N. 288 ORDINANZA 11 - 14 giugno 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Edilizia - Abusivismo - Concessione in sanatoria - Vincoli al giudice
 penale imposti da un procedimento amministrativo Analoga questione
 gia' dichiarata non fondata (sentenza n.  370/1988) - Manifesta
 infondatezza.
 
 (Legge 20 marzo 1865, n. 2248, artt. 4 e 5, all.  E; legge 28
 febbraio 1985, n. 47, artt. 13 e 22).
 
 (Cost., artt. 3, 70, 97, 101 e 112).
(GU n.25 del 20-6-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 4 e 5 della
 legge 20 marzo 1865, n.  2248,  allegato  E  (Legge  sul  contenzioso
 amministrativo),  e degli artt. 13 e 22 della legge 28 febbraio 1985,
 n.   47   (Norme   in    materia    di    controllo    dell'attivita'
 urbanistico-edilizia,  sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle opere
 edilizie), promosso con ordinanza  emessa  il  14  ottobre  1989  dal
 pretore  di  Teramo  -  Sezione distaccata di Atri - nel procedimento
 penale a carico di Spitilli Nicolino, iscritta al n. 28 del  registro
 ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  21 marzo 1990 il giudice
 relatore Ettore Gallo;
    Ritenuto  che, con ordinanza 14 ottobre 1989, il pretore di Teramo
 - Sezione distaccata di Atri,  sollevava  questione  di  legittimita'
 costituzionale  degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248,
 all. E (Legge sul contenzioso amministrativo) e, di  riflesso,  degli
 artt.  13  e 22 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia
 di controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni,  recupero
 e  sanatoria  delle  opere edilizie) in riferimento agli artt. 3, 70,
 97, 101 e 112 della Costituzione;
      che  riferiva  il  pretore  nell'ordinanza  di  una  concessione
 edilizia n. 45 rilasciata il 26 aprile 1989 dal  Sindaco  di  Atri  a
 tale  Nicolino  Spitilli per la "ristrutturazione senza alcun aumento
 di volume" di  un  fabbricato  preesistente  sito  in  zona  agricola
 gravata da vincolo paesistico;
      che,   al   contrario,   lo  Spitilli  -  come  risultava  dagli
 accertamenti dei carabinieri - non soltanto  aveva  quasi  totalmente
 demolito  l'edificio  anche  nei  muri perimetrali, ma per di piu' lo
 aveva  poi  ricostruito  non  solo  in  violazione  delle  norme   di
 disciplina  dello  strumento  urbanistico  vigente,  ma  altresi'  in
 contrasto con l'art. 70 della legge della regione Abruzzo n.  18  del
 1983;
      che, a seguito di cio', lo Spitilli veniva imputato del reato di
 cui all'art. 20, lettera b, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e il
 cantiere sottoposto a sequestro;
      che,  pero',  lo Spitilli il 30 agosto 1989 avanzava istanza per
 l'accertamento di conformita' ex art. 13 della citata legge n. 47 del
 1985, e l'assessore delegato del Comune gli rilasciava concessione in
 sanatoria n. 104 in data 22 settembre 1989;
      che,  a  quel  punto,  il  pretore  sollevava  la  questione  di
 legittimita' di cui s'e'  detto,  rilevando  che  la  concessione  in
 sanatoria   non   si  e'  affatto  preoccupata  dell'accertamento  di
 conformita' di cui all'art. 13 della legge (che lo Spitilli  peraltro
 aveva  espressamente  richiesto)  e  difatti  non ve n'e' alcun cenno
 nella parte motiva della concessione, mentre gli  accertamenti  della
 polizia  giudiziaria  avevano messo in luce che strumento urbanistico
 vigente e legge  regionale  erano  stati  violati  quanto  ad  indice
 planivolumetrico,  quanto al rapporto con la minima entita' colturale
 (mq 10.000 per art. 70 della legge; mq 8810 nella realta' di specie),
 e  quanto  alle  distanze  tra  fabbricato  e  confine (di gran lunga
 inferiori a quelle di piano);
      che  il  pretore  si  mostra ben edotto, nella lunga motivazione
 dell'ordinanza, della  largamente  consolidata  giurisprudenza  della
 Cassazione,  anche  a Sezioni Unite (non superata nei principi da due
 piu' recenti decisioni), secondo la quale il  giudice  ordinario  non
 puo'  disapplicare  il  provvedimento amministrativo di cui - salvo i
 casi di lesione di diritti soggettivi o di illiceita'  penale  -  non
 puo'  valutare  la  legittimita'  neppure "incidenter tantum", atteso
 quanto dispongono gli artt. 4 e 5 del citato all. E  della  legge  n.
 2248  del  1865  (giurisprudenza  che egli dichiara "condivisibile"),
 cosi' come riconosce che  la  detta  giurisprudenza,  originariamente
 riguardante  le  concessioni  edilizie  per costruzione, e' stata poi
 estesa anche a quelle in sanatoria;
      che   parimenti   il  pretore  si  dichiara  bene  a  conoscenza
 dell'analoga  giurisprudenza   di   questa   Corte,   particolarmente
 rappresentata  dalla  sentenza  23-31 marzo 1988 n. 370 (e successive
 ordinanze d'inammissibilita') con la  quale  la  questione  e'  stata
 dichiarata infondata;
      che,  tuttavia,  ritiene  il  pretore  di  dovere risollevare la
 questione sotto profili che egli definisce "nuovi", in  quanto  opina
 che  il  principio  di  eguaglianza  vada correlato agli art. 70 e 97
 della Costituzione, in guisa da far risaltare il primato della legge;
      che  da  cio' deriverebbe l'incompatibilita' di ogni preclusione
 al giudice dell'esercizio della funzione giurisdizionale in  presenza
 di  specifiche  violazioni  di  legge,  specie  quando  si  tratti di
 violazione di fattispecie penalistica intesa alla tutela di interessi
 pubblici;
      che, nella specie, un reato e' stato sicuramente commesso, ed il
 giudice  penale  deve  poter  accertare  direttamente  se  si   siano
 verificate  le  condizioni  che consentono di dichiarare l'estinzione
 del  reato,  anziche'  arrestare  la  sua  attivita'  giurisdizionale
 innanzi  ad  un  provvedimento  amministrativo, che oltre tutto nulla
 dice sul punto perche' nulla ha accertato;
    Considerato  che il giudice rimettente e' bene informato sia sulla
 giurisprudenza della Corte di Cassazione, che dichiara condivisibile,
 sia su quella di questa Corte, non si vede in che consista la novita'
 del profilo  che  il  pretore  intende  presentare  risollevando  una
 questione  che  la  Corte  ha  dichiarato infondata soltanto or e' un
 anno;
      che,  infatti,  proprio  l'argomento  dominante  dell'ordinanza,
 secondo  cui,  vincolando  il  giudice   penale   all'esito   di   un
 procedimento  amministrativo,  l'art.  22 impugnato subordinerebbe il
 giudice penale ad altro giudice e al suo provvedimento, anziche' alla
 legge,  rivela  -  secondo  la  citata sentenza di questa Corte - "la
 fragilita' della proposta questione", in quanto, " a voler seguire lo
 stesso assunto si dovrebbe giungere a sostenere che tutte le volte in
 cui la legge impone al giudice penale di  attenersi  ad  accertamenti
 extragiudiziali,  lo subordini non alla legge ma ad altre autorita' o
 ad altri giudici";
      che  la  stessa sentenza ha, anzi, precisato che "chi, peraltro,
 sostenesse che l'accertamento  della  conformita'  delle  opere  agli
 strumenti  urbanistici  vada demandato al giudice penale spoglierebbe
 l'autorita' amministrativa delle proprie istituzionali competenze";
      che,   pertanto,  i  principi  sinora  affermati  devono  essere
 confermati  e  la  sollevata  questione   dichiarata   manifestamente
 infondata,  non  senza rilevare, tuttavia, che l'illiceita' penale di
 una concessione non deriva soltanto dalla collusione (che il  pretore
 esclude  dalla specie), ma da qualsiasi violazione della legge penale
 che abbia  a  viziare  il  momento  formativo  della  volonta'  della
 pubblica amministrazione, e percio' anche dal delitto di cui all'art.
 328 codice penale che incrimina la volontaria indebita  omissione  da
 parte  del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico codice
 penale che incrimina la volontaria indebita omissione  da  parte  del
 pubblico  ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio di atti
 dell'ufficio o del servizio: omissione che nella specie poteva essere
 rappresentata  dal  mancato  accertamento  di  conformita', richiesto
 dall'istanza dell'interessato, che la  legge  pone  alla  base  della
 concessione  in  sanatoria,  e  di  cui  non esiste alcun accenno nel
 provvedimento amministrativo  (fattispecie  peraltro  ora  sostituita
 dall'art.  16 della legge 26 aprile 1990, n. 36, che ne ha modificato
 la configurazione).
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87
 e 9, secondo comma, delle norme integrative  per  i  giudizi  davanti
 alla Corte Costituzionale;
    Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n.  2248,
 all.  E  (Legge sul contenzioso amministrativo) e degli artt. 13 e 22
 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in  materia  di  controllo
 dell'attivita'  urbanistico-edilizia,  sanzioni, recupero e sanatoria
 delle opere edilizie) in riferimento agli artt. 3, 70, 97, 101 e  112
 della  Costituzione,  sollevata  dal  pretore  di  Teramo  -  Sezione
 distaccata di Atri, con ordinanza 14 ottobre 1989.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 giugno 1990.
                          Il Presidente: CONSO
                          Il redattore: GALLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 14 giugno 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 90C0775