N. 294 SENTENZA 13 - 15 giugno 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Farmacie- Regione Umbria- Apertura ed esercizio- Tassa di
 concessione- Arbitraria estensione del regime di esenzione-
 Violazione del principio della corrispondenza della normativa
 regionale alla legislazione statale - Illegittimita' costituzionale.
 
 (Legge regione Umbria riapprovata il 26 febbraio 1990, del 28 maggio
 1980, n. 57)
 
 (Cost., art. 119).
(GU n.25 del 20-6-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della regione
 Umbria riapprovata il 26 febbraio 1980 dal Consiglio regionale avente
 per oggetto: "Ulteriore modificazione ed integrazione (nota alla voce
 n. 1 della tariffa allegata) della legge regionale 28 maggio 1980, n.
 57,   Nuova  disciplina  delle  tasse  sulle  concessioni  regionali"
 promosso con ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 notificato  il  15  marzo 1990, depositato in cancelleria il 22 marzo
 successivo ed iscritto al n. 19 del registro ricorsi 1990;
    Visto l'atto di costituzione della regione Umbria;
    Udito nell'udienza pubblica del 22 maggio 1990 il Giudice relatore
 Enzo Cheli;
    Uditi l'Avvocato dello Stato Giorgio d'Amato, per il ricorrente, e
 l'avv. Lorenzo Migliorini per la regione;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorso  notificato il 15 marzo 1990 il Presidente del
 Consiglio dei ministri chiede  che  sia  dichiarata  l'illegittimita'
 costituzionale  della  legge  della regione Umbria, riapprovata il 26
 febbraio 1990, recante "Ulteriore modificazione ed integrazione (nota
 alla  voce  n.  1  della  tariffa  allegata) della legge regionale 28
 maggio 1980 n. 57, "Nuova disciplina delle  tasse  sulle  concessioni
 regionali", in relazione all'art. 119 Cost., nonche' all'art. 3 della
 legge 16 maggio 1970, n. 281 ed all'undicesimo comma della nota  alla
 voce  n. 15 - titolo IV - della tariffa delle tasse sulle concessioni
 governative annessa al T.U. approvato con d.P.R. 1 marzo 1961 n. 121.
    Nel  ricorso  si  premette  che  la  legge della regione Umbria 28
 maggio  1980  n.  57,  recante  la  disciplina  delle   tasse   sulle
 concessioni  regionali, stabiliva, al comma nono della nota alla voce
 n. 1 del Titolo I della tariffa allegata, l'esenzione  dal  pagamento
 della  tassa  di concessione per l'apertura e l'esercizio di farmacie
 limitatamente  alle  "farmacie  gestite  in  comuni  con  popolazione
 inferiore  a  5000 abitanti, i cui titolari godano dell'indennita' di
 residenza stabilita dall'art. 115  del  T.U.  delle  leggi  sanitarie
 approvato con R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 e successive modifiche".
    Successivamente,  con  la  legge  regionale  impugnata, la regione
 Umbria ha esteso l'esenzione dalla  tassa  di  concessione  regionale
 alla   totalita'   delle  farmacie  beneficiarie  dell'indennita'  di
 residenza, sopprimendo l'inciso "gestite in  comuni  con  popolazione
 inferiore  a  5000  abitanti"  contenuto  nella richiamata nota della
 tariffa allegata alla legge regionale n. 57 del 1980.
    Sostiene  il  Presidente  del  Consiglio  che, con la disposizione
 impugnata,  la  regione  si  sarebbe  svincolata  dal  parametro   di
 riferimento  costituito  dalla  disciplina  statale  delle  tasse  di
 concessione per l'apertura e l'esercizio di farmacie,  estendendo  il
 regime  di  esenzione  di  questo  tributo oltre i limiti fissati dal
 legislatore statale nel comma undicesimo della nota alla voce n. 15 -
 titolo  IV  -  della  tariffa  annessa al T.U. approvato con d.P.R. 1
 marzo 1961 n. 121.  La  disposizione  regionale  impugnata,  anziche'
 risultare  attuativa  della disciplina statale ai sensi dell'art. 119
 Cost., verrebbe pertanto  a  spezzare  la  corrispondenza  -  imposta
 dall'art.  3  della  legge  16  maggio  1970  n.  281  - tra gli atti
 imponibili adottati dalle regioni e quelli gia' di  competenza  dello
 Stato assoggettati alle tasse sulle concessioni governative, ai sensi
 della legislazione statale  vigente  al  momento  del  trasferimento.
 Inoltre,   la  modificazione  dei  limiti  dell'esenzione  tributaria
 inciderebbe sui presupposti e sulla configurazione del  tributo,  che
 l'art.  119  Cost.  vuole  riservati  alla competenza del legislatore
 statale.
    Di  qui  l'impugnativa  della  legge  con  riferimento  ai profili
 richiamati.
    2.  -  Nel giudizio si e' costituita la regione Umbria, al fine di
 sostenere l'infondatezza della questione.
    Secondo  la regione tale infondatezza deriverebbe dal fatto che il
 parametro rappresentato dalla tariffa annessa al T. U. approvato  con
 d.P.R.  n.  121  del  1961  non  sarebbe piu' in vigore, in quanto le
 disposizioni  di  tale  Testo  unico  sarebbero  state  espressamente
 abrogate  dall'art. 15 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, contenente
 la nuova  disciplina  sulle  tasse  e  concessioni  governative.  Una
 riprova  di  tale  abrogazione  potrebbe essere individuata anche nel
 fatto che la nuova tariffa allegata al d.P.R. n.  641  del  1972  non
 riproduce la norma gia' contenuta nel d.P.R. n. 121 del 1961.
    E  poiche',  secondo  la giurisprudenza di questa Corte, il limite
 alla potesta' delle regioni di stabilire la  misura  delle  tasse  di
 concessione  e'  posto  in  relazione alle concessioni concernenti le
 sole  attivita'  indicate  nella  tariffa  allegata  alla   normativa
 statale,  nel  caso di specie detto limite non potrebbe dirsi varcato
 in quanto, a seguito della abrogazione  del  T.U.  approvato  con  il
 d.P.R. n. 121 del 1961, non esisterebbe piu' una tariffa specifica in
 materia di tasse per l'apertura e l'esercizio di farmacie.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri impugna la legge
 della regione  Umbria,  riapprovata  il  26  febbraio  1990,  recante
 "Ulteriore  modificazione  ed integrazione (nota alla voce n. 1 della
 tariffa allegata) della legge regionale 28 maggio 1980 n. 57 -  Nuova
 disciplina  delle  tasse  sulle  concessioni regionali", legge che ha
 modificato -  ampliandola  -  l'area  di  esenzione  dalla  tassa  di
 concessione regionale per l'apertura e l'esercizio di farmacie.
    La  legge  regionale impugnata - sopprimendo le parole "gestite in
 comuni con popolazione inferiore a  5000  abitanti"  nel  comma  nono
 della  nota  alla  voce n. 1 del Titolo I della tariffa allegata alla
 citata legge n. 57 del 1980  -  ha  infatti  esteso  l'esenzione  dal
 suddetto   tributo   alla   totalita'   delle  farmacie  beneficiarie
 dell'indennita'  di  residenza.  Cosi'  disponendo   il   legislatore
 regionale  avrebbe,  peraltro,  indebitamente  esteso  il  regime  di
 esenzione della tassa di concessione regionale oltre i limiti fissati
 dal  legislatore statale nel comma undicesimo della nota alla voce n.
 15 -  Titolo  IV  -  della  tariffa  delle  tasse  sulle  concessioni
 governative  annessa  al  T.  U. approvato con d.P.R. 1 marzo 1961 n.
 121. La norma impugnata avrebbe pertanto alterato  la  corrispondenza
 della   normativa   regionale  alle  norme  di  legislazione  statale
 invariata voluta dall'art. 3 della legge 16 maggio 1970 n. 281, che -
 in materia di tasse sulle concessioni regionali - detta le "forme" ed
 i "limiti" di esercizio della potesta' normativa regionale  ai  sensi
 dell'art. 119 Cost.
    Di  qui  l'asserito contrasto della legge impugnata con l'art. 119
 Cost., nonche' con l'art. 3 della legge 16 maggio 1970 n. 281  e  con
 l'undicesimo  comma  della  nota  alla voce n. 15 - Titolo IV - della
 tariffa delle tasse sulle concessioni governative annessa  al  T.  U.
 approvato con d.P.R. 1 marzo 1961 n. 121.
    La  regione,  dal  canto suo, sostiene che, nella fattispecie, non
 esisterebbe piu' un parametro normativo statale cui  la  legislazione
 regionale  debba  uniformarsi:  e  cio' in quanto le disposizioni del
 d.P.R. 1 marzo 1961 n. 121  sarebbero  state  espressamente  abrogate
 dall'art.  15  del  d.P.R.  26  ottobre 1972 n. 641, recante la nuova
 disciplina delle tasse sulle concessioni governative.
    2. - La questione e' fondata.
    Essa ripropone il tema, piu' volte affrontato nella giurisprudenza
 costituzionale, del contenuto e dei limiti della  potesta'  normativa
 spettante  in  materia  tributaria  alle  regioni a statuto ordinario
 (cfr. sent. n. 321 del 1989; nn. 203 e 214 del 1987; nn.  271  e  272
 del 1986).
    Questa  Corte,  in  ordine  a  tale tema, ha gia' evidenziato come
 l'autonomia   legislativa   regionale    in    materia    tributaria,
 configurandosi  quale  aspetto  o  specie dell'autonomia finanziaria,
 trovi la sua specifica fonte di disciplina nell'art. 119 Cost.,  dove
 tale autonomia viene riconosciuta alle regioni ordinarie "nelle forme
 e nei  limiti  stabiliti  dalle  leggi  della  Repubblica":  dal  che
 l'esigenza, ripetutamente sottolineata, che la legge statale, oltre a
 precedere l'intervento regionale, sia tale da  delimitare  gli  spazi
 operativi  delle  regioni  tanto in ordine al tipo del tributo, nella
 sua configurazione e nei suoi elementi, quanto in ordine  al  momento
 quantitativo dell'imposizione tributaria.
    Ed  e'  appunto  nel dettato dell'art. 119, primo comma, Cost. che
 trova il suo fondamento l'art. 3 della legge n. 281 del  1970,  norma
 che  identifica  tipologia  e  limiti  delle  tasse sulle concessioni
 regionali,  sancendo,  da  un  lato,  la  regola   della   necessaria
 corrispondenza  fra  gli  atti  imponibili regionali e quelli gia' di
 competenza dello Stato  assoggettati  alle  tasse  sulle  concessioni
 governative  e,  dall'altro,  i  limiti  dell'ammontare  delle  tasse
 regionali (limiti successivamente modificati dalla legge 23  novembre
 1979  n.  594  e dal decreto legge 28 febbraio 1983 n. 55 convertito,
 con modificazioni, nella legge 26 aprile 1983 n. 131).
    Con  riguardo  alla fattispecie in esame va osservato che la legge
 regionale ha dettato una nuova disciplina  del  regime  di  esenzione
 dalla  tassa sulla concessione regionale per l'apertura e l'esercizio
 di farmacie, ridisegnando uno degli elementi  del  tributo  (e  cioe'
 l'area  impositiva)  in  termini  diversi e piu' ristretti rispetto a
 quelli in passato  previsti,  per  la  tassa  sulla  "corrispondente"
 concessione  governativa,  dal  d.P.R. 1 marzo 1961 n. 121. Risultano
 infatti sottratti alla sfera di applicazione  del  tributo  regionale
 atti  sin  qui oggetto di tassazione da parte della regione in quanto
 ricompresi  nell'originario  schema  della  tassa  sulla  concessione
 governativa  per  l'apertura  e  l'esercizio  di  farmacie,  quali le
 concessioni conferite a titolari di esercizi gestiti  in  comuni  con
 popolazione  superiore  ai  5000 abitanti, ove siano stati ammessi al
 beneficio dell'indennita' di residenza.
    Ma  la mutata sfera di applicazione del tributo regionale rende la
 tassa in questione strutturalmente difforme  dal  modello  costituito
 dalla   tassa   sulla   concessione   governativa  per  l'apertura  e
 l'esercizio di farmacie di cui alla tariffa allegata al d.P.R. n. 121
 del  1961.  Non  puo'  dirsi, di conseguenza, rispettata la regola di
 corrispondenza della normativa regionale  alla  legislazione  statale
 invariata  sancita dall'art. 3 della legge n. 281 del 1970. E poiche'
 quella regola individua il confine entro il quale puo' legittimamente
 esplicarsi  la potesta' normativa tributaria della regione in materia
 di tasse sulle concessioni regionali, la sua violazione  finisce  per
 tradursi in una violazione dell'art. 119 Cost.
    3. - Al fine di affermare la legittimita' della legge impugnata la
 regione svolge un'unica tesi  difensiva,  imperniata  sulla  asserita
 inesistenza, nella legislazione statale in vigore, di un parametro di
 riferimento per la tassa in esame.
    Secondo  la  resistente,  infatti,  non  sarebbe piu' in vigore il
 parametro rappresentato dalla tariffa annessa al T.U.  approvato  con
 d.P.R.  n. 121 del 1961 in quanto tutte le disposizioni di tale Testo
 unico sarebbero state espressamente abrogate dall'art. 15 del  d.P.R.
 26 ottobre 1972 n. 641, recante la nuova disciplina delle tasse sulle
 concessioni governative.
    Questa  argomentazione difensiva risulta, peraltro, infondata alla
 luce  della  vicenda  relativa  al   trasferimento   delle   funzioni
 amministrative  statali  alle  regioni  ordinarie e della successione
 delle leggi, statali e regionali, intervenute  in  materia  di  tasse
 sulle concessioni trasferite.
    Va  innanzitutto  ricordato che con il d.P.R. 14 gennaio 1972 n. 4
 vennero trasferite alle  regioni  a  statuto  ordinario  le  funzioni
 amministrative  in materia di assistenza sanitaria, comprensive anche
 delle funzioni riguardanti gli esercizi farmaceutici (art.  1,  lett.
 l,  m,  n, o). Conseguenza di tale trasferimento fu che gli atti ed i
 provvedimenti relativi alla materia dell'assistenza farmaceutica,  in
 precedenza  soggetti  a  tassa  di concessione governativa, divennero
 soggetti, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 281 del 1970,  a  tassa
 di   concessione   regionale,   in   quanto  adottati  dalla  regione
 nell'esercizio di proprie funzioni.
    Risulta  pertanto  che  all'atto  dell'emanazione  del  d.P.R.  26
 ottobre  1972  n.  641  le  concessioni  relative   all'apertura   ed
 all'esercizio   di   farmacie  costituivano  ormai  provvedimenti  di
 competenza  regionale,  suscettibili  di  sottostare  al  potere   di
 imposizione  tributaria  delle  stesse  regioni.  E' quindi del tutto
 naturale che il legislatore  statale,  nel  dettare,  con  il  citato
 d.P.R. n. 641 del 1972, una nuova disciplina relativa alle sole tasse
 sulle concessioni governative, non abbia piu' richiamato nell'annessa
 tariffa  le  voci  relative  agli  atti  connessi  alle funzioni gia'
 trasferite alle regioni con il decreto delegato n. 4 del 1972  e  non
 abbia,  in particolare, adottato alcuna disposizione in tema di tasse
 sulle concessioni per l'apertura e l'esercizio di farmacie.
    La  vicenda  normativa  qui  richiamata offre, di conseguenza, una
 chiara indicazione sulla portata della  norma  abrogatrice  contenuta
 nell'art.  15 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641 e cioe' sul fatto che
 l'abrogazione in essa disposta - dato anche il tenore letterale della
 norma  -  sia  venuta ad investire le sole disposizioni del d.P.R. n.
 121  del  1961  concernenti  le  tasse  sulle   concessioni   rimaste
 governative, senza in alcun modo toccare le norme dello stesso d.P.R.
 relative alle tasse trasferite  alle  regioni.  Queste  ultime  norme
 sono,  pertanto,  rimaste in vita al fine di assolvere alla specifica
 funzione di fungere da presupposto e da parametro per  la  disciplina
 regionale  relativa  alle  tasse  sulle  concessioni  trasferite alle
 regioni ordinarie.
    Puntuali  conferme  di questa ricostruzione si trovano, del resto,
 sia nella legislazione statale che in quella regionale.
    Da un lato, infatti, l'articolo unico della legge 23 novembre 1979
 n. 594 (Adeguamento delle tasse sulle concessioni regionali)  designa
 come  oggetto  di  possibile  adeguamento "le tasse sulle concessioni
 regionali relative alle competenze trasferite alle regioni...  con  i
 decreti  del Presidente della Repubblica numeri 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del
 14 gennaio 1972 e numeri 7, 8, 9, 10 e 11 del 15 gennaio  1972":  con
 cio'  confermando  che  la  trasformazione  del  tributo da statale a
 regionale e' divenuta operante al  momento  del  trasferimento  delle
 funzioni  amministrative,  cioe' in un'epoca anteriore all'emanazione
 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641. Dall'altro lato,  le  leggi  della
 regione  Umbria  che  hanno  disciplinato  le tasse sulle concessioni
 regionali in data successiva all'entrata in vigore del d.P.R. n.  641
 del  1972,  hanno seguitato a richiamare, nella tariffa, il d.P.R. n.
 121 del 1961, dimostrando cosi' di considerare la normativa contenuta
 in  tale  decreto  ancora  in  vigore  per le tasse sulle concessioni
 regionali (cfr. leggi regione Umbria 9 agosto 1974 n. 47 e 28  maggio
 1980 n. 57)
    Le  considerazioni  sin qui svolte inducono pertanto ad accogliere
 il ricorso e ad annullare la legge regionale impugnata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita' costituzionale della legge della regione
 Umbria  riapprovata  il  26   febbraio   1990,   recante   "Ulteriore
 modificazione  ed  integrazione  (nota  alla  voce n. 1 della tariffa
 allegata) della  legge  regionale  28  maggio  1980  n.  57  -  Nuova
 disciplina delle tasse sulle concessioni regionali".
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 13 giugno 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: CHELI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 15 giugno 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 90C0781