N. 482 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 maggio 1990
N. 482 Ordinanza emessa il 25 maggio 1990 al pretore di Bergamo, sezione distaccata di Clusone, nel procedimento penale a carico di Madasci Santo Processo penale - Nuovo codice - Delegabilita' delle funzioni di p.m. a ufficiali di polizia giudiziaria (nella specie: sottufficiale dei carabinieri) nell'udienza dibattimentale penale - Svilimento del diritto di difesa dello Stato anche come comunita' - Lesione del principio di soggezione del giudice alla sola legge Affidamento di funzioni giurisdizionali per di piu' diverse da quelle esercitate da giudici singoli a persone inserite in strutture gerarchiche dipendenti dal potere esecutivo, prive delle garanzie godute dai magistrati, non nominate per concorso e designate senza alcun controllo ne' del consiglio giudiziario ne' del C.S.M. - Accentramento di funzioni di autorita' giudiziaria e di polizia giudiziaria. (R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 72, modificato dal d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, art. 22; d.lgs. 2 febbraio 1990, n. 15, art. 1; d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 162). (Cost., artt. 101, 102, 104, 106 e 112).(GU n.33 del 22-8-1990 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 3010/1990 r.g. pretura di Clusone. All'odierna udienza, relativa al dibattimento ordinario a carico di Madaschi Santo, per il reato di cui all'art. 56, 624, e 625 del c.p., interveniva l'ufficiale di polizia giudiziaria brig. Paolo de Rinaldis, il quale, in forza di delega nominativa scritta ricevuta dal procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Bergamo in data 24 maggio 1990, era stato chiamato a svolgere, in udienza, funzioni corrispondenti a quelle del magistrato del pubblico ministero dinnanzi a questo ufficio. Il pretore, dopo che il p.m. aveva dichiarato di non essere competente in materia e di non sapere quindi cosa chiedere, d'ufficio, ravvisava la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale delle attuali norme dell'ordinamento giudiziario che prevedono la esplicazione delle funzioni di p.m. d'udienza da parte di delegati del procuratore della Repubblica. O S S E R V A Non sembrano necessari speciali argomenti per dimostrare l'indefettibilita' della presenza del p.m. alla presente fase processuale, con il corollario che, in mancanza di tale soggetto necessario del processo, questo non possa utilmente esser celebrato. Proprio percio', nel caso presente, non puo' farsi a meno di dichiarare la rilevanza e la non manifesta infondatezza del dubbio di legittimita' costituzionale, nel senso appresso precisato. La rilevanza della questione, come anticipato, puo' dirsi autoevidente: se una fase processuale si svolge senza l'intervento, nelle forme e nei modi previsti dalla Costituzione, degli organi giurisdizionali, in realta' essa non e' incardinata, e quindi non puo' legittimamente compiersi. Del resto, la mancata partecipazione al procedimento del legittimo pubblico ministero, comporterebbe la nullita' comminata dall'art. 178, lett. b), del c.p.p. del 1988, dal che si desume la rilevanza della questione che si passa ad esporre. L'art. 72 dell'ordinamento giudiziario, approvato con r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'art. 22 delle norme di adeguamento al nuovo codice di procedura penale, approvate con il d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, prevede invero che le funzioni requirenti per le udienze dibattimentali, oltre che ad un uditore giudiziario ovvero ad un vice procuratore onorario, possano essere delegate pure ad un ufficiale di polizia giudiziaria nominativamente designato dal procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale. In questa sede non pare il caso di soffermarsi sull'ulteriore modifica dell'art. 72 dell'ordinamento giudiziario, apportata dal d.lgs. 2 febbraio 1990, n. 15, se non per osservare che, sulla scorta di una (prima) interpretazione, puo' ritenersi che essa non escluda la delegabilita' delle funzioni di pubblico ministero ad un ufficiale di polizia giudiziaria anche per la fase di convalida dell'arresto, purche' contestuale al (sia pure eventuale) giudizio di merito, ai sensi dell'art. 162, secondo comma, delle disposizioni attuative del c.p.p. (d.lgs. n. 271/1989); oltre che per osservare che, comunque, lo stesso legislatore ha inteso circoscrivere la delegabilita' di funzioni requirenti in favore degli ufficiali di p.g. ad udienze, per reati di competenza pretorile, diverse da quelle tenute dal giudice per le indagini preliminari ai fini della convalida del fermo o, a determinate condizioni, dell'arresto. Preme insomma sottolineare la contraddizione di un legislatore il quale, pur individuando nel dibattimento dell'attuale rito il momento centrale, e per cio' stesso il piu' delicato ed il piu' importante, del nuovo processo penale, ha tuttavia opinato che, per tale fase, l'ufficiale di p.g. potesse avere adeguata competenza e qualificazione tecnico-professionale, che, invece, non gli sarebbe sufficiente per fasi meno delicate ed importanti, quali quelle dei giudizi di convalida avanti al giudice per le indagini preliminari. Pur trattandosi di scelta discrezionale del legislatore, non puo' mancare di rafforzare il dubbio di irragionevolezza, oltre che di illegittimita' costituzionale, dell'intero sistema della delegabilita' (istituto anomalo, con tutta evidenza extra ordinem, e per conseguenza ibrido nella sua stessa definizione lessicale) delle funzioni giurisdizionali requirenti. Per meglio spiegare il proprio dubbio, questo pretore ritiene di dover svolgere alcune brevi considerazioni preliminari sul complessivo sistema scolpito, con grande efficacia ed univocita', dalla Costituzione per i magistrati del p.m. Intanto, il quadro di garanzie di indipendenza ed autonomia risulta tracciato, rispettivamente, per tutti i singoli magistrati e per l'ordine giudiziario nella sua interezza. Si tratta di un nucleo di garanzie indivisibili (oltre che all'autonomia e alla indipendenza, enunciate nell'art. 104, primo comma, si pensi alla inamovibilita' stabilita dall'art. 107, primo comma, per tutti i magistrati, e dunque anche per quelli del pubblico ministero), non riferibili dunque ai soli magistrati giudicanti. E' pur vero che l'art. 101, secondo comma, per dire che solo i giudici (e non anche i magistrati del pubblico ministero) sono soggetti soltanto alla legge: in proposito si deve pero' ricordare, da un lato, che l'assemblea costituente aveva approvato definitivamente il testo del comma in questione nella forma "I magistrati sono soggetti soltanto alla legge", e pertanto fu inspiegabile (e diffusamente criticata) la sua variazione, nell'attuale testo, operata dal comitato di redazione (cui competevano solo compiti di coordinamento e di adeguamento stilistico); e dall'altro lato che, comunque, il cennato impianto di garanzie e' unitario sicche' l'indipendenza del pubblico ministero, ed il suo eventuale soggiornamento al potere esecutivo, sarebbero attuabili solo merce' la revisione di molte disposizioni della Grundnorme. In proposito inoltre, vale osservare che l'art. 108, secondo comma della Costituzione nel sancire che la legge deve assicurare l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia (con evidente riferimento alle forme di partecipazione popolare ex art. 102, comma 3, Costituzione ovvero agli esperti che concorrono a determinazioni collegiali), non puo' non sottintendere, a fortiori, la necessaria indipendenza dei magistrati del pubblico ministero presso le giurisdizioni ordinarie. Altrettanto pacifica, inoltre, deve ritenersi la natura giurisdizionale delle funzioni esercitate dal pubblico ministero. In particolare, considerato che la giurisdizione e' l'attivita' attuativa della legge, e considerato inoltre che, nel diritto penale, la legge si attua con l'esercizio della azione, per il quale e' esclusivamente competente il pubblico ministero, solo a prezzo di tortuosi bizantinismi si potrebbe negare il carattere giurisdizionale dell'attivita' esplicata da tale organo, cui viene quindi pacificamente riconosciuto il carattere di giurisdizionalita' (assai migliore approfondimento delle questioni ha dato, per tutte, Corte costituzionale n. 52/1976). Conseguenza ineludibile di tali premesse e' che chi esercita tali funzioni giurisdizionali requirenti, pel fatto stesso di esplicarle, e', e non puo' essere altro che, un magistrato, a tenore dell'art. 102, primo comma, della Costituzione. Tale osservazione esime dall'ulteriormente motivare sul dissenso di questo giudice rispetto all'opinione, manifestata da taluno, secondo la quale gli ufficiali di p.g. delegati non sarebbero, per il tempo di adempimento della delega, magistrati onorari (dal che vien fatta discendere, ad esempio, l'ulteriore ed aberrante conseguenza che i delegati u.p.g., che siano anche militari, siano esonerati dall'obbligo di indossare la toga nelle pubbliche udienze - come invece previsto dall'art. 156 e seguenti del r.d. 14 dicembre 1865, n. 2641, regolamento generale giudiziario per l'esecuzione del c.p.c., del c.p.p. e della legge sull'ordinamento giudiziario - e che essi debbano o comunque possano, invece, indossare l'uniforme di competenza). D'altro canto, la citata sentenza n. 52/1976 della Corte costituzionale ha ampiamente chiarito che non possono in riferimento alla Costituzione, legittimamente prospettarsi ipotesi legislative di attribuzione di funzioni requirenti con meccanismi differenziati da quelli pevisti per gli altri magistrati, con la pretestuosa giustificazione della differenza di funzioni fra i magistrati requirenti e quelli giudicanti, ma sul punto si tornera' piu' oltre. Va, ancora, premesso che l'esercizio della giurisdizione penale si ricollega all'interesse per la realizzazione della giustizia che "fra l'altro, vale ad assicurare l'esercizio di tutte le liberta', ed e' anch'esso garantito, in via primaria, dalla Costituzione" (Corte costituzionale 28 novembre 1968, n. 114), e che il diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione, oltre che trovar limite nelle esigenze costituzionalmente rilevanti di tutela della incolumita' e della sicurezza pubblica (su cui, ad es., Corte costituzionale 6 maggio 1976, n. 110), deve essere riconosciuto anche allo Stato, ove questo si configuri quale soggetto-parte del processo (e dove mai, meglio e piu' che nell'attuale struttura competitiva - anziche' cognitiva - del processo penale, lo Stato, rappresentato nella sua pretesa punitiva o, piu' correttamente, nella sua pretesa di legalita' dal p.m., assumerebbe a pieno titolo il ruolo di parte?). Ultima premessa necessaria e' quella relativa al concorso come modalita' ordinaria e generale di accesso alla magistratura, e ai limiti stabiliti dalla Costituzione per altre forme di accesso all'esercizio di funzioni giurisdizionali. Ora, trascurando la figura dei giudici popolari, ai quali non si crede di poter seriamente comparare e ricondurre il delegato ufficiale di p.g., l'art. 106 della Costituzione prevede che magistrati non professionali, ossia magistrati onorari (aggettivo idoneo a connotare tutti i soggetti esercenti giurisdizione, diversi dai magistrati professionali ovvero di carriera), possano essere nominati, anche in forma elettiva, per esercitare tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. Da tale norma discendono due ordini di considerazioni: il primo, consiste nell'affermazione della necessita' del concorso, sia come strumento per garantire l'accesso all'ufficio a parte di chiunque, sia quale idoneo strumento per l'accertamento della idoneita' e della qualificazione tecnico-professionale indispensabili (seppur non sufficienti) per l'esercizio della giurisdizione; il secondo, che i magistrati non professionali possono essere chiamati a svolgere solo funzioni giudicanti monocratiche, sul principale presupposto di fatto che, all'epoca, diversamente che dal tempo presente, tali funzioni giudicanti riguardavano la giustizia cosiddetta minore. Ad colorandum, in fatto non puo' mancarsi di osservare, anzitutto, che, mentre l'accertamento del possesso, in capo ai soggetti delegabili alle funzioni requirenti, di determinati e specifici requisiti di competenza tecnica processualpenalistica, oltre che di diritto penale sostanziale, risulta implicito sia per il caso dell'uditore giudiziario, il quale ha superato il relativo concorso statuale, sia per il caso del vice procuratore onorario (alla cui nomina, operata dal consiglio superiore della magistratura, possono aspirare solo determinate categorie di soggetti, i quali dispongano di peculiari requisiti), ne, caso dell'ufficiale di polizia giudiziaria tale preventiva verifica della idoneita' tecnica non e' prevista, ne', ad esempio, viene prescritto che egli abbia conseguito il diploma di laurea, requisito minimale di qualificazione tecnico-professionale. Dal punto di vista pratico, la situazione importa un grave pegiudizio delle ragioni della collettivita': come e' ormai noto e reso palese a distanza di pochi mesi dalla sua entrata in vigore, il nuovo codice, colla sua rigida impostazione strutturale di ruoli e parti dialogicamente contrapposte, tra i caratteri del processo penale ha notevolmente accentuato, piuttosto che le componenti di accertamento della verita', quelle competitive, di agonismo fra le parti. Tale situazione, nella quale il giudice e' sostanzialmente vincolato dal principio dispositivo e dai limiti del petitum del pubblico ministero, esige una approfondita preparazione tecnica delle parti, sicche', la elevata, ma pur comprensibilmente diversa, professionalita' dei soggetti che hanno sin qui svolto solo funzioni di polizia giudiziaria (ai quali, seppure non sia disconoscibile una adeguata preparazione sul diritto sostanziale, non puo' nondimeno riconoscersi altrettanto adeguata preparazione processualpenalistica) rispetto agli altri soggetti delegabili, non puo' non suscitare, almeno in fatto, fortissime perplessita', a meno di voler ammettere (cosa inammissibile) che, in tali ipotesi, vien fatto ancora carico al giudicante di prender le parti anche del pubblico ministero. Quel che qui piu' importa, peraltro, e' che, dal punto di vista della stretta legittimita', la delegabilita', normativamente prevista, delle funzioni requirenti, desta serissimi dubbi di conformita' al precetto costituzionale. Infatti, come innanzi ricordato, l'art. 102 della Costituzione prevede che le funzioni giurisdizionali siano esercitate da magistrati. La norma costituzionale, insomma, non limita l'esercitabilita' di funzioni da parte di magistrati alle sole funzioni giudicanti, ma impone che tutte le funzioni giurisdizionali, e dunque anche quelle requirenti, siano svolte da magistrati. Ne segue, a parere dello scrivente, che chi puo' esercitare le funzioni giurisdizionali, a tenore della Costituzione, possono essere solo i magistrati e, simmetricamente, che l'esercizio di funzioni giurisdizionali importa l'attribuzione della qualifica di magistrato al soggetto che le esplichi. D'altro canto, l'art. 106 della Costituzione, prevede che la nomina dei magistrati abbia luogo solo per concorso, e che la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari, possa aver luogo soltanto ed unicamente per le funzioni attribuite a giudici singoli. In ultimo, l'art. 112 della Costituzione, afferma che il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. Ebbene, ritiene il giudicante che il sistema normativo come sopra delineato rispetto alla delegabilita' delle funzioni del pubblico ministero, in confronto degli ufficiali di polizia giudiziaria, cosi' come stabilito attualmente dall'art. 72 della legge 30 gennaio 1941, n. 12 e successive modificazioni e dall'art. 162 del d. lgs. 271/1989 (disp. att. c.p.p. 1988) (la questione, sollevata qui solo con riferimento agli ufficiali di p.g. perche' solo in tale limite rilevante nel presente procedimento, potrebbe per altro essere analogamente di non manifesta infondatezza anche per quanto riguarda i vice procuratori onorari), appaia in contrasto con i parametri costituzionali identificabili negli articoli sopra richiamati, ossia negli artt. 102, 106 e 112 della Costituzione. Infatti, lo svolgimento di funzioni magistratuali requirenti da parte di ufficiali di p.g. nell'ambito di processi penali, ove si ritenga che tali soggetti non siano equiparati, nonostante le funzioni suddette, a magistrati (sia pure onorari), viola l'art. 102 (poiche' consente che alcune funzioni giurisdizionali siano svolte da soggetti che non sono magistrati) nonche' l'art. 112, che prevede l'obbligo per il pubblico ministero di esercitare (e dunque non soltanto di iniziare o promuovere, ma anche di coltivare) l'azione penale (il che significa che l'azione penale non e' validamente esercitata se non e' esercitata dal pubblico ministero). Per il caso, assai piu' verosimile, in cui si ritenga che il legislatore ordinario, merce' le norme denunciate, abbia inteso rendere possibile il conferimento, a tali ufficiali di p.g., di funzioni magistratuali, deve ritenersi che esse norme violino l'art. 106 della Costituzione, in quanto attribuiscono a magistrati (onorari o, in ogni caso, non di carriera) funzioni giurisdizionali diverse da quelle esercitate da giudici singoli. La denunciata normativa, inoltre, pare contrastare anche con il fondamentale principio di cui all'art. 101 e all'art. 104 della Costituzione, giacche' consente l'esercizio di funzioni giurisdizionali da parte di soggetti i quali, di fatto, sono - o possono essere anche - incardinati in una struttura militare che si caratterizza per la forte e rigorosa gerarchia, la quale conferisce al militare sovraordinato determinanti poteri di controllo sul sottordinato. Nella fattispecie, appunto, l'u.p.g. e' un sottufficiale dell'arma dei carabinieri. Ritiene dunque il giudicante che le disposizioni reiteratamente menzionate violino il principio di soggezione solo alla legge e quello dell'indipendenza del magistrato, consacrati negli artt. 101 e 104 della Costituzione. In proposito, puo' altresi' considerarsi che, rispetto al procuratore della Repubblica, l'art. 53 del c.p.p. del 1988 sancisce la piena indipendenza del p.m. di udienza sicche' non possono che rafforzarsi tali dubbi relativamente alla legittimita' costituzionale di siffatta scelta che, se da un lato svincola l'ufficiale di p.g. delegato p.m. dal magistrato di carriera che dirige la procura, dall'altro non vale certo ad eliminare la soggezione del medesimo u.p.g. rispetto ai suoi superiori gerarchici, con tutto il pregiudizio possibile per l'irrinunciabile indipendenza che deve contraddistinguere ogni magistrato, compresi quelli onorari; e con buona pace dei piu' lucidi intelletti che da tempo vanno mettendo in guardia contro il pericolo di compromissione del principio di legalita' nell'esercizio dell'azione penale ove mai il Pubblico ministero venisse posto alle dipendenze gerarchiche del potere esecutivo. Infine, si ritiene di sottolineare brevemente alcuni altri profili di illegittimita' che derivano dalle modifiche apportate all'Ordinamento giudiziario in vista dell'entrata in vigore del nuovo codice di rito: la scemata difesa dello Stato-collettivita' che consegue, in fatto prima ancora che giuridicamente, alla mancata previsione di adeguata preparazione tecnico-professionale del rappresentante del p.m., icasticamente riscontrabile solo da chi abbia avuto modo di assistere a dibattimenti, come il presente, nel quale il pubblico ministero u.p.g. dichiara a verbale: "Non so cosa chiedere, non so cosa occorra provare, non so cosa siano i mezzi di prova" oppure, in esito ad altro dibattimento precedente (in cui, vertendosi in ipotesi di prova documentale, si e' ritenuto possibile provvedere anche in difetto di qualsivoglia richiesta del p.m.): "Non so cosa chiedere"; sicche' patente ne risulta la violazione dell'art. 24 della Costituzione certamente riferibile anche alla difesa della comunita' che il p.m. deve rappresentare (le sentenze vengono pronunciate in nome del popolo italiano, e non solo delle parti personalmente presenti); i magistrati onorari, chiamati ad esercitare funzioni attribuite a giudici singoli, sono pur sempre nominati dal consiglio superiore della magistratura, ai sensi dell'art. 105 della Costituzione, anche (appunto) per accertarne l'idoneita' tecnico-professionale; nulla di simile per il delegato rappresentante del p.m., dalla cui preparazione e contegno processuale, peraltro, dipende in grande misura l'accertamento dei fatti (giacche' il processo e' preordinato ad accertare fatti per poter applicare la legge penale e, dunque, non solo ad assolvere ma, eventualmente, anche a condannare). Pare pertanto configurabile pure la violazione dell'art. 105 della Costituzione in ordine ai criteri e modalita' di nomina; nessun dubbio che la garanzia di inamovibilita' e quelle altre garanzie prevedute dall'ordinamento giudiziario non siano in alcun modo applicabili a chi, organicamente, appartenga ad un corpo gerarchicamente (e sia pur non militarmente) organizzato. Dunque, pare realizzata anche la violazione dei commi 1 e 4 dell'art. 107 della Costituzione; la confusione fra funzioni di autorita' giudiziaria e funzioni di polizia giudiziaria porta a situazioni paradossali: l'u.p.g. delegato a svolgere funzioni di p.m. infatti, in qualita' di autorita' giudiziaria, e' formalmente sovraordinato, per il tempo in cui esercita la delega, agli altri appartenenti al suo stesso corpo, e dunque anche a quelli fra di essi cui, altrimenti, sarebbe sottordinato: e' pur vero che si tratterebbe di situazioni non consuete (necessita' istruttorie da svolgersi in corso di dibattimento, ovvero polizia di udienza in assenza del giudice), ma comunque non irrealizzabili. Ebbene, risulta di fatto scarsamente plausibile che la disponibilita' degli appartenenti alla p.g. piu' elevati in grado sia configurabile in dette ipotesi, da parte di quella ibrida autorita' giudiziaria, sicche' deve ritenersi violato pure il precetto dell'art. 109 della Costituzione. In forza di tutti gli argomenti svolti, dunque, in questa fase, unico potere legittimamente esercitabile dal giudicante, dopo la prospettazione della questione di legittimita' costituzionale, e' quello di sospendere il processo. Gli atti vanno percio' trasmessi alla Corte costituzionale per la relativa decisione; il presente processo deve essere sospeso; a cura della cancelleria vanno inoltrate le prescritte comunicazioni.
P. Q. M. Letti ed applicati gli artt. 134 della Costituzione, 11 della legge 87/1953; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante ai fini del decidere la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 72 dell'ordinamento giudiziario, approvato con r.d. 30 gennaio 1941, n. 12; come modificato dall'art. 22 delle norme di adeguamento al nuovo codice di procedura penale, approvate con il d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, e successivamente ancora dall'art. 1 del decreto legislativo 2 febbraio 1990 n. 15, nonche' dell'art. 162 del d. lgs. 271/1989, nella parte in cui tali norme prevedono che funzioni magistratuali, corrispondenti a quelle del pubblico ministero nell'udienza dibattimentale penale, possano essere delegate ad ufficiali di polizia giudiziaria, anche militari inseriti in strutture rigorosamente gerarchiche; e dunque delegate a soggetti i quali: non sono soggetti soltanto alla legge bensi' pure al vincolo gerarchico del corpo nel quale sono incardinati; non sono ne' magistrati ordinari ne' magistrati onorari ne' d'altra natura; non sono indipendenti dal potere esecutivo; non sono in alcun modo controllabili dal consiglio superiore della magistratura, ne' al momento della loro nomina ne' in ordine all'esercizio delle loro funzioni giurisdizionali; non sono nominati per concorso; pur essendo designati dal procuratore della Repubblica, senza alcuna forma di controllo, ne' da parte del consiglio giudiziario ne' da parte del consiglio superiore, non svolgono funzioni giurisdizionali corrispondenti a quelle conferite a giudici singoli, che sole legittimerebbero la nomina onoraria; non sono inamovibili da parte dell'amministrazione di provenienza, a differenza pure degli organi di polizia giudiziaria incardinati nelle sezioni; non godono delle altre garanzie stabilite per il pubblico ministero dalle norme sull'ordinamento giudiziario; accentrano in se' funzioni di autorita' giudiziaria e di polizia giudiziaria; e dunque in riferimento ai parametri costituzionali rappresentanti dagli artt. 24, 101, 102, 104, 105, 106, 107, 109, 111 e 112 della Costituzione i quali: stabiliscono che il giudice e' soggetto soltanto alla legge; impongono che le funzioni giurisdizionali siano esercitate unicamente da magistrati; stabiliscono che l'ordine giudiziario deve essere indipendente; impongono che ai magistrati onorari (o comunque non di carriera) possano essere attribuite solo funzioni giudicanti singole, e che l'azione penale debba essere esercitata dal Pubblico ministero; Sospende il dibattimento a carico di Madaschi Santo (proc. pen. n. 3010/1990 rg della pretura); Dispone che tutti gli atti del presente giudizio siano tempestivamente trasmessi alla Corte costituzionale; Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri, e che ne venga data comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei Deputati della Repubblica. Clusone, addi' 25 maggio 1990 Il pretore: PERTILE 90C0924