N. 52 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 luglio 1990

                                 N. 52
 Ricorso n. 52 per questione di legittimita' costituzionale depositato
         in cancelleria il 17 luglio 1990 della regione Toscana
 Enti  locali  - Enti intermedi tra regione e comune (province ad aree
 metropolitane) - Attribuzione alle province di competenze in  materia
 di   viabilita',  caccia,  pesca,  acque  interne,  risorse  idriche,
 urbanistica,  smaltimento  dei  rifiuti  -  Delega  al  Govrrno   per
 l'istituzione   di   nuove   province   anche  in  conseguenza  della
 istituzione delle aree metropolitane - Asserita interferenza di dette
 competenze  con  quelle  costituzionalmente attribuite alle regioni -
 Illegittimo uso della legge provvedimento per l'istituzione di  nuove
 province anziche' della legge generale.
 (Legge n. 142/1990, artt. 14, 15, 17, 19, 21 e 63).
 (Cost., artt. 3, 117, 118 e 128).
(GU n.31 del 1-8-1990 )
    Ricorso   per  la  regione  Toscana,  in  persona  del  presidente
 Gianfanco  Bartolini,  rappresentata  e  difesa   dall'avv.   Alberto
 Predieri  ed  elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma,
 via G Carducci n. 4, come da mandato a  margine  del  presente  atto,
 giusta  delibera g.r. n. 5877 del 2 luglio 1990, contro il presidente
 del Consiglio dei Ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale  dello Stato, per l'annullamento degli artt. 14, 15, 17, 19,
 21 e 63 della legge n. 142/1990.
    1.1.  -  Nella riorganizzazione delle posizioni e dei rapporti fra
 regioni e province, enti intermedi fra regini e  comunita'  (art.  2,
 terzo  comma),  attuata  dalla  legge  n. 142/1990, il legislatore ha
 distribuito in modo diverso funzioni  amministrative:  lo  ha  fatto,
 pero',   discostandosi   dalla   regola   posta  dall'art.  118,  che
 attribuisce alla  competenza  regionale  le  funzioni  amministrative
 nelle materie indicate dall'art. 17, salvo che si tratti di questioni
 di interesse esclusivamente locale.
    La  normativa in piu' punti e' contraddittoria e irragionevole, da
 un duplice punto di vista.
    1.2.  -  Per  talune delle materie elencate, viene statuito che la
 competenza  provinciale  viene  attribuita  dalle  leggi  statali   e
 regionali  -  art.  14  lettere  h)  e  i)  - mentre per altre questo
 riferimento manca: cosicche' si dovrebbe pensare che in  questi  casi
 tutta  la  competenza  venga  attribuita  alle province, con evidente
 violazione dell'art. 117, dal momento che le materie attribuite  alla
 competenza  provinciale  sono  esattamente  le stesse attribuite alle
 regioni con le stesse formule lessicali (si veda ad  es.  viabilita',
 caccia  e  pesca  nelle  acque  interne) o con formule diverse che si
 sovrappongono o corrispondono a quelle usate nella  costituzione  (ad
 es.  le  risorse  idriche  di  cui parla l'art. 14 coincidono con gli
 acquedotti di cui parla l'art. 117 della Costituzione).
    Si   verifica   il   contrasto   fra  la  norma  costituzionale  e
 l'attribuzione generale ad ogni parte del territorio di funzioni  che
 non sono di interesse esclusivamente locale e non possono esserlo, in
 quanto, ad esempio, il coordinamento e'  attivita'  che  di  per  se'
 ontologicamente  e' rivolta alla composizone di interessi (questi s/'
 locali e pertanto in modo costituzionalmente  legittimo  attribuibili
 agli  enti  diversi dalle regioni di cui parla l'art. 118), ma che se
 viene esteso all'intero territorio della regione come  sommatoria  di
 coordinamenti  subregionali,  sottrae  alla  regione una sua funzione
 fondamentale.
    1.3  -  Dall'altro  punto  di vista di cui abbiamo fatto cenno, la
 legge n. 142/1990 non ignora la distinzione fra interesse locale  che
 riguardi talune zone sovracomunali e interesse dell'intero territorio
 provinciale. Essa pero', pur  partendo  dal  riconoscimento  corretto
 della  diversita'  dei  presupposti,  che  si  puo'  inquadrare nella
 formula   costituzionale    dell'interesse    locale    sovracomunale
 contrapposto  a  quello dell'intero territorio (formula alla quale si
 e' attenuta la  legislazione  della  regione  ricorrente,  che  aveva
 largamente  attribuito competenze alle province, rispettando peraltro
 la volonta'  costituzionale  nello  statuire  che  esse  elaborassero
 specifici   progetti   d'intesa   con  i  comuni  con  riferimento  a
 particolari  ambiti  territoriali),   perviene   alla   unicita'   di
 regolazione,  con attribuzione di competenza alla provincia sia in un
 caso che nell'altro.
    Viene vanificata in tal modo la differenza sopra ricordata e viene
 attribuita la individuazione del presupposto e  la  scelta  non  alla
 legge a cui l'art. 118 riserva l'attribuzione di competenza, ma ad un
 atto   evidentemente   non   legislativo   della   provincia   stessa
 (presumibilmente, dev'essere detto, dato che su questo punto, come in
 molti altri, la legge non e' chiara, propone perplessita' e  consente
 interpretazioni diverse).
    Dalla  lettura del primo comma si trae la conseguenza che potrebbe
 aversi  l'assunzione   da   parte   della   provincia   di   funzioni
 amministrative  non  per tutto il territorio provinciale, ma solo per
 talune zone, lasciando per le altre la competenza alle regioni. Anche
 in  questo  caso,  pero',  la  lettura  delle  norme che porti ad una
 ripartizione di questo genere,  affidata  alla  stessa  scelta  della
 provincia  controllata  dalla  regione,  non  risulta  con chiarezza.
 Comunque essa viola la riserva di legge statale posta  dall'art.  118
 della  Costituzione, che non consente di procedere all'individuazione
 degli interessi esclusivamente locali con  atti  non  statali  e  non
 legislativi.
   2.  -  Ove  questa  ripartizione  di  funzioni non avvenga, e tutte
 quelle  elencate  nell'art.  14  vengano  per   l'intero   territorio
 trasferite   alla   provincia,   essa   viene  ad  assumere  funzioni
 amministrative nelle materie che sono elencate  nell'art.  117  della
 Costituzione,  anche  con  compiti  di coordinamento (art. 14.2, art.
 15.1. (b), art. 15.2 (c), art. 15.5) e anche di coordinamento tecnico
 e  materiale  (art.  14.1.  (1), invadendo una funzione che e' tipica
 della regione e che, come e' stato accennato, non puo' coincidere con
 un interesse strettamente ed esclusivamente locale.
    3.1.  -  La  confusione  denunziata  investe  l'intera elencazione
 dell'art.  14.  Essa  si  pone  tutta  in  contrasto  con  la   norma
 costituzionale,  sia  che  si  riferisca  a  funzioni trasferite alle
 regioni, sia che si riferisca a funzioni  delegate;  appare  evidente
 particolarmente  nella  disciplina  dell'attivita' pianificatoria che
 viene posta  dall'art.  15,  con  una  collocazione  complessiva  che
 appare, a dir poco, dubbia.
    Infatti,  essa  e' contenuta in una legge che, secondo l'art. 128,
 dev'essere  una  legge  generale  di  principi  che   deve   regolare
 l'organizzazione  degli  enti  locali,  non  le singole discipline di
 settore, che vanno affidate a leggi di settore o alle leggi  previste
 dall'art. 118, primo comma, della Costituzione.
    La  legge n. 142/1990 non puo' invadere le aree di altre leggi che
 debbono determinare i principi fondamentali  della  materia  a  norma
 dell'art.  117  della  Costituzione  e  dell'art. 118 (e non a quella
 dell'art.  128,  che  a  queste   leggi   fa   riferimento).   Questa
 distinzione,  nella  legge  n.  142/1990 viene dimenticata, con nuova
 manifestazione   di   incertezza,   di   contraddittorieta'   e    di
 irragionevolezza,  perche'  le  norme non vengono inserite nel quadro
 delle leggi di settore di cui costituiscono principi, o nelle leggi a
 peculiare  connotazione  previste nell'art. 118, ma vengono calate al
 di fuori di quei subsistemi normativi in una legge che, invece,  deve
 proporsi  contenuti  e  finalita'  diverse,  qual'e'  quella prevista
 dall'art. 128 della Costituzione.
    E'   emblematica,  sotto  questo  profilo,  la  regolazione  della
 pianificazione territoriale posta dall'art. 15 della  legge,  in  cui
 vengono   stabiliti   principi   che   debbono  regolare  la  materia
 urbanistica (che non e' elencata  fra  quelle  individuate  dall'art.
 14),  mentre  tali  principi non vengono posti nelle materie elencate
 nell'art. 14.
    Con  cio'  non  si  vuol dire che quest'ultimo possa apparire piu'
 rispettoso della costituzione, perche'  resta  il  contrasto  con  la
 norma  dell'art.  117 per le ragioni gia' accennate, mentre l'art. 15
 appare in conflitto tanto con l'art. 117  della  Costituzione  quanto
 con l'art. 128.
    3.2. - L'art. 15 attribuisce funzioni previste dall'art. 117 al di
 fuori di qualsiasi connotazione di interesse  esclusivamente  locale,
 con  una  sottrazione  di  compiti attribuiti dalla costituzione alle
 regioni.
    Infatti,  poiche'  le  competenze  dei  comuni  restano  ferme per
 esplicita  disposizione  della  legge,  quelle   della   regione   di
 necessita'  vengono diminuite. Di per se' questo spostamento potrebbe
 essere   non   illegittimo,   purche'   sia   conforme   alle   norme
 costituzionali:  il  che  -  invece  -  non e', come e' stato detto e
 meglio sviluppato, anche per il riferimento  insistito  all'attivita'
 di coordinamento.
    L'art.  15  prevede  come  necessario  in  ogni provincia un piano
 territoriale di cordinamento secondo il  modello  posto  dall'art.  5
 della legge urbanistica.
    Tale   piano  investe  l'intero  territorio  (e  trascende  quindi
 interessi esclusivamente locali). La collocazione di questo piano nel
 sistema  dei piani territoriali e delle fonti urbanistiche non e' ben
 definita dalla legge. Un tale piano  sottrae  al  piano  territoriale
 regionale  o  agli strumenti di pianificazione regionali (che possono
 essere istituiti o regolati dalle regioni anche in  modo  diverso  da
 quello  previsto nelle leggi statali, sempre - ben s'intende - con il
 rispetto dei principi fondamentali: e in parte nella regione  Toscana
 sono  stati regolati in tal modo, con una articolazione del quadro di
 coordinamento - art. 2 della  legge  Toscana  n.  74/1984  modificato
 dall'art.  7  della  legge  Toscana n. 4/1990 - con una serie di atti
 tutti aventi efficacia di piani di coordinamento e che oggi vengono a
 trovarsi  in posizione che puo' apparire lessicamente uguale a quella
 dei piani provinciali, il che non  e'  ammissibile)  aree  operative,
 acquistando  -  sembra  (anche qui la legge e' poco chiara) - forza e
 valore  di  norma  sovraordinata  rispetto  ai   piani   comunali   e
 all'attivita'  di  ogni  ente  e  amministrazione pubblica - art. 15,
 sesto comma - tanto se essa sia fornita di competenza pianificatoria,
 quanto  se  non  lo  sia,  sia  se si limiti ad atti provvedimentali,
 mentre  per  quanto  riguarda  le   relazioni   con   gli   strumenti
 pianificatori  regionali la legge n. 142/1990 e' ancor meno chiara ed
 elusiva.
    Essa  non parla mai di piani regionali, nonostante l'abbondanza di
 norme (legge Lombardia n. 51/1975; legge Emilia-Romagna n. 47/1978  e
 successive  modifiche  e integrazioni; legge Puglia n. 56/1980; legge
 Veneto n. 61/1985; legge Umbria n. 40/1975; legge Piemonte n. 56/1977
 e  successive  modifiche  e  integrazioni;  legge Liguria n. 39/1984;
 legge Toscana n. 74/1984 e successive modifiche e integrazioni; legge
 Abruzzo  n.  18/1983; legge Basilicata n. 12/1983) e di riferimenti a
 questo istituto. Si limita ad affermare o riaffermare -  si  potrebbe
 dire,  data l'ovvieta' - nell'art. 15, terzo comma, che va verificata
 la   conformita'   agli   indirizzi   regionali   di   programmazione
 socio-economica  e  territoriale  del piano territoriale provinciale,
 statuendo che esso, cosi' come  i  programmi,  vanno  trasmessi  alle
 regioni per accertare la rispondenza di cui sopra.
    L'art.  15 della legge n. 142/1990 potrebbe sottrarsi alla censura
 di illegittimita' costituzionale solo se dalla formula ora  ricordata
 dovesse    essere    ricavata    l'affermazione    della   necessaria
 subordinazione del piano (o dei programmi) provinciali agli  atti  di
 pianificazione  e di programmazione regionale e la collocazione degli
 strumenti programmatori provinciali in una scala che  li  colloca  al
 posto intermedio, senza alterare la posizione di supremazia dei piani
 e programmi regionali in tutte le  materie  attribuite  alla  regione
 (che  non sono solo quelle di cui parla il primo comma dell'art. 15),
 o anche nelle materie delegate  e  quindi  con  riferimento  anche  a
 quelle  che,  pur  avendo  importanza cospicua per il territorio, non
 rientrano nella  configurazione  del  piano  territoriale  di  antico
 stampo  accolta nell'art. 15 (mentre la realta' normativa e operativa
 si e' ampliata ad altri piani, ad es. paesistici, di tutela di valori
 paesistici, dei porti e degli approdi turistici, dello smaltimento di
 rifiuti solidi, di bacino a livello regionale di cui  alla  legge  n.
 183/1989,   i   quali   costituiscono  oggetto  di  previsioni  della
 legislazione regionale - art. 8 della legge Toscana n. 9/1990  mentre
 la  legge  n.  142/1990  sembra  non tener alcun conto dei problemi e
 delle funzioni di tutela  dei  valori  paesistici  che  pure  formano
 oggetto di leggi della regione ricorrente).
    L'ordine   costituzionale,   pur  nelle  violazioni  delle  regole
 dell'art. 128 e 117, potrebbe essere allora  considerato  rispettato,
 almeno  per  queste  linee  essenziali,  senza,  peraltro,  che  cio'
 comporti la legittimita' della configurazione del piano  ultralocale.
    4.  -  Ulteriore  manifestazione di incertezza, irragionevolezza e
 contraddittorieta', che  comporta  lesione  di  competenze  regionali
 costituzionalmente   garantite,   si   manifesta  nelle  disposizioni
 contenute nell'art.  14,  primo  comma,  lett.  g),  della  legge  n.
 142/1990, nella parte in cui attribuisce alla provincia competenze in
 tema di smaltimento rifiuti.
    L'art.  14,  primo  comma,  lett.  g),  parla  in  particolare  di
 "organizzazione  dello  smaltimento  dei  rifiuti"   spettante   alla
 provincia per il livello provinciale dell'attivita' considerata.
   Esso  non  chiarisce  pero' se tale organizzazione debba comportate
 l'adozione e l'approvazione di un piano per lo  smaltimento  (che  il
 d.P.R.  n. 915/1982 prevedeva come tipico del livello regionale delle
 competenze in materia di rifiuti, e che numerose leggi  regionali,  e
 in  Toscana  in  particolare  la  legge  n.  65/1984,  traducevano in
 specifiche disposizioni),  anche  se  sembra  difficile  pensare  che
 l'attivita'    di    organizzazione    escluda   anche   un   momento
 pianificatorio;  e  non  chiarisce  neppure  che  implicazioni  abbia
 l'attribuzione  di  competenza  organizzatoria  alle  province  sulla
 pianificazione  regionale  in  materia  e  sulla  capacita'  di  tale
 pianificazione   di   influire   direttamente   sulla  pianificazione
 specificamente urbanistica e territoriale, dal momento che in  virtu'
 dell'art.  6  della legge Toscana n. 65/1984 l'approvazione del piano
 regionale di smaltimento rifiuti ha per effetto di imporre ai  comuni
 l'adozione di varianti ai propri strumenti urbanistici, con procedure
 accelerate, per localizzare - nelle zone indicate dal piano regionale
 -  i  siti  idonei  alla realizzazione degli impianti di trattamento,
 stoccaggio  e   smaltimento   dei   rifiuti   che,   viceversa,   una
 pianificazione  provinciale non prevista non potrebbe comportare, con
 un evidente irragionevole regresso nella cura degli interessi.
    5.  -  Se  per l'art. 15 puo' essere pensabile una interpretazione
 che salvi la norma di legge, ammettendo fra le varie  letture  quella
 che  non  e' in contrasto con le norme costituzionali, piu' difficile
 appare il superamento del conflitto con l'art.  128  che  si  ritrova
 nell'art. 63 in relazione all'art. 16.
    Nell'art.   63   viene   prevista   una   delega  al  Governo  per
 l'istituzione delle nuove province,  tanto  se  essa  sia  necessaria
 conseguenza della delimitazione territoriale delle aree metropolitane
 effettuata dalla  regione  (art.  63,  primo  comma),  quanto  se  si
 riferisca  alla  istituzione  di  nuove  province  (art.  63, secondo
 comma).
    La  delega  riguarda  una  legge  che  puo'  apparire  come  legge
 provvedimento, che certamente non e'  legge  generale,  non  riguarda
 quei  principi  di cui parla l'art. 128: cosicche' appare illegittima
 per il conflitto con l'art. 128 della Costituzione e per  la  lesione
 alle  competenze  regionali  previste  dall'art. 117 e chiarite dalle
 norme  interposte  che  la  stessa  legge  nell'art.  16   riafferma,
 allorquando    attribuisce   alle   regioni   precise   funzioni   di
 determinazione delle aree metropolitane.
    Rispondere  che  l'art.  133 della Costituzione parla di una legge
 statale  per  la  istituzione  di  nuove  province,   significherebbe
 dimenticare  che  cio'  e' previsto allorquando vi sia iniziativa dei
 comuni. Quando essa manchi,  la  deroga  all'art.  128  (e  cioe'  il
 riferimento  alla legge generale) non trova i suoi presupposti e deve
 riprendere la disciplina generale, con esclusione di leggi  speciali.
    Comunque,  dal  momento che la legge nell'art. 16 statuisce che la
 determinazione dei confini territoriali delle province  metropolitane
 e'  riservata alle regioni, e la stessa legge prevede che gli statuti
 delle province metropolitane  sono  approvati  secondo  le  modalita'
 degli statuti delle province, la legge n. 142/1990 nell'art. 63 - nel
 prevedere un'attribuzione di poteri al Governo  (se  essa  dev'essere
 interpretata come attribuzione di un potere discrezionale, o libero -
 invade le competenze regionali  che  essa  stessa  attribuisce  negli
 artt. 16 e 20 e che si riportano all'art. 117 della Costituzione; per
 di  piu',  anche  questa  volta,  con  una   normazione   confusa   e
 contraddittoria.
    Invero,  mentre  le  delimitazioni  delle  aree metropolitane sono
 riservate alle regioni, il governo e'  delegato  ad  emanare  decreti
 legislativi  per  la costituzione delle autorita' metropolitane (art.
 21) e, insieme, decreti per la revisione delle  circoscrizioni  e  la
 istituzione  di  nuove province, conseguenti alla istituzione di aree
 metropolitane (art. 62, primo comma)  o  non  conseguenti  (art.  63,
 secondo  comma),  con  una  discrezionalita' che invade le competenze
 regionali e non trova ragionevole giustificazione.
    Questo potere indebitamente attribuito al legislatore delegato (in
 una materia in cui la delegazione legislativa  non  trova  posto)  si
 manifesta (oltre che nella possibilita' insita nella disciplina della
 delegazione legislativa di non esercitare il potere conferito)  nella
 struttura  della  legge  delegata. Essa viene considerata come tenuta
 all'osservanza dei criteri  direttivi  posti  dall'art.  16  (con  il
 rischio  dell'affermazione  che  non  vada  seguita  la delimitazione
 regionale delle aree della provincia metropolitana) e ad essa  appare
 affidato   un   contenuto  libero,  che  dev'essere  esaminato  dalle
 commissioni  parlamentari  proprio  in  quanto  consenta   una   loro
 valutazione,  nonche'  dalla stessa regione: alla quale peraltro sono
 affidati compiti vincolati, che comportano  atti  come  quello  della
 delimitazione  territoriale  che non consentono ne' alla regione, ne'
 allo Stato, la possibilita' di mutamenti.
    Ne  consegue  che la previsione di un decreto caratterizzato dalla
 discrezionalita' or ora ricordata non appare ragionevole; il decreto,
 in  quanto  venga  in  conflitto  con  la  determinazione  regionale,
 costituisce  lesione  del  complesso  di  competenze  garantite  alla
 regione  dalla  struttura  normativa  dell'area metropolitana, sia in
 relazione alla attribuzione  con  legge  regionale  (art.  19,  primo
 comma)  di  funzioni  ai  comuni  e  alla  citta'  metropolitana  (in
 attuazione dell'art. 117 della Costituzione),  sia  in  relazione  al
 riassetto delle circoscrizioni provinciali (art. 16) e comunali (art.
 20).
    L'attribuzione  della  delega  consente  al Governo una scelta che
 esce al di fuori del sistema e testimonia la  contraddittorieta'  fra
 norme della stessa legge.
                                P. Q. M.
    Si  chiede  che la Corte dichiari l'illegittimita' degli artt. 14,
 15, 17, 19, 21 e 63 della legge n. 142/1990  per  contrasto  con  gli
 artt. 3, 117, 118 e 128 della Costituzione.
      Roma, addi' 9 luglio 1990
                         AVV. ALBERTO PREDIERI

 90C0915