N. 379 ORDINANZA 12 - 25 luglio 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Procedimento civile - Prova per testimoni - Teste sospetto di
 falsita' - Possibilita' per il giudice civile di proporre l'arresto
 in udienza - Questione concernente norma abrogata con l'entrata in
 vigore del nuovo codice di procedura penale Manifesta
 inammissibilita'.
 
 (C.P.C., art. 256, ultima parte).
 
 (Cost., artt. 3, primo comma, e 27).
 
(GU n.34 del 29-8-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 256 del codice
 di procedura civile, promosso con ordinanza  emessa  il  20  febbraio
 1990  dal  Pretore  di  Torino  nel  procedimento civile vertente tra
 Chirico Antonio e Caniglia Pietro ed altra, iscritta al  n.  321  del
 registro  ordinanze  1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 23, prima Serie speciale dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio dell'11 luglio 1990 il Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
    Ritenuto che nel corso di un giudizio civile il Pretore di Torino,
 essendo "sorto il fondato sospetto di falsita'" delle deposizioni  di
 due  testimoni  escussi  all'udienza istruttoria del 9 febbraio 1990,
 senza disporre l'arresto dei testimoni medesimi, con ordinanza emessa
 il   20   febbraio  1990,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 97 della  Costituzione,
 dell'art.   256  c.p.c.  nella  parte  in  cui  consente  al  giudice
 istruttore di disporre l'arresto  in  udienza  del  teste  sulla  cui
 deposizione sia sorto il fondato sospetto di falsita' o di reticenza;
      che  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, che ha  concluso
 per l'inammissibilita' o l'infondatezza della questione;
    Considerato   che  l'art.  214  delle  "Norme  di  attuazione,  di
 coordinamento  e  transitorie  del  codice  di   procedura   penale",
 approvate  con  d.P.R.  28  luglio 1989, n. 271, stabilisce che "sono
 abrogate le disposizioni di leggi o decreti che prevedono l'arresto o
 la  cattura da parte di organi giudiziari che non esercitano funzioni
 penali";
      che  tale  abrogazione  ha  evidentemente  ad  oggetto  anche il
 censurato art. 256, ultima parte, del c.p.c.,  come  emerge  peraltro
 dai  lavori  preparatori  del decreto legislativo recante le norme di
 coordinamento;
      che   le   citate   norme  di  attuazione,  di  coordinamento  e
 transitorie del c.p.p. sono entrate  in  vigore  "contestualmente  al
 codice di procedura penale" (art. 1, secondo comma, del d.P.R. n. 271
 del 1989), vale a  dire  nell'ottobre  del  1989,  sicche'  la  norma
 impugnata  era  gia'  abrogata  il 9 febbraio 1990, data dell'udienza
 istruttoria e dei provvedimenti  nel  corso  di  essa  adottabili,  e
 quindi   e'   evidentemente   inapplicabile   alla   fattispecie   di
 riferimento;
      che   la   questione   va   pertanto  dichiarata  manifestamente
 inammissibile;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
 legittimita' costituzionale,  in  riferimento  agli  artt.  3,  primo
 comma,  e  97  della  Costituzione,  dell'art. 256, ultima parte, del
 codice di procedura  civile  sollevata  dal  Pretore  di  Torino  con
 l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                        Il redattore: CORASANITI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 25 luglio 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 90C0969