N. 478 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 novembre 1988- 16 luglio 1990
N. 478 Ordinanza emessa il 30 novembre 1988 (pervenuta alla Corte costituzionale il 16 luglio 1990) dalla commissione tributaria di secondo grado di La Spezia sul ricorso proposto da Luca' Cesare contro l'ufficio Iva di La Spezia Contenzioso tributario - Giudizio innanzi alle commissioni tributarie - Inammissibilita' della prova testimoniale - Incidenza sul diritto di difesa. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 35, quinto comma). (Cost., art. 24).(GU n.33 del 22-8-1990 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella controversia promossa da Luca' Cesare nei confronti dell'ufficio Iva di La Spezia; Letti gli atti e udite le deduzioni orali del ricorrente e del rappresentante dell'amministrazione finanziaria; O S S E R V A In punto di fatto: il giorno 16 settembre 1983 militari appartenenti al nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di La Spezia contestavano al signor Luca' Cesare, titolare di un esercizio di barbiere in questa citta', di avere emesso una ricevuta fiscale con un corrispettivo inferiore a quanto effettivamente percepito; cio' sulla base della dichiarazione resa per iscritto ad essi verbalizzanti da tale Lipona Gianfranco (di anni quindici) il quale aveva affermato di essersi recato in detto esercizio allo scopo di sottoporsi al taglio dei capelli con relativo shampoo, di avere corrisposto un compenso di L. 18.000 e di essersi accorto solo successivamente che nella ricevuta fiscale rilasciatagli era stato invece indicato l'importo di L. 8.000. All'atto della contestazione il Luca' dichiarava che quanto affermato dal ragazzo era falso e che la somma da lui percepita era proprio quella indicata nella ricevuta fiscale. Sulla base del verbale di constatazione della polizia tributaria l'ufficio dell'Iva di La Spezia irrogava al Luca', con avviso n. 200122/83 notificato il 7 luglio 1984, la pena pecuniaria di L. 200.000. Ricorreva avverso tale atto il Luca', insistendo nella sua tesi e allegando a sostegno della stessa una dichiarazione scritta, a firma dello stesso Lipona Gianfranco, il quale affermava che la somma da lui corrisposta al barbiere era proprio quella di L. 8.000. Soggiungeva il ricorrente che il Lipona gli aveva verbalmente confessato di avere detto una bugia in quanto intendeva giustificarsi in tal modo con il padre per avere trattenuto per se' la differenza. Con decisione in data 6 dicembre 1986 la commissione di primo grado di La Spezia respingeva il ricorso, argomentando che tra le due opposte versioni doveva essere data credibilita' a quella rilasciata ai verbalizzanti nell'immediatezza dei fatti. Ricorre a questa commissione il Luca', ribadendo ancora una volta la veridicita' del suo assunto. In punto di diritto: ritiene innanzi tutto la commissione di non potere in alcun modo condividere il semplicistico ragionamento del primo giudice, dal momento che in nessun modo la fede privilegiata che assiste l'atto pubblico (quale indubbiamente e' il processo verbale di constatazione) puo' estendersi alla verita' del contenuto intrinseco delle dichiarazioni di parte in esse trasfuse; e' certo che il Lipona rese ai verbalizzanti la dichiarazione da costoro raccolta, ma cio' non significa affatto, ovviamente, che tale dichiarazione debba essere creduta per il solo fatto di essere stata resa ad un pubblico ufficiale. Ed e' poi criterio assolutamente inaccettabile quello che attribuisce a priori maggior fede ad una dichiarazione rispetto ad altra resa dal medesimo soggetto per il solo fatto di essere stata resa antecedentemente. Ci si trova in realta' di fronte a due dichiarazioni di contenuto opposto la cui veridicita' non pare davvero possa essere altrimenti vagliata se non attraverso l'esame diretto della persona che le ha rese. Costituisce tuttavia ostacolo ad un accertamento probatorio in tal senso la norma di cui all'art. 35, quinto comma, del d.P.R. n. 636/1972 (nel testo novellato con il d.P.R. n. 739/1981), la quale nelle controversie di competenza delle commissione tributarie esclude tra i mezzi di prova ammessi, tra l'altro, la prova testimoniale. Ad avviso di questa commissione la norma in questione pare in contrasto con il dettaglio costituzionale, in riferimento al disposto di cui all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, ben potendosi presentare dei casi in cui l'unico mezzo attraverso il quale il soggetto puo' fare valere le proprie ragioni e' costituito proprio solamente dalla prova testimoniale; cio' si verifica in modo particolare allorche' il ricorso ha per oggetto (tra i vari tipi di atti ricorribili previsti dall'art. 16 della legge sul contenzioso tributario) il provvedimento che irroga la sanzione; trattasi invero di accertamento di vere e proprie forme di illecito amministrativo, che sotto un profilo ontologico paiono distinguersi dalle altre forme di illecito amministrativo genericamente prevedute dalla legge n. 689/1981 solamente per il fatto di essere specificamente prevedute da leggi tributarie per altro profilo, peraltro l'analogia pare veramente assai marcata, per cui trattasi in realta' di specifici comportamenti umani coscienti e volontari, soggetti al principio di legalita', che, solamente per una scelta di carattere politico, anziche' essere penalmente sanzionati sono soggetti semplicemente ad una sanzione amministrativa. Mentre peraltro, nel caso di applicazione delle sanzioni amministrative rientranti nella disciplina generale della legge n. 689/1981 e' data all'interessato la possibilita' di concretamente difendersi, consentendosi al giudice di pervenire all'accertamento degli elementi indispensabili ai fini della decisione (in pratica, ai fini della ricostruzione del fatto) avvalendosi dei mezzi di prova necessari (in particolare, della testimonianza, che puo' essere disposta anche di ufficio, vedasi art. 23 del d.P.R. n. 689/1981), tale possibilita' non sussiste nel caso in cui l'illecito amministrativo sia previsto da una norma di carattere tributario e rientri quindi nella competenza delle commissioni tributarie; in questi casi pare veramente che il diritto di difesa subisca una compressione veramente intollerabile ed irrazionale, al punto di potere riuscire in certi casi, quale quello che costituisce oggetto della presente procedura, totalmente vanificato. E poiche' la presente controversia non pare suscettibile di essere definita senza la soluzione della presente questione, gli atti debbono essere rimessi alla Corte costituzionale per l'ulteriore corso, sospendendosi il presente giudizio.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, sollevata di ufficio, dell'art. 35, quinto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nella parte in cui non ammette la prova testimoniale, per contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione; Sospende il procedimento in corso e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone altresi' che a cura della segreteria la presente ordinanza venga notificata al ricorrente, all'ufficio Iva di La Spezia e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata altresi' al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. La Spezia, addi' 30 novembre 1988 Il presidente-relatore: PUTIGNANO 90C0920