N. 512 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 giugno 1990

                                 N. 512
     Ordinanza emessa il 5 giugno 1990 dal pretore di Sorrento nel
       procedimento penale a carico di Paduano Antonino ed altro
 Processo  penale  -  Nuovo codice - Giudizio direttissimo - Richiesta
 per il rito abbreviato - Mancato consenso del  p.m.  Insindacabilita'
 da  parte  del  giudice,  pur  se in presenza di motivazione ritenuta
 infondata - Conseguente inapplicabilita'  della  diminuente  ex  art.
 442,  secondo  comma,  del c.p.p. 1988 Violazione del principio della
 subordinazione del giudice alla sola legge - Limitazione  del  potere
 decisorio  dell'organo giudicante in relazione alla misura della pena
 operata da una parte (p.m.).
 (C.P.P. 1988, art. 566, ottavo comma, in riferimento all'art. 452).
 (Cost., artt. 23, 101 e 102).
(GU n.34 del 29-8-1990 )
                               IL PRETORE
    Premesso  che  il  procuratore  della Repubblica presso la pretura
 circondariale di Napoli ha presentato,  ai  sensi  del  quarto  comma
 dell'art.  566 del c.p.p., gli arrestati Paduano Antonino e Sperandeo
 Raffaele per la convalida ed il contestuale giudizio  e  che,  subito
 dopo l'udienza di convalida, ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo
 citato, gli imputati hanno formulato richiesta di giudizio abbreviato
 e  che il p.m. non ha consentito la trasformazione del rito motivando
 il suo dissenso con la impossibilita'  di  definizione  del  giudizio
 allo stato degli atti;
      che  il  difensore  degli imputati ha eccepito la illegittimita'
 costituzionale  dell'ottavo  comma  dell'art.  566  del   c.p.p.   in
 riferimento  all'art. 452 stesso codice nella parte in cui condiziona
 l'ammissibilita' del giudizio abbreviato al consenso del p.m.;
      che  il  p.m.  ha  chiesto  respingersi l'eccezione in quanto la
 questione di costituzionalita' della norma non e' rilevante, poiche',
 comunque   non   sarebbe   ammissibile  il  rito  abbreviato  per  la
 impossibilita' di definire il giudizio allo stato degli atti.
                             O S S E R V A
    La   questione   di  cui  trattasi  gia'  e'  stata  sollevata  in
 riferimento all'art.  452  c.p.p.  su  richiesta  della  difesa,  dal
 tribunale  di  Savona  con  ordinanza  emessa  il  7  febbraio 1990 e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  del   2   maggio   1990   nel
 procedimento  penale  a  carico di Kurtuma Milorad, tratto a giudizio
 con il rito direttissimo dal procuratore della Repubblica.
    Poiche'  l'art.  566, ottavo comma, del c.p.p., laddove si prevede
 la  facolta'  dell'imputato,  subito  dopo  l'udienza  di   convalida
 dell'arresto, di formulare richiesta di giudizio abbreviato, richiama
 le disposizioni dell'art. 452, secondo comma, del c.p.p. regolanti la
 trasformazione   del  giudizio  direttissimo  innanzi  al  tribunale,
 ritenendo le argomentazioni svolte dal tribunale di Savona a sostegno
 della   non   manifesta   infondatezza  della  questione,  pienamente
 convincenti, questo pretore  si  riporta  integralmente  alla  stessa
 trascrivendola     qui     di     seguito:     "La    questione    di
 costituzionalita'dell'art.  452  del  c.p.p.  nella  parte   in   cui
 subordina  l'ammissibilita'  del rito abbreviato al consenso motivato
 del pubblico ministero, e' rilevante ai fini del decidere, in  quanto
 il  consenso  del  p.m. e' condizione necessaria e sufficiente per la
 trasformazione del  giudizio  direttissimo  in  giudizio  abbreviato.
 Infatti  nel  giudizio direttissimo, il legislatore non richiede come
 presupposto per la trasformazione del rito in giudizio abbreviato, la
 definibilita'  del  processo allo stato degli atti, ammettendo, anzi,
 che si proceda, su indicazione del giudice, a ulteriori  acquisizioni
 probatorie.  Ne  consegue  che  la  motivazione  addotta  dal  p.m. a
 sostegno del suo dissenso, non rende, per cio' solo,  irrilevante  la
 questione,  in  quanto la trasformazione del rito non e' condizionata
 dalla  possibilita'  o  meno  di  decidere  allo  stato  degli  atti,
 giacche',  ove  questa possibilita' non vi sia, si procede ugualmente
 con le forme del giudizio abbreviato previa indicazione, da parte del
 giudice, dei temi dell'indagine probatoria.
    La questione e' altresi' non manifestamente infondata.
    Occorre   infatti,   considerare   che,   precludere  all'imputato
 l'accesso al giudizio abbreviato significa impedirgli di fruire della
 diminuzione  premiale  della  pena  prevista dall'art. 442 del c.p.p.
 Pertanto si verifica una situazione nella quale l'applicazione o meno
 di   una  diminuzione  dipende  unicamente  dalla  manifestazione  di
 volonta', senza necessita' di motivazione  del  p.m.,  cioe'  di  una
 parte del processo.
    Orbene,   il  sistema  costituzionale,  affida  l'esercizio  della
 giurisdizione al giudice  ordinario  senz'altro  vincolo  che  quello
 della subordinazione alla legge.
    Infatti,  l'art.  102,  primo  comma,  afferma  che  la  'funzione
 giurisdizionale e' esercitata  da  magistrati  ordinari  istituiti  e
 regolati  dalle  norme  sull'ordinamento  giudiziario';  l'art.  101,
 secondo comma, stabilisce che 'i giudici sono soggetti soltanto  alla
 legge';  l'art.  25, primo comma, istituisce il diritto, cui la legge
 ordinaria non puo'  derogare,  secondo  il  quale  non  e'  possibile
 distogliere  alcuno  da  quel  giudice  che esercita la giurisdizione
 soggetto soltanto alla legge, che, anche per questo,  viene  definito
 'naturale'.
    Appartiene,   certamente,   all'esercizio   della   giurisdizione,
 l'applicazione o meno di una diminuzione di pena, derivi questa dalla
 sussistenza di una determinata circostanza o dalla scelta del rito.
    Il  sistema  delineato dall'art. 452 del c.p.p. sembra confliggere
 con quello che risulta dalle  citate  norme  costituzionali,  poiche'
 l'esercizio  della  giurisdizione,  in  punto  misura  della pena, e'
 condizionato, non  gia'  dalla  legge,  ma  dalla  manifestazione  di
 volonta' del p.m., parte del processo.
    Conforta,  in  questa  conclusione,  l'esame del sistema parallelo
 previsto dal codice di procedura penale in tema di applicazione della
 pena  su  richiesta delle parti. In questo caso, infatti, il dissenso
 del p.m., che deve essere motivato, impedisce il  passaggio  al  rito
 speciale  -  il  che,  di  per  se', non e' certo in contrasto con il
 sistema  costituzionale  -  ma  consente  al  giudice   che   ritenga
 ingiustificato  il  dissenso, di esercitare la giurisdizione in punto
 misura della pena".
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 566, ottavo comma,  del  c.p.p.
 in  riferimento  all'art.  452 del c.p.p., nella parte in cui prevede
 che il  dissenso  del  p.m.,  in  ordine  alla  scelta  del  giudizio
 abbreviato,  precluda  al  giudice  l'applicazione  della diminuzione
 premiale  di  cui  all'art.  442,  secondo  comma,  del   c.p.p.   in
 riferimento agli artt. 23/1º, 101/2º, 102/1º della Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Visto l'art. 273 del c.p.p.;
    Attesta  che  non  sussistono cautele di ordine processuale ne' di
 ordine personale;
    Attesa  l'incensuratezza  degli  imputati,  possibili  beneficiari
 della sospensione condizionale della pena;
    Dispone che gli imputati siano rimessi in liberta' se non detenuti
 per altra causa;
    Ordina  la trasmissione degli atti e della presente ordinanza, con
 riserva di motivazione, alla Corte costituzionale e  dispone  che  la
 stessa  sia  notificata  al  Presidente  del Consiglio dei Ministri e
 comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e  della  Camera
 dei deputati.
      Sorrento, addi' 5 giugno 1990
                           Il pretore: D'ISA

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