile;
       g)  che,  infine,  (teste  Marsigli)  presso  l'Agenzia  di  S.
 Giovanni alla  Vena  non  c'era  in  dotazione  un'auto  di  servizio
 (eventualmente utilizzabile per le visite ai clienti).
    Tutte le circostanze di cui sopra consentono di ritenere che l'uso
 dell'autovettura  privata  non  rappresentasse  una  mera  scelta  di
 maggiore  comodita' ma una vera e propria necessita'; e cio' se, come
 pare corretto, valutazioni di questo tipo  (comodita'-necessita',  si
 intende)  debbono obbedire a criteri di ragionevolezza, si che' possa
 dirsi, come nel caso di specie, che al Bellucci non si ponevano serie
 alternative  all'uso  della  propria autovettura, sia per evitare che
 per coprire una distanza di circa 20 km (da Orzignano a  S.  Giovanni
 alla  Vena)  egli  dovesse muovere da casa alle cinque del mattino ed
 impiegare  oltre  due  ore  di  tempo,  sia  per  consentire,   senza
 l'imposizione del rigido orario del mezzo pubblico, lo svolgimento di
 quella attivita' di "pubbliche relazioni" con i clienti dell'istituto
 ultimato l'orario di servizio, nell'interesse proprio (di carriera) e
 dello stesso datore di lavoro.
    Sicche'  se  il  Bellucci  fosse  stato  assicurato  I.N.A.I.L. in
 ragione di una sua diversa attivita' (per ipotesi  non  impiegatizia)
 ai  sensi  dell'art.  4 del t.u. n. 1124/1965, non vi sarebbero dubbi
 sulla configurabilita' del c.d. infortunio in itinere.
    V'e' che, tuttavia, nel caso che ci occupa ed ai sensi dell'art. 4
 del t.u. citato il Bellucci  non  era  persona  per  la  quale  fosse
 obbligatoria  l'assicurazione-infortuni di tal che' rimane esclusa la
 possibilita'   di    considerare    come    lavorativo-indennizzabile
 l'infortunio  in  seguito  al  quale  egli  ha  trovao la morte. Tale
 situazione configura, a parere di  questo  giudice,  una  consistente
 violazione dell'art. 38 della Costituzione.
     E'  oggi  fenomeno  diffusissimo  quello della pendolarita' ed in
 specialmodo  in  certi  settori  lavorativi  caratterizzati  da   una
 frequente  mobilita'  del lavoratore che nel corso della sua carriera
 ed  in  ragione  delle  esigenze  dell'impresa  subisce  piu'  di  un
 trasferimento nella impossibilita' di provvedere di volta in volta al
 contestuale  trasferimento  dell'abitazione  e  della  famiglia.   E'
 altresi'  diffusissimo il fenomeno, ed ancor di piu' in certi settori
 come quello bancario, per il quale al datore di lavoro e'  del  tutto
 indifferente  la  scelta  del  lavoratore  sul  luogo di residenza, e
 quest'ultimo non raramente e' sostanzialmente imposto da  circostanze
 oggettive  quali la difficolta' di provvedere all'alloggio in seguito
 ad ogni trasferimento, di provvedere al contestuale trasferimento del
 coniuge in ragione del rapporto di lavoro di quest'ultimo, ecc.
    Per  altri  versi  e di fatto non per tutte le localita' i servizi
 pubblici possono (e potranno mai) assicurare trasferimenti  rapidi  o
 comunque  effettuabili in un lasso di tempo ragionevole se rapportato
 all'orario lavorativo e spesso il rendere meno disagevole il tragitto
 da  casa  al  luogo  di  lavoro non ha effetti solo su chi fruisce di
 mezzi privati alternativi, ma sulla stessa  miglior  efficenza  della
 prestazione (altro e' recarsi in auto da Orzignano a S. Giovanni alla
 Vena coprendo il relativo percorso in circa 20 minuti  e  raggiungere
 il  posto  di  lavoro senza particolari "stress", altro e' farlo dopo
 aver viaggiato per due ore, come nel caso di specie, su  due  diversi
 autobus e con una "sosta tecnica").
   Si  puo'  allora  dire  che,  nell'attuale  assetto  lavorativo, il
 fenomeno dell'uso del mezzo proprio per raggiungere il posto dilavoro
 in mancanza di un ragionevolmente utilizzabile servizio pubblico, sia
 fenomeno diffusissimo e di fatto imposto in  special  modo  in  certi
 settori   caratterizzati  da  una  frequente  mobilita';  sicche',  a
 prescindere dalle funzioni che il lavoratore si reca a  svolgere,  e'
 del  tutto  scoperta  dal punto di vista assicurativo quella porzione
 cronologica di attivita' che si realizza nel percorrere  la  distanza
 che separa il posto di lavoro dalla abitazione, quando tale attivita'
 sia, come la guida per le strade, obiettivamente pericolosa e  quando
 il rischio possa ritenersi aggravato dalla necessita' del rispetto di
 certi orari o dalla ripetitivita' del percorso  che,  come  e'  noto,
 allenta  sensibilmente le capacita' di reazione alla guida dei mezzi.
 E  d'altro  canto   la   mancata   previsione   generalizzata   della
 indennizzabilita'  dell'infortunio quando l'uso del mezzo privato sia
 imposto dalla circostanza ed a prescindere dall'attivita'  propria  e
 tipica  oggetto  del  contratto  di  lavoro,  rispetto  alla pacifica
 indennizzabilita'  dell'infortunio  in  itinere  subito  da  chi  sia
 persona  assicurata  ai  sensi  dell'art.  4 testo unico n. 1124/1965
 finisce per creare una ingiustificata disparita' di  trattamento  fra
 soggetti  che,  con  riferimento  al  percorso necessitato da casa al
 posto di lavoro, sono soggetti al medesimo rischio.
    La rilevanza della question e' in re ipsa.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 4 del d.P.R.  30  giugno  1965,
 n.  1124,  nella  parte in cui non prevede l'obbligo di assicurazione
 contro  gli  infortuni  per  chi,  indipendentemente   dalla   natura
 dell'attivita'  svolta,  sia  costretto  da ragioni oggettive all'uso
 dell'autoveicolo per raggiungere il posto di lavoro, con  riferimento
 agli artt. 3 e 38 della Costituzione;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la  presente  ordinanza  sia  notificata  alle parti
 nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Ordina  la  comunicazione del presente provvedimento ai Presidenti
 delle due Camere e dispone la sospensione necessaria del giudizio.
      Pisa, addi' 27 febbraio 1990
                          Il pretore: NISTICO'

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