N. 482 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 maggio 1990

                                 N. 482
   Ordinanza emessa il 25 maggio 1990 al pretore di Bergamo, sezione
   distaccata di Clusone, nel procedimento penale a carico di Madasci
                                 Santo
 Processo penale - Nuovo codice - Delegabilita' delle funzioni di p.m.
 a ufficiali di polizia giudiziaria (nella specie:  sottufficiale  dei
 carabinieri)  nell'udienza  dibattimentale  penale  -  Svilimento del
 diritto di difesa dello Stato anche  come  comunita'  -  Lesione  del
 principio  di  soggezione  del giudice alla sola legge Affidamento di
 funzioni giurisdizionali per di piu' diverse da quelle esercitate  da
 giudici   singoli   a   persone  inserite  in  strutture  gerarchiche
 dipendenti dal potere esecutivo,  prive  delle  garanzie  godute  dai
 magistrati,  non  nominate  per  concorso  e  designate  senza  alcun
 controllo  ne'  del  consiglio   giudiziario   ne'   del   C.S.M.   -
 Accentramento  di  funzioni  di  autorita'  giudiziaria  e di polizia
 giudiziaria.
 (R.D.  30  gennaio  1941,  n.  12,  art. 72, modificato dal d.P.R. 22
 settembre 1988, n. 449, art. 22; d.lgs. 2 febbraio 1990, n. 15,  art.
 1; d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 162).
 (Cost., artt. 101, 102, 104, 106 e 112).
(GU n.33 del 22-8-1990 )
                               IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nel procedimento penale n.
 3010/1990 r.g. pretura di Clusone.
    All'odierna  udienza,  relativa al dibattimento ordinario a carico
 di Madaschi Santo, per il reato di cui all'art. 56, 624,  e  625  del
 c.p.,  interveniva  l'ufficiale di polizia giudiziaria brig. Paolo de
 Rinaldis, il quale, in forza di delega  nominativa  scritta  ricevuta
 dal  procuratore  della Repubblica presso la pretura circondariale di
 Bergamo in data 24 maggio 1990, era stato  chiamato  a  svolgere,  in
 udienza, funzioni corrispondenti a quelle del magistrato del pubblico
 ministero dinnanzi a questo ufficio.
    Il  pretore,  dopo  che  il  p.m.  aveva  dichiarato di non essere
 competente  in  materia  e  di  non  sapere  quindi  cosa   chiedere,
 d'ufficio,  ravvisava la rilevanza e non manifesta infondatezza della
 questione  di  legittimita'  costituzionale   delle   attuali   norme
 dell'ordinamento  giudiziario  che  prevedono  la  esplicazione delle
 funzioni di p.m. d'udienza da parte di delegati del procuratore della
 Repubblica.
                             O S S E R V A
    Non   sembrano   necessari   speciali   argomenti  per  dimostrare
 l'indefettibilita'  della  presenza  del  p.m.  alla  presente   fase
 processuale,  con  il  corollario  che,  in mancanza di tale soggetto
 necessario del processo, questo non possa utilmente esser  celebrato.
    Proprio  percio',  nel  caso  presente,  non  puo' farsi a meno di
 dichiarare la rilevanza e la non manifesta infondatezza del dubbio di
 legittimita' costituzionale, nel senso appresso precisato.
    La   rilevanza   della  questione,  come  anticipato,  puo'  dirsi
 autoevidente: se una fase processuale si svolge  senza  l'intervento,
 nelle  forme  e  nei  modi  previsti dalla Costituzione, degli organi
 giurisdizionali, in realta' essa non e'  incardinata,  e  quindi  non
 puo'  legittimamente  compiersi. Del resto, la mancata partecipazione
 al procedimento del legittimo pubblico  ministero,  comporterebbe  la
 nullita'  comminata dall'art. 178, lett. b), del c.p.p. del 1988, dal
 che si desume la rilevanza della questione che si passa ad esporre.
    L'art.  72  dell'ordinamento  giudiziario,  approvato  con r.d. 30
 gennaio 1941, n. 12, come modificato  dall'art.  22  delle  norme  di
 adeguamento  al  nuovo  codice  di procedura penale, approvate con il
 d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449,  prevede  invero  che  le  funzioni
 requirenti  per  le  udienze  dibattimentali, oltre che ad un uditore
 giudiziario ovvero ad un vice procuratore  onorario,  possano  essere
 delegate  pure ad un ufficiale di polizia giudiziaria nominativamente
 designato  dal  procuratore  della  Repubblica  presso   la   pretura
 circondariale.
    In  questa  sede  non  pare  il caso di soffermarsi sull'ulteriore
 modifica dell'art. 72  dell'ordinamento  giudiziario,  apportata  dal
 d.lgs. 2 febbraio 1990, n. 15, se non per osservare che, sulla scorta
 di una (prima) interpretazione, puo' ritenersi che essa  non  escluda
 la delegabilita' delle funzioni di pubblico ministero ad un ufficiale
 di polizia giudiziaria anche per la fase di  convalida  dell'arresto,
 purche'  contestuale  al  (sia pure eventuale) giudizio di merito, ai
 sensi dell'art. 162, secondo comma, delle disposizioni attuative  del
 c.p.p.  (d.lgs.  n. 271/1989); oltre che per osservare che, comunque,
 lo stesso legislatore ha inteso  circoscrivere  la  delegabilita'  di
 funzioni requirenti in favore degli ufficiali di p.g. ad udienze, per
 reati di competenza pretorile, diverse da quelle tenute  dal  giudice
 per  le  indagini  preliminari ai fini della convalida del fermo o, a
 determinate condizioni, dell'arresto. Preme insomma  sottolineare  la
 contraddizione  di  un  legislatore  il  quale,  pur individuando nel
 dibattimento dell'attuale rito il momento centrale, e per cio' stesso
 il piu' delicato ed il piu' importante, del nuovo processo penale, ha
 tuttavia opinato che, per tale  fase,  l'ufficiale  di  p.g.  potesse
 avere  adeguata  competenza  e  qualificazione tecnico-professionale,
 che, invece, non gli sarebbe sufficiente per fasi  meno  delicate  ed
 importanti,  quali  quelle dei giudizi di convalida avanti al giudice
 per le indagini preliminari.  Pur trattandosi di scelta discrezionale
 del  legislatore,  non  puo'  mancare  di  rafforzare  il  dubbio  di
 irragionevolezza,  oltre  che   di   illegittimita'   costituzionale,
 dell'intero  sistema della delegabilita' (istituto anomalo, con tutta
 evidenza extra ordinem, e per conseguenza  ibrido  nella  sua  stessa
 definizione lessicale) delle funzioni giurisdizionali requirenti.
    Per  meglio  spiegare il proprio dubbio, questo pretore ritiene di
 dover  svolgere   alcune   brevi   considerazioni   preliminari   sul
 complessivo  sistema  scolpito,  con  grande efficacia ed univocita',
 dalla Costituzione per i magistrati del p.m.
    Intanto,  il  quadro  di  garanzie  di  indipendenza  ed autonomia
 risulta tracciato, rispettivamente, per tutti i singoli magistrati  e
 per  l'ordine giudiziario nella sua interezza. Si tratta di un nucleo
 di  garanzie   indivisibili   (oltre   che   all'autonomia   e   alla
 indipendenza,  enunciate  nell'art.  104,  primo comma, si pensi alla
 inamovibilita' stabilita dall'art. 107,  primo  comma,  per  tutti  i
 magistrati,  e  dunque  anche per quelli del pubblico ministero), non
 riferibili dunque ai soli magistrati  giudicanti.  E'  pur  vero  che
 l'art. 101, secondo comma, per dire che solo i giudici (e non anche i
 magistrati del pubblico ministero) sono soggetti soltanto alla legge:
 in  proposito  si  deve  pero' ricordare, da un lato, che l'assemblea
 costituente aveva approvato definitivamente il  testo  del  comma  in
 questione  nella  forma  "I  magistrati  sono  soggetti soltanto alla
 legge", e pertanto fu inspiegabile (e diffusamente criticata) la  sua
 variazione,  nell'attuale  testo,  operata  dal comitato di redazione
 (cui competevano solo  compiti  di  coordinamento  e  di  adeguamento
 stilistico);  e dall'altro lato che, comunque, il cennato impianto di
 garanzie e' unitario sicche' l'indipendenza del  pubblico  ministero,
 ed  il  suo  eventuale  soggiornamento al potere esecutivo, sarebbero
 attuabili solo  merce'  la  revisione  di  molte  disposizioni  della
 Grundnorme.
    In proposito inoltre, vale osservare che l'art. 108, secondo comma
 della  Costituzione  nel  sancire  che  la  legge   deve   assicurare
 l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico
 ministero  presso  di  esse,  e  degli   estranei   che   partecipano
 all'amministrazione  della  giustizia  (con evidente riferimento alle
 forme di partecipazione popolare ex art. 102, comma  3,  Costituzione
 ovvero  agli esperti che concorrono a determinazioni collegiali), non
 puo' non sottintendere, a fortiori, la  necessaria  indipendenza  dei
 magistrati  del pubblico ministero presso le giurisdizioni ordinarie.
    Altrettanto   pacifica,   inoltre,   deve   ritenersi   la  natura
 giurisdizionale delle funzioni esercitate dal pubblico ministero.  In
 particolare,   considerato   che   la  giurisdizione  e'  l'attivita'
 attuativa della legge, e considerato inoltre che, nel diritto penale,
 la  legge  si  attua  con  l'esercizio  della azione, per il quale e'
 esclusivamente competente il pubblico ministero,  solo  a  prezzo  di
 tortuosi bizantinismi si potrebbe negare il carattere giurisdizionale
 dell'attivita'  esplicata  da   tale   organo,   cui   viene   quindi
 pacificamente  riconosciuto il carattere di giurisdizionalita' (assai
 migliore approfondimento delle questioni ha dato,  per  tutte,  Corte
 costituzionale  n. 52/1976). Conseguenza ineludibile di tali premesse
 e' che chi esercita tali  funzioni  giurisdizionali  requirenti,  pel
 fatto  stesso  di  esplicarle,  e',  e  non puo' essere altro che, un
 magistrato, a tenore dell'art. 102, primo comma, della  Costituzione.
    Tale  osservazione  esime dall'ulteriormente motivare sul dissenso
 di questo  giudice  rispetto  all'opinione,  manifestata  da  taluno,
 secondo la quale gli ufficiali di p.g. delegati non sarebbero, per il
 tempo di adempimento della delega, magistrati onorari (dal  che  vien
 fatta  discendere,  ad  esempio, l'ulteriore ed aberrante conseguenza
 che i delegati u.p.g., che  siano  anche  militari,  siano  esonerati
 dall'obbligo  di  indossare  la  toga  nelle pubbliche udienze - come
 invece previsto dall'art. 156 e seguenti del r.d. 14  dicembre  1865,
 n.  2641,  regolamento  generale  giudiziario  per  l'esecuzione  del
 c.p.c., del c.p.p. e della legge sull'ordinamento giudiziario - e che
 essi  debbano  o  comunque  possano,  invece, indossare l'uniforme di
 competenza). D'altro canto, la citata sentenza n. 52/1976 della Corte
 costituzionale  ha ampiamente chiarito che non possono in riferimento
 alla Costituzione, legittimamente prospettarsi ipotesi legislative di
 attribuzione  di  funzioni requirenti con meccanismi differenziati da
 quelli  pevisti  per  gli  altri  magistrati,  con   la   pretestuosa
 giustificazione   della  differenza  di  funzioni  fra  i  magistrati
 requirenti e quelli giudicanti, ma sul punto si tornera' piu'  oltre.
    Va, ancora, premesso che l'esercizio della giurisdizione penale si
 ricollega all'interesse per la realizzazione della giustizia che "fra
 l'altro,  vale  ad assicurare l'esercizio di tutte le liberta', ed e'
 anch'esso garantito, in  via  primaria,  dalla  Costituzione"  (Corte
 costituzionale  28 novembre 1968, n. 114), e che il diritto di difesa
 di cui all'art. 24 della Costituzione, oltre che trovar limite  nelle
 esigenze  costituzionalmente  rilevanti di tutela della incolumita' e
 della sicurezza pubblica (su cui,  ad  es.,  Corte  costituzionale  6
 maggio  1976, n. 110), deve essere riconosciuto anche allo Stato, ove
 questo si configuri quale soggetto-parte del processo  (e  dove  mai,
 meglio  e  piu'  che  nell'attuale  struttura  competitiva - anziche'
 cognitiva - del processo penale, lo Stato,  rappresentato  nella  sua
 pretesa   punitiva  o,  piu'  correttamente,  nella  sua  pretesa  di
 legalita' dal p.m., assumerebbe a pieno titolo il ruolo di parte?).
    Ultima  premessa  necessaria  e'  quella relativa al concorso come
 modalita' ordinaria e generale di accesso  alla  magistratura,  e  ai
 limiti  stabiliti  dalla  Costituzione  per  altre  forme  di accesso
 all'esercizio di funzioni giurisdizionali. Ora, trascurando la figura
 dei  giudici  popolari,  ai  quali  non  si crede di poter seriamente
 comparare e ricondurre il delegato  ufficiale  di  p.g.,  l'art.  106
 della  Costituzione  prevede  che magistrati non professionali, ossia
 magistrati onorari (aggettivo idoneo a  connotare  tutti  i  soggetti
 esercenti  giurisdizione, diversi dai magistrati professionali ovvero
 di carriera), possano essere nominati, anche in forma  elettiva,  per
 esercitare tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.
    Da  tale  norma discendono due ordini di considerazioni: il primo,
 consiste nell'affermazione della necessita' del  concorso,  sia  come
 strumento  per  garantire  l'accesso all'ufficio a parte di chiunque,
 sia quale idoneo strumento per l'accertamento della idoneita' e della
 qualificazione   tecnico-professionale   indispensabili  (seppur  non
 sufficienti) per l'esercizio della giurisdizione; il secondo,  che  i
 magistrati  non professionali possono essere chiamati a svolgere solo
 funzioni giudicanti monocratiche, sul principale presupposto di fatto
 che,  all'epoca,  diversamente  che dal tempo presente, tali funzioni
 giudicanti riguardavano la giustizia cosiddetta minore.
    Ad colorandum, in fatto non puo' mancarsi di osservare, anzitutto,
 che,  mentre  l'accertamento  del  possesso,  in  capo  ai   soggetti
 delegabili  alle  funzioni  requirenti,  di  determinati  e specifici
 requisiti di competenza tecnica processualpenalistica, oltre  che  di
 diritto  penale  sostanziale,  risulta  implicito  sia  per  il  caso
 dell'uditore giudiziario, il quale ha superato il  relativo  concorso
 statuale,  sia  per  il  caso del vice procuratore onorario (alla cui
 nomina, operata dal consiglio superiore della  magistratura,  possono
 aspirare  solo  determinate categorie di soggetti, i quali dispongano
 di  peculiari  requisiti),  ne,  caso   dell'ufficiale   di   polizia
 giudiziaria  tale  preventiva verifica della idoneita' tecnica non e'
 prevista, ne', ad esempio, viene prescritto che egli abbia conseguito
 il   diploma   di   laurea,   requisito  minimale  di  qualificazione
 tecnico-professionale.
    Dal  punto  di  vista  pratico,  la  situazione  importa  un grave
 pegiudizio delle ragioni della collettivita': come e'  ormai  noto  e
 reso  palese a distanza di pochi mesi dalla sua entrata in vigore, il
 nuovo codice, colla sua rigida impostazione strutturale  di  ruoli  e
 parti  dialogicamente  contrapposte,  tra  i  caratteri  del processo
 penale ha notevolmente accentuato, piuttosto  che  le  componenti  di
 accertamento  della  verita',  quelle competitive, di agonismo fra le
 parti.
    Tale   situazione,  nella  quale  il  giudice  e'  sostanzialmente
 vincolato dal principio dispositivo e  dai  limiti  del  petitum  del
 pubblico ministero, esige una approfondita preparazione tecnica delle
 parti,  sicche',  la  elevata,  ma  pur  comprensibilmente   diversa,
 professionalita'  dei soggetti che hanno sin qui svolto solo funzioni
 di polizia giudiziaria (ai quali, seppure non sia disconoscibile  una
 adeguata  preparazione  sul  diritto  sostanziale, non puo' nondimeno
 riconoscersi altrettanto adeguata preparazione processualpenalistica)
 rispetto  agli  altri  soggetti  delegabili,  non puo' non suscitare,
 almeno in fatto, fortissime perplessita', a meno di  voler  ammettere
 (cosa  inammissibile)  che, in tali ipotesi, vien fatto ancora carico
 al giudicante di prender le parti anche del pubblico ministero.
    Quel  che  qui  piu' importa, peraltro, e' che, dal punto di vista
 della  stretta   legittimita',   la   delegabilita',   normativamente
 prevista,   delle  funzioni  requirenti,  desta  serissimi  dubbi  di
 conformita' al precetto costituzionale.
    Infatti,  come  innanzi  ricordato,  l'art. 102 della Costituzione
 prevede  che  le  funzioni  giurisdizionali   siano   esercitate   da
 magistrati.    La   norma   costituzionale,   insomma,   non   limita
 l'esercitabilita' di  funzioni  da  parte  di  magistrati  alle  sole
 funzioni giudicanti, ma impone che tutte le funzioni giurisdizionali,
 e dunque anche quelle requirenti, siano svolte da magistrati.
    Ne  segue,  a  parere  dello scrivente, che chi puo' esercitare le
 funzioni giurisdizionali, a tenore della Costituzione, possono essere
 solo  i  magistrati  e,  simmetricamente, che l'esercizio di funzioni
 giurisdizionali importa l'attribuzione della qualifica di  magistrato
 al soggetto che le esplichi.
    D'altro  canto,  l'art.  106  della  Costituzione,  prevede che la
 nomina dei magistrati abbia luogo solo per concorso, e che la nomina,
 anche  elettiva,  di magistrati onorari, possa aver luogo soltanto ed
 unicamente per le funzioni attribuite a giudici singoli.
    In  ultimo, l'art. 112 della Costituzione, afferma che il pubblico
 ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.
    Ebbene,  ritiene il giudicante che il sistema normativo come sopra
 delineato rispetto alla delegabilita'  delle  funzioni  del  pubblico
 ministero, in confronto degli ufficiali di polizia giudiziaria, cosi'
 come stabilito attualmente dall'art. 72 della legge 30 gennaio  1941,
 n. 12 e successive modificazioni e dall'art. 162 del d. lgs. 271/1989
 (disp. att. c.p.p.  1988)  (la  questione,  sollevata  qui  solo  con
 riferimento  agli  ufficiali  di  p.g.  perche'  solo  in tale limite
 rilevante  nel  presente  procedimento,  potrebbe  per  altro  essere
 analogamente  di non manifesta infondatezza anche per quanto riguarda
 i vice procuratori onorari), appaia  in  contrasto  con  i  parametri
 costituzionali  identificabili negli articoli sopra richiamati, ossia
 negli artt. 102, 106 e 112 della Costituzione.
    Infatti,  lo  svolgimento  di funzioni magistratuali requirenti da
 parte di ufficiali di p.g. nell'ambito di  processi  penali,  ove  si
 ritenga  che  tali  soggetti  non  siano  equiparati,  nonostante  le
 funzioni suddette, a magistrati (sia pure onorari), viola l'art.  102
 (poiche' consente che alcune funzioni giurisdizionali siano svolte da
 soggetti che non sono magistrati) nonche'  l'art.  112,  che  prevede
 l'obbligo  per  il  pubblico  ministero  di  esercitare (e dunque non
 soltanto di iniziare o promuovere, ma anche  di  coltivare)  l'azione
 penale  (il  che  significa  che  l'azione  penale non e' validamente
 esercitata se non e' esercitata dal pubblico ministero).
    Per  il  caso,  assai  piu'  verosimile,  in cui si ritenga che il
 legislatore ordinario,  merce'  le  norme  denunciate,  abbia  inteso
 rendere  possibile  il  conferimento,  a  tali  ufficiali di p.g., di
 funzioni magistratuali, deve ritenersi che esse norme violino  l'art.
 106 della Costituzione, in quanto attribuiscono a magistrati (onorari
 o, in ogni caso, non di carriera) funzioni giurisdizionali diverse da
 quelle esercitate da giudici singoli.
    La  denunciata  normativa,  inoltre, pare contrastare anche con il
 fondamentale principio di cui  all'art.  101  e  all'art.  104  della
 Costituzione,    giacche'    consente    l'esercizio    di   funzioni
 giurisdizionali da parte di soggetti i quali,  di  fatto,  sono  -  o
 possono  essere  anche - incardinati in una struttura militare che si
 caratterizza per la forte e rigorosa gerarchia, la  quale  conferisce
 al  militare  sovraordinato  determinanti  poteri  di  controllo  sul
 sottordinato.   Nella   fattispecie,   appunto,   l'u.p.g.   e'    un
 sottufficiale dell'arma dei carabinieri. Ritiene dunque il giudicante
 che le disposizioni reiteratamente menzionate violino il principio di
 soggezione solo alla legge e quello dell'indipendenza del magistrato,
 consacrati negli artt. 101 e 104 della Costituzione.
    In   proposito,   puo'  altresi'  considerarsi  che,  rispetto  al
 procuratore della Repubblica, l'art. 53 del c.p.p. del 1988  sancisce
 la  piena  indipendenza  del  p.m. di udienza sicche' non possono che
 rafforzarsi tali dubbi relativamente alla legittimita' costituzionale
 di  siffatta  scelta  che, se da un lato svincola l'ufficiale di p.g.
 delegato p.m. dal magistrato  di  carriera  che  dirige  la  procura,
 dall'altro  non  vale  certo  ad eliminare la soggezione del medesimo
 u.p.g.  rispetto  ai  suoi  superiori  gerarchici,   con   tutto   il
 pregiudizio  possibile  per  l'irrinunciabile  indipendenza  che deve
 contraddistinguere ogni magistrato, compresi quelli  onorari;  e  con
 buona  pace dei piu' lucidi intelletti che da tempo vanno mettendo in
 guardia  contro  il  pericolo  di  compromissione  del  principio  di
 legalita'  nell'esercizio  dell'azione  penale  ove  mai  il Pubblico
 ministero  venisse  posto  alle  dipendenze  gerarchiche  del  potere
 esecutivo.
    Infine, si ritiene di sottolineare brevemente alcuni altri profili
 di   illegittimita'   che   derivano   dalle   modifiche    apportate
 all'Ordinamento giudiziario in vista dell'entrata in vigore del nuovo
 codice di rito:
      la  scemata  difesa  dello  Stato-collettivita' che consegue, in
 fatto prima ancora che giuridicamente,  alla  mancata  previsione  di
 adeguata  preparazione  tecnico-professionale  del rappresentante del
 p.m., icasticamente riscontrabile solo da chi  abbia  avuto  modo  di
 assistere  a  dibattimenti,  come  il presente, nel quale il pubblico
 ministero u.p.g. dichiara a verbale: "Non so cosa  chiedere,  non  so
 cosa  occorra provare, non so cosa siano i mezzi di prova" oppure, in
 esito ad altro dibattimento precedente (in cui, vertendosi in ipotesi
 di  prova  documentale,  si e' ritenuto possibile provvedere anche in
 difetto di qualsivoglia richiesta del p.m.): "Non so cosa  chiedere";
 sicche'   patente   ne  risulta  la  violazione  dell'art.  24  della
 Costituzione certamente riferibile anche alla difesa della  comunita'
 che  il  p.m.  deve rappresentare (le sentenze vengono pronunciate in
 nome del popolo  italiano,  e  non  solo  delle  parti  personalmente
 presenti);
      i magistrati onorari, chiamati ad esercitare funzioni attribuite
 a giudici singoli, sono pur sempre nominati dal  consiglio  superiore
 della  magistratura, ai sensi dell'art. 105 della Costituzione, anche
 (appunto) per accertarne l'idoneita' tecnico-professionale; nulla  di
 simile   per   il   delegato   rappresentante  del  p.m.,  dalla  cui
 preparazione e contegno  processuale,  peraltro,  dipende  in  grande
 misura  l'accertamento dei fatti (giacche' il processo e' preordinato
 ad accertare fatti per poter applicare la legge penale e, dunque, non
 solo  ad  assolvere  ma,  eventualmente,  anche  a  condannare). Pare
 pertanto  configurabile  pure  la  violazione  dell'art.  105   della
 Costituzione in ordine ai criteri e modalita' di nomina;
      nessun  dubbio  che la garanzia di inamovibilita' e quelle altre
 garanzie prevedute dall'ordinamento giudiziario non  siano  in  alcun
 modo  applicabili  a  chi,  organicamente,  appartenga  ad  un  corpo
 gerarchicamente (e sia pur  non  militarmente)  organizzato.  Dunque,
 pare  realizzata  anche  la  violazione dei commi 1 e 4 dell'art. 107
 della Costituzione;
      la  confusione  fra funzioni di autorita' giudiziaria e funzioni
 di polizia  giudiziaria  porta  a  situazioni  paradossali:  l'u.p.g.
 delegato  a  svolgere  funzioni  di  p.m.  infatti,  in  qualita'  di
 autorita' giudiziaria, e' formalmente sovraordinato, per il tempo  in
 cui  esercita la delega, agli altri appartenenti al suo stesso corpo,
 e dunque  anche  a  quelli  fra  di  essi  cui,  altrimenti,  sarebbe
 sottordinato:  e'  pur  vero  che  si  tratterebbe  di situazioni non
 consuete  (necessita'  istruttorie   da   svolgersi   in   corso   di
 dibattimento,  ovvero  polizia di udienza in assenza del giudice), ma
 comunque non irrealizzabili. Ebbene,  risulta  di  fatto  scarsamente
 plausibile  che  la  disponibilita' degli appartenenti alla p.g. piu'
 elevati in grado sia configurabile in  dette  ipotesi,  da  parte  di
 quella  ibrida  autorita' giudiziaria, sicche' deve ritenersi violato
 pure il precetto dell'art. 109 della Costituzione.
    In  forza  di  tutti gli argomenti svolti, dunque, in questa fase,
 unico potere legittimamente  esercitabile  dal  giudicante,  dopo  la
 prospettazione  della  questione  di  legittimita' costituzionale, e'
 quello di sospendere il processo.
    Gli  atti vanno percio' trasmessi alla Corte costituzionale per la
 relativa decisione; il presente processo deve essere sospeso; a  cura
 della cancelleria vanno inoltrate le prescritte comunicazioni.
                                P. Q. M.
    Letti  ed  applicati  gli  artt.  134 della Costituzione, 11 della
 legge 87/1953;
    Dichiara  non  manifestamente  infondata  e  rilevante ai fini del
 decidere la questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  72
 dell'ordinamento  giudiziario, approvato con r.d. 30 gennaio 1941, n.
 12; come modificato dall'art. 22 delle norme di adeguamento al  nuovo
 codice  di  procedura  penale,  approvate  con il d.P.R. 22 settembre
 1988, n. 449,  e  successivamente  ancora  dall'art.  1  del  decreto
 legislativo  2 febbraio 1990 n. 15, nonche' dell'art. 162 del d. lgs.
 271/1989, nella parte  in  cui  tali  norme  prevedono  che  funzioni
 magistratuali,   corrispondenti   a  quelle  del  pubblico  ministero
 nell'udienza  dibattimentale  penale,  possano  essere  delegate   ad
 ufficiali   di   polizia  giudiziaria,  anche  militari  inseriti  in
 strutture rigorosamente gerarchiche; e dunque delegate a  soggetti  i
 quali:
      non  sono  soggetti  soltanto  alla legge bensi' pure al vincolo
 gerarchico del corpo nel quale sono incardinati;
      non  sono  ne'  magistrati  ordinari  ne' magistrati onorari ne'
 d'altra natura;
      non sono indipendenti dal potere esecutivo;
      non  sono  in  alcun  modo controllabili dal consiglio superiore
 della magistratura, ne' al momento della loro nomina  ne'  in  ordine
 all'esercizio delle loro funzioni giurisdizionali;
      non sono nominati per concorso;
      pur  essendo  designati  dal procuratore della Repubblica, senza
 alcuna forma di controllo, ne' da parte del consiglio giudiziario ne'
 da   parte   del   consiglio   superiore,   non   svolgono   funzioni
 giurisdizionali corrispondenti a quelle conferite a giudici  singoli,
 che sole legittimerebbero la nomina onoraria;
      non   sono   inamovibili   da   parte   dell'amministrazione  di
 provenienza, a differenza pure degli organi  di  polizia  giudiziaria
 incardinati nelle sezioni;
      non  godono  delle  altre  garanzie  stabilite  per  il pubblico
 ministero dalle norme sull'ordinamento giudiziario;
      accentrano in se' funzioni di autorita' giudiziaria e di polizia
 giudiziaria;
 e  dunque  in  riferimento ai parametri costituzionali rappresentanti
 dagli artt. 24, 101, 102, 104, 105, 106, 107, 109, 111  e  112  della
 Costituzione  i  quali:  stabiliscono  che  il  giudice  e'  soggetto
 soltanto alla legge; impongono che le funzioni giurisdizionali  siano
 esercitate   unicamente  da  magistrati;  stabiliscono  che  l'ordine
 giudiziario deve essere indipendente;  impongono  che  ai  magistrati
 onorari  (o  comunque non di carriera) possano essere attribuite solo
 funzioni giudicanti singole,  e  che  l'azione  penale  debba  essere
 esercitata dal Pubblico ministero;
    Sospende il dibattimento a carico di Madaschi Santo (proc. pen. n.
 3010/1990 rg della pretura);
    Dispone   che   tutti   gli   atti  del  presente  giudizio  siano
 tempestivamente trasmessi alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri, e che  ne  venga
 data  comunicazione  al  Presidente del Senato della Repubblica ed al
 Presidente della Camera dei Deputati della Repubblica.
      Clusone, addi' 25 maggio 1990
                          Il pretore: PERTILE

 90C0924