N. 507 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 maggio 1990
N. 507 Ordinanza emessa il 10 maggio 1990 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di Bellavia Emilio Imposte - Infedele dichiarazione dei redditi - Estensione della punibilita', secondo il "diritto vivente" (conforme alla giurisprudenza della Corte di cassazione), alla mera omissione di componenti positivi del reddito e alla simulazione di componenti negativi dello stesso - Difformita' dall'interpretazione accolta dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247/1989 (necessita' di un'attivita' preparatoria fraudolenta) - Lamentata incertezza sull'individuazione della fattispecie penale con particolare riguardo ai concetti di "simulazione e dissimulazione". (Legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 4, n. 7). (Cost., artt. 3 e 25).(GU n.34 del 29-8-1990 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza; A scioglimento della riserva nel proc. pen. n. 493/1989 R. n.r. n. 1774/1990 R.GIP; Pronunciando sull'eccezione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, primo comma, n. 7 legge 516/1982, in relazione agli artt. 25 - 3 della Costituzione proposta dall'avv. Negri difensore di Bellavia Emilio imputato del delitto di frode fiscale ex art. 4 n. 7 legge citata; Sentito il p. m. (dr. Perduca) secondo cui la non evidenza che il fatto non sussiste (data dal contrasto giurisprudenziale sulla norma in questione) legittima nella fase della udienza preliminare il rinvio a giudizio dell'imputato, senza necessita' di investire la Corte Costituzionale; PREMESSO che la dissimulazione di componenti positivi del reddito contestata al Bellavia in ordine a corrispettivi da cessioni di beni nell'esercizio della sua ditta industriale Tessuti Arcobaleno (poi divenuta s.n.c.) risulta, pacificamente, avvenuta dal 1983 al 1986, esclusivamente attraverso la mancata annotazione sulle scritture contabili di una parte degli stessi, senza la commissione di altri mezzi d'inganno; che si ripropone, quindi, il problema di come intendere tale dissimulazione alla stregua dell'omonimo termine lessicale contenuto nell'art. 4, primo comma n. 7, della legge 516/1982 se, cioe', sia sufficiente ad integrare il reato il semplice mendacio di chi nella dichiarazione annuale ometta componenti del suo reddito oppure sia necessario un comportamento oggettivamente artificioso; che questo tribunale gia' in passato ebbe ad esprimersi con pronunce, peraltro conformi all'orientamento della Corte di cassazione (Cass., III del 20 settembre 1989 e Cass., III del 3 luglio 1989), ritenendo sufficiente ai fini della sussistenza del delitto de quo, anche un comportamento non necessariamente caratterizzato da segni obiettivi di artificiosita', e quindi connotato dalla mera mancanza di registrazione dei ricavi; che attualmente sono mutati i supporti giurisprudenziali a seguito di sentenza (n. 247 del 15 - 16 maggio 1989) della Corte costituzionale, che, per quanto investita direttamente di altra questione (sulla legittimita' dell'art. 4, n. 7 della legge 516/1982, laddove si richiede l'alterazione in misura rilevante del risultato della dichiarazione, quale effetto della dissimulazione o simulazione), contiene caratteri interpretativi sugli elementi della fattispecie de qua, nell'ottica di dare determinatezza alla condotta criminosa della stessa fattispecie; che secondo il giudizio, nel merito, della Corte costituzionale non sarebbe sufficiente, ai fini dell'integrazione del reato, il solo simulare o dissimulare, di cui alla norma, ma sarebbe necessario un qui pluris, un'attivita', cioe', preparatoria (fraudolenta) alla dichiarazione finale, volta all'alterazione del risultato della dichiarazione stessa; che la sentenza n. 247 citata, in definitiva, sembra dar ragione alle tesi (disputate in dottrina e in giurisprudenza) secondo cui senza il qui pluris anzidetto vi sarebbe non solo una duplicazione di previsione sanzionataria per lo stesso comportamento, ex art. 1 secondo comma n. 3 della legge 516/1982, ma si introdurrebbe, surrettiziamente, una punibilita', addirittura a titolo di dolo, per condotte escluse dalla ipotesi contravvenzionale di cui al cit. art. 1, secondo comma, n. 3, allorche' tali da non superare la soglia di punibilita' prevista, con possibilita' di non evitare disparita' di trattamento, consistenti nel sanzionare lo stesso comportamento (l'infedele dichiarazione) come semplice contravvenzione oblazionabile, quando ha per oggetto redditi non soggetti ad annotazione contabile e grave delitto, quando concerne redditi di lavoro autonomo o d'impresa, derivanti da cessioni di beni o prestazione di servizi; che, per quanto non siano vincolanti le decisioni di rigetto della Corte costituzionale per il giudice ordinario, allo scrivente in particolare, non convincono per diversi motivi, primo dei quali perche', secondo giurisprudenze consolidate e mai messe in discussione, con riferimento a fattispecie penali comuni e a dizioni lessicali comuni (art. 641 del c.p.; art. 218 della l. f.), al termine "dissimulare" si e' abitualmente dato il significato di "nascondere" o "passare sotto silenzio", senza neccessita' di atti positivi di occultamento, dandosi cosi' rilevanza al silenzio, se rapportato a fatti che si e' tenuti a esteriorizzare; che, a parte l'indeterminatezza della norma che cosi' si viene a creare per via del mutato quadro interpretativo, quanto alla presunta violazione del principio di uguaglianza, desunta dalla presunzione che per una stessa condotta (falsa dichiarazione) i percettori dei diversi tipi di reddito sarebbero in maniera diseguale, sembra che si connotino invece di "diversita'" e non uguaglianza le situazioni considerate, rispettivamente, dalle disposizioni di cui all'art. 1, secondo comma n. 3 e art. 4, n. 7 della legge 516/1982, atteso che il reato contravvenzionale investe soltanto il contribuente che non e' obbligato ad annotazioni delle scritture contabili, diversamente dall'ipotesi delittuosa, a parte il fatto che l'elemento soggettivo si atteggia differentemente, a seconda che sia riferito all'una (colpa) o all'altra (dolo) fattispecie; che resta intanto contraria l'interpretazione della Corte costituzionale, anche se non e' stato esemplificato da questa in cosa potrebbero, in concreto, esplicitarsi le necessarie condotte fraudolente, senza ricadere in altra ipotesi criminosa espressamente prevista, ma l'autorevolezza dell'Organo da cui proviene il diverso giudizio fa si' che il giudice di merito ne prenda atto e si adegui all'impostazione offerta; che permane ugualmente il disorientamento interpretativo, anche per le oscillazioni decisorie della Corte di cassazione sul punto, si impone quindi un intervento della Corte costituzionale, ritenendosi sussistenti entrambi i requisiti, di rilevanza e non manifesta fondatezza, della questione di incostituzionalita' sollevata; che in ordine al primo requisito, si e' gia' premesso che il Bellavia e' stato tratto al giudizio del giudice per le indagini preliminari, per avere omesso di indicare nella propria dichiarazione, ai fini delle Imposte Dirette, componenti positivi dal reddito, senza usare particolari tecniche fraudolente, di talche' e' indubbio che la questione della necessita', o meno, di un qui pluris, rispetto al semplice mendacio, si pone come rilevante ai fini del decidere; che, quanto al secondo requisito, la Corte costituzionale si e' gia' espressa, stautendo che solo l'interpretazione offerta avrebbe potuto evitare un patente vizio di incostituzionalita' della fattispecie sotto il profilo della sua indeterminatezza;
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestatamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 4, n. 7 della legge 516/1982, in relazione agli artt. 25, secondo comma, e 3, secondo comma, della Costituzione; Sospende il processo in corso; Visto l'art. 18 lettera b) del c.p.p.; Ordina la separazione degli atti relativi al reato di cui all'art. 4, n. 7, della legge citata e dispone che gli atti vengano trasmessi alla Corte costituzionale e che copia della presente ordinanza venga notificato al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Torino, addi' 10 maggio 1990 Il giudice per le indagini preliminari: CUVA 90C1024