N. 294 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 febbraio 1985- 9 maggio 1990
N. 294 Ordinanza emessa il 12 febbraio 1985 (pervenuta alla Corte costituzionale il 9 maggio 1990) dal pretore di Modena nel procedimento civile vertente tra Selmi Renzo ed altra e l'ufficio del registro di Modena Riscossione delle imposte - Esclusione del potere del giudice ordinario di sospensione del procedimento di riscossione coattiva fiscale - Violazione del diritto di difesa e del principio della tutela giurisdizionale contro gli atti illegittimi della p.a. - Riferimento alla decisione della Corte n. 63/1982 (non fondatezza dell'analoga questione sollevata riguardo alle commissioni tributarie) ritenuta superabile dal giudice rimettente. (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15, 39, 53 e 54). (Cost., artt. 24 e 113).(GU n.22 del 30-5-1990 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al numero 154 r.g. 1985 promossa da: Selmi Renzo e Bonetti Alfonsa, rappresentati e difesi dall'avv. Luciano Borelli per delega a margine del ricorso introduttivo ed elettivamente domiciliati in Modena, via Emilia Est. n. 18/2, contro l'ufficio del registro di Modena, rappresentato e difeso dall'avvocatura dello Stato di Bologna, presso i cui uffici e' per legge domiciliato; Sciogliendo la riserva che precede; Esaminati gli atti ed il verbale della procedura, le deduzioni e produzioni delle parti; R I L E V A Con atto depositato il 25 gennaio 1985, i signori Selmi Renzo e Bonetti Alfonsa residenti in Castelfranco Emilia, ricorrevano a questo pretore esponendo che con avviso di liquidazione n. 131, scadenzario n. 58626, il direttore dell'ufficio del registro di Modena aveva loro notificato (per il pagamento di complessive L. 30.280.000) l'apertura di procedimento diretto al recupero di imposta ordinaria per mancata produzione in termine del certificato attestante le agevolazioni della proprieta' diretto-coltivatrice ( ex legge n. 590/1965 e sue proroghe e modifiche) in relazione ad atto del notaio Osti registrato il 23 febbraio 1981 al n. 2097; che avverso tale avviso venne proposta rituale e tempestiva opposizione (attualmente in fase precedente alla discussione, non ancora fissata) avanti la commissione tributaria di primo grado di Modena; che successivamente, in data 13 novembre 1984, il cassiere reggente del predetto ufficio del registro aveva loro notificato la relativa ingiunzione portante intimazione di pagamento di complessive L. 36.072.500, per il titolo dianzi descritto; che anche contro tale ingiunzione essi avevano proposto in data 22 novembre 1984 tempestiva e rituale opposizione innanzi alla commissione tributaria di primo grado di Modena: anche questa in fase di fissazione di udienza; che, per altro verso, essi avevano presentato istanza all'intendente di finanza di Modena tendente ad ottenere la sospensione degli atti di riscossione coattiva, senza che tale istanza fosse stata seguita da alcuna risposta; che l'imposta di cui era stato chiesto il pagamento e' da ritenersi indubbiamente prescritta ai sensi dell'art. 74 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634; che comunque, trattandosi di imposta complementare, il ricorso di essi contribuenti sospendeva la riscossione ai sensi dell'art. 54 del citato d.P.R. n. 634/1972; che, per contro e pur in pendenza dei due ricorsi avanti le commissioni tributarie, l'ufficio del registro aveva insistito per la riscossione del tributo; che l'ordinamento amministrativo e tributario non offre pertanto al contribuente tutela alcuna, dipendendo la prosecuzione della procedura espropriativa non gia' dall'intervento di giudice imparziale, bensi' dall'impulso della stessa autorita' amministrativa che ha emesso il provvedimento impugnato; che nella specie appare dunque applicabile analogicamente il disposto dell'art. 700 del c.p.p. poiche', stante anche il silenzio dell'intendente di finanza sulla richiesta di sospensione dell'esecuzione coattiva e l'inanita' della diffida notificata il 15 gennaio 1985 all'intendente di finanza ed all'ufficio del registro, viene a difettare ogni minima possibilita' difensiva pur riconosciuta al contribuente; che in considerazione del lungo tempo necessario ad ottenere vuoi una rapida decisione da parte delle adite commissioni tributarie vuoi una ragionevolmente sollecita restituzione della cospicua somma frattanto in ipotesi inutiliter pagata, ad essi istanti deriverebbe certo nonche' grave ed irreparabile danno. Tutto cio' premesso e documentando, il Selmi e la Bonetti invocavano ai sensi dell'art. 700 C.P.C. provvedimento per la sospensione della esecutorieta' dell'ingiunzione. Questo giudice, con decreto 28 gennaio 1985, disponeva la sospensione della esecuzione e della riscossione, nonche' la comparizione delle parti per la udienza del 9 febbraio 1985. Costituitosi il contraddittorio, l'amministrazione finanziaria ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e la conseguente improponibilita' dell'istanza di sospensione ai sensi dell'art. 700 del c.p.p., invocando la revoca del decreto con declaratoria del difetto di giurisdizione e condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di procedura. In relazione alle suesposte questioni, intanto osservasi come, anche in difetto di espressa normativa in contrario, sono tuttora controversi in giurisprudenza e in dottrina il problema ed i limiti di applicabilita' del procedimento cautelare ex art. 700 del c.p.c. in relazione a provvedimenti dell'autorita' amministrativa: cio' anche in considerazione della circostanza che l'analogo provvedimento cautelare di sequestro ex art. 672, terzo comma, e 673, quinto comma, del c.p.c. e' concepibile dal pretore o dal presidente del tribunale quantunque essi non siano competenti nel merito per ragioni di materia. Nel caso di specie discenderebbe che, nell'attuale fase di assoluto silenzio dell'amministrazione finanziaria e delle commissioni tributarie e a fronte dell'iniziativa coattiva intrapresa dall'ufficio del registro, i ricorrenti si troverebbero del tutto privati di ogni garanzia giurisdizionale ed assoggettati invece, inermi, alla pretesa del citato ufficio soltanto sulla scorta di disposizioni di legge che lo privilegiano in spregio al precetto costituzionale ex art. 23 che riconosce al cittadino l'inviolabile diritto di difesa dei propri diritti o interessi in ogni stato o grado del procedimento. Ne' al riguardo potrebbe dirsi essere stata unanimamente condivisa la pregressa pronuncia della Corte costituzionale 1 aprile 1982, n. 63 (citata anche dalla costituitasi amministrazione) con la quale, in non del tutto identica materia, vennero ritenute infondate le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 15, 39 e 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. Tale pronunzia non ha fugato del tutto il diffuso convincimento che l'esclusione della sospensione da parte del giudice ordinario (peraltro gia' prevista in situazione analoga dall'art. 3 del r.d. 14 gennaio 1910, n. 639) della riscossione di imposta complementare di registro, in presenza di contenzioso amministrativo non ancora avviato, si traduce in una palese negazione della tutela giurisdizionale, sancita invece dagli artt. 24 e 113 della Carta costituzionale. Ed e' certamente tuttaltro che improbabile che il contribuente, il quale abbia pagato somme in definitiva da lui non dovute, sia poi (e solo dopo lungo tempo) sufficientemente risarcito del pregiudizio sofferto con la mera restituzione dell'indebito pur maggiorato degli interessi di legge. Ond'e' che la facolta' di sospensione degli atti di esecuzione concessa al solo intendente di finanza e alla sua discrezionalita', con gli artt. 89 e 53 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, si risolverebbe nella perpetuazione del remoto e ripudiato principio del solve et repete gia' dichiarato incostituzionale. Trattasi infatti di organo dell'amministrazione finanziaria, privilegiato rispetto ai diritti e agli interessi del contribuente e, come tale, tutt'altro che imparziale e al di sopra degli interessi delle parti contendenti essendo esso stesso in definitiva, parte nella controversia insorta. Tutto cio' a fronte della circostanza secondo cui l'autorita' giudiziaria ordinaria, anche in considerazione del rilievo circa i poteri cautelari che le vengono attribuiti dai citati artt. 672 e 673 del c.p.c., si pone invece quale giudice estraneo agli interessi dei contendenti e pertanto imparziale. Ritiene pertanto, questo pretore, non manifestamente infondata, nei limiti della descritta fattispecie, la questione di illegittimita' costituzionale degli artt. 15, 39, 53 e 54 del d.P.R. n. 602/1973 in relazione agli artt. 24 e 113 della Costituzione. Consegue che la questione, essendo rilevante ai fini delle determinazioni definitive sull'instaurato giudizio per provvedimento d'urgenza ex art. 700 del c.p.c., va disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, fermo restando, frattanto, il decreto 28 gennaio 1985 di sospensione della riscossione ed esecuzione coattiva.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta non manifestamente infondata e rilevante nel presente giudizio la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 15, 39, 53 e 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione agli art. 24 e 113 della Costituzione, dispone la sospensione del presente procedimento ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda la cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e per la sua comunicazione alle parti nonche' ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Modena, addi' 12 febbraio 1985 Il pretore: MANTOVANI 90C0629