N. 502 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 aprile 1990

                                 N. 502
        Ordinanza emessa il 13 aprile 1990 dal pretore di Nardo'
          nel procedimento penale a carico di Patera Salvatore
 Processo   penale   -   Nuovo  codice  -  Documentazione  degli  atti
 processuali  e  in  particolare:  udienza  dibattimentale  con   rito
 direttissimo  -  Modalita'  -  Adozione  della  forma  riassuntiva su
 accordo delle parti - Omessa previsione della registrazione su nastro
 o   della   stenotipia  nel  caso  di  impossibilita'  o  contingente
 indisponibilita' degli strumenti di riproduzione  o  degli  ausiliari
 tecnici  -  Asserita violazione dei principi contenuti nella legge di
 delega e del diritto di difesa - Soggezione del  giudice  all'accordo
 delle  parti  relativo  alla scelta sulle modalita' della funzione di
 documentazione degli atti processuali.
 (C.P.P.  1988,  art.  567,  terzo comma, in relazione agli artt. 134,
 terzo comma, e 140, primo e secondo comma).
 (Cost., artt. 3, 24, 76, 101 e segg.).
(GU n.34 del 29-8-1990 )
                               IL PRETORE
                           PREMESSO IN FATTO
    In data 24 marzo 1990, il p.m. dott. Antonio Paladini - con delega
 in pari data del  procuratore  della  Repubblica  presso  la  pretura
 circondariale  di Lecce e previo avviso telefonico a questo pretore -
 presentava Patera Salvatore, nato in Galatina il  13  aprile  1962  e
 residente  in  Aradeo,  via Osanna n. 17, in stato di arresto, per il
 reato gia' sopra precisato e chiedeva,  come  misura  cautelare,  gli
 arresti  domiciliari,  laddove detto arresto fosse stato convalidato.
 Quindi, veniva autorizzato il  vice  brigadiere  dei  carabinieri  di
 Galatone  -  il  quale  aveva  eseguito l'arresto del Patera - ad una
 relazione orale sui fatti. Succesivamente, dopo aver declinato le sue
 generalita', lo stesso Patera chiedeva un termine a difesa poiche' il
 suo difensore di  fiducia  avv.  Luigi  Piccinni  non  era  presente,
 essendo  impedito  per  ragioni della sua attivita' professionale. In
 applicazione degli  artt.  391  e  549  del  c.p.p.,  questo  pretore
 convalidava  l'arresto,  ricorrendo  gli  estremi  di legge formali e
 sostanziali sulla base in quanto emerso dalle indagini  svolte  dalla
 p.g.  e  dal p.m. e, sulla opposizione di quest'ultimo, disponeva che
 il dibattimento avesse luogo con il rito direttissimo all'udienza del
 28  marzo 1990, ordinando che il suddetto Patera, in luogo della casa
 mandamentale, rimanesse in stato di arresto nella propria abitazione,
 con le condizioni previste dalla legge.
   All'udienza  fissata  comparivano  il  p.m.  avv. Antonio Paladini,
 nonche' il Patera, il maresciallo Montemurro e la parte  lesa  Vaglio
 Salvatore.  Sull'accordo delle parti, questo pretore disponeva che il
 verbale di udienza fosse redatto in  forma  soltanto  riassuntiva  ex
 art.  567,  terzo comma, del c.p.p. in relazione agli artt. 134 e 140
 dello stesso codice. Non vi  era  invece  accordo  delle  parti,  per
 l'opposizione  del  p.m.  perche'  l'esame  dei  testimoni ecc. fosse
 condotto  dal  pretore  sulla  base  delle  domande  e  contestazioni
 proposte  dal p.m. e dal difensore, e, conseguentemente, ex art. 567,
 primo e quarto comma, e 498 del c.p.p.,  l'istruzione  dibattimentale
 si   svolgeva   con   l'esame  diretto  e  controesame,  previsti  da
 quest'ultima norma. Quindi, il p.m. relazionava in merito ai fatti  e
 chiedeva prove con i testi Vaglio Salvatore e maresciallo Montemurro,
 nonche' l'acquisizione di un accendino, di due atti di  convalida  di
 sequestro  eseguito  dallo stesso p.m., del verbale di interrogatorio
 del Patera, della denuncia sporta dal vaglio, dei processi verbali di
 sopralluogo,  e del verbale di spontanee dichiarazioni rese alla p.g.
 dal medesimo Patera ed, infine, del processo verbale  di  arresto  in
 flagranza  di  quest'ultimo.  Il  difensore dell'imputato si opponeva
 all'acquisizione delle spontanee dichiarazioni rese  dal  Patera,  il
 quale  dichiarava spontaneamente che l'accendino rinvenuto dalla p.g.
 "non  era  suo   e   cio'   non   aveva   mai   detto",   precisando,
 nell'interrogatorio  reso  al  p.m.  che  egli  era in possesso di un
 accendino uguale  a  quello  mostratogli  dagli  inquirenti.  Veniva,
 quindi, escusso il teste Vaglio Salvatore come parte lesa ed anche il
 maresciallo Montemurro  Nicola  della  Stazione  dei  carabinieri  di
 Galatone. Stante l'ora tarda, il processo veniva rinviato all'udienza
 del 30 marzo 1990, in tale udienza, comparivano il Patera con il  suo
 difensore,  nonche' il p.m. e questo pretore disponeva l'inserimento,
 nel fascicolo per dibattimento, di alcuni atti, cosi' come  richiesto
 dal p.m., mentre ordinava la restituzione di altri, non utilizzabili.
 Quindi, sia questo stesso pretore,  sia  il  difensore  dell'imputato
 rilevavano  l'estrema  difficolta'  ed,  anzi,  una  vera  e  propria
 impossibilita'  della  redazione  del  verbale  in   forma   soltanto
 riassuntiva  e con la scrittura manuale, dovendosi procedere, come si
 e' gia' detto, all'esame diretto e al controesame  ex  art.  498  del
 c.p.p.
    Emergeva,  inoltre,  la  stessa grave difficolta' di ottemperare a
 quanto previsto dall'art. 140, secondo comma, del c.p.p., secondo cui
 "quando e' redatto soltanto il verbale in forma riassuntiva (come nel
 caso in esame), il giudice  vigila  affinche'  sia  riprodotta  nella
 originaria   e   genuina   espressione   la  parte  essenziale  delle
 dichiarazioni con la descrizione delle circostanze nelle  quali  sono
 rese, se queste possono servire a valutare la credibilita'".
    Contestualmente,  questo pretore osservava che, ai sensi dell'art.
 134, secondo comma, del c.p.p.,  "il  verbale  e'  redatto  in  forma
 integrale   o  riassuntiva,  con  la  stenotipia  o  altro  strumento
 meccanico, ovvero, in caso di impossibilita' di ricorso a tali mezzi,
 con  la  scrittura  manuale"  ed ancora che, ai sensi del terzo comma
 dello stesso  articolo,  "quando  il  verbale  e'  redatto  in  forma
 riassuntiva, e' effettuata anche la riproduzione fonografica"; infine
 che, ex art. 140 dello stesso codice,  "il  giudice  dispone  che  si
 effettui  soltanto  la  redazione  contestuale  del  verbale in forma
 riassuntiva, quando gli atti da verbalizzare hanno contenuto semplice
 o  limitata  rilevanza,  ovvero  quando  si  verifica una contingente
 indisponibilita'  di  strumenti  di  riproduzione  o   di   ausiliari
 tecnici".  Orbene,  non  potendo  questo  pretore - quale giudice del
 dibattimento ed incaricato a dirigere  la  sezione  distaccata  della
 pretura  di  Nardo'  compresa  nella pretura circondariale di Lecce -
 dichiarare che  ricorressero  "l'impossibilita'"  o  la  "contingente
 indisponibilita'"  di  cui  agli  artt.  124 e 140, teste' riportati,
 disponeva che si facesse richiesta alle competenti autorita', tramite
 il  signor pretore dirigente della pretura circondariale di Lecce, di
 informazioni in merito, onde proseguire e concludere il  dibattimento
 con  regolarita'  e  nel  rispetto  della  nuova  disciplina del rito
 penale, le cui caratteristiche sono  ormai  abbastanza  note  e  sono
 state  fin  qui  -  relativamente  alla documentazione degli atti del
 dibattimento   nel   procedimento   pretorile   -    specificatamente
 evidenziate.  Pertanto,  il  dibattimento veniva rinviato all'udienza
 del 10 aprile 1990 al fine di consentire la richiesta di  cui  si  e'
 gia'  detto  e  il riscontro da parte delle competenti autorita'. Con
 nota del 9 aprile 1990, pervenuta in pari data, il signor consigliere
 pretore  dirigente  della  pretura  circondariale  informava che "era
 stato sollecitato il Ministero per la fornitura a tutti gli uffici di
 pretura  (sede  e  sezioni) dei mezzi tecnici di verbalizzazione... e
 poiche' all'evidenza non sara'  possibile  ottenere  in  breve  tempo
 detti  mezzi,  la  invito  a  concludere la trattazione del processo,
 nonche'  quelli  che   potranno   sopraggiungere   nelle   more   con
 l'osservanza delle forme previste dagli artt. 134, n. 2, e 140, n. 1,
 del c.p.p. per i casi di contingente indisponibilita' di strumenti di
 riproduzione".
    All'udienza  del  10  aprile  1990, le parti venivano informate di
 quanto comunicato dal consigliere pretore dirigente con la nota  gia'
 richiamata  e,  mentre  il p.m. dichiarava che nulla ostava, da parte
 sua, per la prosecuzione  del  dibattimento  con  la  verbalizzazione
 degli  atti con forma soltanto riassuntiva e con la scrittura manuale
 per il consenso manifestato dalle parti ex art. 567, terzo comma,  in
 relazione   all'art.  140  del  c.p.p.,  il  difensore  dell'imputato
 chiedeva, in via principale, che  il  dibattimento  venisse  sospeso,
 mancando  in questa pretura i mezzi di stenotipia e di registrazione,
 cosi' come previsto dal nuovo  codice  di  procedura  penale,  e  non
 risultava  ne'  la  "impossibilita'"  ex art. 134, secondo comma, del
 c.p.p.,  ne'  la  "contingente  indisponibilita'"  di  strumenti   di
 riproduzione  o  di  ausiliari  tecnici ex art. 140, primo comma, del
 c.p.p.
    Subordinatamente, il difensore chiedeva che questo pretore volesse
 rimettere gli atti alla  Corte  costituzionale  per  quanto  concerne
 l'art.  134 primo comma del c.p.p., avendo il legislatore, anzitutto,
 consentito una incontrollabile  discrezionalita'  di  scelta  per  la
 redazione  del  verbale  in  forma  integrale  o riassuntiva, con una
 deroga,  inoltre,  all'uso  della  stenotipia   o   altro   strumento
 meccanico, prescrivendo il ricorso alla scrittura manuale, sulla base
 della generica espressione "impossibilita' di ricorso a tali  mezzi",
 senza  alcuna precisazione in merito, mentre sarebbe stato necessario
 un'apposita norma di legge che fissasse i limiti  temporali  di  tale
 impossibilita';  anche  per  evitare  le eventualita' di orientamenti
 differenziati da parte dei  vari  organi  competenti,  connessi  alla
 disponibilita' strutturale degli stessi.
    Il difensore dell'imputato osserva, inoltre, che l'art. 134, terzo
 comma, dello stesso codice,  prescrive  che  "quando  il  verbale  e'
 redatto  in  forma  riassuntiva  e'  effetuata  anche la riproduzione
 fonografica"; mentre, poi, con l'art. 140, primo comma, dello  stesso
 codice,  e' stabilito che il giudice dispone che si effettui soltanto
 la redazione contestuale del verbale in forma riassuntiva quanto  gli
 atti  da  verbalizzare  hanno contenuto semplice o limitata rilevanza
 ovvero  quando  si  verifica  una  contingente  indisponibilita'   di
 strumenti   di  riproduzione  o  di  ausiliari  tecnici;  circostanze
 entrambi dipendenti da scelte  incontrollabili;  ancora,  che  l'art.
 140,  primo comma, stabilisce una gravosissima vigilanza del giudice,
 nell'ipotesi  in  cui  e'  redatto  soltanto  il  verbale  in   forma
 riassuntiva,  affinche'  sia  riprodotta  nella  originaria e genuina
 espressione  la  parte  essenziale  delle   dichiarazioni,   con   la
 descrizione delle circostanze nelle quali sono rese se queste possono
 servire a valutarne la  credibilita';  quindi,  ex  art.  567,  terzo
 comma,  del  c.p.p.  e'  prevista,  come  regola, per il dibattimento
 dinanzi al pretore la forma soltanto riassuntiva,  quando  vi  e'  il
 consenso  delle  parti,  con  tutti gli inconvenienti evidenziati per
 quanto concerne tale tipo di radazione del verbale.  A  parere  dello
 stesso difensore, doveva considerarsi non manifestamente infondata la
 questione di costituzionalita' di tutte le norme teste' elencate  per
 violazione  di alcuni principi fissati nella legge delega 16 febbraio
 1987,  n.  81,  che,  certamente,  hanno  introdotto  caratteristiche
 palesemente  differenziate,  nella  disciplina  del  rito  penale, in
 rapporto a quelle del codice di procedura penale del 1930, il  quale,
 peraltro,  prevedeva, accanto alla forma riassuntiva per la redazione
 del verbale di dibattimento, l'uso alternativo  della  stenografia  e
 dei  registratori  (artt. 495, 496 e 496- bis del c.p.p. abrogato) e,
 conseguentemente, per violazione degli artt. 76 nonche' 3 e 24  della
 Costituzione,  comportando,  dette norme, disparita' di trattamento e
 pregiudizio del diritto di difesa, essendo incompatibile la scrittura
 manuale  del  verbale con la possibilita' di un controllo adeguato da
 parte del difensore dell'imputato al cospetto della complessita'  del
 dibattimento  previsto  dal  nuovo codice di procedura penale, specie
 laddove venga adottato l'esame diretto e il controesame dei testimoni
 ex  art. 498 del nuovo c.p.p. Il medesimo difensore, nella successiva
 udienza del 13 aprile 1990 - cui veniva rinviato il dibattimento  per
 consentire   un'adeguata  valutazione  della  proposta  questione  di
 costituzionalita' - osservava che, ex  art.  567,  terzo  comma,  del
 c.p.p.,  nel caso di specie, avendo le parti prestato il consenso per
 la forma riassuntiva del verbale del dibattimento, il pretore sarebbe
 tenuto  ad  adottare  tale  forma  anche  se si trattasse di atti con
 contenuto non semplice e non di limitata  rilevanza  e  anche  se  vi
 fosse  disponibilita'  di  strumenti  di  riproduzione o di ausiliari
 tecnici, tenendo conto di quanto disposto dall'art. 140  del  c.p.p.,
 con palese disparita' di trattamento tra coloro che vengono giudicati
 da questo giudice e quelli che sono sottoposti a giudizio dinanzi  ad
 altri  giudici,  nonostante  l'indiscutibile  incidenza  dei principi
 sostanziali stabiliti dalla legge  delega  del  1987,  sia  pure  con
 criteri di massima semplificazione ex art. 2, n. 103, di quest'ultima
 legge. Il suddetto difensore faceva presente che il suo  intento  era
 di  agevolare  e non di ostacolare l'applicazione del nuovo codice di
 procedura penale, in considerazione, anche, di quanto stabilito dagli
 artt.  481  (contenuto  del  verbale  del dibattimento), 482 (diritto
 delle  parti  in  ordine  alla  documentazione)  e  510  (verbale  di
 assunzione  dei  mezzi di prova) del c.p.p. Osservava, infine, che la
 questione  di  costituzionalita'  prospettata   poteva   considerarsi
 rilevante,  in  quanto  la  verbalizzazione,  sia come prevista dalle
 norme impugnate, sia come in concreto era stata eseguita,  nonostante
 l'impiego  dell'ausiliario  che assisteva, il giudice ex art. 135 del
 c.p.p. e  del  giudice  stesso  -  non  gli  consentiva  di  svolgere
 ulteriormente  la  sua  funzione  di  difensore in modo adeguato e di
 formulare conclusioni rispondenti a giustizia, avendo, all'uopo, gia'
 manifestato,  nel  corso  dell'istruttoria  dibattimentale,  notevoli
 perplessita' sul metodo,  nonostante  l'iniziale  suo  consenso  alla
 "forma  soltanto  riassuntiva  per  la  redazione dei verbali". Nella
 stessa  udienza,  dopo  le  definitive   conclusione   del   pubblico
 ministerio,  il  quale  si  opponeva  alle  eccezioni  sollevate  dal
 difensore,  questo  pretore,  ritiratosi  in  camera  di   consiglio,
 emetteva,  poi,  l'ordinanza  che  segue  con il dispositivo letto in
 udienza.
                         OSSERVANDO IN DIRITTO
    Con notevoli sforzi, questo pretore ha ricostruito in fatto quanto
 si  e'  verificato  nel  corso  delle  udienze  dibattimentali  sopra
 indicate,  a  causa della scrittura manuale dei verbali redatti, come
 prescritto  dagli  art.  135,  480  e   549   del   vigente   c.p.p.,
 dall'ausiliario che lo ha assistito in udienza.
    Cio',   sembra  importante  premettere,  per  quanto  concerne  la
 rilevanza della questione di costituzionalita', cosi' come  precisata
 nel dispositivo letto in udienza.
   In  relazione  allo  stesso  dispositivo,  e' necessario, comunque,
 tener presente che, ex art. 1 della legge 16 febbraio 1987, n. 81, il
 Governo  della  Repubblica fu "delegato ad emanare il nuovo codice di
 procedura penale, secondo i principi ed i criteri direttivi e con  le
 procedure previsti" dalla stessa legge.
    Con  molta  chiarezza,  poi, con l'art. 2, il legislatore del 1987
 stabiliva che "il codice di procedura penale deve attuare i  principi
 della   Costituzione   ed  adeguarsi  alle  norme  delle  convenzioni
 internazionali ratificate dall'Italia e  relative  ai  diritti  della
 persona  e  al  processo  penale.  Esso,  inoltre,  deve  attuare nel
 processo penale i caratteri del sistema accusatorio secondo i criteri
 che seguono... ".
    A  parere  del  giudicante, ovviamente, i ben 105 principi fissati
 dal  legislatore  delegante  debbono  considerarsi  in   collegamento
 tecnico, logico e giuridico, costituendo, insieme a quanto prescritto
 dai successivi artt. 3-12 della medesima  legge,  le  fondamenta  del
 nuovo  edificio  da  realizzare con l'entrata in vigore del d.P.R. 22
 settembre 1988, n. 447 e, cioe', il 25 ottobre 1989.
    Tuttavia   si   e'  d'avviso  che,  ai  fini  della  questione  di
 costituzionalita' di cui si e' gia' fatto cenno, meritano particolare
 interesse i seguenti:
      "1)  massima  semplificazione nello svolgimento del processo con
 eliminazione di ogni atto o attivita' non essenziale;
      2) adozione del metodo orale;
      3)  partecipazione dell'accusa e della difesa su basi di parita'
 in ogni stato e grado del procedimento; facolta'  del  p.m.  e  delle
 parti,  dei  difensori e della persona offesa di indicare elementi di
 prova e di presentare memorie in ogni stato e grado del procedimento;
 obbligo  del  giudice  di  provvedere  senza ritardo e comunque entro
 termini prestabiliti sulle richieste formulate in ogni stato e  grado
 del  procedimento  del  p.m.  dalle  altre parti e dai difensori; 66)
 immediatezza e concentrazione del  dibattimento;  73)  esame  diretto
 dell'imputato,  dei  testimoni  e  dei periti da parte del p.m. e dei
 difensori,  con  garanzie  idonee  ad  assicurare  la   lealta',   la
 genuinita'  delle  risposte,  la pertinenza al giudizio e il rispetto
 delle persone, sotto la direzione e la vigilanza del  presidente  del
 collegio   e   del   pretore   che   decidono   immediatamente  sulle
 eccezioni...; potere del presidente, anche se su richiesta  di  altro
 componente  il  collegio,  o del pretore, di indicare alle parti temi
 nuovi od incompleti utili alla ricerca della verita' e  di  rivolgere
 domande  dirette  all'imputato,  ai testimoni ed ai periti, salvo, in
 ogni caso, il  diritto  delle  parti  di  concludere  l'esame...  75)
 l'obbligo del giudice del dibattimento di assumere, salvo che risulti
 superfluo l'assumere, le prove indicate a discarico dell'imputato sui
 punti  costituenti  oggetto  delle  prove  a carico, nonche' le prove
 indicate dal  p.m.  a  carico  dell'imputato  sui  punti  costituenti
 oggetto  dalle  prove  a  discarico;  76)...  facolta' delle parti di
 utilizzare per le opportune contestazioni,  gli  atti  depositati  ai
 sensi  del  n.  58; 78) potere del p.m. nel dibattimento di procedere
 alla modifica dell'imputazione e  di  formulare  nuove  contestazioni
 inerenti  ai  fatti  oggetto  del  giudizio;  previsione  di adeguate
 garanzie per la  difesa;  79)  previsione  che,  fuori  dei  casi  di
 particolare  complessita', la motivazione della sentenza possa essere
 redatta contestualmente alla decisione e sia immediatamente letta  in
 udienza;  103)  disciplina del processo davanti al pretore in base ai
 principi generali di cui ai numeri precedenti, secondo i  criteri  di
 massima  semplificazione,  con  esclusione dell'udienza preliminare e
 con possibilita' di incidenti probatori  solo  in  casi  eccezionali;
 distinzione   delle   funzioni   di   p.m.  e  di  giudice;  modifica
 dell'ordinamento giudiziario  al  fine  di  garantire  tale  distinta
 attribuzione  di  funzioni;  104)  adeguamento  di tutti gli istituti
 processuali ai principi e criteri innanzi determinati".
    L'art.  7  della  legge  delega  stabilisce: "entro tre anni dalla
 entrata in vigore del nuovo codice di  procedura  penale  il  Governo
 della  Repubblica puo' emanare disposizioni integrative e correttive,
 nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dagli artt. 2 e
 3 su conforme parere della commissione prevista dall'art. 8 con uno o
 piu' decreti aventi valore di legge ordinaria".
    Per  quanto concerne, specificamente, la documentazione degli atti
 processuali - che piu' interessa la questione di costituzionalita' di
 cui   gia'   si   e'  detto  -  il  legislatore  delegante  stabiliva
 testualmente, nel n. 8 del richiamato art. 2 della legge n.  81/1987:
 "adozione  di  strumenti  opportuni  per la documentazione degli atti
 processuali; previsione della partecipazione di ausiliari tecnici nel
 processo  per  la  redazione  degli  atti  processuali  con  adeguati
 strumenti, in ogni sua fase; possibilita'  che  il  giudice  disponga
 l'adozione  di  una  diversa documentazione degli atti processuali in
 relazione alla semplicita' o alla  limitata  rilevanza  degli  stessi
 ovvero  alla  contingente  indisponibilita'  degli  strumenti o degli
 ausiliari tecnici".
    Il  legislatore  delegato,  gia'  con  la redazione di un progetto
 preliminare  e,  successivamente,  di   un   testo   definitivo,   ha
 chiaramente  evidenziato  le  caratteristiche  del  nuovo  codice  di
 procedura penale, che si possono cogliere opportunamente -  sia  pure
 nei   liniti   della  rilevanza  per  l'interprete  dei  c.d.  lavori
 preparatori, ex art. 12 delle disposizioni della legge in generale  -
 delle  premesse  al  progetto  ed  al  testo da parte del Ministro di
 grazia e giustizia, Vassalli, nonche'  dalle  relazioni  ad  entrambi
 pubblicata  sul  supplemento  ordinario n. 2 della Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 250 del 24 ottobre 1988, serie generale n. 93.
    Sono  seguiti  poi  numerosi contributi dottrinali nelle sedi piu'
 adeguate a tutti i livelli, e  meritano,  a  parere  del  giudicante,
 particolare rilievo, per la compiutezza delle considerazioni ed anche
 per la partecipazione di numerosi avvocati,  docenti  universitari  e
 magistrati  (alcuni  dei  quali facenti parte delle varie commissioni
 nominate dallo stesso Ministro per  la  redazione  dei  progetti  del
 nuovo  codice di procedura penale, del nuovo processo penale a carico
 dei  minorenni,   delle   norme   di   adeguamento   dell'ordinamento
 giudiziario  al  nuovo processo penale e delle norme transitorie e di
 coordinamento), gli "incontri di studio"  organizzati  dal  Consiglio
 superiore della magistratura, prima ancora dell'entrata in vigore del
 nuovo codice di procedura  penale  e  pubblicati  nella  collana  dei
 "Quaderni del Consiglio superiore della magistratura".
    Sono  piu'  recenti, invece, gli orientamenti giurisprudenziali in
 tema - successivi all'entrata in vigore dello stesso codice - sia  da
 parte  dei  giudici  di  merito, sia di quelli di legittimita' sia da
 codesta Corte costituzionale.
    E'  opportuno,  comunque,  a  parere  del  giudicante,  al fine di
 ricavarne gli aspetti piu' significativi del nuovo codice,  riportare
 testualmente   quanto   sintetizzato   dal  Ministro  Vassalli  nella
 "premessa" alla relazione del progetto preliminare ed  in  quella  al
 testo definitivo dello stesso codice.
    Nella prima di dette premesse, si afferma tra l'altro... (Omissis)
 "in ossequio  alle  direttive  fondamentali  della  legge-delega,  il
 progetto  delle nuove disposizioni sul processo penale si e' ispirato
 a  un  modello   a   struttura   tendenzialmente   accusatoria,   con
 partecipazione  dell'accusa  e  della difesa in condizioni di parita'
 nel rispetto dei principi del  contraddittorio  e  dell'oralita'.  La
 scelta   del   modello   accusatorio  vule  rispondere  delle  nostre
 istituzioni di realizzare nel nuovo processo  una  maggiore  aderenza
 agli  ideali  di  democrazia e alle apettative di tutela individuale.
 Aspettative che l'attuale sistema processuale delude a  causa  di  un
 assetto  inquisitorio  cui  conseguono  effetti  contrastanti  con il
 diritto di difesa, quali  i  grandi  poteri  del  pubblico  ministero
 spesso  ientici  a  quelli  del guidice, la mancanza di terzieta' del
 giudice  istruttore,  la   formazione   segreta   della   prova,   la
 destinazione  del  dibattimento  a  una sorta di verifica delle prove
 precedentemente acquisite.
    L'attuale  sistema,  definito, con riferimento alla configurazione
 assunta negli ultimi venti anni, di "garantismo inquisitorio", delude
 peraltro  anche  le  aspettative  -  per un certo verso antagoniste -
 dell'affermazione delle esigenze punitive dello Stato.  Se  si  pensa
 alla  funzione di esemplarita', di rassicurazione della societa' e di
 recupero del colpevole, cui e' preordinato  l'intervento  penale,  e'
 evidente  il  danno  che deriva dallo svolgimento di processi e dalla
 pronuncia di sentenze quando del fatto accaduto e'  rimasto  solo  un
 pallido  ricordo  nei  protagonisti  diretti. Di qui la necessita' di
 attuare, con la nuova normativa, non solo un modello di processo piu'
 rispondente  ai  rapporti  intercorrenti tra cittadino e Stato in una
 moderna democrazia, ma anche le fondamentali esigenze  di  pronto  ed
 efficace  intervento  a  protezione  dell'ordinato vivere sociale. E'
 evidente nel progetto lo sforzo di conciliare le esigenze  di  difesa
 della  societa' e quelle di garanzia dei cittadini interpretandole in
 termini non necessariamente conflittuali. Sintomatica, in  proposito,
 e' la scomparsa dalla figura del giudice istruttore, figura che da un
 lato si pone in rapporto di contraddizione con le caratteristiche  di
 un  processo  di  parti  (operando tale organo come inquisitore ma al
 tempo stesso in posizione formale di peculiare  "terzieta'"),  mentre
 dall'altro  centralizza la ricerca e la raccolta della prova, facendo
 scadere il dibattimento, come si e' sopra notato, a luogo di verifica
 di   quanto   gia'   accertato  e  creando,  all'inverso,  prolungate
 segretezze e un macchinoso, lento procedere.
    Nel  nuovo  sistema,  l'attivita'  che  precede il dibattimento ha
 invece una funzione  esclusivamente  endoprocessuale  e  a  carattere
 investigativo  (salve  talune  eccezioni  riguardanti  gli  atti  non
 ripetibili  compiuti  dalla  polizia  giudiziaria  e   dal   pubblico
 ministro);  e',  invece  nel dibattimento che la prova viene formata,
 pur se e' stata necessariamente prevista la possibilita' di procedere
 con  "incidente  probatorio"  alla  anticipata  raccolta di prove non
 rinviabili. Il compito di  investigazione  cui  si  e'  accennato  e'
 attribuito  in  via  esclusiva  al p.m. al quale, per la posizione di
 "parte" che esso asume, e', invece,  sottratto  qualsiasi  potere  in
 tema di liberta' personale, fatta eccezione per quello di disporre il
 fermo":  misura  che,  peraltro,  ha  carattere  provvisorio  e   che
 presuppone  la  sussistenza  di  urgente  necessita'  di  provvedere.
 (Omissis)... "La funzionalita' del  sistema  delineato  nel  progetto
 dipendera'  dall'adattamento  al nuovo rito dell'organizzazione della
 giustizia  (adeguamento  delle   strutture,   informatizzazione   dei
 servizi,  potenziamento  e  ridistribuzione  del  personale etc.); ma
 anche dalla cultura del processo che sono chiamati ad acquisire tutti
 gli operatori del settore.
    Un  particolare  sforzo  in  tal senso e' richiesto ai magistrati,
 specie a quelli che hanno finora esercitato  funzioni  requirenti,  e
 agli avvocati.
    La  indispensabile  ed essenziale funzione di questi ultimi verra'
 arricchita in ragione delle esigenze del  nuovo  processo  di  parti,
 della  sua  dinamica  e  dei  corrispondenti  nuovi  contenuti  della
 funzione difensiva. Fra questi,  e'  certamente  e  precipuamente  il
 diritto  di  partecipazione del difensore alla formazione della prova
 che il progetto attua  consentendo  in  particolare  l'esame  diretto
 delle  parti,  dei testimoni e dei periti. Si tratta di uno strumento
 di assoluta novita' nel nostro sistema e  che  dovra'  costruire  non
 tanto  l'aspetto scenograficamente piu' appariscente del dibattimento
 penale,  quanto  una  delle  qualificanti  espresioni  dello   stesso
 'processo  di  parti'.  Il progetto di riforma del processo penale un
 radicale mutamento di rotta, lungamente  atteso  e  preparato  da  un
 dibattito culturale durato oltre venticinque anni. Si tratta comunque
 del  primo  codice  interamente  riformato   dopo   l'avvento   della
 Repubblica..."  (Omissis).  "Proprio per il grande apporto di novita'
 rappresentato dal sistema processuale  delineato  dai  testi  che  si
 vengono  a  presentare,  si  e'  ritenuto indispensabile acquisire il
 contributo di esperienza e di  cultura  giuridica  proveniente  dalla
 magistratura,  dall'avvocatura  e dal mondo accademico. Il governo si
 dichiara disponibile  a  prendere  in  esame  tutti  i  rilievi  e  i
 suggerimenti  intesi  a  un risultato di funzionalita' e di coerenza,
 nel  quadro  segnato  dalla  legge-delega.  Sara'  cura  del  governo
 segnalare  tempestivamente alla commissione parlamentare le modifiche
 ritenute utili ai fini del perseguimento del  risultato  indicato"...
 (Omissis).
    Nella seconda premessa, sono state ribadite le affermazioni teste'
 esposte con quelle che seguono: (Omissis). "Il periodo di tempo assai
 lungo  occorso  per  giungere al traguardo di una nuova codificazione
 sul processo penale ha consentito il formarsi di  un  ampio  consenso
 sociale  non  solo  sulla  necessita'  della  riforma  ma anche sulle
 caratteristiche fondamentali del nuovo sistema processuale. Tanto che
 negli  anni  piu'  recenti i lavori di elaborazione del nuovo codice,
 condotti in esecuzione delle due  successive  deleghe,  hanno  spesso
 costituito   per   il   parlamento  un  modello  per  gli  interventi
 novellistici operati sul codice vigente, sino alla recentissima legge
 5  agosto  1988,  n. 330 sui provvedimenti restrittivi della liberta'
 personale.  Gia'  nella  'bozza'  redatta  nel  1963   da   Francesco
 Carnelutti  erano prefigurate in larga misura le linee lungo le quali
 si sarebbe dovuto muovere il nuovo processo penale, abbandonando  gli
 schemi inquisitori che caratterizzano il codice vigente.
    Era netta in quella 'bozza' la separazione tra la fase preliminare
 denominata 'inchiesta preliminare', rimessa esclusivamente al p.m., e
 il giudizio; ed erano rigidamente contenuti i poteri del p.m., con il
 chiarimento,  nella   'introduzione',   che   l'inchiesta   differiva
 nettamente  dall'istruzione sommaria, perche' questa 'tende a offrire
 immediatamente i suoi risultati al giudice del reato affinche' se  ne
 serva  al  dibattimento,  mentre  l'inchiesta  preliminare  li  offre
 soltanto al p.m.' Era chiara nella bozza Carnelutti  la  volonta'  di
 cambiare in modo radicale il modello processuale. Un'analoga volonta'
 di cambiamento, per costruire diversamente il rapporto tra  autorita'
 e  persona,  e'  stata  poi  epressa  nel preambolo dell'art. 2 della
 legge-delega del 1974 con l'affermazione che il  nuovo  codice  'deve
 attuare  nel  processo  penale  i caratteri del sistema accusatorio';
 affermazione successivamente ribadita nei termini dell'art.  2  della
 legge-delega del 1987.
    Il  preambolo  dell'art.  2  indica  una  tendenza che si sviluppa
 'secondo i principi ed i criteri' indicati di  seguito  nello  stesso
 articolo  e che deve armonizzarsi piu' in generale con altri principi
 anche di rango costituzionale,  quali  quelli  sulla  obbligatorieta'
 dell'azione  penale  e  sulla  posizione ordinamentale del p.m. E' in
 questo quadro che il nuovo processo risulta improntato dai 'caratteri
 del  sistema accusatorio'; caratteri che emergono attraverso la netta
 differenziazione di ruolo tra  p.m.  e  giudice;  l'eliminazione  del
 segreto  negli  atti  del  giudice  e  nella  formazione della prova,
 l'accentuazione dei poteri delle parti e la parita'  tra  queste,  la
 valorizzazione  del  dibattimento  e  dell'oralita'.  Questi principi
 espressi dalla legge-delega hanno trovato ulteriore  svolgimento  nel
 codice,  che ha sviluppato un processo di parti, curando di collocare
 le  indagini  preliminari  del  pubblico  ministero  in  uno   stadio
 preprocessuale,  di  garantire  nel  modo  piu' ampio la parita' e di
 riconoscere, in tutti i casi in  cui  e'  risultato  possibile,  alla
 concorde  volonta' dell'imputato e del p.m. il potere di semplificare
 lo svolgimento del processo. La scelta  accusatoria  contenuta  nella
 legge-delega, e fatta propria dal Governo nella redazione del codice,
 e' giustificata non solo da un'idea tradizionale di maggiore aderenza
 agli  schemi  democratici  e  di  piu'  ampia  considerazione  per la
 persona, ma anche dalla consapevolezza  che  quella  scelta  piu'  di
 qualunque   altra  consente  di  coniugare  garanzie  ed  efficienza,
 entrambe sacrificate nel sistema  vigente,  definito  di  'garantismo
 inquisitorio'  dopo le riforme intervenute dal 1955 in poi. In questo
 sistema infatti l'attivita' istruttoria e' stata via via  appesantita
 attraverso  avvisi,  depositi  e  controlli,  i quali sono riusciti a
 ridurne l'efficienza ma non  anche  ad  eliminare  gli  aspetti  piu'
 tipicamente negativi dell'impianto inquisitorio, come la mancanza nel
 giudice istruttore della posizione di terzieta', l'ampia segretezza e
 la   formazione   istruttoria  della  prova,  con  la  riduzione  del
 dibattimento a  luogo  di  verifica  e  di  valutazione  delle  prove
 precedentemente acquisite.
    Le ragioni della scelta risultano rafforzate dalla convinzione che
 le probabilita' di una decisione giusta sono maggiori quando la prova
 si  forma  nella  dialettica  processuale  anziche'  nella  solitaria
 ricerca dell'organo istruttore, sia esso un p.m. o un giudice, le cui
 acquisizioni  diventano  fonte  di  pregiudizio  ineliminabile per il
 giudice del dibattimento. Nel nuovo codice e' scomparsa l'istruzione:
 il  giudizio  e'  preceduto  dalle indagini preliminari del p.m., che
 hanno carattere investigativo e sono funzionali alle  'determinazioni
 inerenti  all'esercizio  dell'azione penale'. Gli atti delle indagini
 preliminari normalmente non costituiscono prova, data la posizione di
 parte  del  p.m.;  ne'  a  questo sono riconosciuti poteri in tema di
 liberta'  personale,  fatta  eccezione  per  quello  di  disporre  il
 'fermo',  che  ha  carattere  provvisorio e presuppone l'esistenza di
 un'urgente necessita' di  provvedere.  Le  misure  cautelari  possono
 essere  disposte  solo  dal  giudice per le indagini preliminari che,
 senza alcun compito di indagine,  interviene  episodicamente  per  il
 compimento  di  singoli  atti  su  richiesta del pubblico ministero o
 dell'imputato.  E'  questo  giudice  che  nel  corso  delle  indagini
 preliminari,  quando  occorre,  raccoglie una prova non rinviabile al
 dibattimento, provvedendo  all'assunzione  nel  contradditorio  delle
 parti  e  con  le  forme  stabilite  per il dibattimento". (Omissis).
 "Emerge cosi' la centralita' del dibattimento, luogo in cui  l'accusa
 e'  chiamata a superare la presunzione di non colpevolezza e si forma
 le prova nel  contradittorio  tra  le  parti  ed  attraverso  l'esame
 incrociato.   E   alla  presunzione  di  non  colpevolezza  che  puo'
 logicamente collegarsi il venir meno della formula dubitativa, con la
 regola  che  'il  giudice  pronuncia  sentenza  di  assoluzione anche
 quando... insufficiente o  contraddittoria  la  prova  che  il  fatto
 sussiste,  che  l'imputato  lo  ha commesso, che il fatto costituisce
 reato o che il reato e' stato commesso  da  persona  imputabile'.  Si
 tratta  di  una regola che trova il suo fondamento nella legge-delega
 (art. 2, n. 11) e che nel codice e'  stata  espressamente  estesa  al
 dubbio  sull'esistenza di una causa di giustificazione o di una causa
 personale di non punibilita' (art. 530, terzo  comma)  per  dare  una
 risposta  legislativa  ad  una  questione  ampiamente  dibattuta  nel
 sistema  vigente  e  risolta  in   modo   non   soddisfacente   dalla
 giurisprudenza".   (Omissis).   "Delle  scelte  di  principio  e  del
 contenuto delle singole disposizioni e' stato dato diffusamente conto
 nella  relazione  al  progetto  preliminare redatta dalla commissione
 ministeriale  (ed  allegata  alla  presente  relazione  v.   Gazzetta
 Ufficiale  24 ottobre 1988, n. 250, secondo supplemento). Il progetto
 definitivo, inviato nel luglio 1988  alla  commissione  parlamentare,
 invece, non potuto essere accompagnato da una relazione illustrativa,
 a causa dei tempi ridottissimi  imposti  dalla  legge-delega.  Si  e'
 ritenuto  percio'  opportuno, in questa sede, indicare le ragioni sia
 delle variazioni intervenute tra il  progetto  preliminare  e  quello
 definitivo,  dopo il primo parere della commissione parlamentare, sia
 delle modificazioni apportate nel testo definitivo del  codice,  dopo
 il secondo parere della commissione" (Omissis).
    Per quanto concerne, in particolare, la documentazione degli atti,
 e'  necessario  far  presente  che  il  legislatore  delegato,  nella
 relazione   al   progetto  preliminare  del  c.p.p.,  "titolo  terzo,
 documentazione degli atti", cosi' si esprime: (Omissis). "In tema  di
 documentazione   degli   atti   la  direttiva  8  della  legge-delega
 stabilisce: 'adozione di strumenti opportuni  per  la  documentazione
 degli  atti processuali; previsione della partecipazione di ausiliari
 tecnici nel processo per la  redazione  degli  atti  processuali  con
 adeguati  strumenti,  in  ogni  sua fase; possibilita' che il giudice
 disponga  l'adozione  di  una  diversa  documentazione   degli   atti
 processuali  in  relazione alla semplicita' o alla limitata rilevanza
 degli stessi ovvero alla contigente indisponibilita' degli  strumenti
 o degli ausiliari tecnici'. Direttive complementari sono le direttive
 1  'massima  semplificazione  nello  svolgimento  del  processo   con
 eliminazione  di  ogni atto o attivita' non essenziale' e 2 'adozione
 del metodo orale'. Poiche' la direttiva 8 si referisce ad 'ogni fase'
 del processo, si e' dettata nel libro secondo una disciplina generale
 della documentazione, la  quale  va  integrata  con  le  disposizioni
 particolari  relative  all'udienza  preliminare e al dibattimento. La
 documentazione degli atti del p.m.  trova,  una  autonoma  disciplina
 nell'ambito  della  normativa  sulle  indagini preliminari. La scelta
 chiaramente espressa dalla legge-delega e' quella di privilegiare per
 quanto  e'  possibile l'impiego di tecniche di documentazione diverse
 dalla redazione tradizionale del verbale in caratteri comuni.  Si  e'
 ritenuto di esprimere questa scelta sin dal primo articolo con cui si
 apre  il  titolo,  ove  sono  enunciate  le  modalita'   normali   di
 documentazione   (art.   133);   il  verbale  viene  redatto  con  la
 stenotipia, e quindi e' in grado di riportare integralmente gli  atti
 assunti  nel  processo;  qualora  non si avvalga della stenotipia, al
 verbale tradizionale (redatto cioe' in forma riassuntiva) si affianca
 la  riproduzione  fonografica,  che  e'  un  mezzo  di documentazione
 integrativa del verbale. In ogni caso,  alla  normale  documentazione
 potra'  affiancarsi la riproduzione audiovisiva, nei casi in cui essa
 sara' ritenuta dal giudice assolutamente indispensabile. Gli articoli
 successivi disciplinano le singole modalita' enunciate dall'art. 133,
 dopo che l'art. 134 ha dato la nozione di  verbale.  Questo  articolo
 condensa  la  normativa  oggi  distribuita  tra  gli artt. 155 e 158.
 L'art. 155, infatti, e' stato ritenuto inutilmente definitorio, e  si
 e'  preferito  fare emergere la nozione del verbale attraverso la sua
 funzione piuttosto  che  attraverso  la  sua  descrizione,  e  quindi
 facendo   perno  sulla  sua  efficacia  probatoria.  E'  parso,  poi,
 opportuno dilatare  l'enunciazione  dell'attuale  art.  155  (che  lo
 limita  alla 'operazioni compiute' ed alle 'dichiarazioni ricevute'),
 poiche' il verbale puo' far fede anche di quanto  viene  compiuto  da
 soggetti  diversi  dal  pubblico ufficiale, ed altresi' della realta'
 che viene constatata e descritta in termini statici  (uno  spunto  in
 tal  senso  e' gia' racchiuso nell'art. 2700 del c.c.). Per questo si
 e' parlato di documentazione di  'quanto  il  pubblico  ufficiale  ha
 fatto   o   ha   constatato   o   e'   avvenuto   in  sua  presenza'.
 Correlativamente,  si  e'  eliminata   la   disposizione,   contenuta
 nell'attuale art. 158, secondo il quale il verbale 'non pregiudica la
 libera valutazione da parte del giudice dei fatti attestati  o  delle
 dichiarazioni  ricevute  nel  verbale medesimo'. Tale precisazione e'
 apparsa superflua, dal momento che il verbale deve bensi' documentare
 gli  atti,  ma  non  e'  esso  stesso  fonte di prova, di modo che e'
 implicita la libera valutazione di  quanto  e'  in  esso  racchiuso".
 (Omissis).  "Particolare attenzione e' stata dedicata alla disciplina
 della riproduzione fonografica, sulla base della previsione che essa,
 sotto forma di registrazione, sara' prevedibilmente la modalita' piu'
 frequente di documentazione.
   Questa  considerazione  non  priva di giustificazione la disciplina
 del titolo imperniata, come si e' visto, sul verbale stenotipico.  La
 verbalizzazione  e' una narrazione che non puo' essere confusa con la
 riproduzione fonografica dell'atto, la quale puo' integrare,  ma  non
 sostituire  del  tutto,  la  prima.  L'impiego  del  mezzo tecnico di
 registrazione, da effettuarsi ogni  qualvolta  non  si  redigera'  il
 verbale   stenotipico   (fatti  salvi  i  casi  particolari  previsti
 nell'art. 140), si accompagna pertanto alla redazione contestuale del
 verbale  in  forma  riassuntiva  (art.  139). Sul contenuto di questo
 verbale il secondo comma non pone previsioni specifiche,  limitandosi
 ad  imporre  la sola indicazione del momento di inizio e di quello di
 cessazione   delle   operazioni   di   riproduzione   fonografica   o
 audiovisiva. L'elasticita' della previsione normativa si comprende se
 si tiene presente la soluzione data  al  problema  del  rapporto  tra
 contenuto del verbale e risultato della registrazione. Al riguardo si
 e' confermato  il  rapporto  che  gia'  oggi  e'  possibile  desumere
 dall'ultimo comma del vigente art. 496- bis (divenuto sostanzialmente
 il terzo comma dell'art. 139).
    Se  il prodotto della registrazione si e' formato in modo compiuto
 ed intelligibile, e' parso illogico accordare prevalenza  al  verbale
 riassuntivo,  il quale e' suscettibile di errori od omissioni estremi
 alla documentazione fonografica.  Se,  invece,  quest'ultima  non  ha
 avuto effetto o non e' chiaramente intelligibile, diventa inevitabile
 attribuire al verbale convenzionale piena efficacia probatoria.  Tale
 disciplina  vale  anche  quando la registrazione fonografica sia solo
 parzialmente imperfetta: l'inintelligibilita' di una parte  non  puo'
 evidentemente  togliere  valore  alla parte perfettamente riuscita, e
 percio' si e' stabilito che il verbale convenzionale fa  prova  nella
 parte  in  cui  la  registrazione  non  abbia avuto effetto o non sia
 chiaramente intelligibile. Il contenuto in concreto  del  verbale  in
 forma  riassuntiva  (redatto  dal  segretario)  dipendera', percio' a
 seconda  dei  casi,  dalla  maggiore  o  minore  affidabilita'  delle
 operazioni di registrazione (di competenza di personale tecnico posto
 sotto la direzione del segretario),  nel  senso  che  la  prevedibile
 buona  riuscita  di  queste  operazioni rendera' possibile la massima
 riduzione del contenuto del verbale sino  alle  sole  indicazioni  di
 inizio e fine delle operazioni medesime. In tal modo la prassi potra'
 conciliare i vantaggi in termini  di  velocita'  e  fedelta'  offerti
 dalla  registrazione  con  i costi che, in termini di verbalizzazione
 tradizionale, occorre sopportare per evitare il pericolo dell'assenza
 di  qualsiasi  documentazione  derivante  da  una  registrazione  non
 riuscita.  I  successivi  commi   dell'art.   139   disciplinano   la
 trascrizione  delle  registrazioni.  Essa,  effettuata  di  regola da
 personale tecnico giudiziario, puo' anche essere affidata dal giudice
 a  personale  estraneo all'amministrazione della giustizia. Il quinto
 comma da' la possibilita' al giudice di non disporre la  trascrizione
 della  registrazione  quando  vi  sia  il  consenso  delle parti (per
 esempio: nel caso in cui la  sentenza  non  venga  impugnata).  Nelle
 disposizioni  di  attuazione  verranno  disciplinate  le attivita' di
 custodia e le eventuali successive utilizzazioni delle  registrazioni
 fonografiche,   nei   casi   in  cui  non  sia  stata  effettuata  la
 trascrizione, ovvero si dubiti della conformita' di questa  al  testo
 registrato.   L'art.   140  da'  attuazione  all'ultima  parte  della
 direttiva 8, prevedendo le tre ipotesi nelle quali non si fa  ricorso
 ne' alla stenotipia ne' alla registrazione. In tali ipotesi si redige
 soltanto il verbale tradizionale, sulla cui stesura si e' affidato al
 giudice   un  generale  potere  di  vigilanza.  Infatti,  poiche'  la
 verbalizzazione   riassuntiva    introduce    degli    elementi    di
 interpretazione rispetto alla realta' oggettiva, e' utile inserire in
 essa  un  controllo,  che  avra'  normalmente  efficacia  dialettica,
 poiche'  al  potere  del  giudice  si  accompagnera'  un  collaterale
 intervento delle parti, in modo da  garantire  la  migliore  fedelta'
 possibile  della  documentazione. L'art. 141 non diverge dall'attuale
 art. 160 se non nella previsione  del  possibile  impiego  del  mezzo
 meccanico  anche  a  proposito delle dichiarazioni orali delle parti,
 che non si inquadrano in un atto processuale, ma  che  sono  comunque
 'attinenti al processo'.
    Infine  l'art.  142  prevede  circoscritte  ipotesi  di  nullita',
 coordinate con  la  disciplina  delle  nullita'  dettate  nella  sede
 generale corrispondente". (Omissis).
    Nella  relazione  al  progetto  definitivo,  cosi'  leggesi  (vedi
 relazione al progetto definitivo pag.  179):  (Omissis).  "Gli  artt.
 134-142  (133-142),  che  disciplinano le modalita' di documentazione
 degli atti, hanno subito nel progetto definitivo alcune modifiche  di
 carattere  prevalentemente  formale,  ma  volte  anche  a chiarire il
 contenuto e a eliminare talune ambiguita'. In effetti la formulazione
 degli  artt. 134 (133) e 135 e' risultata poco felice dal momento che
 nell'originario art. 133  (ora  134)  primo  comma  da  un  tanto  si
 presupponeva  un  concetto  che si trovava esplicitato nel successivo
 art. 135, secondo comma (il verbale e' redatto  con  il  mezzo  della
 stenotipia) e dall'altro non si chiariva che il verbale poteva essere
 redatto, in via alternativa, con il mezzo della stenotipia o in forma
 riassuntiva.  Pertanto,  nel  progetto  definitivo  si e' concentrata
 nell'art. 134 (133) tutta la disciplina relativa  alle  modalita'  di
 documentazione,  prevedendosi che 'il verbale e' redatto con il mezzo
 della stenotipia ovvero in forma riassuntiva' - secondo  comma  (gia'
 1-  bis)  - che 'quando il verbale e' redatto in forma riassuntiva e'
 effettuata anche la riproduzione fonografica' - terzo comma (gia'  1-
 ter)  -  e  che  alle  predette  modalita'  puo'  essere  aggiunta la
 riproduzione    audiovisiva,    quando     ritenuta     assolutamente
 indispensabile  -  quarto comma (gia' 2) -. Nell'art. 135 sono invece
 individuati  i  soggetti  cui  compete  la  redazione  del   verbale,
 prevedendosi  la  possibilita'  di  far  ricorso,  nel caso in cui il
 verbale sia redatto con il mezzo della stenotipia, anche a  personale
 estraneo all'amministrazione della giustizia. Gli artt. 134 e 136 del
 progetto preliminare sono stati  nel  pregetto  definitivo  unificati
 nell'art.  136,  dal momento che entrambi disciplinavano il contenuto
 del verbale. Per tale  motivo  si  e'  anche  modificata  la  rubrica
 dell'articolo,  che,  a  differenza dell'art. 154 del codice vigente,
 riguarda esclusivamente il 'contenuto' del verbale  e  non  anche  la
 formalita' della sottoscrizione, disciplinata nel succesivo art. 137.
 Le ulteriori modifiche all'art. 136 sono  di  carattere  formale.  In
 conseguenza  delle  modifiche  apportate  all'art.  134 (133), non e'
 apparso piu' necessario precisare nell'art. 139, secondo comma,  che,
 in  caso  di riproduzione fonografica, il verbale deve essere redatto
 in forma riassuntiva. La modifica al secondo comma dell'art.  141  e'
 di  carattere  formale.  Nel  testo  del  codice  e' stata modificata
 ulteriormente la formulazione  dell'art.  134  (133),  secondo  comma
 (gia'  1-  bis),  essendo  apparso tecnicamente scorretto porre sullo
 stesso piano le modalita'  di  redazione  del  verbale  (integrale  o
 riassuntivo)  con  il  mezzo attraverso il quale la redazione avviene
 (stenotipia  o  altro  strumento  meccanico  ovvero,  nel   caso   di
 impossibilita' di ricorso a tali strumenti, scrittura manuale). Si e'
 pertanto previsto che 'il verbale e' redatto  in  forma  integrale  o
 riassuntiva, con la stenotipia o altro strumento meccanico ovvero, in
 caso di impossibilita' di far ricorso a tali mezzi, con la  scrittura
 manuale'.  Nel  quarto  comma  (gia'  2)  si  sono precisati meglio i
 presupposti  in  presenza  dei  quali   puo'   essere   disposta   la
 riproduzione  audiovisiva.  Le  modifiche  all'art.  135 conseguono a
 quanto si e' detto in merito all'art. 126 (125). La disciplina in tal
 modo  riformulata,  con  la  quale  si prevede la possibilita' di far
 ricorso in via alternativa alla verbalizzazione manuale  o  a  quella
 con  mezzi  meccanici  nonche'  di  avvalersi, per la verbalizzazione
 meccanica, di personale  estraneo  all'amministrazione,  tiene  anche
 conto  delle  necessita'  di  realizzare  un passaggio graduale delle
 tradizionali  forme  di  verbalizzazione  all'uso  di  piu'   moderne
 tecniche;  occorrera'  infatti,  un  congruo  lasso  di tempo sia per
 dotare gli uffici delle apparecchiature necessarie, sia per reclutare
 o istruire il personale destinato ad utilizzarle". (Omissis).
    In  ordine  al  dibattimento,  cio' e' precisato: (Omissis). "Capo
 terzo. Istruzione dibattimentale.  Le  disposizioni  del  capo  terzo
 (sull'istruzione  dibattimentale)  concernono,  anzitutto,  gli  atti
 preliminari all'esame dei testimoni (art.  490).   La  sola  modifica
 apportata  alla  corrispondente norma del progetto del 1978 afferisce
 all'ordine di assunzione dei testimoni: va in ogni caso rispettata la
 'precedenza'  nell'esame dei testimoni di accusa.  Gli artt. 491, 492
 e 493 sono stati dedicati all'esame testimoniale e alle condizioni da
 osservare nel porre le domande e per muovere le contestazioni.
    Veramente   opportuna  appare  la  disposizione  del  primo  comma
 dell'art. 491: l'esame  deve  svolgersi  mediante  domande  su  fatti
 specifici,   onde  evitare  che  lo  stesso  si  risolva  nella  mera
 'ripetizione' di una testimonianza, predisposta nel suo complesso,  e
 per  consentire  un  'efficace' controinterrogatorio. Le altre regole
 attengono al potere di direzione  del  presidente  del  collegio  nel
 corso  dell'esame:  di  qui  i  divieti  in  ordine alle domande 'che
 possono muovere alla sincerita' delle risposte'; di qui il  controllo
 per un'escussione 'che non leda il rispetto della persona'; di qui le
 caute autorizzazioni 'a consultare documenti in aiuto alla  memoria';
 di  qui infine la possibilita' d'intervento, prevista nel sesto comma
 e a chiusura di una disciplina, tuta da sperimentare. Il primo  comma
 dell'art.  492  riproduce  il  testo  della  corrispondente norma del
 progetto del 1978. Il secondo comma introduce,  invece,  una  sensata
 innovazione  circa  l'esame  testimoniale del minorenne. In base alla
 nuova disposizione l'esame e' condotto dal presidente 'su  domande  e
 contestazioni  proposte  dalle  parti'. Potra' proseguire, pero', con
 domande e con contestazioni direttamente effettuate dalle  parti,  se
 queste  modalita'  dell'esame  non  coincidano  sulla  'serenita' del
 teste'. A rendersene conto dovrebbe essere proprio il presidente  del
 collegio,   che   ha   'iniziato'   l'esame.   La   possibile  revoca
 dell'ordinanza varrebbe, comunque, a garantire il  minore  e  la  sua
 testimonianza.  L'art.  493  regola la facolta' delle parti in ordine
 alle contestazioni, specifica il potenziale probatorio delle stesse e
 precisa  i  limiti entro i quali talune dichiarazioni, utilizzate per
 le contestazioni, sono acquisibili nel fascicolo per il dibattimento.
 Questi  punti  fermi  di  una  disciplina  che la pratica giudiziaria
 'perfezionera'' in  tutta  la  sua  complessa  articolazione:  a)  le
 contestazioni  'seguono'  alla  deposizione  del  teste; b) si basano
 sulle dichiarazioni  rese  dallo  stesso  nel  corso  delle  indagini
 preliminari o nell'udienza preliminare; c) possono essere mosse dalla
 parte 'leggendo' la precedente dichiarazione; d) non  possono  essere
 il  surrettizio  tramite  di  una  'prova' basata sui fatti affermati
 nella  'dichiarazione'.   Solo   alcune   di   queste   dichiarazioni
 (specificatamente  indicate  nel  quarto  comma  dell'art.  493) sono
 acquisite  nel  fascicolo  per  il  dibattimento  ed  assumono  piena
 efficacia probatoria. Sempre che le stesse siano state utilizzate per
 le contestazioni".  (Omissis)."I  poteri  del  presidente  in  ordine
 all'esame  dei  testimoni  e  delle parti private (art. 499) appaiono
 improntati ad una piu' marcata immediatezza.
    L'indicazione dei "temi di prova nuovi o piu' ampi" puo' dipendere
 solo dai "risultati delle prove assunte  nel  dibattimento"  o  dalle
 "letture  disposte  a  norma  degli  artt.  504, 505 e 506". Non puo'
 discendere,  cioe',  dalla  valutazione  di  atti  non  formatisi  al
 dibattimento  (...  in  base  ad  un  paradigma  ipotizzato anche dal
 progetto del 1978). E' stato poi riformulato  il  secondo  comma  per
 adeguare  la  norma  alla  direttiva  73  della legge-delega, che non
 frappone  alcun  limite  al  potere  di  domanda  del  presidente.  A
 differenza  del  progetto  del  1978, che circoscriveva questo potere
 nell'ambito del tema di prova nuovo  o  piu'  ampio,  precedentemente
 indicato.  Pure  l'art.  500  ("Ammissione  di nuove prove"), risulta
 ispirato  all'innovazione  introdotta  dalla   direttiva   73   della
 legge-delega,  che  concede al giudice piu' ampi poteri di iniziativa
 probatoria, rispetto al testo della precedente legge-delega del 1974.
 Gli  artt.  501,  502  e  503  riproducono,  salvo  qualche marginale
 modifica, il testo delle corrispondenti disposizioni del progetto del
 1978.  Non  sono  stati  riproposti l'ultima parte dell'art. 480 (ore
 502) (perche'  il  terzo  comma  dell'art.  471  disciplina,  in  via
 generale,  la  materia degli 'avvisi" effettuabili al dibattimento) e
 il  terzo  comma  dell'art.  481  (ore  503)  (giacche'  la   lettura
 determina, di per se', l'utilizzabilita' dell'atto).
    La  disposizione  che  disciplinava la redazione del verbale (art.
 481, quarto comma, del progetto del 1978)  non  e'  stata  riproposta
 perche'   ripeteva  una  prescrizione  contenuta  nelle  disposizioni
 generali in tema di verbalizzazione degli atti.
    E'  stato  invece  esplicitato  il potere di vigilanza che su tali
 atti spetta al  presidente  del  collegio.  Omissis.  "L'esigenza  di
 riordinare in modo parzialmente diverso gli atti del dibattimento sta
 alla base della diversa formulazione dell'art. 508 rispetto  all'art.
 488  primo  comma,  del  progetto  del  1978.  A  suggerirla e' stata
 l'esigenza  stessa  di  un  fascicolo  per  il  dibattimento.  Di  un
 fascicolo  cioe',  che deve raccogliere gli atti che ne costituiscono
 l'originaria ossatura o che vi vengono  "allegati"  in  seguito  alle
 "contestazioni";  ma  che deve raccogliere anche gli altri atti letti
 al dibattimento e i documenti ammessi durante il suo svolgimento. Non
 e' stato invece riproposto il secondo comma dello stesso art. 488. La
 regola ivi espressa del divieto di allegazione e di utilizzazione  ai
 fini  della  decisione dei verbali degli atti di cui e' vietata o non
 e' stata data lettura e' apparsa superflua. La prescrizione emerge in
 modo  chiaro  dalla  corelazione  tra  le  disposizioni relative alle
 "letture" e la previsione (art. 519), che impone al  giudice  di  non
 utilizzare  per  la  decisione prove diverse da quelle legittimamente
 acquisite in dibattimento. (Omissis).
    Nella  relazione  al  progetto  definitivo,  in  tema, non vi sono
 espresse considerazioni di rilievo, in quanto la maggior parte  delle
 norme  contenute  nel  progetto preliminare sono riprodotte nel testo
 definitivo.
    Particolare rilevanza per la questione di costituzionalita' di cui
 si e' piu' volte fatto cenno, merita il disposto  dell'art.  503  del
 progetto  preliminare: "Verbale di asssunzione dei mezzi di prova. 1.
 Nel verbale sono indicate le generalita' dei testimoni,  dei  periti,
 dei  consulenti  tecnici  e  degli interpreti ed e' fatta menzione di
 quanto previsto  dall'art.  490,  secondo  comma.  2.  Il  segretario
 documenta  nel  verbale  lo svolgimento dell'esame dei testimoni, dei
 periti, dei consulenti tecnici e delle  parti  private,  riproducendo
 integralmente  in  forma  diretta  le domande poste dalle parti o dal
 presidente nonche' le risposte delle persone esaminate. 3. Quando  il
 giudice dispone che il verbale sia redatto solo in forma riassuntiva,
 i poteri di vigilanza  previsti  dall'art.  140  secondo  comma  sono
 esercitati  dal  Presidente";  e  il corrispettivo art. 510 del testo
 definitivo:  "1.  Nel  verbale  sono  indicate  le  generalita'   dei
 testimoni,  dei  periti, dei consulenti tecnici e degli interpreti ed
 e' fatta menzione di quanto previsto dall'art. 497 secondo comma.  2.
 L'ausiliario  (che  assiste  il  giudice  documenta  nel  verbale  lo
 svolgimento dell'esame dei  testimoni,  dei  periti,  dei  consulenti
 tecnici  e  delle  parti private, riproducendo integralmente in forma
 diretta le domande poste dalle parti  o  dal  presidente  nonche'  le
 risposte delle persone esaminate. 3. Quando il giudice dispone che il
 verbale sia redatto solo in forma riassuntiva, i poteri di  vigilanza
 previsti dall'art. 140 secondo comma sono esercitati dal presidente".
    Per  quanto  riguarda,  poi,  il  procedimento davanti al pretore,
 nella  sua  relazione  al  progetto  preliminare   del   c.p.p.,   il
 legislatore   delegato  si  esprimeva  come  segue:  "Libbro  ottavo.
 Procedimento davanti al pretore; la direttiva 103 della legge-delega,
 relativa alla disciplina del processo pretorile, contiene indicazioni
 molto sintetiche e generali, che lasciano ampi spazi  al  legislatore
 delegato  nella  descrizione  analitica  delle  concrete modalita' di
 funzionamento del procedimento davanti  al  pretore.  Anche  i  pochi
 accenni rinvenibili nei lavori preparatori sono estremamente laconici
 e generici e fanno per lo piu'  esclusivo  riferimento  all'esigenza,
 segnalata  nella  direttiva 103, di distinguere le funzioni di p.m. e
 di giudice.
    Le indicazioni relative all'imposizione del procedimento avanti al
 Pretore si riducono alla previsione di una  disciplina  "in  base  ai
 principi  generali  di  cui  ai numeri precedenti, secondo criteri di
 massima semplificazione, con esclusione  dell'udienza  preliminare  e
 con  possibilita'  di incidenti probatori solo nei casi eccezionali".
 Sulla base di questi tre principi, pare comunque  possibile  cogliere
 alcune indicazioni di fondo, che costituiranno le linee direttive del
 nuovo processo di pretura. In primo luogo,  poiche'  la  direttiva  1
 della   legge-delega   fissa   gia'   il   principio  della  "massima
 semplificazione  nello  svolgimento  del  processo";  i  "criteri  di
 massima   semplificazione"   richiesti   dalla  direttiva  103  della
 legge-delega   non   possono   che   tradursi   in   una    ulteriore
 semplificazione   degli  istituti  e  dei  meccanismi  "semplificati"
 previsti  in  via  generale  per  il  procedimento  per  i  reati  di
 competenza  del  tribunale.  Ne consegue che il richiamo ai "principi
 generali di cui ai numeri precedenti" non  deve  essere  interpretato
 come  rigida  adesione  agli  specifici  istituti  disciplinati dalla
 legge-delega per il procedimento avanti  al  tribunale,  bensi'  come
 riferimento  ai  principi generali ispiratori di quegli istituti, con
 possibilita' di  modificarli  e  di  interpretarli  secondo  criteri,
 appunto,  di massima semplificazione, adeguati alle forme piu' snelle
 e rapide che si sono tradizionalmente  accompagnate  al  procedimento
 pretorile.  Si  inserisce su questa indicazione di fondo l'esecuzione
 dell'udienza  preliminare.  Quella  che  il  legislatore  ha   voluto
 escludere  dal  procedimento  pretorile  e'  evidentemente  l'udienza
 preliminare che e' stata definita "di smistamento", nel  corso  della
 quale  il  giudice  valuta la fondatezza dell'ipotesi accusatoria del
 p.m. ai fini del passaggio alla fase del giudizio. Non vi e'  infatti
 dubbio  che l'esclusione di tale udienza e' corrente con i criteri di
 massima  semplificazione  del  procedimento  pretorile,   posto   che
 l'udienza   preliminare  introduce  un  momento  di  controllo  e  di
 contraddittorio che, necessario per i reati di maggiore  gravita'  di
 competenza del tribunale, per i quali le indagini preliminari possono
 protrarsi  a  lungo,  costituirebbe  un  inutile  appesantimento   in
 relazione  ai reati di competenza del pretore. Diverse sono invece le
 conclusioni in ordine a quell'udienza  antecedente  al  giudizio  nel
 corso della quale il giudice nei procedimenti per reati di competenza
 del tribunale puo' adottare provvedimenti di merito che concludono il
 procedimento   ovvero   comunque   evitano  il  passaggio  alla  fase
 dibattimentale. Ritenere che il legislatore delegante, nell'escludere
 nel processo di pretura l'udienza preliminare, abbia voluto eliminare
 questi meccanismi semplificati porterebbe a conclusioni  illogiche  e
 contrastanti con i criteri di massima semplificazione della direttiva
 103. Si sarebbe infatti costretti ad escludere, proprio nel  processo
 pretorile,  i  meccanismi  abbreviati  e  piu'  celeri  di  cui  alle
 direttive 45 (applicazione della pena su richiesta delle  parti),  52
 (sentenza  di non luogo a procedere prima del giudizio), 53 (giudizio
 abbreviato).  Al contrario, la massima semplificazione  del  processo
 pretorile  deve  essere  perseguita  attraverso la scelta di fondo di
 potenziare  al  massimo  gli  sbocchi   diversi   dal   dibattimento,
 trasformando  la  relativa fase da situazione ordinaria - come e' nel
 processo di pretura che il nuovo codice si appresta a sostituire - in
 evenienza  eccezionale  o,  quantomeno,  residuale. In particolare, i
 riti alternativi al dibattimento devono divenire i mecanismi ordinari
 di  definizione  del  procedimento di tutti i casi in cui il bagaglio
 probatorio acquisito in sede di indagini preliminari rende del  tutto
 evidente le responsabilita' dell'imputato ovvero quando ha confessato
 o si presume che ammettera' la  propria  responsabilita'.  In  queste
 situazioni   e'   palesemente   antieconomico   ricorrere  alla  fase
 dibattimentale,  che  presente  meccanismi  complessi  e  sofisticati
 inidonei  a  perseguire  i  criteri  di  massima  semplificazione che
 debbono sorreggere  il  procedimento  pretorile.  L'obiettivo  e'  di
 creare, sia attraverso la disciplina legislativa, sia soprattutto nel
 costume giudiziario, un sorta di incompatibilita' tra evidenza  della
 prova  e/o confessione dell'imputato e giudizio dibattimentale, salvo
 evidentemente  che  sia  lo  stesso  imputato  a  chiedere   che   il
 procedimento  trovi  sbocco  nel  dibattimento. Disincentivazione del
 dibattimento e massima semplificazione sono quindi due finalita'  che
 marciano  parallele e trovano traduzione da un lato nell'ampio potere
 discrezionale  del  p.m.  nell'impostare   le   fasi   iniziali   del
 procedimento   in   vista  del  perseguimento  di  questi  obiettivi,
 dall'altro  nell'utilizzazione  di  meccanismi  premiali  -  peraltro
 previsti  in  via  generale  anche  nel  procedimento  per i reati di
 competenza  del  tribunale  -  capaci  di  prospettare   all'imputato
 consistenti  vantaggi  insiti nella rinuncia al dibattimento. Al p.m.
 e' stato attribuito il potere di emettere il decreto di  citazione  a
 giudizio,   che  gli  consente  appunto  una  incisiva  attivita'  di
 smistamento in vista dei vari sbocchi - alternativi o  dibattimentali
 -  del  procedimento.  Tale  conclusione non contrasta con i principi
 della  delega,  ma  si  attaglia  alla  particolare   struttura   del
 procedimento  pretorile,  caratterizzato  dalla  espressa  esclusione
 dell'udienza preliminare, che nel processo di tribunale e' il momento
 in cui il giudice valuta l'ipotesi accusatoria del p.m. e dispone, se
 del caso, il rinvio a giudizio. Mancando nel processo di pretura tale
 momento,  e'  del  tutto  congruo  attribuire  direttamente al p.m. i
 poteri di impulso processuale e di scelta  del  rito.  D'altro  canto
 nella delega sono previste specifiche ipotesi in cui il p.m. presenta
 direttamente l'imputato in giudizio, con riferimento ai tre  casi  di
 giudizio  direttissimo disciplinati dalla direttiva 43. Il decreto di
 citazione a giudizio del p.m. (art. 548) e' il momento  centrale  del
 procedimento  davanti  al  pretore,  ed opportunamente contiene anche
 l'avviso che l'imputato entro un termine prestabilito  puo'  chiedere
 il  giudizio  abbreviato  ovvero, sino all'apertura del dibattimento,
 l'applicazione della pena su richiesta  a  norma  dell'art.  439.  In
 particolare,  ove  il  p.  m.  ritenga  che  il giudizio possa essere
 definito allo stato degli atti ovvero mediante  l'applicazione  della
 pena  su  richiesta,  ne  da' atto nello stesso decreto di citazione,
 indicando il rito per il quale e'  disposto  a  prestare  il  proprio
 consenso.
    Solo  nel  caso  in  cui  l'imputato non colga l'offerta del p. m.
 ovvero non chieda di sua iniziativa  la  definizione  anticipata  del
 procedimento, il decreto di citazione per il dibattimento svolgera' i
 suoi  effetti  tipici,  mediante  la  notificazione  alle  parti,  la
 formazione  del  fascicolo d'ufficio e la sua trasmissione al pretore
 del dibattimento.
    Il  titolo  terzo,  che  prevede  appunto  sotto  la rubrica "Atti
 introduttivi del giudizio" questi due modelli di decreto di citazione
 a  giudizio che potremmo definire a formazione successiva, si collega
 sistemativamente con il titolo  successivo,  che  contiene  le  varie
 forme  di  definizione  anticipata  del  procedimento,  dal  giudizio
 abbreviato all'applicazione della pena su richiesta, dall'udienza  di
 conciliazione  al procedimento per decreto. Nel titolo e' compreso il
 giudizio in caso di arresto inflagranza,  in  quanto  anche  in  tale
 ipotesi  l'imputato  puo' presentare richiesta di giudizio abbreviato
 (art. 559 settimo comma).
    E'  implicito  che  anche  in  tale  caso l'imputato puo' comunque
 sempre chiedere, prima dell'apertura del dibattimento, l'applicazione
 della pena su richiesta.
    Non  e'  pertanto  casuale  che  il  giudizio  in dibattimento sia
 disciplinato  alla  fine  del  libro   ottavo,   quasi   a   tradurre
 sistematicamente  il carattere residuale che dovrebbe assumere questa
 forma di giudizio, ultima risorsa dopo che non hanno avuto  corso  le
 ipotesi  di  accordo  premiale  tra  il  p.m.  e imputato. Il che non
 esclude evidentemente che vi siano situazioni in cui, a  causa  della
 particolare  complessita' delle indagini preliminari, il procedimento
 si avvii sin dall'inizio verso  lo  sbocco  naturale  della  verifica
 dibattimentale.   Le   esigenze   di   massima   semplificazione  del
 procedimento davanti al pretore trovano comunque riscontro  anche  in
 sede dibattimentale.
    L'art. 560 prevede infatti che il verbale di udienza venga redatto
 in forma riassuntiva e che,  sull'accordo  delle  parti,  il  pretore
 possa   procedere   direttamente  all'interrogatorio  delle  parti  e
 all'esame dei testimoni, di periti e di consulenti sulla  base  delle
 domande  poste dal p.m. e dai difensori. Attraverso l'introduzione di
 questi  meccanismi  il  procedimento  davanti  al  pretore   dovrebbe
 divenire il banco di prova di un nuovo costume giudiziario, destinato
 ad  estendersi  anche  ai  reati  piu'  semplici  di  competenza  del
 tribunale,  che vede nei riti abbreviati e nelle forme di definizione
 anticipata lo sbocco normale del procedimento in tutti i casi in  cui
 non  vi  e' contestazione sulla responsabilita' o, a contrario, sulla
 mancanza di responsabilita' dell'imputato. D'altro canto  l'esistenza
 degli  ordinamenti  che  da  secoli  prevedono  un  processo  di tipo
 accusatorio insegna che tale  modello  processuale  e'  in  grado  di
 trovare pratica applicazione, stante il notevole dispendio di risorse
 richieste dalla formazione orale della prova in dibattimento e  dalla
 cross   examination,  solo  se  ad  esso  si  accompagnano  forme  di
 definizione anticipata del procedimento basate su modelli alternativi
 di  tipo  inquisitorio  e premiale. Gli istitui del guilty plea e del
 plea bargaining del processo nord-americano costituiscono al riguardo
 esempio estremamente significativo, posto che consentono di risolvere
 senza ricorrere al dibattimento almeno il 90% dei  casi  per  cui  il
 p.m. ha iniziato l'azione penale". (Omissis).
    In  ordine  al  "dibattimento dinanzi al pretore", la relazione al
 progetto preliminare  e'  la  seguente:  (Omissis).  "L'art.  560  e'
 dedicato  al  giudizio  in  dibattimento.  Fermo  restando  un rinvio
 generale  alle  norme  stabilite  per  i  reati  di  competenza   del
 tribunale,  l'alternativa  piu' evidente che si poneva al legislatore
 delegato  al  fine  di  dare  attuazione  ai   criteri   di   massima
 semplificazione   era   escludere   come  regola  generale  la  cross
 examination,  attribuendo  al  pretore   il   potere   di   rivolgere
 direttamente  alle  parti ed ai testimoni le relative domande, ovvero
 incidere sul verbale di udienza. La prima via e'  peraltro  parsa  in
 contrasto  con  l'impostazione di fondo del nuovo processo, in quanto
 avrebbe comportato la necessita' di trasmettere al pretore  gli  atti
 di  indagine  preliminare,  al  fine  di  metterlo  nelle condizioni,
 attraverso la conoscenza degli atti del  procedimento,  di  procedere
 all'interrogatorio diretto delle parti ed all'esame dei testimoni. Si
 sarebbe  cosi'  reintrodotto  il  sistema  della  scrittura  e  della
 conservazione degli atti, in contrasto con i principi che sorreggono,
 quantomeno nella fase dibattimentale, il sistema accusatorio.  Si  e'
 scelta  la  via  di mantenere come regola generale l'esame diretto ad
 iniziativa delle parti e di prevedere che in  ogni  caso  il  verbale
 redatto   in  forma  riassuntiva;  e'  stato  peraltro  previsto  che
 sull'accordo delle parti il pretore possa - ove  la  semplicita'  del
 caso   lo   consenta   -  procedere  direttamente  all'interrogatorio
 delll'imputato ed all'esame dei testimoni sulla  base  delle  domande
 formulate  dalle  parti.  La  soluzione  adottata  prevede dunque due
 modalita' di formazione della prova in dibatimento, mantenendo da  un
 lato fermo il principio dell'esame diretto ad iniziativa delle parti,
 dall'altro consentendo alle parti di  accordarsi  per  attribuire  al
 pretore  un  potere  di  iniziativa nella direzione del dibattimento,
 cosi'  introducendo  un  piu'  celere  e  semplificato   modello   di
 formazione della prova. (Omissis).
    Nella  relazione  al  progetto definitivo e' detto fra l'altro che
 "...  l'attivita'  del  pretore  del  dibattimento  ha  una  maggiore
 autonomia  e  comunque non presuppone un doppio passaggio di carte in
 andata e ritorno analogo a quello tra pubblico  ministero  e  giudice
 per l'indagine preliminare... venendo all'esame dei singoli articoli,
 nessuna modifica e' stata apportata all'art. 549 (542), che si limita
 ad  operare un generale rinvio alle norme per il procedimento davanti
 al tribunale".
    Con  specifico  riferimento all'art. 560 del progetto preliminare,
 nella relazione al testo definitivo leggesi  testualmente  "nell'art.
 567 (560) sono state apportate prevalentemente modifiche di carattere
 formale o comunque tendenti a migliorare la formulazione.  Cosi':  la
 rubrica  giudizio  in  dibattimento;  il rinvio nel primo comma, alle
 norme stabilite per i reati di competenza del tribunale e' stato piu'
 esattamente   espresso  come  rinvio  alle  norme  stabilite  per  il
 procedimento  davanti  al   tribunale;   la   disposizione   per   la
 verbalizzazione    riassuntiva   e'   stata   formulata   sostituendo
 l'espressione con l'accordo con quella sull'accordo".
    A  tale proposito e' necessario riportare testualmente il terzo ed
 il quarto comma, dell'art. 567 del c.p.p.:...   3)  Anche  fuori  dei
 casi  previsti  dall'art.  140,  il  verbale  di  udienza  e' redatto
 soltanto in forma riassuntiva se le parti vi consentono; sull'accordo
 delle  parti,  l'esame  dei  testimoni,  dei  periti,  dei consulenti
 tecnici e delle parti private puo' essere condotto dal pretore  sulla
 base delle domande e contestazioni proposte dal p.m. e dai difensori.
    Tutto  cio'  necessariamente premesso per compiutezza di indagine,
 occorre, a questo punto, evidenziare come il legislatore delegato  ha
 disciplinato  la  "documentazione  degli  atti"  in  generale  e  con
 particolare riferimento al dibattimento dinanzi al  tribunale  ed  al
 pretore.
    Il   legislatore   delegato  ha  stabilito,  anzitutto,  che  alla
 documentazione degli atti si  procede  mediante  verbale  (art.  134,
 primo   comma  del  c.p.p.);  inoltre,  che  il  verbale  e'  redatto
 dall'ausiliario che assiste il giudice (art. 135, primo comma, e 480,
 primo  comma,  del  c.p.p.);  ancora,  che  la forma del verbale puo'
 essere integrale o riassuntiva e che per  la  realizzazione  di  tali
 forme,  deve usarsi o la stenotipia o altro strumento meccanico e, in
 caso di impossibilita',  la  scrittura  manuale  (art.  134,  secondo
 comma, del c.p.p.).
    Lo   stesso   legislatore   ha  pure  prescritto  la  riproduzione
 fonografica (art. 134, terzo comma, del c.p.p.) quando il verbale  e'
 redatto in forma riassuntiva ed, infine, la redazione contestuale del
 verbale "soltanto in forma riassuntiva nei  casi  previsti  dall'art.
 140 del c.p.p. Trattasi, come e' agevole notare, di concetti distinti
 che  meritano  un  esame  particolare,  anzitutto,   a   livello   di
 interpretazione  letterale  ex  12  delle disposizioni delle leggi in
 generale. Invero, dovendo attribuire, nell'applicazione  delle  norme
 gia'  richiamate  soltanto  "il  senso  fatto  palese del significato
 proprio  delle  parole  secondo  la  connessione   di   esse",   deve
 considerarsi   "forma   integrale"   quella  comprensiva  dell'intero
 contenuto delle operazioni, delle dichiarazioni, degli  esami,  ecc.,
 sia  usando  la  stenotipia,  sia  altro strumento meccanico e sia la
 scrittura manuale.
    Orbene,  rileva il giudicante che l'ipotesi legislativa per ultima
 indicata, (scrittura manuale) appare in palese contrasto letterale  e
 logico  con  i  principi di cui si e' gia' fatto cenno, espressamente
 previsti dalla legge delega del 1987 e supportati dalle premesse alle
 relazioni al progetto preliminare e al testo definitivo del codice di
 procedura penale, riportate  all'uopo  integralmente  e  che  qui  si
 richiamano.  Devesi  ricordare, infatti, che il legislatore delegante
 ha prescritto,  in  generale,  -  per  i  fini  chiaramente  indicati
 nell'art.  2  della  legge-delega  -, sia "la massima semplificazione
 nello svolgimento del processo", sia "l'adozione del  metodo  orale",
 sia  "l'immediatezza e concentrazione del dibattimento", sia "l'esame
 diritto dell'imputato, dei testimoni e dei periti da parte del p.m. e
 dei   difensori,   con  garanzie  idonee  ad  assicurare  la  lealta'
 dell'esame, la genuita' delle risposte, la pertinenza al  giudizio  e
 il  rispetto  della  persona,  sotto  la direzione e la vigilanza del
 Presidente del collegio e del pretore,  che  decidono  immediatamente
 sulle  eccezioni, sia l'adeguamento di tutti gli istituti processuali
 ai principi e ai criteri innanzi determinati" (art. 2 della legge  16
 febbraio  1987,  n.  81,  nei  numeri  1,  2,  66,  73  e  104). Piu'
 specificamente,  nei  n.  8  dello  stesso  art.  2  sono   stabilite
 esclusivamente,    cosi'   come   nei   precedenti   progetti   della
 legge-delega:   "L'adozione   di   strumenti   opportuni    per    la
 documentazione  degli  atti  processuali, nonche' la previsione della
 partecipazione di ausiliari tecnici nel  processo  per  la  redazione
 degli  atti  processuali  con adeguati strumenti, in ogni sua fase, e
 con possibilita' che il giudice disponga l'adozione  di  una  diversa
 documentazione degli atti processuali in relazione alla semplicita' o
 alla  limitata  rilevanza  degli  stessi,  ovvero  alla   contingente
 indisponibilita'   degli   strumenti   o  degli  ausiliari  tecnici".
 All'uopo, e con perfetta coerenza, nella  premessa  del  Ministro  di
 grazia e giustizia alla relazione al progetto preliminare del c.p.p.,
 e' scritto a chiare  lettere,  come  gia'  precisato,  che  il  nuovo
 processo  penale  e'  "un  processo  di  parti"  ed  "emerge cosi' la
 centralita' del dibattimento, luogo in cui  l'accusa  e'  chiamata  a
 superare  la  presunzione di non colpevolezza e si forma la prova nel
 contraddittorio delle parti ed attraverso l'esame incrociato".  Cio',
 in evidente antitesi con quanto sotteso al codice di procedura penale
 che, vigente approvato con r. d.  10  ottobre  1930,  n.  1399,  che,
 tuttavia,   prevedeva,   sia   pure  come  semplice  e  discrezionale
 alternativa, l'uso della stenografia nella compilazione del  processo
 verbale  del  dibattimento  e  la riproduzione mediante apparecchi di
 registrazione delle dichiarazioni o deposizioni  da  riassumersi  nel
 verbale  stesso  (art.  496  e  496- bis; aggiunto, quest'ultimo, con
 legge 6 dicembre 1965, n. 1369).
    Per  quanto concerne la forma riassuntiva del verbale - cosi' come
 prevista  dall'art.  134,  secondo  e  terzo  comma,  del  c.p.p.   e
 riferibile  anch'essa  sia nel caso dell'uso della stenotipia, sia di
 altro strumento meccanico, sia di scrittura  manuale,  il  giudicante
 rileva,  anzitutto,  che il legislatore delegato si e' riportato - in
 palese contrasto con i principi enunciati dalla  legge-delega,  sopra
 riportati  integralmente  -  a  quanto  previsto  per  il  verbale di
 dibattimento - dal gia' richiamato art. 495 del codice  di  procedura
 penale  del  1930,  con  il quale veniva prescritto che "nel processo
 verbale   il   cancelliere   deve   riassumere    le    dichiarazioni
 dell'imputato, della persona civilmente obbligata per l'ammenda e del
 responsabile civile, le deposizioni  dei  testimoni,  le  conclusioni
 orali  dei  periti  e  dei  consulenti tecnici, le relative conferme,
 variazioni o aggiunte e ogni altro elemento  che  puo'  interessare",
 con  il dovere del presidente o del pretore "affinche' sia riprodotto
 integralmente e nella sua originaria  e  genuina  espressione  quella
 parte  delle  dichiarazioni orali che egli ritiene essenziale ai fini
 della prova" e con la possibilita' per "il presidente o il pretore di
 dettare  le  predette,  dichiarazioni o disposizioni o di invitare la
 persona  che  le  ha  rese  a  dettarle,  facendo  menzione  di  tale
 circostanza nel processo verbale".
    Si  deve  poi  osservare  che  da quanto disposto dagli artt. 134,
 terzo e quarto comma, e 494, secondo comma del c.p.p.  (dichiarazioni
 spontanee  dell'imputato  nel  dibattimento)  non  si  intravede  con
 sicurezza a  quali  criteri  deve  far  riferimento  il  giudice  per
 scegliere  la  forma  integrale o quella riassuntiva anche se, in tal
 caso, deve effettuarsi  la  riproduzione  fonografica  o  addirittura
 quella audiovisiva, se assolutamente indispensabile.
   Sembra  evidente, a parere del giudicante, che la mancanza di detti
 criteri (che invece sono espressamente previsti nel caso in  cui  sia
 disposta  la  redazione  contestuale  del  verbale  in forma soltanto
 riassuntiva, ex art. 140 del c.p.p., e di cui si  dira'  in  seguito;
 comunque,  in  aderenza con quanto stabilito dall'art. 2, n. 8, della
 legge-delega   del   1987),   possa   tradursi   in   una   eccessiva
 discrezionalita',  attribuita  soltanto  al  giudice,  nonostante "il
 processo di parti" di cui si e' gia' fatto cenno, mentre  alle  parti
 stesse  non  e'  consentito  alcun  intervento tendente ad attuare la
 forma integrale di redazione del verbale, senza dubbio piu'  aderente
 a tutti i principi direttivi della legge delega sopra elencati.
    Devesi,  poi,  rilevare  che gli artt. 134 e 494 del c.p.p. teste'
 richiamati non precisano cosa debba intendersi per forma  riassuntiva
 del  verbale;  ne'  puo'  condividersi con certezza la tesi di alcuni
 autori, secondo cui detta  forma  potrebbe  desumersi  dall'art.  140
 secondo  comma,  nel senso "della riproduzione nell'originale genuina
 espressione  della  parte  essenziale  delle  dichiarazioni,  con  la
 descrizione delle circostanze nelle quali sono rese se queste possono
 servire a valutare la credibilita'".
    Tutte  le  perplessita' di cui sopra non sembrano superabili dalla
 previsione di cui all'art. 134 terzo comma, del c.p.p. e cioe' "dalla
 doverosita'  di  effettuare anche la riproduzione fonografica, quando
 il verbale e' redatto in forma riassuntiva".  Cio'  perche',  a  tale
 chiara disposizione, non corrisponde, altrettanto chiaramente, in che
 cosa debba precisamente consistere  l'attivita'  dell'ausiliario  del
 giudice  del  dibattimento  (peraltro ben impegnato nella descrizione
 delle attivita' svolte in  udienza,  e  nella  riproduzione  in  modo
 integrale,  dei  provvedimenti,  dati  oralmente dal presidente o dal
 pretore, riportando,  inoltre,  sinteticamente,  le  richieste  e  le
 conclusioni  del  pubblico  ministero  e  dei  difensori,  cosi' come
 disposto dall'artt. 481 e 567, primo comma, del c.p.p.), atteso  che,
 mentre dal primo e secondo comma dell'art. 139 del c.p.p. sembrerebbe
 arguirsi che, nel caso in  cui  debba  procedersi  alla  riproduzione
 fonografica  o  audiovisiva,  il compito dell'ausiliario sia soltanto
 quello  della  direzione  del  personale  tecnico,   anche   estraneo
 all'amministrazione  dello  Stato,  che  effettua  tali riproduzioni,
 indicando nel verbale il momento di  inizio  e  di  cessazione  delle
 operazioni  di  riproduzione,  dal terzo comma dello stesso art. 139,
 puo' anche, desumersi che detto ausiliario debba, comunque, procedere
 pure alla redazione del verbale in forma riassuntiva, nel senso sopra
 precisato, in quanto, in tale comma, e' stabilito che "per  la  parte
 in  cui  la  riproduzione fonografica per qualsiasi motivo, non abbia
 effetto o non sia chiaramente intellegibile, faccia prova il  verbale
 redatto  in  forma  riassuntiva".  Tutto  cio' con le conseguenze che
 possono derivare da una disciplina normativa  cosi'  contraddittoria,
 pur  dovendo essere finalizzata alla concreta attuazione dai principi
 o dai criteri  stabiliti  dal  legislatore  delegante  e  piu'  volte
 precisati.
    Nonostante  le  notevoli  perplessita' gia' evidenziate per quanto
 concerne la documentazione degli atti, nel rapporto  tra  legislatore
 delegante  e  quello delegato, quest'ultimo, con l'art. 140 del testo
 definitivo  del  c.p.p.,  ha   stabilito   poi   le   "modalita'   di
 documentazione  in  casi  particolari",  con il dovere del giudice di
 disporre che si  effettui  "soltanto  la  redazione  contestuale  del
 verbale  in  forma  riassuntiva quando gli atti da verbalizzare hanno
 contenuto semplice o di limitata rilevanza, ovvero quando si verifica
 una  contingente  indisponibilita'  di strumenti di riproduzioni o di
 ausiliari tecnici". Con la stessa norma si aggiunge, come gia' si  e'
 detto,   che   "quando  e'  redatto  soltanto  il  verbale  in  forma
 riassuntiva,  il  giudice  vigila  affinche'  sia  riprodotta   nella
 originale genuina espressione la parte essenziale delle dichiarazioni
 con la descrizione delle circostanze nelle quali sono rese, se queste
 possono servire a valutare la credibilita'".
    Tale  modalita'  di  documentazione,  oltre  che  in  generale, e'
 prevista alternativamente  alle  altre  forme,  nel  rispettto  delle
 condizioni stabilite dall'art. 140, primo comma, dello stesso codice,
 nell'incidente probatorio ex art. 401, quinto comma, del c.p.p. e nel
 dibattimento  avanti al tribunale ex art. 510 con riferimento al solo
 verbale di assunzione dei  mezzi  di  prova;  mentre  e'  prescritta:
 dall'art.   127  decimo  comma,  per  i  procedimenti  in  camera  di
 consiglio; dall'art. 42, quinto comma, per  il  verbale  dell'udienza
 preliminare;  dall'art.  666  nono  comma,  per  il  procedimento  di
 esecuzione; norma  richiamata  dall'art.  678  primo  comma,  per  il
 procedimento di sorveglianza.
    Per  quanto  concerne,  poi,  il verbale di dibattimento avanti al
 pretore, l'art. 567, terzo comma, del c.p.p.  stabilisce  che  "anche
 fuori  dai  casi  previsti  dall'art.  140,  il verbale di udienza e'
 redatto soltanto in forma riassuntiva se le parti vi consentono".
    In  ordine  a  quest'ultimo  dibattimento  si  e'  rilevato che il
 progetto preliminare al c.p.p. (art. 560,  secondo  comma)  precedeva
 sempre  la  redazione  del  verbale  in  forma  riassuntiva; il testo
 definitivo impone,  invece,  il  consenso  delle  parti  sia  per  la
 verbalizzazione  soltanto  in  forma  riassuntiva,  sia  per  l'esame
 condotto dal pretore,  dei  testimoni,  dei  periti,  dei  consulenti
 tecnici   e   delle   parti  private,  sulla  base  delle  domande  e
 contestazioni proposte dal p.m. e dai difensori. Orbene, tenuto conto
 dei  verbi usati ("e' redatto" nel primo caso; "puo' essere condotto"
 nel secondo caso), si e' ritenuto che, per la redazione  del  verbale
 soltanto  in  forma  riassuntiva, il relativo accordo delle parti sia
 vincolante per il giudice,  che,  invece,  per  l'esame  delle  parti
 effettuato  dal pretore, sia necessario anche il consenso del pretore
 stesso (che potra' negarlo, ad esempio, quando non abbia  sufficienti
 elementi, sulla base del fascicolo del dibattimento). Si e' aggiunto,
 poi, che, una volta raggiunto l'accordo sulla conduzione dell'esame o
 sulla   verbalizzazione,   puo'   una  parte  revocare  il  consenso,
 lamentando, ad esempio, che il pretore  non  vigila  sufficientemente
 sulla  verbalizzazione  o  non  conduce  correttamente  l'esame (g.i.
 Fontana,  relazione  svolta  all'incontro  di  studi  sul  tema   "Il
 pretore", Trevi 5 - 7 maggio 1989).
    E  non  trattasi di opinione isolata, atteso che, tra l'atro, come
 si e' gia' detto, nella relazione al testo definitivo del  codice  di
 procedura  penale,  leggesi  testualmente,...  la disposizione per la
 verbalizzazione   riassuntiva   e'   stata   formulata    sostituendo
 l'espressione   con   l'accordo,   con  quella  sull'accordo...,  non
 dovendosi sottacere, pero', che l'art. 567, terzo comma,  del  c.p.p.
 sopra riportato, non prevede espressamente alcun accordo tra le parti
 in ordine alla verbalizzazione dell'udienza dibattimentale pretorile.
 Inoltre,  nello  stesso incontro di studi, sullo specifico argomento,
 Amos Pignatelli osserva che "e' ragionevole, infine, che, su semplice
 accordo  delle  parti,  il verbale di udienza sia redatto soltanto in
 forma riassuntiva".
    Ancora,  nella  relazione svolta al seminario sul tema "Iniziative
 di aggiornamento professionale in relazione alla prossima entrara  in
 vigore  del nuovo c.p.p." Roma 16 - 20 dicembre 1988, Gennaro Marasca
 rilevava che "per la redazione  del  verbale  in  forma  riassuntiva,
 sembrerebbe  che,  in  caso  di accordo delle parti, vi sia un vero e
 proprio obbligo da parte del  giudice  di  procedere  in  tal  modo".
 Infine, nella relazione svolta al seminario sul nuovo c.p.p. (Roma 30
 gennaio-3 febbraio 1989), Mario D'Andrea (componente della Segreteria
 scientifica  per  la  redazione del nuovo codice di procedura penale)
 affermava che "il terzo comma del c.p.p. stabilisce che, se vi e'  il
 consenso  delle  parti,  il  verbale  di  udienza  e' (e quindi "deve
 essere")  redatto  soltanto   in   forma   riassuntiva,   senza   che
 contemporaneamente   venga  effettuata  la  riproduzione  fonografica
 richiesta dall'art. 134, terzo comma, e cio', anche al di  fuori  dei
 casi  previsti  dall'art.  140;  il giudice significa che, quando gli
 atti da verbalizzare hanno contenuto semplice  e  limitata  rilevanza
 oppure  quando  non  vi e' disponibilita' di personale o di strumenti
 necessari, il pretore puo' disporre, a norma dell'art.  140,  che  si
 faccia  a meno della riproduzione fonografica e che, anche quando gli
 atti  non  sono  semplici  e  di  scarsa  rilevanza  e   si   vi   e'
 disponibilita'  di personale e strumenti di riproduzione, il, pretore
 deve disporre nello stesso modo, a norma dell'art. 567, se  le  parti
 vi consentono).
    Si  e'  gia'  detto  ampiamente  -  e  ci  si riporta - per quanto
 concerne i gravi  inconvenienti  conseguenziali  alla  redazione  del
 verbale  in  forma  riassuntiva; la quale, peraltro, nel dibattimento
 dinanzi al tribunale  e'  prevista  soltanto,  per  disposizione  del
 giudice, con riferimento alle "dichiarazioni spontanee dell'imputato"
 ex art. 494, secondo comma, del c.p.p., mentre e' prescritta la forma
 integrale  per  i provvedimenti dati oralmente dal presidente ex art.
 481, secondo comma,  e  per  le  domande  poste  dalle  parti  o  dal
 presidente,  nonche'  per  le risposte delle persone esaminate, salvo
 che il giudice disponga che il verbale sia redatto soltanto in  forma
 riassuntiva,  quando,  sembrerebbe,  vi  siano  le  condizioni di cui
 all'art. 140 del c.p.p., delle quali si e' gia' fatto cenno.
    A  proposito  di  quest'ultime, si e' poco prima richiamato l'art.
 140 del c.p.p., il  quale  prevede  la  doverosita'  che  il  giudice
 disponga  che  si  effettui  soltanto  la  redazione  contestuale del
 verbale in forma riassuntiva al cospetto di situazioni  completamente
 differenziate,  in  quanto  e'  evidente  che  l'ipotesi  di  atti da
 verbalizzare che abbiano "contenuto semplice  o  limitata  rilevanza"
 non  ha alcun collegamento letterale o logico a quella conseguente al
 verificarsi di "una  contingente  indisponibilita'  di  strumenti  di
 riproduzione o di ausiliari tecnici".
    Orbene,  per  la  prima  di  queste  due  ipotesi,  a  parere  del
 giudicante, vi e' da  osservare  che  "il  contenuto  semplice  o  la
 limitata  rilevanza" degli atti da verbalizzare - a prescindere dalla
 genericita' e,  forse,  dalla  incomprensibilita'  delle  espressioni
 usate e dei possibili arbitri in pregiudizio del nuovo intero sistema
 - non possono essere preventivamente stabiliti al fine  di  disporrre
 (peraltro da parte del giudice, in un processo "di parti", piu' volte
 descritto) soltanto la redazione contestuale  del  verbale  in  forma
 riassuntiva. Pertanto, in tale ipotesi, la sola redazione del verbale
 in forma riassuntiva dovrebbe inserirsi in un  contesto  in  cui  ben
 potrebbero  rinvenirsi  alcuni atti da verbalizzare con contenuto non
 semplice  o  di   limitata   rilevanza;   pervenendosi,   cosi',   ad
 un'alternarsi  di  forme  in  palese contrasto con i principi fissati
 dalla legge-delega, piu' volte richiamati (in particolare, quelli  di
 cui  al primo comma e n. 1, 66 e 104 dell'art. 2 della stessa legge).
    Per  quel che concerne poi, la seconda ipotesi di cui all'art. 140
 del c.p.p. e cioe' la "contingente indisponibilita' di  strumenti  di
 riproduzione o di ausiliari tecnici", il problema diventa ancora piu'
 complesso, in quanto l'art. 140, primo comma del c.p.p. deve  essere,
 anzitutto,  raccordato con gli artt. 134, secondo e terzo comma, 135,
 secondo comma, 138 e 139 del c.p.p.; ed, inoltre, confrontato  con  i
 principi   della  legge-delega  e  vagliato  alla  stregua  di  norme
 costituzionali ben precise.
   Orbene,  raffrontando il medesimo art. 140, primo comma, del c.p.p.
 con gli articoli teste'  indicati,  puo'  evincersi  che,  ricorrendo
 l'ipotesi in esame, il giudice deve disporre la relazione contestuale
 del  verbale  in  forma  soltanto  riassuntiva  in  deroga  a  quanto
 stabilito  dal  terzo  comma,  dell'art.  134  del  c.p.p.,  per  una
 "contingente   indisponibilita'   di   strumenti   di    riproduzione
 fonografica  o  di  ausiliari  tecnici"  e,  cioe',  gli strumenti di
 riproduzione fonografica ex art.  139  del  c.p.p.  e  gli  ausiliari
 tecnici  previsti  per  detta  riproduzione  e  per  la redazione del
 verbale riassuntivo con la stenotipia, nonche' quelli  necessari  per
 la  trascrizione  della  stessa  e della riproduzione fonografica, ex
 art. 135, secondo comma, e 139,  quarto  comma,  del  c.p.p.  Il  che
 significa,  in mancanza di altre indicazioni, che l'ausiliario, nella
 medesima   ipotesi,   dovra'   redigere   il    verbale    cosiddetto
 "tradizionale"  cioe'  riassuntivo e con la scrittura manuale, di cui
 e' stato gia' detto allorquando  si  e'  esaminato,  in  particolare,
 l'art. 134, secondo comma, del c.p.p.
    Il  legislatore  delegato,  ha, quindi, stabilito, come si e' gia'
 rilevato, con l'art. 140, secondo comma, del c.p.p.,  che  quando  e'
 redatto  soltanto  il  verbale  in  forma riassuntiva, il giudice (in
 particolare il presidente del collegio giudicante ex art. 510,  terzo
 comma, del c.p.p. nel dibattimento dinanzi al tribunale ed il pretore
 nel dibattimento per i reati di sua competenza, ex  art.  567,  primo
 comma,  del  c.p.p.)  deve  "vigilare  affinche' sia riprodotta nella
 originaria   genuina   espressione   la   parte   essenziale    delle
 dichiarazioni,  con la descrizione delle circostanze nelle quali sono
 rese se queste possono servire a valutarne la credibilita'".
    A  questo punto, oltre a quanto gia' rilevato in ordine alla forma
 riassuntiva in generale, si impone anzitutto un raffronto tra  quanto
 previsto dall'art. 140 del c.p.p. e la specifica previsione contenuta
 nel  n.  8  dell'art.  2  della  legge-delega,   gia'   integralmente
 trascritto.
    Sulla  base  di  tale  ultimo  principio  e criterio stabilito dal
 delegante "per attuare nel processo penale i  caratteri  del  sistema
 accusatorio",  o,  comunque, un "processo di parti" - cosi' come gia'
 precisato  -,  sembra  al  giudicante  che  detto  legislatore  abbia
 chiaramente  indicato al Governo della Repubblica l'adozione di nuovi
 strumenti  per  la  documentazione  degli  atti  processuali  con  la
 partecipazione  di  ausiliari  tecnici  e  con la possibilita' di una
 diversa documentazione degli atti processuali,  oltre  che  nel  caso
 della semplicita' o della limitata rilevanza degli stessi - di cui si
 e' gia' detto - anche laddove vi fosse  contingente  indisponibilita'
 degli strumenti e degli ausiliari tecnici.
    Trattasi,  quindi,  di stabilire se il legislatore delegato si sia
 attenuto, con l'art. 140 del c.p.p., del suddetto principio.
    Cio'   non  sembra,  in  quanto,  oltre  alla  forma  integrale  o
 riassuntiva  e  il  ricorso  alla  scrittura  manuale  in   caso   di
 impossibilita'  di  usufruire  di  tali  mezzi,  -  di cui si e' gia'
 ampiamente detto - il legislatore delegato ha tra  l'altro  riportato
 nell'art.   140   del  c.p.p.  la  "contingente  indisponibilita'  di
 strumenti di riproduzione  o  di  ausiliari  tecnici",  senza  alcuna
 doverosa  indicazione  dei  limiti  di  tale contingenza (richiamata,
 peraltro, da  ben  lontani  progetti  della  legge-delega)  da  parte
 dell'organo  preposto  per  tale  incombenza; non potendo cio' essere
 compito del giudice in generale,  ne',  tanto  meno,  di  quello  del
 dibattimento.  Da  cio'  puo' conseguire che, contrariamente a quanto
 stabilito testualmente e razionalmente dal legislatore delegante,  la
 "contingente"   indisponibilita'  di  strumenti  o  di  ausiliari  si
 traduca, - come di fatto sta avvenendo a ben sette mesi  dall'entrata
 in  vigore  del  codice  di  procedura penale - in una persistente ed
 indeterminata indisponibilita'; snaturandosi, in tal  modo,  l'intera
 filosofia   del   "nuovo"   codice   di   procedura  penale,  le  cui
 caratteristiche sono state ampiamente evidenziate  sulla  base  anche
 dei chiarissimi intenti dello stesso legislatore delegato, desumibili
 dai lavori preparatori, sopra riportati.
    Deve  osservarsi,  poi,  che il ricorso alla forma riassuntiva con
 scrittura manuale non puo' certamente realizzare  una  documentazione
 degli atti in sintonia, soprattutto, con il c.d. "tiro incrociato", e
 cioe', l'esame diretto e il controesame dei testimoni ex art. 498 del
 c.p.p.,  neppure con la vigilanza del giudice prevista dall'art. 140,
 secondo comma, in quanto, a prescindere dalle concrete difficolta' di
 tale  vigilanza  al  cospetto di colui che dirige un dibattimento nel
 corso del quale deve, indiscutibilmente,  formarsi  la  prova  in  un
 "processo  di  parti",  con tutti i compiti relativi, si constata che
 cio' che e'  stabilito  dal  secondo  comma  dello  stesso  art.  140
 riproduce,  come  si  e'  gia' detto, quasi alla lettera, il disposto
 dell'art. 495, primo comma, ultima  parte,  del  vecchio  codice,  il
 quale,  pero', prevedeva, al comma successivo, anche la possibilita',
 in ogni caso, per il giudice, di dettare (come di fatto nella  prassi
 avveniva   quasi   sempre)  le  dichiarazioni  o  le  deposizioni  da
 verbalizzare.
    Tutto    questo,   nella   nuova   disciplina,   dovrebbe   essere
 inconcepibile, nonostante la buona volonta' di agevolare l'attuazione
 del  primo codice della Repubblica, per alcuni suoi indiscussi pregi.
    In  proposito  e' stato giustamente osservato che, il ricorso alla
 scrittura manuale "con la penna biro", in  forma  riassuntiva,  viene
 addirittura  a perpetuare, nel nuovo codice, (che - come gia' detto -
 prefigura un processo di parti  con  la  formazione  della  prova  in
 dibattimento)  gli  inconvenienti  gia'  lamentati  nella vigenza del
 codice Rocco, lasciando alla  interpretazione  del  verbalizzante  ed
 alla  "vigilanza"  del  giudice  la  riproduzione,  nella "originaria
 genuina espressione", della "parte essenziale" delle dichiarazioni  e
 sostituendo,   all'integrale   acquisizione   delle  deposizioni,  la
 selezione operata dagli stessi soggetti, con un  giudizio  del  tutto
 personale  sull'essenzialita'  delle  cose  dette.  In tema, non puo'
 considerarsi  poi  quanto  affermato  nella  relazione  al   progetto
 preliminare al nuovo codice di procedura penale, secondo cui "poiche'
 la  verbalizzazione   riassuntiva   introduce   degli   elementi   di
 interpretazione rispetto alla realta' oggettiva, e' utile inserire in
 essa  un  controllo,  che  avra'  normalmente  efficacia  dialettica,
 poiche'  al  potere  del  giudice  si  accompagnera'  un  collaterale
 intervento delle parti, in modo da  garantire  la  migliore  fedelta'
 possibile   alla   documentazione".   Invero,   cio',  a  parere  del
 giudicante,  e'  palese  contrasto  con  principi  e  criteri   della
 legge-delega,   non  realizzandosi,  in  tal  modo,  ne'  la  massima
 semplificazione  nello  svolgimento   del   "nuovo"   processo,   ne'
 "l'adozione del metodo orale", ne' l'immediatezza e la concentrazione
 del dibattimento; essendosi, invece notevolmente allungata la  durata
 dello  stesso, specie per i reati piu' complessi, con grave danno per
 tutti come si e' appreso da fonte  diretta  e  dai  mass  media  piu'
 qualificati.
    Occorre  prendere atto, poi, di quanto rilevato dai primi commenti
 all'art. 140 del c.p.p. secondo cui non e' prevista alcuna  forma  di
 opposizione  alla  decisione  del  giudice  disporre, qualora ritenga
 sussistere taluna delle condizioni indicate nel primo comma di  detto
 articolo,  la redazione del verbale in sola forma riassuntiva, ne' e'
 prevista alcuna nullita' per il caso in cui tale forma  di  redazione
 sia   stata   adottata   in   assenza   di  dette  condizioni  (salva
 naturalmente,  nei  congrui  casi,   la   eventuale   responsabilita'
 disciplinare).  Il  che, ovviamente, aggrava i problemi e i contrasti
 tra quanto stabilito in tema dal legislatore delegante  e  da  quello
 delegato.
    Come si e' gia' visto, per quanto concerne il dibattimento dinanzi
 al pretore, l'art. 567 del c.p.p. dispone testualmente  che  "  anche
 fuori  dai  casi  previsti  dall'art.  140,  il verbale di udienza e'
 redatto soltanto in forma riassuntiva se le parti vi consentono".
    Conseguentemente, per cio' che riguarda il procedimento pretorile,
 oltre  agli  inconvenienti  gia'  evidenziati   ampiamente   per   la
 documentazione degli atti in generale ex 134 e segg. del c.p.p. (e di
 quelli del dibattimento dinanzi al tribunale, per il  rinvio  di  cui
 all'art.  567  del c.p.p.), se ne aggiunge uno ulteriore e, cioe' che
 la sola forma riassuntiva senza  la  riproduzione  fonografica  anche
 fuori  dei casi di cui all'art. 140 del c.p.p. e (quindi deve) essere
 adottata  se  le  parti  vi  consentono.  Se  tale   ultima   dizione
 legislativa  si  e' gia' espressa la dottrina in tema, nel senso pure
 evidenziato   ampiamente   senza   alcun   noto    contrasto    (vedi
 considerazioni Fontana, Pignatelli, Marasca e D'Andria). Comunque sia
 aderendo alle tesi degli autori sopra  citati,  secondo  i  quali  vi
 sarebbe  un  obbligo  del pretore di far redigere il verbale in forma
 soltanto riassuntiva laddove venga raggiunto l'accordo delle parti in
 tal senso (ricordasi, in proposito quanto rilevato nella relazione al
 testo definitivo del codice pe cio' che concerne  tale  accordo,  che
 pero',  non  compare  nel  nuovo  codice,  il quale prevede, soltanto
 l'accordo delle parti per l'esame, condotto dal pretore,  dei  testi,
 dei  periti,  dei  consulenti  tecnici  e  delle parti private); sia,
 invece, opinando, (ma  soltanto  per  mero  scrupolo  interpretativo,
 stante  la  non felice formula legislativa) la non obbligatorieta' da
 parte del pretore di disporre la sola forma riassuntiva,  pur  se  vi
 sia  accordo  delle  parti (traducendosi detto presunto accordo in un
 consenso necessario delle parti stesse) perche' il pretore possa - ma
 il  codice dice "debba" - far redigere il verbale con detta forma, in
 entrambi i casi e' palese il contrasto e  l'eccesso  in  relazione  a
 quanto  espressamente  stabilito  dal  n.  8  dell'art. 2 della legge
 delega, secondo cui l'adozione di una  diversa  documentazione  degli
 atti   processuali,   (peraltro   consentita   soltanto  in  caso  di
 semplicita'  o  di  limitata  rilevanza  degli  stessi  ovvero  nella
 contingente   indisponibilita'  degli  strumenti  o  degli  ausiliari
 tecnici)  e'  affidata  esclusivamente  al   giudice,   senza   alcun
 condizionamento,  per l'evidente riconoscimento dell'importanza della
 documentazione del verbale d'udienza, specie con  le  caratteristiche
 del nuovo rito piu' volte, non a caso, ricordate.
    Ne'  la  disciplina  teste'  indicata  potrebbe  giustificarsi  in
 considerazione  del  criterio  della  "massima  semplificazione"  del
 processo  pretorile, - su cui si sono soffermati i lavori preparatori
 del codice di procedura penale e buona  parte  della  dotttrina  gia'
 citata,  -  in quanto, a parere del giudicante, quanto prescritto dal
 n. 103 dell'art. 2 della legge delega, non fa  altro  che  stabilire,
 anzitutto,  "la disciplina del processo davanti al pretore in base ai
 principi generali di cui ai numeri precedenti, secondo i  criteri  di
 massima  semplificazione" gia' sanciti dal n. 1 dello stesso art. 2 e
 specificamente richiamati dal delegante; non  certamente  per  creare
 una  "massima  semplificazione"  oltre  la "massima semplificazione",
 gia' essenziale per "attuare nel  processo  penale  i  caratteri  del
 sistema accusatorio" (art. 2, prima parte, del c.p.p.).
    Si   condivide,  invece,  quanto  affermato  da  Oreste  Dominioni
 (componente della commissione presieduta da Giandomenico Pisapia  per
 la  redazione  e  la relazione del progetto preliminare del c.p.p.) e
 cioe' che, la legge delega del  1988,  nella  direttiva  n.  103,  ha
 sostanzialmente  recepito  quanto  elaborato  nel  progetto del 1978,
 stabilendo che il processo pretorile deve essere articolato:
       a)  attuando  i  principi generali fissati per il nuovo sistema
 processuale penale;
       b)  imprimendo  i caratteri della massima semplificazione: tale
 ripetizione anche letterale della direttiva gia' fissata dal n. 1 non
 poteva   che  significare  una  sua  maggiore  accentuazione  per  la
 giustizia pretorile;
       c) escludendo dalla struttura processuale del pretore l'udienza
 preliminare;
       d)  prevedendo il ricorso all'incidente probatorio solo in casi
 eccezionali;
       e)  attuando  (finalmente  la  distinzione  delle  funzioni  di
 pubblico  ministero  e  di  giudice,  anche  mediante  le  necessarie
 modifiche dell'ordinamento giudiziario (relazione tenuta nel convegno
 di studio "Enrico De Nicola" dal Centro nazionale di prevenzione e di
 difesa  sociale  svoltosi  in Lecce a cura del centro studi giuridico
 Michele De Pietro il 18-20 marzo  1988  sul  tema  "Verso  una  nuova
 giustizia  penale". Nella stessa occasione, l'attuale vice presidente
 di codesta Corte Giovanni Conso affermava nella relazione di sintesi:
 (Omissis) "venendo alla problematica del procedimento di pretura, che
 coinvolge una pluralita' di piani, il primo a dover essere  preso  in
 considerazione  e',  ovviamente,  il  piano  normativo.  Balza subito
 all'occhio  la  collocazione  finale  del   procedimento   anzi   dei
 procedimenti  davanti  al pretore in un libro a se' stante, l'ottavo,
 proprio ai margini del procedimento di primo grado, quasi a  denotare
 una   notevole   perplessita'   nella   scelta  del  se  e  del  come
 differenziarli,  dal  procedimento,   anzi   dai   procedimenti,   di
 competenza  del  tribunale. Sembra aver avuto il sopravvento la linea
 volta ad una diversificazione netta; ma se e' vero che esistono molti
 reati  bagatellari  nella  competenza  pretorile,  neppure vi mancano
 reati gravi o addirittura gravissimi, per cui  non  si  puo'  affatto
 dire  che  questi ultimi abbisognano di garantire inferiori, a quelle
 previste per i meno gravi fra i reati di competenza del  tribunale...
 ".
    A tal proposito si e' osservato che la direttiva n. 12 della legge
 delega del  1987  sulla  competenza  del  pretore  e'  stata  attuata
 dall'art. 7 del nuovo c.p.p. che dopo aver fissato il limite generale
 (reati per i  quali  la  legge  stabilisce  una  pena  detentiva  non
 superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria solo
 o congiunta alla predetta pena detentiva), indica  dodici  figure  di
 reato le quali, pur prevedendo una pena detentiva superiore a quattro
 anni, vengono  attribuite  alla  competenza  del  pretore.  Trattasi,
 pero',  di  una  cerchia  di reati ancor piu' notevole, in virtu' del
 meccanismo stabilito dall'art. 4 per la determinazione della gravita'
 del  reato  agli  effetti  della competenza. E' evidente, poi, che la
 nuova competenza si estende anche alla legislazione penale  speciale;
 cosi'  ad  es.,  il pretore sara' competente anche per i fatti di cui
 all'art. 72 della legge 22 dicembre  1975,  n.  685,  secondo  comma,
 sugli  stupefacenti  e,  cioe',  detenzione, trasporto e commercio di
 sostanze classificate nelle tabelle seconda e quarta della legge.
    Inoltre,  per  il combinato disposto del primo comma dell'art. 7 e
 della lettera D dell'art. 5 stesso codice ("la  Corte  di  assise  e'
 competente  per i delitti previsti nel titolo primo del libro secondo
 del codice penale, Delitti contro le personalita' dello Stato, sempre
 che  per  tali  delitti  sia  stabilita  la pena della reclusione non
 inferiore nel massimo a dieci anni, sono  assegnate  alla  competenza
 del  pretore oltre quindici figure criminose gia' di competenza della
 Corte d'assise. Pertanto, la competenza del pretore, tutta in  salita
 sin  dal  1865, ha raggiunto limiti davvero raguardevoli sia sotto il
 profilo della  quantita'  (secondo  autorevoli  calcoli,  il  pretore
 dovrebbe  trattare tra il 75 e l'80%, di tutti gli affari penali) che
 della qualita'. Si e' concluso,  quindi,  che  il  vero  procedimento
 "ordinario",  quanto  meno  sotto  il profilo quantitativo, e' quello
 pretorile (Marasca, gia' citato).
    Pertanto,  gia' si giustificano appena le forme semplificate dello
 stesso processo; soprattutto, con  riferimento  ai  reati  di  minore
 importanza  (maldestramente  definiti  "bagatellari",  in  quanto chi
 opera da moltissimi anni come pretore  non  puo'  dimenticare  quanta
 sofferta   giustizia   puo'   emergere  proprio  per  i  reati,  solo
 apparentemente, di lieve entita', peraltro con pressante tendenza  ad
 ulteriori necessitate depenalizzazioni).
    Comunque,  forme  esemplificate  dal punto di vista procedurale si
 estrinsecano, anzitutto, nell'esclusione dell'udienza  preliminare  e
 con  possibilita'  di  incidenti  probatori  solo in casi eccezionali
 (gia' previste, come si e' detto, dalla direttiva n. 103 della  legge
 delega)  inoltre,  nel  termine  massimo per le indagini preliminari,
 ancora, nelle differenze del decreto di citazione a giudizio ex  art.
 555  del c.p.p. e quello nei procedimenti davanti al tribunale e alla
 corte d'assise ex art. 429 del c.p.p.; inoltre, nella "richiesta"  di
 definizione  anticipata  del  procedimento  ex  art.  557 del c.p.p.;
 quindi, nella "trasmissione" degli atti al pretore ex  art.  558  del
 c.p.p.;  ancora,  nella  peculiarita' dei riti alternativi dinanzi al
 pretore  (giudizio  abbreviato   e   applicazione   della   pena   su
 patteggiamento)  e nel tentativo di conciliazione ex art. 564 c.p.p.;
 quindi, nel procedimento per decreto e nel giudizio  direttissimo  ex
 artt.   556  e  566  del  c.p.p.;  ancora,  per  quanto  riguarda  il
 dibattimento,  nella  possibilita'  che,  sull'accordo  delle   parti
 private,  l'esame  dei  testimoni  che sia condotto dal pretore sulla
 base delle domande e contestazioni proposte dal p.m. e dai  difensori
 ex  art.  567,  n.  4  del  c.p.p.  (con rilevante deroga a uno degli
 aspetti piu' peculiari del nuovo  processo  penale  e  cioe'  l'esame
 diretto e contro esame dei testimoni ex art. 498 del c.p.p.); infine,
 nella  redazione   anche   della   motivazione   contestualmente   al
 dispositivo,   a  meno  che  non  vi  siano  ragioni  di  particolare
 complessita' ex art. 567, n. 5, del c.p.p.
    A  parere  del giudicante, pero', la "massima semplificazione" non
 puo' e non deve incidere  sulle  modalita'  di  documentazione  degli
 atti,  specie  se  dibattimentali,  se  non nelle eccezionali ipotesi
 della direttiva n. 8 della legge delega; anche se con le  difficolta'
 attuative di cui pure si e' fatto ampiamente cenno.
    A  questo proposito debbono richiamarsi tutti i principi direttivi
 della stessa legge, piu' volte indicati  (n.  1,  2,  66,  73  e  104
 dell'art.  2),  necessariamente,  non  obliterando, anzitutto, che il
 pretore, a differenza del collegio del tribunale e dei giudici togati
 e  non  della  corte  d'assise,  specie  nel dibattimento, e' giudice
 unico, con tutti i pregi e i difetti di tale figura, anche se  vi  e'
 un'ideale spinta verso il giudice unico di primo grado (tra gli altri
 Conso cit.). A cio' aggiungasi che il pretore, specie  se  gli  viene
 consentito  di  condurre l'istruzione dibattimentale, non conosce, in
 difinitiva, gli atti del procedimento se non limitatamente  a  quelli
 contenuti  nel  fascicolo per il dibattimento, completamente distinto
 da quello del p.m. con tutte le conseguenze che  possono  derivare  e
 che gia' si avvertono quanto si procede con il nuovo rito.
    All'uopo  e'  da  rammentare che l'importanza della documentazione
 nel dibattimento non viene sminuita dall'auspicabile ricorso ai  riti
 alternativi e che grandi sono le potenzialita' di applicazione insite
 in essi, al punto che dalle loro sorti potrebbero dipendere i destini
 dell'intero  codice  e  che  gia'  e'  in  atto  la smitizzazione del
 dibattimento, come pure la smitizzazione dell'idea  che  il  processo
 abbia bisogno di percorrere tutti i gradi del giudizio (Conso, cit.).
    E'  evidente  comunque,  che,  in  tal  modo, si affronta il grave
 problema delle  strutture,  non  certamente  al  fine  di  ostacolare
 indiscriminatamente   l'attuazione  del  nuovo  codice  di  procedura
 penale, ma con l'autentico impiego del contrario,  trattandosi  ormai
 di  legge  dello  Stato  che  il  giudice  e' tenuto ad applicare con
 l'osservanza dei principi costituzionali,  lasciando  da  parte  ogni
 riserva mentale sulla nuova filosofia del rito penale; e cio', almeno
 da parte del giudicante, si e' tentato di  dimostrare  con  l'impegno
 profuso, sia nelle prime esperienze anche dall'esame diretto" ex art.
 498 del c.p.p. (essendo mancato, in alcuni procedimenti con il  nuovo
 rito, svoltisi dinanzi a lui appena due mesi dopo l'entrata in vigore
 del nuovo c.p.p., l'accordo delle parti ex art. 567 quarto comma, del
 c.p.p.),  sia  nel  redigere  questa  sofferta  ordinanza,  anche  in
 previsione, naturalmente, dei numerosi e  gravi  processi  col  nuovo
 rito  che cominciano a pervenire in un centro giudiziario di notevoli
 dimensioni.
    Ad  avviso  del  giudicante, gli inconvenienti lamentati in ordine
 alla documentazione degli atti nel dibattimento pretorile cui  si  e'
 gia'  diffusamente  scritto  (necessariamente,  nel piu' ampio quadro
 della  documentazione  degli   atti   in   generale),   non   possono
 considerarsi  pure  e  semplici difficolta' di fatto, eventualmente e
 facilmente emendabili nei limiti di tempo previsti dall'art. 7  della
 legge delega.
    Per  quanto  riguarda,  comunque,  la  notevole  importanza  delle
 strutture, quale conditio sine qua non per l'attuazione concreta  del
 nuovo codice di procedura penale, e' doveroso ricordare anzitutto, le
 osservazioni critiche di carattere generale nei pareri ufficiali  sul
 progetto  di  legge delega del 1978. (Omissis). Consiglio giudiziario
 presso la corte di appello di  Caltanissetta.  (Omissis).  Sempre  in
 tema di presupposti indispensabili alla concreta attuazione dei nuovi
 dettami normativi in materia di processo penale, va, poi,  fermamente
 evidenziata  da  necessita'  di  una  preventiva sollecita attuazione
 delle numerosissime riforme di struttura collegate alla  vita  stessa
 del  nuovo codice processuale penale. Se queste riforme non verranno,
 il nuovo codice non potra' in concreto nascere,  o  quanto  meno  non
 nascera'   vitale,   perche'  immediatamente  ed  automaticamente  si
 determinera' una reazione a catena di modifiche normative  frettolose
 e,  ancor  peggio, di degenerazioni applicative che saranno tollerate
 proprio perche' imposte dalla necessita'. Pertanto,  la  prospettiva,
 che  sembra  costituire  negli  ultimi  tempi  il ritrovato usuale al
 nostro legislatore ed al potere esecutivo per  risolvere  i  problemi
 piu'  delicati,  di  lanciare  il nuovo codice allo sbaraglio per poi
 costringere chi di dovere alle necessarie riforme  (il  prezzo  delle
 quali  sarebbe, quindi, ancora una volta pagato dalla collettivita'),
 appare  inaccettabile.  L'alternativa  e',   dunque,   quella   sopra
 delineata dalla seria e sollecita definizione delle riforme collegate
 all'attuazione  del  nuovo   codice,   nella   piena   consapevolezza
 dell'ulteriore  indifferibilita' del problema della giustizia penale.
 (Omissis). Consiglio giudiziario presso la corte d'appello di Milano.
 (Omissis).  "Non  e' infine inutile far presente che l'attuazione del
 progetto,  qualora  venisse  lasciato  inalterato,  richiederebbe  un
 aumento  notevole  di magistrati, di personale ausiliario, di mezzi e
 di  locali  senza  di  che  la  nuova  procedura  rischierebbe  quasi
 certamente  il naufragio". (Omissis). Consiglio giudiziario presso la
 corte  di  appello  di  Napoli.  (Omissis).  Strutture   giudiziario.
 (Omissis).  In  uno  dei  convegni  di  studio  tenuti nell'imminenza
 dell'ultima proroga di scadenza della legge delega (Parma, 5-6 maggio
 1978)  il  relatore Pisani affermava: "E' degno di nota il fatto che,
 nel quarto rapporto sullo stato dei propri lavori  (recante  la  data
 del  21 marzo 1978), questa seconda commissione ha tenuto ad esordire
 riaffermando il convincimento che "senza la predisposizione di  mezzi
 (personale, uffici e strumenti tecnici)" poi indicati (e nella misura
 del "minimo indispensabile"), la nuova  disciplina  processuale  "non
 solo  restera'  una  pura  esercitazione  accademica,  ma sicuramente
 aggravera' la  gia'  evidente  crisi  della  Giustizia,  determinando
 addirittura   la  paralisi  della  complessa  macchina  giudiziaria".
 (Omissis). Consiglio  giudizidiario  presso  la  corte  d'appello  di
 Roma...  il  consiglio  formula  un giudizio sostanzialmente negativo
 sull'intero  progetto  sotto  i  piu'  diversi  profili:  da   quello
 dell'osservanza   dei   principi   costituzionali,  alla  luce  della
 giurisprudenza  della  corte  formatasi  nei   quattro   anni   della
 gestazione della riforma, a quello della puntuale corrispondenza alle
 direttive della legge delega; da quello della pratica attuabilita' in
 relazione  al  non  modificato  stato  delle  strutture  giudiziarie.
 (Omissis).   Consiglio  giudiziario  presso  la  corte  d'appello  di
 Torino.  (Omissis).   Tuttavia  il  discorso  sulle  strutture assume
 maggiore importanza quando venga svolto in ordine  al  nuovo  codice.
 Una  riforma  della  importanza  e  centralita' come quella del nuovo
 codice  di  procedura  non  puo'  naufragare  immediatamente  per  la
 mancanza  delle  strutture.   Il  naufragio  del  precedente  sistema
 processuale e' cosa nota e non potra' ottenere  la  riviviscenza  del
 sistema  solo operando sulle strutture; ma il nuovo codice, una volta
 in vigore, disciplinera' il processo penale nei  decenni  avvenire  e
 per  questa  ragione  non  puo'  essere  in  vigore  se non quando il
 contesto normativo e di strutture ne garantiranno il normale decollo.
 (Omissis).   Consiglio  giudiziario  presso  la  corte  d'appello  di
 Venezia.  (Omissis).  D'altronde  e'   innegabile   che   l'attivita'
 giudiziaria  si  svolge ormai da decenni in una situazione patologica
 di carenza di personale e di mezzi, assolutamente  squalificante  per
 amministratori  ed  amministrati.   Occorra  quindi  considerare  che
 qualora il governo intenda attuare entro breve  scadenza  la  riforma
 del  processo  penale secondo le direttive della legge delega, dovra'
 innanzitutto acquisire piena coscienza  delle  conseguenze  immediate
 dell'impatto  tra  il  nuovo  rito  penale  e  le  attuali  strutture
 giudiziarie e dovra' conseguentemente essere preparato a fronteggiare
 una  situazione  di  crisi  suscettibile di incidere sull'avvio della
 riforma con pesanti  condizionamenti.   (Omissis).  Presidente  della
 corte  d'appello  di  Venezia. (Omissis).  Per il numero limitato dei
 funzionari e ausiliari, per la  limitazione  degli  orari  normali  e
 straordinari  del  personale disponibile, per la frequenza di assenze
 individuali e collettive, per le insufficienze di mezzi  tecnici  non
 sono  presagibili ordinari svolgimenti degli atti giudiziari e valide
 forme  di  documentazione.  (Omissis).  Facolta'  di   giurisprudenza
 dell'Universita'  degli  studi  di  Cagliari. (Omissis).  Osserveremo
 innanzitutto come la lettura del progetto susciti una  preoccupazione
 fondamentale:  che la sua approvazione, indubbiamente auspicabile pur
 con gli opportuni ritocchi,  possa  essere  ostacolata  o  ritardata,
 anche  pretestuosamente  e quindi celando una sostanziale opposizione
 ad esso, denunciando la evidente carenza delle  strutture  necessarie
 per la sua attuazione. D'altro canto non puo' negarsi che, in caso di
 approvazione,  la  sua   concreta   attuazione   potrebbe   suggerire
 crtitiche,  se  non  rivelarsi  addirittura  pregiudizievole  per  le
 esigenze della giustizia penale, qualora  tale  carenza  non  venisse
 tempestivamente   eliminata.   Si  tratta  peraltro  di  problemi  in
 relazione ai quali nessun rimprovero  puo'  essere  mosso  ovviamente
 agli  estensori  del  progetto, il cui compito, egregiamente assolto,
 era solo di proporre una nuova disciplina in conformita' dei  criteri
 fissati  dalla  legge delega. (Omissis). Consiglio nazionale forense.
 (Omissis). L'entrata in vigore del  nuovo  codice  comporterebbe  una
 ancor  piu' grave paralisi delle attivita' giudiziaria e frustrerebbe
 le finalita' del legislatore, ove non siano risolti preventivamente i
 problemi    collaterali   che   consistono   nelle   nuove   esigenze
 rappresentate:  (Omissis  ).  b)   dai   requisiti   particolari   da
 richiedersi  al personale giudiziario, oltre tutto da espertizzare in
 stenotipia o almeno in stenografia; pratiche ovviamente richieste per
 fotografare  documentalmente  il  previsto interrogatorio incrociato,
 perche', in mancanza, la innovazione si risolverebbe soltanto in  una
 affermazione  di  principio.  (Omissis).  Consiglio dell'ordine degli
 avvocati e procuratori di Cagliari. "E' stato concordemente  rilevato
 il qualificato livello tecnico del progetto e l'opportunita' di molte
 innovazioni  previste  rispetto  al   sistema   vigente.   La   prima
 osservazione  di  carattere  decisamente preliminare ed assorbente e'
 peraltro  quella  della  priorita',  da  considerarsi   assolutamente
 essenziale  ed  irrinunciabile,  dell'apprestamento  delle  strutture
 necessarie  per  il  corretto   funzionamento   della   nuova   legge
 processuale  prima  che la stessa entri in vigore. Per l'accertamento
 delle qualita' e quantita' di tali strutture, ricomprendendosi  sotto
 tale  definizione,  sia il personale, magistrati e collaboratori, che
 gli ambienti e le attrezzature, esistono previsioni  di  massima  che
 peraltro  vanno  integrate". (Omissis). "Le proposte conclusive sugli
 emendamenti governativi della legge delega. (Omissis). Emendamento al
 criterio  n.  7.  L'adozione di mezzi meccanici per la documentazione
 degli atti  processuali  e'  di  valore  decisivo  perche'  il  nuovo
 processo  penale  possa  ottenere  i  risultati  che  ci si prefigge.
 Sarebbe un grave fraintendimento pensare che si tratti  di  questione
 soltanto  esteriore,  di  mera  organizzazione  materiale.  Dalla sua
 adeguata soluzione, in realta', dipende la celerita' e concentrazione
 del  giudizio, vale a dire le risorse e le specifiche caratteristiche
 su cui  maggiormente  punta  il  tipo  di  processo  delineato  dalla
 legge-delega.  Non  puo'  pertanto non preoccupare la modifica che si
 vuole introdurre a  questo  proposito  nel  testo  della  delega,  da
 "adozione  di  mezzi  meccanici...  "  a "possibilita' di adozione di
 mezzi meccanici... ", e la cui motivazione  e'  ben  esplicata  nella
 relazione:   "viene   esclusa   la   perentorieta'   dell'imposizione
 dell'adozione di mezzi meccanici... soprattutto non essendo possibile
 provvedere     all'imponente     trasformazione    strutturale    che
 l'applicazione del punto comporterebbe".  E' necessario insistere  su
 un  punto  determinante  che  ancora  una  volta  sembra sfuggire: la
 cosiddetta "trasformazione strutturale", e cioe' la preordinazione di
 strutture  materiali  adeguate  per  qualita'  e  quantita'  al nuovo
 processo penale, e' parte essenziale della  riforma,  non  accessoria
 ne' rinviabile nel tempo. Dall'adeguatezza delle strutture materiali,
 non meno che dalla bonta' della disciplina normativa,  dipendera'  il
 successo  dell'opera di riforma della giustizia penale. Non per nulla
 tale  esigenza  fu  avvertita  sin  dall'origine  di  questi  lavori,
 allorche'  prese  avvio,  assieme  alla  commissione  redigente,  una
 commissione per le strutture.  L'emendamento proposto  sembra  invece
 eludere  il  problema. In sua vece sarebbe pertanto consigliabile una
 diversa dizione, che rispecchi nella  sostanza  la  flessibilita'  di
 normativa  che gia' ci si fece carico di mettere a punto nel progetto
 preliminare. Si ritiene, ad  ogni  modo,  che  l'opera  di  studio  e
 preordinazione delle nuove strutture materiali per il processo penale
 debba ricevere un  impulso  deciso,  pensando  ai  diversi  mezzi  di
 documentazione   (stenotipia,   stenografia,   registrazione   etc.),
 all'addestramento  professionale,  alla  previsione  al  riguardo  di
 titoli preferenziali nei bandi di concorso per segretari giudiziari e
 via dicendo". (Omissis).
    Meritano di essere ricordate, poi, le osservazioni dell'attuale v.
 presidente di codesta Corte prof.  Giovanni  Conso  nel  convegno  di
 Lecce  gia'  ricordato:  (Omissis).  "Altri  problemi  attinenti alle
 strutture sono riecheggiate qui: quello delle aule  e  degli  uffici,
 quello  del  personale  ausiliario,  quello  della qualificazione dei
 magistrati  e  degli  avvocati,  quello   della   difesa   d'ufficio,
 specialmente per gli imputati non abbienti.
    Soprattutto   quest'ultimo   si  trasforma  in  una  questione  di
 civilta':  se  non  risolto  in   conformita'   agli   schemi   cosi'
 apprezzabili del codice nuovo, si ritorcerebbe a danno della civilta'
 giuridica. Come conciliare, allora, tante esigenze contrapposte?  Far
 bene  far  presto,  evitare  che  la  riforma  naufraghi,  creare gli
 istituti necessari. E' stata ventilata, sia pur sommessamente, ed una
 volta  anche  molto  autorevolmente,  l'ipotesi di una proroga. Sarei
 poco  propenso  ad  una  soluzione  di  questo  genere  per  la  fase
 attualmente  in  corso,  cioe'  per la fase preordinata a dar vita al
 testo del nuovo codice di procedura penale entro il 30 settembre.
    Anche  se  il  rispetto  del termine previsto per l'emanazione del
 decreto, anzi dei decreti delegati, farebbe correre il rischio di non
 avvalersi  pienamente  dei  pareri  richiesti, si potrebbe pur sempre
 confidare  che  nel  frattempo  la  commissione   bicamerale   e   la
 commissione redigente provvedano, per quanto di rispettiva spettanza,
 alle incombenze piu' urgenti.  Sara'  nell'anno  predisposto  per  la
 vacatio  legis  che  dovranno essere affrontati in modo particolare i
 problemi delle strutture. Se allora,  poi,  la  cosa  si  appalesasse
 indispensabile  per evitare il naufragio della riforma, si potrebbe -
 anzi, si dovrebbe - prorogare l'entrata in vigore del  nuovo  codice.
 Non  dimentichiamo,  comunque, che un testo pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale acquisisce una forza di spinta  e,  al  tempo  stesso,  una
 forza  di  attrazione  incomparabili.  Se  e'  un  codice, diventa un
 monumento che incombe e, se e' un bel codice (e questo e'  un  codice
 molto  bello),  diventa  un monumento in grado di farsi apprezzare in
 tutti i comuni della Repubblica. In ogni caso, durante il periodo  di
 vacatio  legis,  ciascuno dovra' assumersi le proprie responsabilita'
 apertamente, con la consapevolezza che un eventuale  insuccesso  dopo
 la  pubblicazione del codice, dopo, cioe', che le commissioni avranno
 portato  a   termine   la   loro   principale   incombenza,   sarebbe
 inesorabilmente  addebitabile  a  che  non  sapesse o non volesse far
 fronte  al  compito  spettantegli  in  quella  fase.  Non  vi   sara'
 possibilita'  di infingimenti, tanto chiari diventeranno a quel punto
 i termini del problema. Codice nuovo non vuol dire soltanto coraggio,
 vuol  dire  anche  chiarezza. Due doti, queste, troppo spesso latenti
 nel nostro Paese.
    Il  nuovo  codice, un codice coraggioso e chiaro (l'augurio e' che
 diventi ancora piu' chiaro), mettera' tutti alla prova anche  per  un
 recupero  di  questi  due  valori  fondamentali,  il  coraggio  e  la
 chiarezza, entrambi  decisivi  per  far  rialzare  la  testa  ad  una
 societa'  da  troppo tempo in crisi a causa delle tante umiliazioni e
 delusioni subite. Il codice consentira' di rialzare la testa a tutti,
 a   cominciare   da   Governo   e   Parlamento,  onoreranno  le  loro
 resposabilita'. Ne' varrebbe il dire che  non  si  trovano  i  fondi,
 perche',  pur essendo indiscutibile che la crisi economica esiste, e'
 altrettanto fuori dubbio che i fondi vanno trovati se  non  si  vuole
 tradire il coraggio a sacrificare la chiarezza. La civilta' di questo
 Paese ha bisogno di una svolta".
    Pertinenti   sembrano   anche   le  osservazioni  di  Felice  Lima
 nell'incontro di studio e documentazione per i magistrati tenutosi  a
 Trevi  dal  23  al  31  maggio  1988.  (Omissis).  "Vorrei aggiungere
 pochissime consdierazioni a quanto ha gia' detto il presidente Riggio
 - che condivido pienamente - sul problema della carenza di strutture.
 Vorrei evidenziare un aspetto forse non marginale  delle  conseguenze
 che  - oltre a quelle che sono teste' cosi' bene illustrate da chi mi
 ha preceduto - potra' produrre sulla concreta applicazione del  nuovo
 codice  la carenza di adeguate strutture. Essa sembra non preoccupare
 tanti: ad un convegno svoltosi mesi fa  a  Palermo  su  questo  tema,
 illustri  uomini  politici  hanno  dichiarato esplicitamente di esser
 certi che l'inidoneita' dei mezzi - che pure  riconoscevano  -  sara'
 compensata   dalla  'buona  volonta''  degli  operatori  (magistrati,
 cancellieri, ecc.), che da sempre ha consentito al  nostro  Paese  di
 andare  avanti in qualche modo. Ed anche il prof. Siracusano, nel suo
 intervento appena  conclusosi,  mi  e'  sembrato  abbastanza  sereno,
 sicuro  di  una  sorta  di  intervento  di  un provvidenziale deux ex
 machina che ci salvi dal tracollo.
    Io  temo,  invece,  la  mancanza di mezzi adeguati alle necessarie
 operativita' del nuovo codice (si pensi che l'incidente probatorio va
 fissato non oltre cinque giorni dopo la data del provvedimento che lo
 ammette e quest'ultimo va notificato non meno  di  tre  giorni  prima
 della data dell'udienza: cioe' in uno o al piu' due giorni); mancanza
 di mezzi che allo stato puo' prevedersi come certa, se si  pensa  che
 non  si  potrebbe  disporre,  entro  l'ottobre  1989,  del  personale
 indispensabile  alla  riforma   (magistrati,   segretari,   ufficiali
 giudiziari),   neppure  se  si  deliberasse  domattina  sui  concorsi
 necessari all'assunzione,  la  cui  durata  media  e'  di  due  anni;
 mancanza  di mezzi, dicevo, che puo' produrre, oltre alle difficolta'
 relative  alla  necessita'  di  lavorare  di  piu',  di  lavorare  in
 condizioni  ancor  piu'  inaccettabili  di  quelle attuali, anche uno
 snaturamento  della  riforma,  il  tradimento   dei   suoi   principi
 ispiratori.  Come e' stato giustamente osservato dal sen. Gallo nella
 presentazione del parere  espresso  sul  progetto  della  commissione
 bicamerale  che  ne ha giudicato la conformita' alla legge delega, il
 nuovo  codice  potra'  soddisfare  le  aspettative  in  esso  riposte
 soltanto se si creeranno le premesse perche' i nuovi istituti in esso
 previsti  possano  funzionare  in  armonia  pon  il   nuovo   sistema
 processuale  cui  daranno vita. E non si puo' ignorare che la carenza
 di strutture incidera' proprio su questa funzionalita'". (Omissis).
    Per  mero  scrupolo  di  compiutezza,  occorre,  a  questo  punto,
 precisare che il problema delle strutture, ed, in particolare  quella
 della  documentazione  degli  atti, specie nel dibattimento del nuovo
 rito penale, incide, a parere  del  giudicante,  anche  all'auspicato
 necessario  cambiamento  di  mentalita'  del  giudice  (e non solo di
 questi, ma, pure, delle parti e dei vari operatori  del  settore)  al
 fine  di cogliere concretamente l'ideologia e i messaggi positivi che
 la nuova disciplina propone;  con  i  quali  pero'  non  sembrano  in
 sintonia il ricorso alla scrittura manuale integrale, o peggio ancora
 riassuntiva o soltanto riassuntiva, che, come si e' piu' volte detto,
 costituivano  la  forma  e  il  mezzo  di  documentazione  degli atti
 dibattimentali piu' usati dal vecchio codice di procedura penale.
    In proposito, Raffaele Ceniccola, in una nota su Giurisprudenza di
 Merito del 1989 col titolo "Il  nuovo  codice  di  procedura  penale:
 principi e presupposti per il buon funzionamento" cosi' si esprimeva:
 (Omissis). "Vi  e'  poi  il  problema  delle  strutture  materiali  e
 personali,  che  costituisce  il  punto  cruciale  del discorso sulla
 funzionalita' della riforma. E' evidente, infatti, che la prospettiva
 di  un  processo  piu'  rapido  e  giusto,  e' destinata a fallire in
 assenza di un complesso organico di interventi relativi alla edilizia
 giudiziaria,  all'automazione  e  meccanizzazione  dei  servizi, alla
 formazione ed aggiornamento  del  personale  ausiliario.  Sotto  tale
 profilo  e' sufficiente richiamare l'attenzione, a titolo di esempio,
 sulle esigenze imposte dal nuovo tipo di dibattimento in  termini  di
 funzionalita'  delle aule giudiziarie e di tecnica di verbalizzazione
 che dovra' prevedere l'impiego  di  macchinette  stenodattilografiche
 affidate  a  personale  altamente specializzato, apparendo il sistema
 atuale di verbalizzazione a mano  chiaramente  incompatibile  con  il
 contingente di materiale da acquisire attraverso la cross examination
 ". (Omissis).
    Quanto  si e' verificato nel dibattimento relativo al procedimento
 penale a carico di Patera Salvatore e'  stato  adeguatamente  esposto
 all'inizio.
    E'  necessario  ribadire,  anche  ai  fini  della  rilevanza della
 questione di costituzionalita' proposta dal difensore dell'imputato -
 pure  ampiamente  illustrata nella narrativa del fatto - che trattasi
 di procedimento con rito direttissimo e con l'istruttoria da svolgere
 merce' l'esame diretto e il controesame dei testimoni ex art. 498 del
 c.p.p., non essendovi stato accordo  delle  parti  per  consentire  a
 questo  pretore  di condurre deto esame ex art. 567, terzo comma, del
 c.p.p. (peraltro, anche in questo caso, con  le  difficolta'  di  cui
 pure  si  e'  fatto cenno, dovendo il giudicante procedere sulla base
 delle domande e contestazioni proposte  dal  p.m.  e  dai  difensori,
 cosi' come pure prescritto dalla norma teste' citata).
    Conseguentemente, vi e' una ragione in piu' per ritenere, nel caso
 di specie, un eccesso di delega nel  senso  sopraprecisato,  a  nulla
 rilevando,  ovviamente  - se la questione di costituzionalita', cosi'
 come  impostata,  potra'  essere   considerata   non   manifestamente
 infondata  -  che,  sul  verbale  di  udienza,  risulta quanto segue:
 "sull'accordo delle parti, il  pretore  dispone  che  il  verbale  di
 udienza   sia   redatto  soltanto  in  forma  riassuntiva;  le  parti
 acconsentono"; potendosi, tra l'altro, ritenere revocato il  consenso
 con   le  successive  richieste  del  difensore  dell'imputato,  gia'
 precisate.
    Comunque,  sempre  in  ordine  alla  rilevanza  della questione di
 costituzionalita', cosi' come prospettata, e' necessario esaminare  e
 tener  presenti  la  stesura  del  verbale  di  udienza e le continue
 insuperabili difficolta' insorte per la redazione del verbale  stesso
 con  la  scrittura  manuale (penna a biro): cio' nonostante l'impegno
 dell'ausiliario che ha assistito questo pretore  e  la  vigilanza  ex
 art. 140, secondo comma, 510, 549 e 567 del c.p.p.
    Difficolta'  ed  inconvenienti  che  hanno indotto il giudicante a
 richiedere  agli  organi  competenti  notizie  precise,   sia   sulla
 "impossibilita'"  di  ricorso  al  mezzo  della stenotipia o ad altro
 strumento meccanico, prima di  adottare  la  scrittura  manuale,  sia
 sulla "contingente indisponibilita' di strumenti di riproduzioni o di
 ausiliari tecnici" ex art. 134 e segg. del c.p.p.,  con  la  risposta
 del   sig.   consigliere   pretore  dirigente  di  cui  si  e'  detto
 compiutamente nella narrativa del fatto.
    Non  trattandosi,  poi,  a  parere  del  giudicante,  gli  atti da
 verbalizzare con "contenuto semplice o limitata  rilevanza"  ex  art.
 140, primo comma, del c.p.p., in considerazione delle caratteristiche
 - anche con  riferimento  al  merito  del  reato  contenstato  -  del
 procedimento  a  carico  del  Patera,  ne' potendosi sottovalutare le
 pressanti  preoccupazioni  manifestate  dal  difensore  dell'imputato
 circa  la  impostazione  della linea difensiva con la verbalizzazione
 eseguita - purtroppo,  necessariamente,  per  mezzo  della  scrittura
 manuale  -  nonostante l'iniziale consenso alla redazione contestuale
 del verbale con la sola forma riasuntiva, si e' palesata con evidenza
 la  non  manifesta  infondatezza della questione di costituzionalita'
 dell'art. 567, terzo comma, del c.p.p., in relazione agli artt.  134,
 terzo  comma,  140,  primo  e secondo comma, dello stesso codice, per
 eccesso della legge delega del 16 febbraio 1987, n. 81, ex  artt.  2,
 parte  prima,  e  n.  2, 8, 66, 103 e 104, in violazione dell'art. 76
 della  Costituzione  italiana;  richiamandosi,  all'uopo,  tutte   le
 considerazioni,  forse,  troppo  ampiamente  gia'  esposte,  sia  per
 completezza di indagine, sia per la consapevolezza della gravita' del
 problema.
    Per quanto concerne la violazione dell'art. 76 della Costituzione,
 il  giudicante  ritiene   che   debbano   all'uopo   richiamarsi   le
 significative affermazioni di codesta Corte, contenute nella sentenza
 n. 28/1970, secondo cui "il  potere  delegato  dal  legislatore  deve
 essere  esercitato  in  modo  conforme  alle  finalita'  che lo hanno
 determinato e non divergente da dette finalita'. Sicche' alla  delega
 e  alla  sua  formula, a carattere normativo generale, deve risultare
 corrispondente  l'esercizio  del  potere  delegato".   Inoltre,   con
 sentenza  n.  12/1981,  codesta  Corte  ha  stabilito  che "quando al
 legislatore delegato e' lasciato un margine di  discrezionalita',  il
 sindacato  della  Corte  costituzionale in relazione all'esercizio di
 tale potere non puo' andare oltre il controllo di ragionevolezza".
    Ritiene, inoltre, il giudicante che le norme del c.p.p. ora citate
 possano essere, in contrasto sia con gli artt.  3,  primo  e  secondo
 comma, 24, 101 e segg. della Costituzione.
    Per  quanto  riguarda  l'art.  3,  primo  comma,  invero, non puo'
 disconoscersi la ingiustificata - formale e sostanziale -  disparita'
 di  trattamento  per  il  dibattimento  col nuovo rito a carico degli
 imputati  per  reati  di  competenza  pretorile  -  le  cui   attuali
 caratteristiche  quantitative  e  qualitative sono state diffusamente
 illustrate -, in rapporto a reati, anche meno gravi quod  poenam,  di
 competenza del tribunale per il cui dibattimento con il nuovo rito e'
 prescritta la forma integrale della verbalizzazione per l'asssunzione
 dei  mezzi  di  prova, salvo le particolari ed eccezionali deroghe ex
 artt. 510, terzo comma, e 140, primo comma, del c.p.p.  (pur  con  le
 riserve  di  incostituzionalita'  ex  art. 76 della Costituzione gia'
 manifestate per queste ultime norme); sia tra coloro i quali  vengono
 giudicati  attualmente  con  dibattimento  del nuovo rito per i reati
 commessi dopo l'entrata in vigore del nuovo  codice  p.p.  (e,  anche
 anteriormente, fuori dalle ipotesi di cui agli artt. 241, e 242 delle
 disp. att. del c.p.p.) senza che ancora le strutture connesse a detto
 codice  siano  efficienti,  pure nel loro interesse (come nel caso in
 esame),  e   coloro   i   quali   verranno   giudicati   allorquando,
 necessariamente  (anche  se  non si sa quando ed in relazione a quale
 volonta' o  evento)  avranno  un  dibattimento  supportato  da  dette
 strutture, pur trattandosi dello stesso codice con le caratteristiche
 ampiamente evidenziate.
    A   parere   del   giudicante,   la   verbalizzazione  degli  atti
 dibattimentali, cosi' come configurata dagli artt. 567, terzo  comma,
 del  c.p.p.  in  relazione  agli artt. 134, terzo comma, 140, primo e
 secondo comma, dello stesso codice, per  le  ragioni  sopra  esposte,
 puo'  incidere negativamente anche sul diritto di difesa nel processo
 penale, anzitutto sotto il profilo  del  "diritto  al  riconoscimento
 della  propria  innocenza".  All'uopo,  codesta  Corte  ha affermato,
 costantemente, dal 1967 (sentenza n. 151) al 1983 (sentenza n.  224),
 che  il  diritto  di  difesa  non  e'  solo  la  pretesa  al regolare
 svolgimento di un giudizio, che consenta  liberta'  di  dedurre  ogni
 prova a discolpa e garantisca piena esplicazione del contraddittorio,
 ma anche di ottenere  il  riconoscimento  della  completa  innocenza.
 Inoltre,  a  giudizio  della  stessa Corte (sentenza n. 99/1975), "il
 diritto di difesa e' in primo luogo garanzia di contradittorio e puo'
 dirsi  assicurato  solo nella misura in cui si dia all'interessato la
 possibilita' di partecipare ad un'effettiva dialettica  processuale".
 Il  che  non  puo'  dirsi  realizzato  nel  caso  in esame, - per gli
 inconvenienti della forma  soltanto  riassuntiva  e  della  scrittura
 manuale,  gia' evidenziati -, data l'importanza della verbalizzazione
 degli atti nel nuovo rito penale per il quale sembra indiscutibile  a
 differenza sostanziale del rito previgente con le sue caratteristiche
 - che la formazione della prova debba avvenire, quasi totalmente,  in
 dibattimento,  in  un  "processo  di  parti".  Aggiungasi altrettanta
 incidenza negativa sul diritto di difesa,  determinata  dalla  scelta
 della  forma  riassuntiva degli atti dibattimentali, invece di quella
 integrale, e della impossibilita'  dell'uso  della  stenotipia  o  di
 altro  strumento  meccanico ex art. 134 secondo comma, con il ricorso
 alla scrittura manuale, senza alcuna precisazione o predeterminazione
 modale e temporale da parte del legislatore.
    L'art.  567,  terzo comma, del c.p.p., cosi' come formulato e sino
 ad oggi interpretato, puo' violare, infine, a parere del  giudicante,
 anche gli artt. 101 e 104 della Costituzione; in generale, per i casi
 previsti dall'art. 140 del c.p.p.,  sulla  base  delle  ragioni  gia'
 esposte,  stante  la  mancata  predeterminazione legislativa nel caso
 della "impossibilita'" di ricorso al  mezzo  della  stenotipia  o  di
 altro   strumento  meccanico,  con  la  conseguenza  della  redazione
 dell'atto con la scrittura manuale, ed, inoltre, con riferimento alla
 "contingente"   indisponibilita'  di  strumenti  di  riproduzione  di
 ausiliari tecnici, ex art. 139 e 140, primo comma, del c.p.p. In  tal
 modo, invero, il giudice finisce con ricorrere alla forma riassuntiva
 con la scrittura manuale, senza la esclusiva soggezione dello  stesso
 alla   legge   ex   art.  101,  secondo  comma,  della  Costituzione;
 adoperando, peraltro, forme e mezzi di documentazione degli  atti  in
 totale  antitesi  con le nuove caratteristiche del c.p.p., piu' volte
 precisate, e con quanto  espressamente  stabilita  dallart.  2  della
 legge-delega  del  1987  secondo  cui il "(nuovo) codice di procedura
 penale deve attuare i principi della Costituzione ed  adeguarsi  alle
 convenzione  internazionali  ratificate  dall'Italia  e  relative  ai
 diritti della persona e al processso penale".
    Inoltre,  collegata  con  la  violazione  di  cui all'art. 3 della
 Costituzione, puo' considerarsi la piu' palese violazione degli artt.
 101 e 104 della stessa, atteso che il pretore, nel dibattimento per i
 reati di sua competenza, deve, come si e' gia' detto,  fare  redigere
 il  verbale  con la sola forma riassuntiva se le parti vi consentono,
 anche fuori dei casi previsti dall'art. 140 del c.p.p.
    Occorre ricordare, in proposito, in che modo e' stata interpretata
 tale norma sulla base della sua non felice formulazione letterale  in
 rapporto  alla  piu'  chiara  lettera  del  quarto comma dello stesso
 articolo. Per tale ragione si e'  ritenuto,  da  alcuni  autori  gia'
 citati,  che,  in ogni caso, il pretore, quando vi e' l'accordo delle
 parti, e' obbligato (il verbale e' redatto... art. 567, terzo  comma)
 a far redigere il verbale con la sola formula riassuntiva, e, quindi,
 con ricorso alla scrittura manuale (peraltro sotto dettatura, per  le
 insuperabili  difficolta' concrete di applicazione di quanto previsto
 dall'art. 140, secondo comma, del c.p.p., gia' rilevatesi col vecchio
 codice),  e  cio'  anche nell'ipotesi in cui gli atti da verbalizzare
 non abbiamo contenuto semplice o limitata rilevanza ovvero quando non
 si   verifichi  una  contingente  indisponibilita'  di  strumenti  di
 riproduzione o di ausiliari tecnici.
    Se  tale interpretazione dovesse considerarsi la piu' corretta, ne
 conseguirebbe una eclatante violazione  dell'art.  101  e  segg.  del
 c.p.p., per la soggezione palese del giudice, pretore in sede penale,
 esclusivamente ad un accordo delle parti,  pur  nell'esercizio  della
 sua piena giurisdizione con riferimento all'importante funzione della
 documentazione degli atti del dibattimento col  rito  direttissimo  e
 con  l'esame  diretto ed il controesame dei testimoni ex art. 498 del
 c.p.p., come nel caso di specie.
    Ma,  anche se detta interpretazione non dovesse seguirsi, opinando
 invece, la insussistenza di un  obbligo  del  pretore  di  adeguarsi,
 comunque,  all'accordo  delle  parti  per la redazione del verbale di
 udienza con la sola forma riassuntiva -, il pretore  stesso  dovrebbe
 richiedere  il  consenso  delle  parti  - e quindi assoggettarsi alle
 stesse - laddove ritenesse di far redigere il verbale con tale forma,
 peraltro  con  tutti  gli  inconvenienti  e  le  conseguenze negative
 evidenziate, ed, inoltre, con mancanza di alternativa  per  l'uso  di
 forma diversa e di idonei strumenti di documentazione, per le carenze
 strutturali pure evidenziate.
    A  proposito  di  queste  ultime, si ribadisce, in conclusione, la
 convinzione  dell'importanza,   certamente   non   strumentale,   per
 l'applicazione  del nuovo codice di procedura penale (cui certamente,
 ad avviso di questo pretore,  si  prodigano  i  magistrati  italiani,
 compresi  i  pretori  itineranti nelle varie sezioni distaccate delle
 preture circondariali, nonostante le palesi e gravissime  difficolta'
 in  cui essi operano, con l'amara constatazione di dover far redigere
 i verbali in forma soltanto riassuntiva con la scrittura manuale che,
 di  fatto,  allunga notevolmente la durata dei processi piu' gravi e,
 potrebbe, addirittura bloccarli) di  strutture  adeguate  ed  idonee,
 indispensabili ed insuperabili, da approntarsi con estrema urgenza da
 parte degli organi competenti a tutti i livelli, all'uopo rammentando
 la  priorita' dell'adeguamento degli istituti di giustizia alla Carta
 fondamentale dello Stato, con  il  rispetto,  ovviamente,  di  quanto
 previsto anche dagli artt. 81, 110 e 97 della stessa.
    Sara',  comunque,  codesta  Corte  a  stabilire  se  la  questione
 proposta sia o meno manifestamente infondata e se,  invece,  tutti  i
 problemi   evidenziati   possano   o  meno  risolversi  -  in  breve,
 naturalmente - con le disposizioni integrative e  correttive  di  cui
 all'art.  7 della legge delega, considerando che il c.p.p. e' entrato
 in vigore da circa sette  mesi  e  le  strutture  sono  costantemente
 quelle gia' descritte, senza valide prospettive.
                                P. Q. M.
    Decidendo   sulle  eccezioni  di  costituzionalita'  proposte  dal
 difensore dell'imputato Patera Salvatore;
    Sentito  il  p.m.  che  si  e'  opposto  alle stesse, dichiara non
 manifestamente infondata e  rilevante  ai  fini  della  decisione  la
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 567, terzo comma,
 del c.p.p. in relazione agli artt. 134, terzo  comma,  140,  primo  e
 secondo comma, dello stesso codice per eccesso della legge-delega del
 16 febbraio 1987, n. 81, ex art. 2 p.p. e n. 2, 8, 66, 103  e  104  e
 per  violazione  degli artt. 76 e 3, primo e secondo comma, 24, 101 e
 seguenti della Costituzione italiana;
    Sospende, pertanto, il presente giudizio ed, in applicazione degli
 artt. 134 della Costituzine e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ordina   a  cura  della  cancelleria  della  sezione,  l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale nonche' la notifica
 della  presente  ordinanza  alle  parti  in causa e al Presidente del
 Consiglio dei Ministri e la comunicazione della stessa ai  Presidenti
 delle due Camere.
      Nardo', addi' 13 aprile 1990
                          Il pretore: S O D O

 90C0987