N. 56 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 agosto 1990
N. 56 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 3 agosto 1990 (del commissario dello Stato per la regione Sicilia) Sanita' pubblica - Norme per la salvaguardia dei diritti dell'utente del Servizio sanitario nazionale e istituzione dell'ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari - Attribuzione all'operatore sanitario del potere di chiedere l'intervento del giudice minorile quando il genitore del minore nega il proprio consenso ad attivita' diagnostiche terapeutiche ed assistenziali ritenute dall'operatore stesso necessarie per evitare gravi pregiudizi alla salute del minore medesimo - Asserita violazione della competenza statale in materia di disciplina di rapporti privatistici per l'estensione della sfera dei soggetti legittimati ad adire il tribunale dei minorenni - Mancata previsione specifica della copertura finanziaria delle spese inerenti alle innovazioni normative genericamente assegnate alla quota per la Sicilia dal Fondo sanitario nazionale - Indebita destinazione, a fini di utilita' sociali, dei fondi destinati alla sanita' pubblica. (Legge regione Sicilia approvata il 19 luglio 1990, artt. 7, terzo comma, e 36). (Cost., artt. 81, quarto comma, e 97, primo comma; statuto regione Sicilia, artt. 14 e 17).(GU n.36 del 12-9-1990 )
L'assemblea regionale siciliana, nella seduta del 19 luglio 1990, ha approvato il disegno di legge n. 510-423/A dal titolo: "Norme per la salvaguardia dei diritti dell'utente del servizio sanitario nazionale e istituzione dell'ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari", pervenuto a questo commissariato dello Stato, ai sensi dell'art. 28, dello statuto speciale, il successivo 21 luglio 1990. Il provvedimento legislativo di cui trattasi, in analogia, peraltro, a quanto gia' disposto da altre regioni, fa assurgere al rango di legge certamente norme di comportamento e criteri di deontologia professionale e, nell'intento di cercare di migliorare il funzionamento delle strutture ospedaliere, istituisce, presso ciascuna unita' sanitaria locale, un ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari, con particolare riferimento alle esigenze dei portatori di handicap e dei minori, un "tribunale" del malato ma, questa volta, da parte della amministrazione pubblica, tentando di migliorare dal di dentro una struttura nata male e, ancorpiu', svezzata con molti problemi di vivibilita' e di crescita. Per quanto concerne, nello specifico, la salvaguardia delle peculiarie necessita' dei minori, il legislatore, nella disposizione contenuta nell'art. 7, prevede particolari garanzie, sia nelle modalita' organizzative che nell'attuazione dei trattamenti terapeutici ed assistenziali, affinche' vengano rispettate le esigenze affettive, espressive ed educative tendenti al mantenimento dell'equilibrio psico-effettivo dei minori stessi. Il terzo comma del medesimo articolo testualmente dispone che "Quando il genitore, nell'esercizio della sua potesta', nega il proprio consenso ad attivita' diagnostiche e terapeutiche od assistenziali, l'operatore che ritiene tale scelta gravemente pregiudizievole per la salute del minore puo' chiedere l'intervento del giudice minorile ai sensi dell'art. 333 del codice civile". Tale previsione normativa si pone, pero', a sommesso avviso dello scrivente, palesamente in contrasto con la Costituzione e coni limiti posti al legislatore regionale dagli artt. 14 e 17 dello statuto speciale in quanto contiene una disciplina inerente alla sfera dei rapporti giuridici intercorrenti fra privati. Nella fattispecie, infatti, l'art. 333 del codice civile stabilisce i rimedi alla condotta pregiudizievole del o dei genitori nei riguardi dei figli, conferendo al Tribunale dei minorenni il potere di adottare, secondo le circostanze, tutti i provvedimenti convenienti, giungendo persino a disporne, in casi limite, l'allontanamento dalla residenza familiare. La predetta disposizione, insieme con quella contenuta nel precedente art. 330 del codice civile (decadenza della patria potesta' sui figli), si colloca, ad avviso dello scrivente, nel piu' ampio contesto dei principi sanciti dalla Costituzione, laddove nel titolo secondo, sui rapporti etico-sociali - e precisamente all'art. 30 - il Costituente, nell'imporre ai genitori il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, espressamente riconosce il contestuale diritto a provvedervi nel modo da essi ritenuto migliore. Il legislatore statale ha, infatti, determinato - e per l'intero territorio nazionale - tassivamente le fattispecie, le modalita', le procedure ed i soggetti abilitati ad "interferire" con l'esecizio della patria potesta'. L'art. 336 del codice civile, nel definire le forme del procedimento dinanzi al tribunale dei minorenni, espressamente individua nell'altro genitore, nei parenti o nel pubblico ministero, i soggetti abilitati a sollecitare l'intervento della predetta autorita' giudiziaria. Pure nella consapevolezza che disposizioni del genere sono contenute nell'art. 17 della legge della regione Toscana 1ยบ giugno 1983, n. 36, e nell'art. 6 della legge della regione Lombardia 16 settembre 1988, n. 48 - peraltro mai sottoposta all'attento e responsabile vaglio della Corte costituzionale - il ricorrente ritiene di dover sottoporre al giudizio di codesta ecc.ma Corte la norma di cui al sopracitato terzo comma dell'art. 7 in quanto questa comporterebbe, in Sicilia, una modifica (estensione) dei soggetti legittimati a richiedere il provvedimento del giudice dei minori, configurando, cosi', una manifesta ingerenza del legislatore regionale nella materia del diritto di famiglia, che spetta, inequivocabilmente, al Parlamento nazionale in via esclusiva. La regione, infatti, e' un ente pubblico e, per sua natura stessa, creata per disciplinare esclusivamente i rapporti fra l'amministrazione ed i cittadini ed il Costituente ha inteso percio' conferire una potesta' legislativa che si svolge entro limiti ben determinati e circoscritti. D'altra parte, l'ammissione di una competenza della regione in materia di rapporti intersoggettivi comporterebbe, inevitabilmente, come prima accennato, dei regimi differenziati che, nei fatti, determinerebbero uno svuotamento della potesta' dello Stato, creando, altresi', un caleidoscopio di norme regionalmente variegato che senza dubbio determinerebbe una "confusione" che la materia non consente. La disciplina dei rapporti privati appartiene allo Stato, giacche' ad essa sottostanno esigenze di unita' e di uguaglianza dei cittadini che possono essere salvaguardate solo ed esclusivamente dall'ente esponenziale dell'intera collettivita' nazionale. Tale principio e' da ritenersi valido ed operante anche per la regione siciliana ancorche' lo statuto speciale soltanto in tema di industria e commercio ne escluda espressamente la regolamentazione. Codesta ecc.ma Corte, peraltro, ha energicamente ribadito, con sentenza n. 154/1972 (e in ultimo anche con sentenza n. 691/1988), l'esclusiva appartenenza allo Stato della potesta' legislativa di diritto privato in quanto questo e' materia a se' stante e ben definita e non un coacervo di elementi che possono essere distinti secondo la varia natura dei rapporti disciplinati o dei fini che, di volta in volta, la disciplina legislativa regionale vuole soddisfare (nel caso di specie la sanita'). Ne', del resto, a giustificazione della previsione legislativa regionale, che con il presente atto si censura, potrebbe addursi la considerazione che l'operatore sanitario, nel richiedere l'intervento del tribunale, compie un'attivita' gia' sancita dalla deontologia professionale. Il medico infatti, nei casi di estrema urgenza, in cui il paziente versi in pericolo di vita, puo' intervenire senza indugi, anche senza il preventivo assenso dei congiunti, in quanto il suo operato risulta, nella fattispecie, lecito, riconducibile secondo la migliore dottrina e giurisprudenza alla scriminante dell'esercizio di un diritto, e giustificato dall'interesse che lo Stato riconosce alla cura degli infermi in generale, autorizzando, disciplinando e favorendo l'attivita' medico-chirurgica. Altra disposizione oggetto di censura, in quanto confliggente con il principio di cui all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, e' quella contenuta nell'art. 36 laddove gli oneri finanziari - peraltro neanche sommariamente quantificati - derivanti dall'attuazione del provvedimento legislativo de quo, vengono imputati genericamente alla quota del Fondo sanitario nazionale - parte corrente - assegnato alla Regione -, senza fornire alcuna indicazione riguardo la disponibilita' di tale quota a finanziare la nuova spesa introdotta. Non puo', infine, non porsi nel dovuto rilievo che l'intervento previsto dal legislatore regionale ha carattere prettamente sociale e pertanto non appare a stretto rigore logico, confacente con le finalita' cui e' destinato il fondo sanitario nazionale (assistenza sanitaria ed ospedaliera). L'imputazione della spesa, derivante dal provvedimento in argomento, comporta pertanto una palese distrazione di somme - l'ammontare non ha alcun valore e significato - dalle destinazioni imposte dalla legge statale, ponendosi cosi' in contrasto con il principio della buona amministrazione, di cui all'art. 97, primo comma, della Costituzione.
P. Q. M. e con riserva di presentare ulteriori memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto Antonio Prestipino Giarritta, commissario dello Stato per la regione siciliana, impugna l'art. 7, terzo comma, del disegno di legge n. 510-423/A, dal titolo "Norme per la salvaguardia dei diritti dell'utente del servizio sanitario nazionale e istituzione dell'ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari", per violazione degli artt. 14 e 17 dello statuto speciale, nonche' l'art. 36 del medesimo disegno di legge, per violazione degli artt. 81, quarto comma, e 97, primo comma, della Costituzione. Palermo, addi' 26 luglio 1990 Il commissario dello Stato per la regione siciliana: PRESTIPINO GIARRITTA 90C1037