N. 279 ORDINANZA 23 - 31 maggio 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Imposte in genere - Infedele dichiarazione dei redditi -
 Indeterminatezza della fattispecie penale - Richiamo alla sentenza n.
 247/1989 - Riconferma della giurisprudenza della Corte (ordinanze da
 nn. 311 a 315, 439, 538 e 540 del 1989 e 114  e 202 del 1990) -
 Manifesta infondatezza.
 
 (D.-L. 10 luglio 1982, n. 429, art. 4, n. 7, come convertito in legge
 7 agosto 1982, n. 516)
 
 (Cost., art. 25, secondo comma).
(GU n.23 del 6-6-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof. Giovanni CONSO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI,
    prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 4, n. 7 del
 decreto-legge 10 luglio  1982,  n.  429  (Norme  per  la  repressione
 dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto
 e per agevolare la definizione delle pendenze in materia  tributaria)
 convertito  in  legge  7 agosto 1982, n. 516 promossi con le seguenti
 ordinanze:
      1)  ordinanza emessa il 15 dicembre 1989 dal Tribunale di Torino
 nel procedimento penale a carico di Rodio Marcello, iscritta al n. 62
 del  registro  ordinanze  1990  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1990;
      2)  ordinanza emessa il 15 dicembre 1989 dal Tribunale di Torino
 nel procedimento  penale  a  carico  di  Bocchino  Enrico  ed  altro,
 iscritta  al  n.  63  del  registro ordinanze 1990 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  8,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1990;
    Visti  gli  atti  d'intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  4 aprile 1990 il Giudice
 relatore Renato Dell'Andro;
    Ritenuto che, con due ordinanze del 15 dicembre 1990, il Tribunale
 di Torino  ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  4,  n.  7,  del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, come
 convertito nella legge 7 agosto 1982, n. 516;
      che,  innanzi tutto, il giudice a quo ritiene che il citato art.
 4, n. 7, violi l'art. 25, secondo comma,  Cost.,  in  quanto  sarebbe
 carente  di  parametri  normativi determinati o di criteri di massima
 che  consentano  di  individuare  la  fattispecie   di   reato,   con
 particolare riferimento ai concetti di simulazione o dissimulazione e
 di alterazione della misura rilevante;
      che,  in  secondo  luogo,  il  Tribunale  di  Torino  afferma il
 contrasto con l'art. 3 Cost. del citato  art.  4,  n.  7,  in  quanto
 produrrebbe   un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra  la
 categoria dei contribuenti titolari di "redditi di lavoro autonomo  o
 d'impresa" e quella dei titolari di "redditi fondiari o di capitali o
 altri redditi" di cui all'art. 1, secondo comma, n.  3  dello  stesso
 decreto-legge n. 429 del 1982, convertito in legge n. 516 del 1982;
      che  il  giudice  a  quo,  peraltro,  ritiene di non condividere
 l'interpretazione con la quale la Corte costituzionale ha  dichiarato
 non  fondate  le  predette questioni (sentenza n. 247 del 1989) ed in
 base alla quale, ai  fini  dell'integrazione  del  reato  previsto  e
 punito  dal  predetto art. 4, n. 7, da un lato, non e' sufficiente il
 solo simulare  o  dissimulare  di  cui  parla  la  norma  ma  sarebbe
 necessario   un   qualcosa   di   ulteriore,   e  cioe'  un'attivita'
 preparatoria   (fraudolenta)   alla   dichiarazione   finale,   volta
 all'alterazione  del  risultato della dichiarazione stessa e, d'altro
 lato,  la  misura  rilevante  dell'alterazione  sarebbe  un  elemento
 estraneo  alla  vera  e  propria  condotta,  un elemento di carattere
 oggettivo e quindi non determinante ai fini dell'individuazione della
 fattispecie;
      che  l'ordinanza  di  rimessione  rileva  che  anche la Corte di
 cassazione  (Sez.  III,  3  luglio  1989,  n.  12495)   ha   adottato
 l'interpretazione, condivisa dal giudice a quo ma difforme da quella,
 innanzi citata, resa dalla Corte costituzionale;
      che,  pertanto,  il  Tribunale  di  Torino  non  condividendo la
 predetta interpretazione accolta dalla Corte  costituzionale  ritiene
 opportuno   sollevare   nuovamente   la   questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 4, n. 7, del decreto-legge n. 429 del  1982,
 convertito in legge n. 516 del 1982;
      che  in  entrambi  i  giudizi  e'  intervenuto il Presidente del
 Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale dello Stato, concludendo per la manifesta infondatezza della
 questione;
    Considerato   che,   in  ragione  dell'identita'  delle  questioni
 sollevate, i relativi giudizi possono essere riuniti;
      che,  come  ricorda  il  Tribunale  di Torino nelle ordinanze di
 rimessione, questa Corte ha gia' pronunciato, con sentenza n. 247 del
 1989,  la  non  fondatezza, in riferimento agli artt. 3 e 25, secondo
 comma,  Cost.,  della  questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art. 4, n. 7, del decreto-legge n. 429 del 1982, come convertito
 in legge n. 516 del 1982;
      che  la  soluzione  accolta  dalla  predetta  sentenza  e' stata
 successivamente ed in piu' occasioni ribadita (ordinanze di manifesta
 infondatezza  nn. da 311 a 315, 439, 538 e 540 del 1989 nonche' 114 e
 202 del 1990);
      che  l'interpretazione adottata da questa Corte, come rilevato a
 suo tempo nella piu' volte citata sentenza n. 247  del  1989  e  come
 sottolineato    dallo   stesso   giudice   a   quo,   condiziona   la
 costituzionalita'dell'art. 4, n. 7, del  decreto  legge  n.  429  del
 1982, come convertito in legge n. 516 del 1982, ed e' stata del resto
 seguita da un piu' recente orientamento  della  Corte  di  cassazione
 (Sez. III, 1Πfebbraio 1990, n. 4664);
      che,  comunque,  quando,  come  nel  caso  di  specie, una norma
 consente interpretazioni diverse, delle quali solo una rende la norma
 stessa   compatibile   con   il   testo  costituzionale,  va  seguita
 quest'ultima;
      che,  pertanto,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 sollevata  dal  Tribunale  di  Torino  va  dichiarata  manifestamente
 infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i  giudizi;  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,  n.  7,  del
 decreto-legge  10  luglio  1982,  n.  429  (Norme  per la repressione
 dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto
 e  per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria)
 come convertito in  legge  7  agosto  1982,  n.  516,  sollevata  dal
 Tribunale di Torino con le ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  in camera di consiglio, nella sede della
 Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
 il 23 maggio 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                        Il redattore: DELL'ANDRO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 31 maggio 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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