N. 362 ORDINANZA 11 - 20 luglio 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Tributi in genere - Imposte sui redditi - Infedele dichiarazione  dei
 redditi - Asserita indeterminatezza della fattispecie penale -
 Richiamo alla sentenza n. 247/1989 - Questione gia' dichiarata
 manifestamente infondata - Manifesta infondatezza.
 
 (D.-L. 10 luglio 1982, n. 429, art. 4, n. 7, convertito in legge  7
 agosto 1982, n. 516).
 
 (Cost., artt. 3 e 25, secondo comma).
 
(GU n.32 del 8-8-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 4, n. 7, del
 decreto legge 10 luglio  1982,  n.  429  (Norme  per  la  repressione
 dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto
 e per agevolare la definizione delle pendenze in materia  tributaria)
 come  convertito  nella  legge  7  agosto  1982, n. 516, promossi con
 quattro ordinanze emesse il 23 gennaio 1990 dalla Corte d'appello  di
 Torino,  il  9  febbraio  1990,  il 15 febbraio 1990 dal Tribunale di
 Torino ed il 22 gennaio 1990 dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio
 Emilia,  iscritte  ai  nn. 218, 220, 221 e 267 del registro ordinanze
 1990 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica nn. 20  e
 21, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visti  gli  atti  d'intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 26 giugno 1990 il Giudice
 relatore Renato Dell'Andro;
    Ritenuto  che, con due ordinanze emesse rispettivamente il 9 ed il
 15 febbraio 1990 (Reg. ord. nn.  220  e  221/1990)  il  Tribunale  di
 Torino   ha   sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 4, n. 7, del decreto legge 10 luglio  1982,  n.  429,  come
 convertito nella legge 7 agosto 1982, n. 516;
      che,  innanzi tutto, il giudice a quo ritiene che il citato art.
 4, n. 7, violi l'art. 25, secondo comma,  Cost.,  in  quanto  sarebbe
 carente  di  parametri  normativi determinati o di criteri di massima
 che  consentano  di  individuare  la  fattispecie   di   reato,   con
 particolare riferimento ai concetti di simulazione o dissimulazione e
 di alterazione della misura rilevante;
      che,  in  secondo  luogo,  il  Tribunale  di  Torino  afferma il
 contrasto con l'art. 3 Cost. del citato  art.  4,  n.  7,  in  quanto
 produrrebbe   un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra  la
 categoria dei contribuenti titolari di "redditi di lavoro autonomo  o
 d'impresa" e quella dei titolari di "redditi fondiari o di capitali o
 altri redditi" di cui all'art. 1, secondo comma, n.  3  dello  stesso
 decreto legge n. 429 del 1982, convertito in legge n. 516 del 1982;
      che  il  giudice  a  quo,  peraltro,  ritiene di non condividere
 l'interpretazione con la quale la Corte costituzionale ha  dichiarato
 non  fondate  le  predette questioni (sentenza n. 247 del 1989) ed in
 base alla quale, ai  fini  dell'integrazione  del  reato  previsto  e
 punito  dal  predetto art. 4, n. 7, da un lato, non e' sufficiente il
 solo simulare o dissimulare ma  sarebbe  necessario  un  qualcosa  di
 ulteriore,  e  cioe'  un'attivita'  preparatoria  (fraudolenta)  alla
 dichiarazione  finale,  volta  all'alterazione  del  risultato  della
 dichiarazione   stessa;   e,   d'altro   lato,  la  misura  rilevante
 dell'alterazione sarebbe un elemento estraneo  alla  vera  e  propria
 condotta,   un   elemento   di   carattere  oggettivo  e  quindi  non
 determinante ai fini dell'individuazione della fattispecie;
      che  l'ordinanza  di  rimessione  rileva  che  anche la Corte di
 cassazione  (Sez.  III,  3  luglio  1989,  n.  12495)   ha   adottato
 l'interpretazione, condivisa dal giudice a quo ma difforme da quella,
 innanzi citata, resa dalla Corte costituzionale;
      che,  pertanto,  il  Tribunale  di  Torino,  non condividendo la
 predetta interpretazione accolta dalla Corte costituzionale,  ritiene
 opportuno   sollevare   nuovamente   la   questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 4, n. 7, del decreto legge n. 429 del  1982,
 convertito in legge n. 516 del 1982;
      che  identica  questione  e'  stata sollevata, in riferimento al
 solo art. 3 Cost., dal giudice per le indagini preliminari presso  il
 Tribunale  di  Reggio Emilia con ordinanza 22 gennaio 1990 (Reg. ord.
 nn. 267/1990) nonche' dalla Corte d'Appello di Torino  con  ordinanza
 23 gennaio 1990 (Reg. ord. n. 218/1990);
      che,   nei   giudizi  sollevati  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari presso il  Tribunale  di  Reggio  Emilia  e  dalla  Corte
 d'Appello  di  Torino  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  concludendo  per  l'inammissibilita'  e, comunque, per la non
 fondatezza della questione;
    Considerato   che,   in  ragione  dell'identita'  delle  questioni
 sollevate, i relativi giudizi possono essere riuniti;
      che  identica  questione e' stata gia' dichiarata manifestamente
 infondata con ordinanza n.  279  del  1990  con  la  quale  e'  stato
 ribadito che l'interpretazione adottata da questa Corte con la citata
 sentenza n. 247 del 1989 "condiziona la  costituzionalita'  dell'art.
 4,  n.  7 del decreto legge n. 429 del 1982, come convertito in legge
 n. 516 del 1982"; che la predetta interpretazione e' stata del  resto
 seguita  da  un  piu'  recente orientamento della Corte di cassazione
 (Sez. III, 1Πfebbraio 1990, n. 4664) e che, comunque,  quando,  come
 nel caso di specie, una norma consente interpretazioni diverse, delle
 quali solo una  rende  la  norma  stessa  compatibile  con  il  testo
 costituzionale, va seguita quest'ultima;
      che,   pertanto,   le   sollevate   questioni   di  legittimita'
 costituzionale vanno dichiarate manifestamente infondate;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i  giudizi,  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,  n.  7,  del
 decreto  legge  10  luglio  1982,  n.  429  (Norme per la repressione
 dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto
 e  per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria)
 come convertito nella legge 7 agosto  1982,  n.  516,  sollevata,  in
 riferimento agli artt. 3 e 25, secondo comma, Cost., dal Tribunale di
 Torino nonche', in riferimento al solo art. 3 Cost., dal giudice  per
 l'istruttoria  preliminare  presso  il  Tribunale  di Reggio Emilia e
 dalla  Corte  d'Appello  di  Torino  con  le  ordinanze  indicate  in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  in camera di consiglio, nella sede della
 Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                        Il redattore: DELL'ANDRO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 20 luglio 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 90C0952