N. 508 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 maggio 1990

                                  N. 508
 Ordinanza  emessa  il  22 maggio 1990 dal Consiglio di Stato, sezione
 quarta giurisdizionale  sul  ricorso  proposto  dal  Ministero  delle
 finanze ed altra contro Tacchini Ubaldo
   Dogana - Spedizionieri doganali - Misure cautelari amministrative -
 Sospensione di diritto a seguito di emissione di mandato di cattura -
 Remissione  in  liberta'  - Mancata previsione della cessazione della
 sospensione di diritto - Conseguente impossibilita'  di  adattare  la
 misura  cautelare  alle  concrete  circostanze  -  Irragionevolezza -
 Ingiustificato sacrificio del  diritto  al  lavoro  -  Richiamo  alla
 sentenza n. 766/1989.
 (D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 53, terzo comma, u.p.).
 (Cost., artt. 3, 4 e 35).
(GU n.34 del 29-8-1990 )
                          IL CONSIGLIO DI STATO
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella Camera di Consiglio del
 22 maggio 1990;
    Visto  l'art.  21,  u.c.,  della  legge  6 dicembre 1971, n. 1034,
 concernente l'istituzione dei t.a.r.;
    Visto   l'appello   proposto   dal   Ministero   delle  finanze  e
 dall'intendenza  di  finanza  di  Milano,  rappresentati   e   difesi
 dall'avvocatura generale dello Stato;
    Contro  Tacchini  Ubaldo  rappresentato  e  difeso dagli avv.ti G.
 Leone e V. Nuzzaci;
    Per l'annullamento dell'ordinanza del t.a.r. della Lombardia, sez.
 di Milano, n. 24/1990, resa inter partes, concernente  sospensione  a
 tempo indeterminato: attivita' di dogana;
    Visti gli atti e documenti depositati con l'appello;
    Vista  la  domanda  di sospensione della esecuzione della sentenza
 appellata, presentata in via incidentale dai ricorrenti;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in giudizio dell'appellato Ubaldo
 Tacchini;
    Udito  il  relatore  Cons.  Barbagallo;  e udito, altresi', per la
 parte appellata l'avv.to V. Nuzzaci;
                               F A T T O
    Con  ricorso  notificato  il  23 marzo 1990 ad Ubaldo Tacchini, il
 Ministero delle  finanze  propone  appello  avverso  la  sentenza  n.
 24/1990 del t.a.r. della Lombardia, avanzando, ai sensi dell'art. 33,
 della  legge  6  dicembre  1971,  n.  1034,  istanza  di  sospensione
 dell'esecuzione di tale sentenza.
    Con  la decisione appellata il giudice di primo grado ha annullato
 il decreto dell'intendente di finanza di  Milano,  con  il  quale  il
 signor   Ubaldo   Tacchini   era  stato  sospeso  dalle  funzioni  di
 spedizioniere doganale, ai  sensi  dell'art.  53,  terzo  comma,  del
 d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43.
    Il  t.a.r.,  ha ritenuto che, a seguito della sentenza della Corte
 costituzionale n. 766, in data 7 luglio 1988, con la quale era  stata
 dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 39, primo comma,
 lettera c, e quarto comma  del  d.P.R.  27  ottobre  1953,  n.  1067,
 (ordinamento  della  professione  di  dottore  commercialista), nella
 parte in cui non prevedeva che la sospensione  di  diritto  avesse  a
 cessare  quando  veniva  concessa  la  liberta'  provvisoria,  doveva
 considerarsi, analogicamente, venuta meno anche  la  disposizione  di
 cui  all'art.  53, terzo comma, del d.P.R. n. 43/1973, nella parte in
 cui anche tale disposizione non consentiva il riesame della posizione
 dello spedizioniere doganale sospeso a seguito di ordine o mandato di
 cattura, una volta che l'interessato fosse posto in liberta'.
    L'Amministrazione  appellante  censura  la  pronuncia  del t.a.r.,
 deducendo che le  notevoli  differenze  esistenti  fra  l'ordinamento
 della professione di dottore commercialista e quello di spedizioniere
 doganale non consentono  un'applicazione  analogica  della  pronuncia
 della  Corte  costituzionale  n.  766/1988  alla  disposizione di cui
 all'art. 53, terzo comma del d.P.R. n. 43/1973.
    L'appellato,   costituitosi,   chiede   il  rigetto  dell'appello,
 rilevato che:
    1)  la  sentenza  di primo grado non aveva ritenuto l'annullamento
 della disposizione di cui all'art. 53, terzo  comma,  del  d.P.R.  23
 gennaio   1973,   n.   43,  a  seguito  della  sentenza  della  Corte
 costituzionale  n.  766/1988,  ma  a  tale  pronuncia   aveva   fatto
 conseguire  una  interpretazione  della  disposizione  in  questione,
 secondo la quale la revoca  dell'ordine  di  cattura  non  consentiva
 l'applicazione  della  sospensione  obbligatoria di cui al menzionato
 art. 53, terzo comma, ultima parte;
    2)   per  quanto  nel  caso  possa  rilevare,  le  professioni  di
 spedizioniere  doganale  e  di  dottore  commercialista,   le   quali
 presuppongono entrambe il superamento di un esame, sono assimilabili;
    3)  la  sospensione  obbligatoria  ex art. 53, terzo comma, ultima
 parte, del d.P.R. 43/1973 non poteva essere disposta una volta che lo
 spedizioniere non fosse piu' detenuto.
    L'appellato chiede, quindi, in via subordinata che venga sollevata
 questione di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  53,  secondo
 comma  e terzo, del d.P.R. 23 gennaio 1973, n.  43, in relazione agli
 artt. 3, 4, primo comma, 27  secondo  comma,  35  primo  comma  della
 Costituzione,  dovendosi nella specie applicarsi i principi formulati
 dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 766 e 971 del 1988.
                             D I R I T T O
    Il  collegio  ritiene, nel giudizio incidentale per la sospensione
 dell'esecuzione   della   sentenza   impugnata,   rilevante   e   non
 manifestatamente   infondata   la   questione   di  costituzionalita'
 dell'art. 53, terzo comma, ultima parte, del d.P.R. 23 gennaio  1973,
 n.  43,  nella parte in cui non prevede che la sospensione di diritto
 per mandato od ordine di cattura abbia  a  cessare  quando  venga  la
 remissione in liberta', con riferimento agli artt. 3, 4, primo comma,
 35, primo comma della Costituzione.
    I primi tre commi, dell'art. 53 del d.P.R. 25 gennaio 1973, n. 43,
 che non e' stato modificato dalla  legge  7  febbraio  1990,  n.  19,
 recitano:  "Gli  intendenti  di  finanza, con motivato provvedimento,
 possono infliggere agli  spedizionieri  doganali  iscritti  nell'albo
 professionale  o  nell'elenco di cui all'art. 44 la sospensione dalle
 operazioni doganali nei casi di:
       a)  mancato  pagamento  dei diritti liquidati per le operazioni
 doganali compiute ovvero di mancato adempimento  di  qualsiasi  altro
 obbligo verso la dogana;
       b)  imputazione per un delitto previsto dalle leggi finanziarie
 o dalle leggi relative alla disciplina dei  divieti  eonomici  ovvero
 per uno dei delitti indicati nell'art. 54, lettere c) e d).
    Nei  casi  di  cui  alla  lett.  a), la sospensione e' disposta su
 proposta del capo della dogana ed e'  inflitta  per  un  periodo  non
 superiore  a  due  mesi,  ma  puo' essere prorogata fino a quando non
 siano stati pagati i diritti o non siano stati  adempiuti  gli  altri
 obblighi.  Nel  caso di cui alla lett. b), la sospensione dura fino a
 quando  con  provvedimento  anche   non   difinitivo   dell'autorita'
 giudiziaria lo spedizioniere sia stato prosciolto od assolto.
    E'  sempre  disposta  la  sospensione dello spedizioniere doganale
 quando,  nel  caso  di  cui  alla  lett.  b)  del  primo  comma,  sia
 intervenuta  sentenza  non  definitiva  di  condanna  alla pena della
 reclusione per un periodo superiore ad un anno e quando per qualsiasi
 reato  sia  stato  emesso  nei  suoi  confronti  mandato od ordine di
 cattura".
    L'art.  54,  del  menzionato d.P.R. recita: "E' sempre disposta la
 revoca della nomina dello spedizioniere doganale nei casi di:
       a) radiazione dall'albo professionale;
       b) perdita di uno dei requisiti richiesti dell'art. 48, lettere
 a) e d);
       c)  condanna in seguito a sentenza passata in giudicato per uno
 dei delitti non  colposi  previsti  dai  titoli  secondo,  settimo  e
 tredicesimo del libro secondo del codice penale;
       d)  condanna,  in  seguito a sentenza passata in giudicato, per
 ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commini la  pena
 della  reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a
 dieci anni.
    Nei  casi di cui alle lett. c) e d) la revoca e' disposta soltanto
 qualora  venga  pronunciata  condanna  alla  pena  della  reclusione,
 ancorche'  congiunta  con la pena della multa, per un tempo superiore
 ad un anno.  In  caso  diverso  cessa  la  sospensione  eventualmente
 inflitta  dell'articolo  precedente,  salvo  che non sussistono altri
 motivi che giustifichino il mantenimento.
    Il  provvedimento  di revoca e' adottato con decreto del Ministero
 per le finanze, sentito il consiglio  nazionale  degli  spedizionieri
 doganali".
    Il  collegio  ritiene la questione di costituzionalita' rilevante,
 accedendo - sia pure nell'ambito ed ai limitati fini della  pronuncia
 cautelare    -    all'interpretazione    della    disposizione   data
 dall'Amministrazione e dal giudice di primo grado (non  si  condivide
 quindi,  ai  fini  suddetti,  la  ricostruzione  che  della  sentenza
 impugnata e' fatta dell'appellato, con la deduzione  sopra  riportata
 sub 1).
    Secondo  tale  interpretazione  la misura cautelare amministrativa
 della  sospensione  di  diritto  dello  spedizioniere  doganale   per
 emissione  di mandato o di ordine di cattura non veniva meno, vigente
 il precedente codice di procedura penale, in caso di  concessione  di
 liberta'  provvisoria, e non viene meno, attualmente, in ogni caso di
 remissione di liberta', di  cui  all'art.  299  del  c.p.p.  (non  ha
 rilievo  nel  caso in esame l'ipotesi di scarcerazione per decorrenza
 termini, di cui all'art. 307 del c.p.p.).
   La  sezione  ritiene di accedere alla indicata interpretazione, pur
 considerate le notevoli innovazioni introdotte dal  nuovo  codice  di
 procedura  penale  in  materia  di liberta' personale e il venir meno
 dell'istituto della liberta' provvisoria, tenuto  conto  dello  stato
 della giurisprudenza in materia di inabilitazione all'esercizio della
 professione notarile, di cui  all'art.  139,  n.  1  della  legge  16
 febbraio  1913,  n. 89 (legge notarile) e, avuto riguardo alla stessa
 interpretazione dell'art. 39, primo comma, lett. c)  e  quarto  comma
 del d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1067 (ordinamento della professione di
 dottore commercialista), posto a base  della  pronuncia  della  Corte
 costituzionale  n.  706  del  1988. Tali richiamate disposizioni sono
 infatti analoghe nella ratio e nella lettera a quella in esame.
    Inoltre, dal combinato disposto dell'art. 53 primo comma lett. b),
 secondo comma, terzo comma, e dell'art. 54, che disciplina l'ipotesi,
 in   cui   presupposto   della   misura   cautelare  (facoltativa  od
 obbligatoria) e' la sussistenza di un procedimento  penale  a  carico
 dello  spedizioniere,  si  ricava  che  la sospensione di diritto per
 emissione di mandato di ordine  di  cattura  cessa  soltanto  con  la
 sentenza, anche non definitiva, di proscioglimento, di assoluzione, o
 di condanna alla pena  della  reclusione  per  un  periodo  inferiore
 all'anno.
    Pertanto,  non  essendo intervenuta alcuna delle indicate cause di
 cessazione  della  misura  cautelare  amministrativa  e  non  essendo
 previsto  nell'ordinamento  che possa sussistere una dichiarazione di
 incostituzionalita', di una disposizione, qualora su di essa  non  vi
 sia  stata  dichiarazione di incostituzionalita', diretta o derivata,
 da parte  della  Corte  costituzionale,  e'  rilevante  ai  fini  del
 decidere la questione di costituzionalita' cosi' come prospettata.
    Infatti  la  richiamata disposizione di cui all'art. 53 del d.P.R.
 n. 43/1973 e' quella  sulla  quale  questo  giudice  deve  basare  la
 propria pronuncia cautelare.
    Per  quel che concerne la non manifesta infondatezza, la rigidita'
 della misura cautelare amministrativa per  emissione  di  mandato  od
 ordine   di  cattura,  in  relazione  all'istituto  dell'interdizione
 provvisoria  della  professione  o  dal  pubblico   ufficio   durante
 l'istruttoria,  di  cui agli artt. 140 del c.p. e 290 del c.p.p., che
 prevede soltanto un limite massimo di durata della misura (art.  140,
 ultimo    comma,    c.p.)    appare    configurare   un   trattamento
 ingiustificatamente  deteriore  del  professionista  da   parte   del
 provvedimento  cautelare  amministrativo rispetto alla oggettivamente
 equivalente, misura interdittiva disposta dal giudice (in tal  senso,
 sull'art.  39,  primo  comma  lett.  c)  e quarto comma del d.P.R. 27
 ottobre 1953, n. 1067: Corte  costituzionale,  sentenza  n.  766  del
 1988).
    Inoltre  la  rigidita'  della  disposizione,  in  se',  escludendo
 l'adattamento della misura  cautelare  amministrativa  alle  concrete
 circostanze,  appare  irrazionale e, potendo comportare il sacrificio
 ingiustificato del  diritto  al  lavoro  del  professionista,  appare
 contrastare  con le disposizioni di cui agli art. 3, 4, primo comma e
 35, primo comma della Costituzione.
    Pertanto,   sospeso   il  giudizio  incidentale,  va  disposta  la
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
                                P. Q. M.
   Visti  gli  artt.  134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 53, terzo comma, ultima  parte,
 del  d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 nella parte in cui non prevede che
 la sospensione di diritto, disposta a seguito di emissione di  ordine
 o  mandato di cattura, abbia a cessare con la remissione in liberta',
 per contrasto con gli artt. 3, 4 primo comma, 35  primo  comma  della
 Costituzione;
    Dispone  la  trasmissione  degli atti della Corte costituzionale e
 sospende il presente giudizio cautelare;
    Dispone  che,  a  cura della Segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata alle  parti,  nonche'  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e
 della Camera dei Deputati.
      Cosi' deciso in Roma il 22 maggio 1990
                   Il presidente: (firma illeggibile)
                                               L'estensore: BARBAGALLO
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