N. 385 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 febbraio 1989- 31 maggio 1990
N. 385 Ordinanza emessa il 9 febbraio 1989 (pervenuta alla Corte costituzionale il 31 maggio 1990) dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dalle parti civili Giannini Giannino ed altri nel procedimento penale a carico di Iannello Riccardo ed altro. Processo penale - Codice previgente - Impugnazione per i soli interessi civili - Notificazione alle altre parti - Termine di decadenza di giorni tre - Perfezionamento della notifica coincidente con la ricezione della raccomandata - Sostanziale difficolta', se non impossibilita', ad esercitare il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti - Conseguente compressione del diritto di difesa - Lamentata diversita' del termine rispetto al corrispondente regime previsto dal codice di procedura civile. (C.P.P., artt. 169, ultimo comma, 175 e 202 cpv.). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.25 del 20-6-1990 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da 1) Giannini Giannino; 2) Giannini Ilo; 3) Giannini Alvaro, parti civili nel procedimento penale contro 1) Iannello Riccardo, nato a Massa il 2 aprile 1956; 2) Magi Pietro, nato ad Arezzo il 13 settembre 1922 avverso la sentenza emessa dal tribunale di Firenze il 17 dicembre 1985; Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso; Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal consigliere del Lumia; Udito, per la parte civile, l'avv. Dino Bruno; Udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale dott. Carlucci che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso del p.g. e annullamento con rinvio al giudice competente per valore in grado di appello; O S S E R V A 1. - Con sentenza in data 17 dicembre 1985, il tribunale di Firenze assolveva, con la formula "perche' i fatti non costituiscono reato", Iannello Riccardo e Magi Piero dal delitto di diffamazione per mezzo della stampa, ed il secondo, inoltre, dal delitto di cui all'art. 57 del c.p. - nella sua qualita' di direttore del quotidiano "La Nazione" - in danno di Giannino, Ilo ed Alvaro Giannini, in relazione a due articoli pubblicati su tale quotidiano, rispettivametne il 7 giugno 1983 ed il 31 maggio 1983. Il tribunale condannava quindi i Giannini, nella loro qualita' di querelanti, in solido, al pagamento delle spese processuali. Avverso la sentenza proponeva appello il p.g., il quale peraltro, con successiva dichiarazione, vi rinunciava. I Giannini, costituitisi parte civile nel procedimento, proponevano, a loro volta, ricorso per cassazione per gli interessi civili con dichiarazione depositata il 20 dicembre 1985 e notificata, ai sensi dell'art. 202 cpv del c.p.p., al p.m. ed allo Iannello (a mani del domiciliatario) in data 23 dicembre 1985. Nella stessa data veniva effettuata la notifica al Magi, nelle forme di cui all'art. 169 del c.p.p. (anche se nella relazione e' indicato l'art. 140 del c.p.c.), mediante deposito della copia nella casa comunale, affissione di avviso alla porta esterna della sua abitazione e comunicazione dell'avvenuto deposito mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Dal timbro apposto su tale avviso risulta che la comunicazione e' stata ricevuta dal destinatario il 28 dicembre 1985, data, dalla quale "decorrono gli effetti della notificazione", a norma dell'ultimo comma del citato art. 169 del c.p.p. Non risulta quindi rispettato il termine di tre giorni entro il quale, a norma dell'art. 202 cpv del c.p.p., la dichiarazione di impugnazione per i soli interessi civili dev'essere notificata alle altre parti, a pena di decadenza, sicche' l'impugnazione stessa nei confronti del Magi dovrebbe essere dichiarata inammissibile. Non sono mancate decisioni, anche di questa Corte, con le quali si e' affermato il principio che il termine di tre giorni debba ritenersi rispettato allorche' entro lo stesso l'interesssato abbia richiesto la notifica all'ufficio giudiziario (Cass. sez. IV, 26 gennaio 1979, ric. Tei; cass. 27 gennaio 1971) o che la decadenza non si verifichi allorche' l'inosservanza derivi non da inerzia della parte ma da negligenza o trascuratezza dell'ufficio o dal servizio postale (Cass. 24 maggio 1978, ric. Ballato; Cass. 5 giugno 1985, n. 5572, ric. Di caccamo, 10 aprile 1981, n. 6855, etc.). Alla prima delle tesi esposte si oppone, tuttavia, la formulazione dell'ultimo comma dell'art. 169 del c.p. come sostituito dall'art. 15 della legge 20 novembre 1982, n. 890, per il quale, come si e' rilevato, 'gli effetti della notificazione decorrono dal ricevimento della raccomandata". E' bven vero che l'uso del verbo "decorrere" meglio si attaglierebbe ai termini iniziali, piuttosto che ai termini finali, ma il piu' generale riferimento agli effetti impone di attribuire all'espressione un significato piu' ampio, nel senso che la notifica si deve ritenere perfezionata e produce i suoi effetti solo col ricevimento della raccomandata da parte del destinatario (Cass. 12 marzo 1979, ric. Sanfilippo; cass. 31 gennaio 1984, n. 806; ertc., nonche', piu' in generale, per la notifica per mezzo del servizio postale, cass. sez. un. 24 marzo 1984, ric. Perla). La seconda delle tesi sopra riassunte, pur dettata dalla necessita' di non far ricadere sull'interessato le conseguenze della inattivita' di terzi o di pubblici uffici, non sembra possa trovare alcun fondamento testuale nelle norme sinora citate. 2. - Cosi' interpretata l'ultima parte del quinto comma, dell'art. 169 del c.p.p. sorgono dubbi di costituzionalita' in ordine alla disciplina derivante dal combinato disposto degli artt. 202 cpv. e 169 ultimo comma del c.p.p. in ordine ai quali dev'essere ritenuta la non manifesta infondatezza, e il cui giudizio va demandato, di ufficio, alla Corte costituzionale. Non si ripropone qui il problema relativo alla legittimita' costituzionale dell'art. 202 cpv. del c.p.p., gia' sollevato, per il contrasto con gli artt. 24 e 3 della Costituzione, sia sotto il profilo della sua incongruita' per rendere concretamente esercitabile il diritto di difesa che sotto il profilo della ingiustificata disparita' di trattamento rispetto al diverso termine previsto per la notifica dell'impugnazione del p.m. dall'art. 199- bis del c.p.p. o per le impugnazioni civili. Tale problematica e' stata ripetutamente affrontata dalla Corte costituzionale sin dalla sentenza 5 febbraio 1986, n. 33, con la quale la relativa questione e' stata dichiarata infondata in relazione all'art. 3 della Costituzione (sotto il profilo della disparita' di trattamento rispetto al diverso termine previsto dall'art. 199- bis del c.p.p.), ed inammissibile in relazione all'art. 24 della Costituzione per la mancata specificazione del petitum. A tale prima sentenza sono seguite - e' noto - la sentenza 29 ottobre 1987, n. 350, e le piu' recenti ordinanze 8-28 luglio 1988, n. 930 (con la quale e' stata dichiarata la manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' sotto il profilo della mancata previsione di un termine uguale a quello di cui all'art. 325 del c.p.c.), e 14-22 dicembre 1988, n. 1135, che la ha dichiarata inammissibile in quanto non erano stati addotti motivi ulteriori rispetto a quelli gia' esaminati. I fondati dubbi di costituzionalita' investono piuttosto il sistema derivante dal combinato disposto degli artt. 202 cpv. e 169 ultimo comma (ultima parte) e 175 del c.p.p., solo parzialmente e sotto diversi aspetti gia' esaminati dalla Corte costituzionale con la prima delle citate decisioni. Se la parte che impugna una decisione penale per i soli interessi civili e' tenuta a far notificare la impugnazione alle altre parti entro il termine di tre giorni e' evidente che la stessa deve servirsi dei normali organi preposti alla notifica, i quali, a loro volta, dovranno eseguirla nelle forme previste dagli artt. 169 e seguenti del c.p.p.. In particolare, allorche' le persone indicate nella prima parte dell'art. 169 del c.p.p. manchino, non siano idonee o si firiutino di ricevere l'atto, come spesso avviene e come si e' verificato nella specie, l'ufficiale o l'aiutante ufficiale giudiziario deve eseguire la notifica nelle forme indicate nell'ultimo comma di tale articolo, con le quali, come si e' superiormente rilevato, gli effetti si verificano solo col ricevimento della raccomandata con la quale e' stata data comunicazione del deposito dell'atto nella casa comunale. La brevita' del termine di cui all'art. 202 cpv. del c.p.p., di cui qui sostanzialmente piu' non si discute, rende quindi in tal caso difficile se non impossibile l'esercizio del diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, e, piu' in generale, del diritto di difesa, garantito dall'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione. L'art. 169, ultimo comma, del c.p.p. fa inoltre dipendere l'esercizio del diritto da una attivita' del tutto indipendente dal titolare e persino dallo stesso pubblico ufficiale preposto alle notifiche, dall'attivita', cioe', dell'ufficio postale, cui rimangono ignote le esigenze di cui all'art. 202 cpv del c.p.p. Anche senza far riferimento al funzionamento degli uffici postali italiani, sembra evidente l'incongruita' di un sistema che faccia dipendere l'esercizio di un diritto da una attivita' altrui, prevedendo per di piu' la grave sanzione della decadenza a seguito del mancato rispetto del termine di cui al citato articolo, e rendendo in tal modo - come si e' rilevato - difficile e spesso impossibile la tutela del proprio diritto. Se, del resto, la disposizine dell'art. 169, ultimo comma, del c.p.p. ha una sua ratio allorche' dalla notifica inizi a decorrere un determinato termine, sia collegato, cioe', un dies a quo (dacche' in tal caso e' opportuno assicurare al destinatario della notifica tutti i possibili mezzi di conoscenza), non altrettanto puo' dirsi allorche' alla stessa sia collegato un temine di decadenza. La distinzione porta alla conseguenza, a parere di questa Corte che il dubbio di costituzionalita' investe l'art. 169, ultimo comma, del c.p.p. nei limiti in cui la norma fa coincidere il perfezionamento della notifica con la ricezione dell'avviso raccomandato, sia che alla stessa sia collegato un termine iniziale, sia che vi sia collegato un termine finale, da osservarsi a pena di decadenza, e non soltanto nel primo dei casi enunciati. 3. - La costituzione di parte civile nel giudizio penale introduce in questo una vera e propria azione civile tendente alle restituzioni ed al risarcimento del danno, a norma dell'art. 185 del c.p. L'affermazione non ha certamente alcun carattere di novita', ma e' idonea a mettere in evidenza l'illogicita' di regolamentazioni diverse ed opposte che non siano giustificate dalla particolare natura del procedimento (penale) nell'ambito del quale viene esercitata l'azione civile. Ora e' noto che, per l'analoga norma dell'art. 140 del c.p.c., in caso di irreperibilita' o rifiuto di ricevere la copia, la notifica effettuata mediante deposito presso la casa comunale, avviso alla porta di abitazione e comunicazione mediante raccomandata con avviso di ricevimento, si perfeziona con la spedizione di tale raccomandata e non con la sua ricezione (Cass. sentt. n. 4068/1978, n. 6528/1980, n. 6000/1981, etc.). La legittimita' costituzionale di tale norma e' stata, invero, ribadita piu' volte dalla Corte costituzionale con la sentenza 15 luglio 1975, n. 213, 30 aprile 1984, n. 121 e 28 novembre 1986, n. 250. Tenuto conto che anche l'impugnazione per gli interessi civili attiene all'esercizio di un'azione civile, sia pure nell'ambito del processo penale, non trova alcuna razionale giustificazione il diverso regime delle notifiche previsto dall'art. 169, ultimo comma del c.p.p., rispetto a quello di cui all'art. 140 del c.p.c. Lo stesso, del resto, non ha alcun fondamento nelle diverse esigenze dei due procedimenti, come avviene, viceversa, per i diversi termini previsti per l'uno e per l'altro, e persino per il piu' breve termine di cui all'art. 202 cpv del c.p.p., rispetto a quelli previsti per le impugnazioni civili. Appare quindi non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' della disciplina derivante dall'indicato sistema degli artt. 202 cpv e 169 ultimo comma del c.p.p., anche in relazione all'art. 3 della Costituzione. Non si afferma qui che a una reductio ad legitimitatem si perverrebbe ritenendo applicabile l'art. 140 del c.p.c., anziche' l'art. 169, ultimo comma, del c.p.p., laddove il medesimo risultato ben potrebbe essere conseguito - a giudizio di questa Corte - con l'esclusione del principio enunciato nell'ultima parte dell'art. 169, quinto comma, allorche' le notifiche attengano esclusivamente agli interessi civili e, piu' specificamente, si tratti di notifiche imposte dall'art. 202 del c.p.p. Va sottolineato, in proposito, che impugnazioni per gli interessi civili possono sussistere, addirittura, allorche' non vi sia piu' un imputato, essendo cessata tale qualita' in colui cui sia stato attribuito un reato, a norma dell'art. 79, del c.p.p., per la intervenuta irrevocabilita' del capo della sentenza che abbia giudicato sulla imputazione. Anche in tal caso, peraltro, le notificazioni debbono essere eseguite a norma dell'art. 169 del c.p.p., ai sensi delll'art. 175 del c.p.p. 4. - La questione quindi, relativa alla legittimita' costituzionale del sistema derivante dal combinato disposto degli artt. 202 cpv. e 169 ultimo comma (ultima parte) del c.p.p. (e dell'art. 175 del c.p.p.), in relazione agli art. 3 e 24 della Costituzine, che influisce sulla decisione del presente giudizio, nei limiti in cui attiene alla ammissibilita' dell'impugnazione dei Giannini, per i soli interessi civili, nei confronti del Magi (che pertanto, non puo' essere definito indipendentemente dalla sua risoluzine), deve ritenersi non manifestamente infondata e va sollevata di ufficio. Gli atti vanno trasmessi, quindi, alla Corte costituzionale, con la sospensione del giudizio.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale perche' si pronunci in ordine alla legittimita' costituzionale della disciplina derivante dal combinato disposto degli artt. 202 cpv., 169, ultimo comma, e 175 del c.p.p., nei limiti di cui infra, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione; Sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Pubblico Ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri, e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso il 9 febbraio 1986. Il presidente: MARESCA 90C0748