N. 335 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 dicembre 1989
N. 335 Ordinanza emessa il 9 dicembre 1989 dal pretore di Roma nel procedimento penale a carico di Alawi (El) Moustapha Liberta' personale - Nuovo codice di procedura penale - Norme di attuazione - Contravvenzione al foglio di via obbligatorio da parte dello straniero - Previsto arresto anche al di fuori dei casi di flagranza - Convalida - Applicabilita' da parte del giudice di misura coercitiva - Contrasto con principi e direttive della legge delega. (D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 224, primo comma, in relazione alla legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, punto 32; legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 6). (Cost., art. 76).(GU n.23 del 6-6-1990 )
IL PRETORE Nell'udienza di convalida per il contestuale giudizio nei confronti di Alawi (El) Moustapha arrestato il 9 dicembre 1989 per il reato di cui all'art. 152 del t.u.l.p.s.; Premesso che all'odierna udienza la p.g. ha condotto in stato di arresto davanti a questo pretore ai sensi dell'art. 566 del c.p.p. il cittadino straniero in quanto contravventore al f.v.o. emesso dal questore di Roma con il quale in esecuzione del decreto del prefetto di Roma gli veniva ordinato di presentarsi al posto di frontiera di Fiumicino Aeroporto entro il 30 novembre 1989 per essere espulso dal territorio dello Stato e il pubblico ministero ha quindi chiesto procedersi alla convalida dell'arresto e al contestuale giudizio; Considerato che il p.m. ha reputato di incardinare la fase di convalida davanti a questo pretore, quale giudice del dibattimento competente per il contestuale giudizio direttissimo ai sensi dell'art. 566 del c.p.p., ritenendo di non doverne disporre l'immediata scarcerazione altrimenti imposta dall'art. 121 del citato d.P.R. n. 271, sul presupposto di poterne eventualmente richiedere l'applicazione di misure cuatelari; Rilevato che il p.m. ha chiesto a questo pretore di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 224, primo comma, del d.P.R. 28 luglio 1989, n. 271, per contrasto con il punto 32 dell'art. 2 e con l'art. 6 della legge 16 febbraio 1987, n. 81, in relazione all'art. 76 della Costituzione; Considerato che ai fini del giudizio di convalida questo pretore deve necessariamente vagliare la legittimita' dell'arresto ai sensi del menzionato art. 224, primo comma, e che pertanto appare rilevante la questione di legittimita' costituzionale del predetto articolo; OSSERVA IN DIRITTO Con la legge n. 81/1987 il Parlamento ha fissato una serie di principi e criteri specifici, tassativi e vincolanti ai quali il Governo deveva attenersi nella formulazione del nuovo codice di rito con particolare riferimento alla disciplina degli istituti dell'arresto da parte della p.g., del fermo e dell'applicazione di misure di coercizione personale. Con la direttiva 32 dell'art. 2, il legislatore delegante ha ancorato le ipotesi di arresto ad opera della p.g. alla sussistenza dello stato di flagranza, con riferimento a fattispecie di particolare gravita' e di natura delittuosa escludendo, quindi, a differenza di quanto avveniva nella precedente normativa, qualsiasi ipotesi di arresto per reati contravvenzionali. Al di fuori dei casi di flagranza e' stato previsto il "potere-dovere della p.g. di fermare e del p.m. di disporre il fermo di colui che e' fortemente indiziato di gravi delitti, quando vi e' fondato pericolo di fuga". La direttiva 59 dell'art. 2, ha poi limitato l'applicazione di misure coercitive, in presenza degli altri presupposti specificamente elencate, alle sole ipotesi di reati puniti con pena detentiva superiore nel massimo a tre anni, ponendo, altrimenti, un tassativo divieto alla previsione di misure di coercizione. Il codice di procedura penale emanato dal Governo con d.P.R. 22 settembre 1988, n. 447, contiene una disciplina completa e rigidamente formulata dei casi di arresto obbligatorio e facoltativo da parte della polizia giudiziaria e introduce, nel rispetto dei criteri di cui al punto 32 dell'art. 2 della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, una normativa generale in tema di liberta' personale, senz'altro piu' favorevole all'imputato. Al contrario, tanto il mantenimento della previsione dell'arresto quanto quella della possibilita' di applicazione di una misura coercitiva per il reato di cui all'art. 152 del t.l.p.s. possibilita' quest'ultima per la prima volta introdotta con l'art. 224, secondo comma, del d.P.R. n. 271/1989, sono in evidente contrasto rispetto al sistema prefigurato dal legislatore delegante ed attuato con il nuovo codice: trattasi di un'ipotesi di arresto anche fuori flagranza e della conseguente aventuale applicazione di una misura coercitiva, per un reato contravvenzionale punito nel massimo con sei mesi di arresto. Non appare peraltro necessario affrontare la questione se, all'entrata in vigore del nuovo codice di rito, avesse a conseguire automaticamente l'abrogazione implicita delle norme speciali preesistenti, quanto meno di quelle oggettivamente incompatibili con il vigente sistema e piu' sfavorevoli poiche', con l'art. 6 della citata legge delega, il Governo e' stato espressamente delegato ad emanare le norme di coordinamento delle disposizioni previste dalla delega con tutte le altre leggi dello Stato e, proprio in sede di coordinamento, e' stata inserita la norma di cui all'art. 224 di cui si tratta. Il Parlamento, consapevole della difficolta' di inserire nella preesistente legislazione il nuovo sistema processuale e di armonizzare i vecchi con i nuovi istituti, ha espressamente delegato il Governo a coordinare, a rendere compatibili con il nuovo sistema, le disposizioni contenute nelle altre leggi, sempre nel rispetto dei principi e delle direttive previste dagli artt. 2, 3 e 5 della legge delega. E, in tal senso, provvedendo ad armonizzare e dove nessario anche a eliminare in via generale le norme contenute in leggi speciali in quanto non conformi al sistema delineato dal nuovo codice di procedura penale, ha mostrato di operare il Governo decretando - con l'art. 207 delle disp. att. a coord. - che "le disposizioni del codice si osservano nei procedimenti relativi a tutti i reati anche se previsti da leggi speciali...", ovvero, allorche', con il disposto di cui all'art. 230, primo comma, del d.P.R. n. 271/1989, ha convertito in facolta' di fermo ai sensi dell'art. 234 del c.p.p. il preesistente potere di arresto fuori flagranza per delitti puniti con la reclusione superiore nel massimo a tre anni, nel rispetto dei limiti fissati dal punto 32 dell'art. 2 della delega, eliminando cosi' un potere di arresto fuori flagranza non piu' compatibile con i limiti della delega. Al contrario, sulla base di una scelta discrezionale che non sembra trovare fondamento nella legge di delegazione, il Governo si e' riservato (v. artt. 207 e 224) il potere di mantenere in vita norme, come quella di cui all'art. 152 del t.u.l.p.s., in totale contrasto con la disciplina dettata in via generale in tema di arresto e ha inoltre introdotto quella possibilita' di disporre misure coercitive non prevista nel preesistente sistema e che appare quindi ancor piu' radice costituzionalmente illegittima. La legittimita' dell'introduzione in sede di coordinamento della disposizione di cui all'art. 224, secondo comma, palesemente innovativa e in contrasto con la direttiva 59 della legge delega, e' questione che non riguarda direttamente il presente giudizio. Infatti il p.m. non ha richiesto l'applicazione di misure cautelari poiche', attraverso un'interpretazione corretta e assai rigorosa del comma succitato, non ha ritenuto configurarsi nel caso quel concreto pericolo di fuga che, altrimenti (ove si avesse un'interpretazione meramente letterale della norma) verrebbe a coincidere per la quasi totalita' degli stranieri muniti di f.v.o. con un pericolo presunto. Appare peraltro evidente l'esigenza di esaminare contestualmente il primo e il secondo comma dell'art. 224 attesa la stretta interdipendenza esistente tra le due disposizioni: infatti la possibilita' di applicazione di misure coercitive e' stata impostata in sede di coordinamento dal rilievo che del tutto inutile e incompatibile con il vigente sistema sarebbe stata la previsione di un arresto - e collegata convalida -, ove lo stesso non potesse convertirsi in un autonomo titolo di detenzione. Ove non fosse stato possibile ex lege richiedere neppure in astratto un'applicazione di misure coercitive, si sarebbe dovuto attivare automaticamente il disposto di cui all'art. 121 delle disp. di att. ... e ordinarsi sempre l'immediata liberazione dello straniero, con la conseguenza che nessun effetto ai fini processuali, sarebbe potuto conseguire all'arresto eseguibile dalla p.g. Dalle argomentazioni che precedono deriva che il primo comma dell'art. 24 appare illegittimo, innanzitutto, perche' prevede una ipotesi obbligatoria di arresto fuori flagranza, per un reato di natura contravvenzionale, e di non grave entita'. D'altra parte il mantenimento di un'ipotesi di arresto inutilizzabile ai fini processuali, lo avrebbe di fatto trasformato in una mera misura di controllo di polizia. Consapevole di tale abnorme conseguenza, quindi, piuttosto che abolire l'ipotesi speciale di arresto in conformita' con le direttive poste dalla legge delega, ha reputato di introdurre un'ipotesi di applicazione di misure cautelari del tutto innovativa e in contrasto con la normativa introdotta con il nuovo codice secondo la direttiva n. 59 del citato art. 2. Ne consegue che, mentre in passato in nessun caso poteva emettersi in seguito alla convalida dell'arresto un mandato di cattura nei confronti dello straniero contravventore al f.v.o., puo' oggi essere disposta la custodia in carcere con un definitivo titolo restrittivo della sua liberta' personale - anche senza procedere immediatamente al giudizio e senza l'intervento, in tempi ristretti, di una sentenza di condanna - con il solo limite della decorrenza dei termini di custodia cautelare. In definitiva il Governo, avendo ritenuto di mantenere benche' in contrasto con la nuova normativa il potere di arresto dello straniero contravventore al f.v.o., ha dovuto colmare la lacuna determinatasi quanto alla possibilita' di mantenere la custodia cautelare in vista del giudizio direttissimo e oltre, a causa della sopravvenuta inidoneita' a costituire titolo di detenzione preventiva della conferma della convalida dell'arresto e della stessa sentenza di condanna emessa entro il decimo giorno (art. 246 dell'abrogato c.p.p.) con la previsione di un definitivo titolo di custodia che, estraneo alla preesistente normativa, e' in palese contrasto con i principi e le direttive fissati dal n. 59 dell'art. 2 della legge delega. Supporre diversamente che il Parlamento avesse conferito al Governo una delega cosi' ampia in sede di coordinamento, svincolata dal rispetto dei limiti precisi altrove fissati indurrebbe altrimenti a dubitare della legittimita' costituzionale dello stesso art. 6 della legge delega, per contrasto con l'art. 7 della Costituzione. L'apposita commissione ministeriale motivo' l'introduzione della nuova fattispecie non contenuta nel testo originario della norma di coordinamento, con riguardo all'esigenza di "evitare l'insorgere di futuri gravi problemi di ordine pubblico..." secondo una logica dell'eccezionalita' e transitorieta' rispetto all'esigenza di una nuova regolamentazione delle leggi di p.s. La commissione parlamentare bicamerale, in sede di parere definitivo, ha richiesto di introdurre il limite biennale alla vigenza della norma per "far si che la modifica di norma sostanziale venga effettuata nella sede piu' opportuna, ossia quella legislativa". Ambedue le disposizioni prescindono quindi dichiaratamente dalla delega e una norma sostanziale, eccezionale e transitoria e' stata cosi' introdotta attraverso una norma di "coordinamento innovativo" in difformita' ai criteri tassativi che, vincolando il nuovo codice, sono stati posti a tutela della liberta' personale ed a limite del potere di arresto e di applicazione di misure cautelari nella legge delega. Le argomentazioni fin qui svolte in ordine alla non manifesta infondatezza in rapporto all'art. 76 della Costituzione dell'illegittimita' del primo comma dell'art. 224 del d.P.R. 28 luglio 1989, n. 271, per contrasto con il n. 32 dell'art. 2 della legge delega 16 febbraio 1987 n. 81, nonche' con il successivo art. 6 della stessa legge - anche con riferimento all'inserimento conseguente del secondo comma - la rilevanza della prospettata questione nell'ambito del presente procedimento, ne impongono la sospensione con la conseguente immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Non potendosi conseguentemente provvedere sulla richiesta di convalida dell'arresto dell'imputato entro il termine di legge, si rende necessario disporne l'immediata liberazione, se non detenuto per altra causa.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del primo comma dell'art. 224 del d.P.R. n. 271/1989 in relazione all'art. 76 della Costituzione, per contrasto con il punto 32 dell'art. 2 della legge 16 febbraio 1987, n. 81, e con l'art. 6 della citata legge delega; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il presente giudizio; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Ordina l'immediata liberazione dell'imputato, se non detenuto per altra causa. Roma, addi' 9 dicembre 1989 Il pretore: GALASSI 90C0686