N. 355 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 marzo 1990

                                 N. 355
 Ordinanza  emessa  il  20  marzo 1990 dal pretore di Bergamo, sezione
 distaccata di Grumello del Monte, nel procedimento penale a carico di
 Poloni Francesco
 Processo penale - Nuovo codice - Delegabilita' delle funzioni di p.m.
 a ufficiali di polizia  giudiziaria  (nella  specie:  comandante  vv.
 uu.)  nell'udienza  dibattimentale penale - Svilimento del diritto di
 difesa dello Stato come comunita' - Irrazionale  discriminazione  fra
 cittadini  (imputati,  parti  lese  e  parti civili) - Affidamento di
 funzioni giurisdizionali a persone prive delle  garanzie  godute  dai
 magistrati   o,   in  alternativa,  di  funzioni  diverse  da  quelle
 esercitate da giudici singoli.
 (R.D.  30 gennaio 1941, n. 12, art. 72, come modificato dal d.P.R. 22
 settembre 1988, n. 449, art. 22).
 (Cost., artt. 3, 24, 106 e 107).
(GU n.24 del 13-6-1990 )
                               IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento penale
 contro Poloni Francesco imputato del reato p. e p. art. 589 del  c.p.
    Premesso  che  all'odierna  udienza e' intervenuto il dott. Donato
 Mastrodonato, comandante dei vigili urbani di  Caravaggio  (Bergamo),
 ufficiale  di  polizia  giudiziaria,  il  quale,  in  forza di delega
 nominativa scritta ricevuta dal procuratore della  Repubblica  presso
 la  pretura circondariale di Bergamo in data 19 marzo 1990, era stato
 chiamato a svolgere, in udienza, funzioni corrispondenti a quelle del
 magistrato del pubblico ministero dinnanzi a questo ufficio.
                             O S S E R V A
    Il suddetto intervento di un p.m. non professionale, su delega del
 procuratore della Repubblica c/o la pretura circondariale, a sommesso
 avviso  del giudicante solleva dubbi di illegittimita' costituzionale
 che impongono d'ufficio la sospensione del presente procedimento.
    La  rilevanza  della  questione appare di tutta evidenza, giacche'
 involge la stessa regolare costituzione delle parti in  limine  litis
 e,  conseguentemente,  si  palesa  suscettibile  di  dar  luogo  alla
 nullita' derivante dalla mancata partecipazione al  procedimento  del
 legittimo  pubblico  ministero,  giusta  l'art.  178, lettera b), del
 c.p.p.
    Come  e'  noto,  l'odierno  art.  72 dell'ordinamento giudiziario,
 approvato con r.d. 30 gennaio 1941 e modificato per effetto dell'art.
 22  del  d.P.R.  22  settembre  1988, n. 449, prevede che le funzioni
 requirenti per le udienze dibattimentali, oltre  che  ad  un  uditore
 giudiziario o ad un viceprocuratore onorario, possano essere delegate
 anche  ad  un  ufficiale  di  polizia   giudiziaria   nominativamente
 designato   dal   procuratore  della  Repubblica  presso  la  pretura
 circondariale.
    Tale  facolta'  di delega va doverosamente inquadrata nel contesto
 di  un  processo  penale  come  l'odierno,  in  cui  il  dibattimento
 costituisce  il  momento  centrale  e  piu'  delicato,  perche' luogo
 privilegiato della contrapposizione dialettica fra le parti  e  della
 formazione della prova, e quindi anche del convincimento del giudice.
    Da  cio' la necessita' minimale ed imprescindibile che il pubblico
 ministero sia dotato di un'adeguata preparazione tecnico-  giuridica,
 anche  perche' il confronto si radica con uno o piu' difensori dotati
 di laurea in giurisprudenza e del titolo di procuratore legale.
    Senonche',  la  norma  della  cui  legittimita'  costituzionale si
 discute consente  che  il  p.m.  delegato  possa  essere  scelto  fra
 ufficiali di p.g. non dotati di laurea e neppure, a volte, di diploma
 di scuola media superiore, atteso che sia l'art. 57 del c.p.p. sia le
 leggi  ed i regolamenti particolari attribuiscono tale qualita' ad un
 numero pressoche' indeterminato di individui.
    E'  dunque  evidente  che  l'attuale formulazione dell'art. 72 del
 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, nella parte in cui consente la delega ad
 ufficiali  di polizia giudiziaria, finisce per violare il disposto di
 cui all'art. 24 della Costituzione,  secondo  cui  la  difesa  e'  un
 diritto  inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Infatti,
 atteso che il p.m. costituisce la parte pubblica per antonomasia  del
 rapporto  processuale,  quella  cui  e'  demandata l'esclusiva tutela
 degli  interessi  dello  Stato,  il  potere  di  delega   a   persona
 astrattamente    non    in   possesso   deglio   adeguati   requisiti
 tecnico-giuridici  conduce  inevitabilmente  ad  uno  svilimento  del
 diritto   di   difesa   dello   Stato-comunita',   che   deve  essere
 evidentemente tutelato quanto quello dell'imputato.
    Ma,  a  sommesso  avviso del giudice, il gia' citato art. 72 viola
 anche il piu' generale principio di uguaglianza  di  cui  all'art.  3
 della  Carta fondamentale, giacche' l'assoluta discrezionalita' della
 scelta lasciata all'organo delegante  determina  una  discriminazione
 irrazionale  fra  i  processi  (e  quindi  fra  i cittadini che siano
 imputati e quelli che siano parti lese e  parti  civili)  in  cui  la
 pubblica accusa sia retta da un p.m. di carriera e quelli in cui tale
 funzione sia demandata ad un ufficiale di polizia giudiziaria.
    Si   pone   inoltre   un  ulteriore  delicato  problema  circa  la
 compatibilita' della delega de qua con il sistema di  garanzie  poste
 dalla  Costituzione a presidio della funzione del pubblico ministero.
 Tale questione riguarda la natura giuridica del delegato ufficiale di
 p.g.
    Invero,  ove  quest'ultimo fosse considerato un magistrato a tutti
 gli effetti, sia pure limitatamente  all'operativita'  della  delega,
 risulterebbe  vulnerato il disposto dell'art. 107 della Costituzione,
 laddove prescrive che i magistrati non possano  essere  dispensati  o
 sospesi dal servizio ne' destinati ad altre sedi o funzioni se non in
 seguito a  decisione  del  Consiglio  superiore  della  magistratura,
 adottata  o  per  i  motivi  e  con  le  garanzie di difesa stabilite
 dall'ordinamento giudiziario e  con  il  loro  consenso.  E'  infatti
 evidente  che  nessuna garanzia in questo senso e' stata prevista dal
 legislatore  ordinario  nei  confronti   delle   amministrazioni   di
 appartenenza dei suddetti ufficiali di p.g.
    Per  converso,  qualora  l'ufficiale di p.g. non fosse reputato un
 magistrato, vberrebbe violato  l'art.  106  della  Costituzione,  che
 vincola  le  nomine  dei  magistrati  al  previo  espletamento  di un
 concorso e che consente un'eccezione solo  nell'ipotesi  di  funzioni
 attribuite  a  giudici  singoli.  E' in proposito intuitivo che p.m.,
 svolgendo funzioni requirenti,  non  puo'  essere  assimilato  a  chi
 svolge funzioni giudicanti.
    La  presente  causa  va pertanto sospesa e gli atti trasmessi alla
 Corte  costituzionale  per  il  relativo  giudizio.  La   cancelleria
 procedera' alle prescritte comunicazioni.
                                P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara  d'ufficio  non  manifestamente infondata la questione di
 legittimita'    costituzionale    dell'art.    72    dell'ordinamento
 giudiziario,  approvato  con  r.d.  30  gennaio  1941,  n.  12,  come
 modificato dall'art. 22 del d.P.R. 22  settembre  1988,  n.  449,  in
 relazione agli artt. 3, 24, 106 e 107 della Costituzione, nella parte
 in cui prevede la facolta' del procuratore della Repubblica presso la
 pretura  circondariale  di delegare a ufficiali di polizia giudizaria
 le funzioni di pubblico ministero nell'udienza dibattimentale penale;
    Ordina la sospensione del procedimento e la immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
 Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti  delle  due  Camere
 del Parlamento.
      Grumello del Monte, addi' 20 marzo 1990
                           Il pretore: MOCCI

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