N. 243 SENTENZA 3 - 15 maggio 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza - Professionisti - Trattamenti minimi -
 Pensioni di inabilita' ed invalidita'- Proporzionalita' ai redditi
 professionali - Incoerenza ed irrazionalita' della norma - Contrasto
 con il principio del minimo vitale garantito - Illegittimita'
 costituzionale.
 
 (Legge 20 ottobre 1982, n. 773, artt. 4, secondo comma, e 5, terzo
 comma).
 
 Previdenza e assistenza - Professionisti - Trattamenti minimi -
 Pensioni di vecchiaia - Proporzionalita' ai redditi professionali -
 Difetto di pregiudizialita' - Irrilevanza della questione -
 Inammissibilita'.
 
 (Legge 20 ottobre 1982, n. 773, art. 2, quinto comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 38, secondo comma).
(GU n.21 del 23-5-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof. Giovanni CONSO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI,
    prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 2, quinto
 comma, 4, secondo comma e 5 della  legge  20  ottobre  1982,  n.  773
 ("Riforma  della  Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore
 dei geometri"), promosso con ordinanza emessa il 3 novembre 1989  dal
 Pretore  di  Agrigento  nei  procedimenti civili riuniti vertenti tra
 Fasulo Francesco ed altri e  la  Cassa  nazionale  di  previdenza  ed
 assistenza  a  favore  dei  geometri,  iscritta al n. 26 del registro
 ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 5, prima serie speciale dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  4 aprile 1990 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio promosso da alcuni titolari di
 pensioni di invalidita' o inabilita' a carico della  Cassa  nazionale
 di  previdenza  in  favore  dei  geometri,  i  quali lamentano che le
 rispettive prestazioni sono  state  liquidate  in  base  al  criterio
 cosiddetto  del  sottominimo,  il Pretore di Agrigento, con ordinanza
 del 3 novembre 1989, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e  38,
 secondo   comma,   della   Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 2, quinto comma, 4,  secondo  comma,  e  5
 della  legge  20  ottobre  1982,  n. 773, a norma dei quali la misura
 della pensione minima non puo' in alcun caso superare  la  media  del
 reddito    professionale   degli   ultimi   dieci   anni   dichiarati
 dall'iscritto ai fini dell'I.R.P.E.F., rivalutato  nella  misura  del
 100%.
    Secondo  il  giudice  a  quo tale criterio contrasta col principio
 solidaristico, che deve temperare la correlazione tra contribuzione e
 prestazione previdenziale, e appare particolarmente ingiusto nel caso
 di lavoratori invalidi o inabili, la  cui  capacita'  di  reddito  e'
 stata   negativamente   incisa  dall'evoluzione  del  quadro  morboso
 anteriormente alla maturazione del diritto alla  pensione.  Contrasta
 altresi'   col   principio   di   eguaglianza,  per  l'ingiustificata
 disparita' di  trattamento  nei  confronti  dei  lavoratori  soggetti
 all'assicurazione  generale  obbligatoria,  disparita'  che  l'art. 7
 della legge 29 dicembre 1988, n. 544, ha provveduto a  rimuovere  con
 effetto soltanto dal 1Πgennaio 1989.
    2.  - Nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
    L'Avvocatura osserva che il criterio censurato e' "finalizzato, da
 un lato, a una  corretta  alimentazione  della  rispettiva  posizione
 previdenziale da parte dei singoli iscritti, dall'altro ad evitare un
 aggravio  dell'intera   categoria   a   favore   di   soggetti   solo
 marginalmente  impegnati  nell'attivita'  professionale  e percettori
 quindi di redditi minimi". Inoltre la limitata durata nel tempo della
 disciplina in esame ne confermerebbe la legittimita' alla stregua del
 principio  di  gradualita'  delle  scelte  legislative   in   materia
 previdenziale.
                         Considerato in diritto
    1.  - L'art. 2, quinto comma, della legge 20 ottobre 1982, n. 773,
 sulla previdenza a favore dei geometri - abrogato, con effetto dal 1Œ
 gennaio  1989,  dall'art. 7 della legge 29 dicembre 1988, n. 544, che
 ha  parificato  i  trattamenti  minimi   pensionistici   dei   liberi
 professionisti  a  quelli  corrisposti  dal Fondo pensioni lavoratori
 dipendenti - dispone che la misura della pensione minima di vecchiaia
 non  puo'  in  alcun caso superare la media dei redditi professionali
 dichiarati  negli  ultimi  dieci  anni   ai   fini   dell'I.R.P.E.F.,
 rivalutati  del  100%.  In  quanto applicabile anche alle pensioni di
 inabilita' e di invalidita' in virtu' del rinvio all'art. 2  previsto
 nell'art.  4,  secondo  comma,  e  del rinvio a quest'ultimo previsto
 nell'art. 5, terzo comma, il quinto comma dell'art. 2, insieme con le
 norme  di  rinvio  ora citate, sono ritenuti dal Pretore di Agrigento
 contrastanti con l'art. 38, secondo comma, della Costituzione e anche
 col principio di eguaglianza di cui all'art. 3.
    2. - Occorre preliminarmente precisare i limiti di rilevanza della
 questione. Poiche' nel giudizio principale  si  controverte  circa  i
 criteri  di  liquidazione di pensioni di inabilita' e di invalidita',
 sono   pregiudiziali   soltanto   le   questioni   di    legittimita'
 costituzionale dell'art. 4, secondo comma, nella parte in cui, per il
 calcolo  della  pensione  di  inabilita',  rinvia  al  quinto   comma
 dell'art.  2,  e  dell'art.  5,  terzo comma, il quale dispone che la
 pensione di invalidita' e' pari al 70 per cento di quella  risultante
 dall'applicazione dell'art. 4, secondo comma, con cio' rinviando esso
 pure all'art. 2, quinto comma.
    L'impugnazione  diretta  del  quinto  comma  dell'art. 2 e' invece
 inammissibile,  trattandosi  di  norma  concernente  la  pensione  di
 vecchiaia.
    3. - La prima questione e' fondata.
    Come  piu'  volte ha osservato questa Corte (cfr. sentenze n. 1008
 del 1988 e n. 99 del 1990),  il  principio  di  corrispettivita'  tra
 contribuzione  e  prestazione  previdenziale,  su  cui  si  fonda  la
 previdenza delle varie categorie di liberi professionisti secondo  il
 modello  della legge del 1980 sulla riforma della previdenza forense,
 e' soggetto al correttivo del principio di solidarieta' nella  misura
 necessaria  per  assicurare  a  tutti  i  membri  della categoria una
 prestazione minima adeguata alle loro esigenze di vita.  Nella  legge
 n.  773  del  1982 questo limite trova attuazione nell'art. 2, quarto
 comma, il quale prevede l'integrazione della  pensione  a  un  minimo
 pari   al   sestuplo   del  contributo  soggettivo  minimo  a  carico
 dell'iscritto  nell'anno  anteriore  a  quello  di  maturazione   del
 diritto.  Ai  fini  del  relativo  finanziamento la legge prevede: a)
 l'obbligo di un contributo  minimo  indipendente  dall'ammontare  del
 reddito  professionale;  b)  un  contributo di solidarieta' del 3 per
 cento sulla parte di reddito  eccedente  i  40  milioni,  nonche'  un
 contributo  anche a carico dei professionisti non iscritti alla Cassa
 (art. 10); c) un contributo integrativo sotto forma di  maggiorazione
 percentuale dei corrispettivi (art. 11).
    In  contraddizione  col  quarto  comma  e  con  la  finalita'  dei
 menzionati flussi finanziari della Cassa, il quinto comma dell'art. 2
 ripristina  rigorosamente  il  principio  di  proporzionalita'  della
 pensione ai redditi professionali in base ai quali sono  calcolati  i
 contributi   accreditati   nei   conti  individuali  degli  iscritti,
 escludendo ogni intervento di solidarieta'. L'incoerenza della norma,
 in contrasto col principio di razionalita' di cui all'art. 3 Cost., e
 insieme la contrarieta' al  principio  del  minimo  vitale  garantito
 dall'art.  38,  si  accentuano  nell'applicazione  al  calcolo  della
 pensione di inabilita'  e  di  invalidita',  considerata  l'incidenza
 negativa  della  patologia  da  cui  e'  affetto l'iscritto sulla sua
 capacita' di guadagno.
    L'argomento  addotto  dall'Avvocatura  dello Stato, secondo cui il
 criterio dell'art. 2, quinto comma, si giustifica in quanto  mira  ad
 evitare alla categoria professionale un aggravio a favore di soggetti
 solo marginalmente impegnati nella professione, quale che sia la  sua
 consistenza in ordine alla pensione di vecchiaia, non e' trasferibile
 alle pensioni di  inabilita'  e  di  invalidita'.  Nell'ambito  della
 previdenza  forense se ne era resa conto gia' la legge 2 maggio 1983,
 n. 175, che  per  queste  due  specie  di  pensioni  aveva  eliminato
 dall'art. 4, secondo comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576, il
 rinvio al criterio  del  sottominimo  previsto  per  la  pensione  di
 vecchiaia dall'art. 2, quinto comma.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  degli  artt. 4, secondo
 comma e 5, terzo comma, della legge 20 ottobre 1982, n. 773 ("Riforma
 della  Cassa  nazionale  di  previdenza  e  assistenza  a  favore dei
 geometri"), nella parte in cui, per  il  calcolo  delle  pensioni  di
 inabilita' e di invalidita', rinviano all'art. 2, quinto comma;
    Dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.  2,  quinto  comma,  della  legge  citata,  sollevata,   in
 riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, dal
 Pretore di Agrigento con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 3 maggio 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: MENGONI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 15 maggio 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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